Sulla guerra tra Kiev e Mosca, l’Europa appare del tutto spiazzata, sia quella dei volenterosi, sia quella degli occhi dolci. A Gaza, UE potrebbe trovare un modo e la forza per intervenire, per agire, almeno in maniera dimostrativa. Ma è molto improbabile che lo faccia
Due notizie meritano oggi le prime pagine e anche il maggiore possibile interesse politico internazionale. L’incontro la settimana prossima fra Trump e Putin, in Alaska e la decisione definitiva dell’azione militare di occupazione di tutta Gaza da parte di Israele.
La prima questione è ancora troppo ‘coperta’, perché se ne possa parlare sul serio. A parte qualche voce a proposito del consenso russo all’occupazione statunitense della Groenlandia (il territorio di un altro stato: una minaccia di aggressione? Per di più all’Europa!) e qualche voce, molto più ovvia, sul fatto che la Russia intende tenersi il Donbass e ovviamente la Crimea (mai realmente in discussione), magari lasciando qualche territorio marginale non si può andare. Anche perché, non escluderei che le cose siano ancora assai poco chiare anche per loro. Per tornare all’immagine del ‘pokerista’ Trump contro lo ‘scacchista’ Putin, forse si potrebbe dire che Putin questa volta ‘va a vedere’ il gioco di Trump. È solo ovvio che la Russia al Donbass non potrebbe mai rinunciare, tutto il resto non conta, a parte la ovvia neutralizzazione di fatto della Ucraina.
Ma la cosa più importante è la modalità in cui ciò avverrà: i due veri contendenti, i due belligeranti (non so quante volte lo ho scritto, qui e altrove) si incontrano direttamente perché la guerra era tra di loro. La scelta del luogo può essere oggetto di analisi, a mio parere molto azzardata per ora, ma anche molto ragionevole. I due, in sostanza, stanno ‘dividendosi’ l’Artico, dove gli USA sono molto meno presenti direttamente dei russi, che confinano con esso. A parte l’Alaska, il resto del circolo artico (andando verso est) è sotto controllo del Canada e … perché no, della Groenlandia. Forse, chi sa, le apparentemente estemporanee uscite di Trump sulla Groenlandia non erano solo chiacchiere e un giocatore di scacchi come Putin ha portato il giocatore di poker al punto, dove hanno ‘pareggiato’.
Vedremo. Il fatto certo è che non solo Zelenski è come se non esistesse (e questo era prevedibile) anche se poi alla fine forse sarà fatto entrare da una porta di servizio a presentare i suoi omaggi, anche grazie alle pressioni di alcuni Paesi europei … ma che parlare di Europa, ormai è sempre più azzardato. L’Europa appare del tutto spiazzata, sia quella dei volenterosi, sia quella degli occhi dolci, che si affrettano a riunirsi intorno al letto del povero Zelenski, con un pugno di mosche in mano.
Potrei concludere dicendo che dunque potrebbe essere l’occasione, finalmente, di unirsi prima di finire in bocca all’orso russo da una parte e al caimano statunitense dall’altro o, più probabilmente alla inconsistenza. Mi domando, ridendo, se un problema simile se lo ponga il «Signor Presidente del Consiglio on. le Giorgia Meloni», tutto preso a offrire il suo petto (non scoperto, per carità) ai colpi dei magistrati colpevoli di … non averla accusata. Uno che agisce in modo così surreale, quanto pensate che possa capire della spartizione mondiale in corso?
Il problema se lo porranno certo la Cina e l’India (spinte oggettivamente ad allearsi e insieme ad unirsi alla Russia) ma anche qui vedremo. Certo è che mi pare di capire che Trump, tra le varie cose che ha fatto, ha fatto capire a modo suo a Taiwan che non sa che farsene: costa troppo, come l’Europa! Ripeto, è difficile ora fare ipotesi, ma l’impressione è che le ‘mosse’ migliori anche lì le abbia fatte Putin, provocando indirettamente un fronte ‘Orientale’ unito contro gli USA.
L’altro tema, purtroppo, si risolve in ancora meno parole, anche se di nuovo l’Europa fa una figuraccia incredibile e la Germania, che solo ora smette di rifornire Israele di armi, ne fa una ancora peggiore.
Il programma di Israele è di una chiarezza adamantina: spingere due milioni di abitanti di Gaza in un fazzoletto di terra per lasciarli morire o costringerli in qualunque maniera ad andare via. E infatti è molto significativo che Israele parli di una futura amministrazione ‘araba’ ma non palestinese della striscia: un modo, nemmeno molto velato, di dire che intende annettersela con comodo, mentre continua l’aggressione quotidiana nella Cisgiordania, per cacciare gli ultimi tre o poco più milioni di palestinesi dalla loro terra e chiudere ‘finalmente’ la partita.
L’obiezione più ovvia e spesso ripetuta secondo cui così Israele non sarà mai sicura, potrebbe, nei calcoli di Israele, essere superata dal fatto che la alleanza di fatto e di diritto con la parte più ricca dei Paesi arabi è cosa fatta ormai da tempo, grazia anche ai cosiddetti accordi di Abramo e ben altro. Lo dimostra il silenzio agghiacciante di quei Paesi da ormai quasi due anni: i palestinesi, ormai, sono abbandonati a sé stessi tanto più che sono privi di leader attendibili, essendo il corrotto Mahmoud Abbas anche lui distratto in altre faccende.
Resta il fatto non marginale, pur nella sua violenza assoluta, che la stessa Israele prevede un tempo molto lungo per portare a termine l’operazione militare nella Striscia di Gaza, che quindi potrebbe essere molto sanguinosa anche per la parte israeliana. Ciò, dunque, potrebbe, da un lato rafforzare la tanto decantata – ma, secondo me, del tutto inesistente benché verbosa – opposizione della popolazione israeliana ai progetti attuali di Israele. Dall’altro, visto l’allungarsi dei tempi, forse, la UE potrebbe trovare un modo e la forza per intervenire, per agire, almeno in maniera dimostrativa.
Ma dubito molto che lo faccia: anzi, dubito molto che l’UE esista ancora.