L’Ucraina in sé e il suo territorio, ma non i suoi popoli e le sue religioni, non hanno una rilevanza decisiva per la fine della guerra. Anzi, non hanno alcuna rilevanza

 

 

Fare troppe illazioni, specialmente in politica estera non serve a molto. Tanto più che in politica estera, la faccia conta spesso molto di più della sostanza.

Oggi, quindi, tutte le discussioni ruotano intorno a due temi: lo ‘scambio’ di territori in Ucraina e la erratica proposta di ‘applicazione’ analogica dellart. 5 del trattato NATO.

Zelensky ha orgogliosamente affermato che di territori da cedere o non cedere sarà lui e solo lui a discuterne direttamente con la Russia. Frase in sé bella e coraggiosa, ma del tutto priva di senso. Lo si voglia o no, la Russia ha già i territori ucraini e immaginare che li ceda è semplicemente ridicolo. Per di più li ha già annessi formalmente e quindi Zelensky non ha competenza alcuna su di essi. Ragion per cui, al massimo potrà chiederne la restituzione.

Ma, posto pure che, come prevedibile, Zelensky non vorrà accettare questa idea, non resterà che concordare una linea di armistizio ovviamente sullo status quo, ma la Russia sembra che non voglia: perché ritiene che giuridicamente quei territori gli appartengano legittimamente. Ne potrebbe nascere una sorta di arbitrato internazionale, almeno su una parte dei territori e potrebbe proporlo l’Europa se non fosse ormai incapace anche solo di fingere di pensare. Una soluzione di tipo arbitrale, comunque, avrebbe il vantaggio di porre sul tappeto, magari indirettamente, i temi più caldi: la presunta natura di aggressione della invasione russa (e quindi, indirettamente, il tema della possibile aggressione contro la Russia); il tema della legittimità della pretesa del Donbass e delle altre regioni meridionali allesercizio dell’autodeterminazione, il che implicherebbe la legittimità dell’aiuto ai popoli in lotta: indirettamente ne nascerebbe il tema della effettiva sovranità dell’Ucraina.

Sarebbe la soluzione più ovvia e facile, capace di mettere davvero fine alla guerra e potrebbe chiudere il periodo in cui chi vuole qualcosa se la prende. Mi illudo, lo so.

Trump, peraltro, nel dire che quella dei territori è questione loro, ha dato, pur trattandoli come pezze da piedi, un carta importante in mano all’Europa che potrebbe farsi mediatore e portatore di una proposta del genere. Eliminando il tema pasticciatissimo dell’art. 5, poco chiaro a tutti, compreso chi lo propone. E inoltre evitando il (ridicolo) atteggiamento muscolare contro la Russia, con la pretesa di forze armate europee in campo. Non per nulla, il massimo che si sente dire è che sarebbe in corso una consultazione con i capi NATO in USA, per studiare una sola copertura aerea statunitense, molto pericolosa.

Ci se ne potrebbe uscire con una presenza simbolica di controllo e valutazione, da affidare a servizi europei specializzati, con la clausola per cui, in caso di scontri armati, tutti i paesi europei (e quindi non in formato NATO) potrebbero intervenire in aiuto, escludendo (preliminare indispensabile) l’attivazione del vero art. 5: sospendendolo, insomma. E così si eviterebbe di doversi porre seriamente il tema dell’art, 5 vero. In questo caso, infatti, gli USA sarebbero direttamente coinvolti, con le ovvie conseguenze, mentre in presenza di un accordo ad hoc fuori della NATO, salvo aiuto logistico, si avrebbero due strutture parallele al lavoro, con due scopi diversi, che però potrebbe coinvolgere solo gli Stati firmatari del nuovo accordo … magari nemmeno tutti, ma solo gli stati europei.

Sarebbe anche la buona occasione per una analisi dei temi chiave del tutto: il rispetto della sovranità, purché essa vi sia; l’inviolabilità dei confini nei casi in questione, quando si tratti di confini veri e non solo acquisiti ma non consolidati; l’inviolabilità del principio di autodeterminazione dei popoli, sia con riferimento alla Crimea che on riferimento alle regioni del Donbass. A proposito di questi ultimi, si potrebbe discutere sulla legittimità della ‘ribellione’ di quelle province e, per converso, la legittimità di uso della forza per realizzare il legittimo fine giuridico.

È evidente che, in questo caso, il primo tema da affrontare preliminarmente sarebbe quello della effettività della sovranità Ucraina, nonostante il Memorandum di Budapest del 1994 e il trattato sui confini tra Ucraina e Russia del 28.2.2023.

Del resto, una controversia è già in atto, e potrebbe facilmente eseere estea alla questione in generale. Si tratta del caso: «Application de la convention Internationale pour la répression du financement du terrorisme et de la convention internationale Sur lélimination de toutes les formes de discrimination raciale (Ukraine c. Fédération de Russie)», introdotta il 16.1.2017.

Altro tema da affrontare sarebbe quello di valutare entro quali limiti i Protocolli di Minsk (20142015) siano stati fin qui rispettati da tutte le parti interessate.

Come detto la possibile scelta europea di porre in vita, limitatamente a questo caso e agli Stati interessati (o ‘volenterosi’, per usare la fantasiosa terminologia proposta), sarebbe difficile, ma non implicherebbe di per sé la necessità di vere e proprie truppe sul terreno in Ucraina e quindi potrebbe non essere avversata dalla Russia e comunque non richiederebbe una dimensione di forze armate paragonabile a quello della Russia.

L’idea, infine, di fornire armi all’Ucraina a spese dell’Europa, sarebbe tutto sommato un male minore con la specifica e fermissima precisazione che, ad armi fornite o attuali, l’Ucraina non le usi per riprendere il conflitto, il che richiederebbe riporre molta ‘fiducia’ nel governo ucraino!

Insomma si può pensare ad una soluzione pacifica, lo so un azzardo, ma se leggiamo attentamente le dichiarazioni di Putin e Trump dopo il vertice in Alaska, un’ipotesi del genere non sarebbe da escludere a priori e non credo che sia un caso che la assenza di pretese territoriali in sé sia stata affermata da Lavrov, il Ministro degli esteri russo, che parla di difesa dei popoli!

Guardiamo infatti le dichiarazioni di Putin in Alaska: le uniche sue disponibili. A cominciare dalla affermazione della volontà di trovare una soluzione complessiva e non un cessate il fuoco, che è solo un modo per prendere tempo. Cosa confermata dalla continuazione dei bombardamenti, ma anche dalla dichiarazione di Lavrov.

Orbene, a prescindere dalla presunta ‘fascinazione’ di Trump, da parte di Putin io guarderei a quello che hanno detto.

Putin ha precisato, testualmente: 1.- Abbiamo una storia comune: 2.- ci sono tante chiese ortodosse in Ucraina3.- i nostri Paesi hanno sconfitto nemici comuni … 4.- Trump vuole contribuire alla fine del conflitto, vuole entrare nella sostanza e nelle cause che l’hanno generato5.- Vogliamo voltare pagina e tornare a cooperare … 5.- Gli ucraini sono un popolo fratello, con delle radici comuni e una storia comune … ». già solo il fatto che in meno di cinque minuti ripeta due volte la stessa osa, dovrebbe fare pensare.

Ma Trump, a sua volta, ha risposto: 1.- Abbiamo fatto dei progressi, ma non c’è ancora un accordo definitivo, 2.- Parlerò con Zelensky e con la Nato: dovranno accettare l’accordo che con la mia amministrazione prepareremo, 3.- Vogliamo avere a che fare con uomini d’affari russi, 4.- Con Vladimir Putin ho sempre avuto ottimi rapporti.

Alla luce di quello che poi abbiamo visto e sentito, resto convinto che i veri temi in discussione siano di natura economica e, specialmente, commerciale, oltre che strategici universali. Mi sono spinto fino a supporre che i due si stiano spartendo l’Artico e non solo. L’Ucraina in sé e il suo territorio, ma non i suoi popoli e le sue religioni, non hanno una rilevanza decisiva per la fine della guerra. Anzi, non hanno alcuna rilevanza.

E ora, lo ripeto per l’ennesima volta, lo so, è l’Europa che ha avuto un indubbio e inatteso successo a Washington, e quindi deve agire bene e con decisione, per non trovarsi con quattro soldati sperduti in Ucraina, e fuori dal mondo che conta in termini economici. Il passaggio, credo, è cruciale e, credo anche, che si risolverà in una decina di giorni e non come dice il solito vagante Tajani ‘entro la fine dell’anno’.

Certo, ci vorrebbero statisti del rango di De Gasperi, Adenauer, Schumann e non nazionalisti di ritorno e di seconda scelta: una parola!

Consentitemi la libertà, al termine di questo troppo lungo articolo dedicato al tentativo di razionalizzare in termini giuridici una situazione intricatissima. Ognuno fa, o crede di fare un proprio ‘gioco’ o ‘giochetto’ (magari levandosi pietre dalle scarpe contro i giornalisti in un momento così serio e drammatico ma anche immaginando di ‘tornare’ la grande … degli anni trenta del secolo scorso) e si infila in giravolte complicatissime e ridicole, come osserva Lavrov a proposito delle ‘garanzie di sicurezza’ della Ucraina. In verità, mi sembra evidente, fra Trump, Vance, Merz, Guterrez, Macron, von der Leyen eccetera, gli unici che hanno capito qualcosa sono il nostro «Signor Presidente del Consiglio on. le Giorgia Meloni», che “prolunga le vacanze in USA”, e Putin che sta conducendo in maniera magistrale la sua partita. Che si riduce ad una banalità: la Russia intende tornare a contribuire – avete letto bene, contribuire – alle decisioni mondiali: esattamente quello che aveva detto a Monaco nel 2007!    

Di Giancarlo Guarino

Giancarlo Guarino è Professore ordinario, fuori ruolo, di Diritto Internazionale presso la Facoltà di Economia dell’Università di Napoli Federico II. Autore di varie pubblicazioni scientifiche, specialmente in tema di autodeterminazione dei popoli, diritto penale internazionale, Palestina e Siria, estradizione e migrazioni. Collabora saltuariamente ad alcuni organi di stampa. È Presidente della Fondazione Arangio-Ruiz per il diritto internazionale, che, tra l’altro, distribuisce borse di studio per dottorati di ricerca e assegni di ricerca nelle Università italiane e straniere. Non ha mai avuto incarichi pubblico/politici, salvo quelli universitari.