C’è bisogno di una nuova Borsa che permetta di essere più sociale non solo orientandosi all’ESG (Environmental, Social, Governance), ma anche favorendo l’incontro tra capitali e imprese

 

 

Quando si dice Borsa si dice ricchezza e sviluppo ed infatti così nacque la prima Borsa moderna a Bruges (Belgio), tra il 1300 e il 1500, e poi seguirono Anversa (1460), Amsterdam nel 1602 ove si emettono le prime azioni scambiabili della Compagnia Olandese delle Indie Orientali, e poi  la Royal Exchange di Londra nel 1571 (da cui evolverà la London Stock Exchange) e, nel Settecento, la Borsa di Parigi (1724).
Tutte queste realtà creavano ricchezza dal confronto non solo economico finanziario, ma anche di esperienze e modelli di imprenditorialità. Si investiva dove i modelli erano più convincenti ed innovativi per arricchirsi in modo partecipato e sociale.

La prima Borsa italiana nasce a Venezia nel 1600, seguita da Trieste (1775) e Milano (1808). Ma quale era il senso della Borsa? La ricchezza non speculativa, ma equilibrata e distribuita per fare in modo che i molti riuscissero ad accedere alle opportunità di ricchezza.

Oggi è il contrario e, quindi, c’è bisogno di una nuova Borsa che permetta di essere più sociale non solo orientandosi all’ESG (Environmental, Social, Governance), ma favorendo l’incontro tra capitali e imprese che generano intenzionalmente impatto sociale positivo.

Il mercato finanziario deve assumere una connotazione sociale non esornativa, ma essere popolato da imprese che producono valore non solo economico, ma anche sociale e ambientale, rendendo ‘quotabile’ e, quindi, finanziabile l’impatto sociale stesso. In breve, una Borsa Italiana Sociale composta da molte imprese sociali (auspicabilmente tutte).

Ma qual è il mainstream del senso della Borsa?L’affermazione che ‘la borsa serve e va rafforzata’ è un dover essere del sistema socio economico, ma se è vero che la dinamica degli investimenti condiziona in maniera strutturale il funzionamento del nostro sistema economico e, più in generale, dell’assetto sociale e del welfare dobbiamo domandarci se sta avvenendo in modo positivo o negativo e, se così fosse, quali sono i cambiamenti necessari.

Se il radicalismo della speculazione ad libitum non si trasforma in una logica di equilibrio di redditività degli investimenti che considerano l’integrazione fra economico e sociale, potremo continuare a giocare un ruolo di ‘anime belle e benpensanti’ da convegno che dichiarano il valore sociale di tutto (anche della finanza) tornando poi nei propri uffici per sviluppare ‘un dovere fiduciario’ orientato al ‘maximum maximorum’ della avidità senza preoccuparci degli altri.

Moralismo? No, realismo supportato dal dato incontrovertibile che l’inquinamento ambientale è una delle principali cause di morte prematura a livello globale. Circa il 99% della popolazione mondiale respira aria non sicura, e l’inquinamento atmosferico è responsabile di oltre 7 milioni di decessi ogni anno.

In Europa, l’esposizione al particolato fine (PM2,5) ha causato circa 253.000 morti premature, mentre il biossido di azoto (NO2) e l’ozono (O3) ne hanno causate altre 52.000 e 22.000 rispettivamente.

In Italia, l’inquinamento atmosferico provoca circa 80.000 morti all’anno, rendendola il paese europeo con il maggior numero di decessi dovuti a questo fattore.

In Europa, l’inquinamento atmosferico è associato all’1% dei casi di cancro e al 2% dei decessi per cancro, salendo al 9% per i tumori ai polmoni. Ridurre l’inquinamento è cruciale per prevenire i tumori.

Il particolato fine (PM2.5) è strettamente correlato anche alla mortalità cardiologica. Si stima che circa il 60-80% dei decessi attribuibili all’inquinamento atmosferico siano dovuti a malattie cardiovascolari,come infarti e ictus. In Italia, ad esempio, circa 9.000 morti all’anno sono attribuite a infarti causati dall’inquinamento. Senza fare i catastrofisti né i riduzionisti della decrescita è necessario che le imprese diventino sempre più sostenibili e sociali. Molte di queste sono quotate in Borsa.

Un fatto positivo è che gli investimenti determinano anche l’efficace funzionamento del sistema pensionistico attraverso i fondi pensione che sono i maggiori investitori e che sono gli unici che hanno un orientamento sociale agìto finanziariamente. Questo sarebbe una carta vincente per una Borsa Italiana  Sociale.

La ricchezza disponibile non è mai stata così alta nel mondo (il Pil della terra è di 110 trilioni di dollari e la ricchezza totale è dieci volte tanto) ed il mercato delle azioni quotate ha raggiunto i 115 trilioni di dollari. Positivo se visto unilateralmente e con una angolatura speculativa, non altrettanto se pensiamo che  ci sono oltre 690 milioni di persone in povertà estrema (meno di 2,15 dollari al giorno), più di 2.8 miliardi di persone sopravvivono una cifra compresa fra 2.15  e 6.85 dollari al giorno e così via.

Quindi, l’esortazione e ‘la moral suasion’ del bene comune non del bene elitario è di sviluppare le Borse (oggi sono in stallo), ma con un certo ‘senso’ e con un finalismo di sostenibilità. Peraltro, la tendenza a sostituire il  mercato di Borsa con private equity (cioè investire in imprese non quotate) può presentare alcuni inciampi come la non trasparenza, la sensibilità diretta ai cicli economici, difficoltà di valutazione economica ecc.. Ancora una volta è necessario dare spessore sociale anche a questa linea di investimenti rispetto alla Borsa.

Oggi le imprese hanno bisogno di certezze e di progettualità che però deve essere sostenibile.
A questo mood non si sottrae l’Italia con la Borsa Italiana acquistata da Euronext nel 2021.
Al 2025, il numero delle società quotate in Borsa Italiana  è di  oltre 408 società quotate tra il mercato principale (Euronext Milan), STAR e Euronext Growth Milan;di queste solo una frazione rientra tra le grandi imprese con più di 1.000 dipendenti.

Il decreto Omnibus della UE (in itinere)sulla semplificazione della responsabilità socia le d’impresa si applichere solo a  45 e 60 imprese quotate a Piazza Affari che hanno  oltre  1.000 dipendenti.

La grande maggioranza delle società su Euronext Growth Milan sono PMI, quindi sotto i 250 dipendenti, e raramente superano i 1.000 dipendenti. Quindi ancora una volta, con la ‘ritirata regolamentare al ribasso’ della Direttiva Omnibus della UE, dobbiamo pensare ad una costruzione istituzionale che ponga paletti e fra questi è la proposta della trsformazione della Borsa Italiana in Borsa Italiana Sociale.

E’ un percorso difficile e lungo e la Borsa Italiana non è su questa linea d’onda perché il suo finalismo,piaccia o non piaccia,è la speculazione come massimizzazione assoluta della redditività da suddividere fra  i pochi shareholders e non la massimizzazione relativa che considererebbe la sostenibilità ed il sociale come parte integrante del profitto in logica multistakeholders.

Assumendo il concetto che il fine generale dell’impresa è ‘concorrere per molteplici vie alla promozione della persona umana’ e che il reddito non è il fine esclusivo dell’impresa, ma ‘è una parte del sistema dei valori’ della dinamica economica, appare evidente che il concetto di impresa sociale è legittimato sia dal punto di vista economico aziendale sia dal punto di vista giuridico a far parte della Borsa Italiana Sociale.

“Tutte le società umane debbono possedere strutture conformi alla dignità umana ed essere perciò ordinate ad agevolare il conseguimento dei suoi fini ultimi. Le società con fini primari economici, direttamente o per mezzo di loro associazioni, debbono inserire tra i propri fini anche il concorso all’ordinato sviluppo economico e al progresso sociale” (si veda C.Masini uno dei padri dell’economia aziendale)

La Borsa Italiana Sociale è un cambio di paradigma e suoi obiettivi principali sono:
Facilitare l’accesso al capitale (sia di rischio che di debito a lungo termine) per imprese sociali e” organizzazioni socialmente resposabili” che spesso sono escluse dai canali tradizionali della finanza e dell’accesso alla Borsa Italiana.
(Si veda Alceste Santuari che sottolinea il concetto di” comprendere e contemplare anche l’azione di quei soggetti organizzati e imprenditoriali che,seppure non definiti dal vincolo alla non distribuzione degli utili,parimenti,specie alla luce dei criteri ESG, risultano ingaggiati nel perseguimento di obiettivi sostenibili e sociali.  Alceste Santuari-Diritto delle organizzazioni socialmente responsabili-Franco Angeli 2024)
Valorizzare e misurare l’impatto sociale: la quotazione avviene non solo su parametri finanziari, ma anche sulla base di metriche che certificano il valore creato per la collettività ed il capitale sociale di territorio.
Colmare il gap tra investitori e imprese ad impatto; consentire agli investitori “orientati all’impatto” di investire con trasparenza in soggetti che dichiarano e misurano il loro contributo sociale, evitando l’”azzardo morale e la selezione avversa” come driver di scelta. Attenzione: in questa situazione per sopravvivere bisogna essere speculatori altrimenti si soccombe. Quanti di noi hanno le informazioni per essere speculatori?

 

P.S. Queste considerazioni sono fatte alla luce di alcuni articoli pubblicati sui ‘giornaloni’ sul ruolo della Borsa che, purtroppo, sono orientati ancora al suo ruolo di speculazione con qualche calmiere di ESG. Anche se la direttiva Omnibus-UE e l’era Trump sembra indicare il ‘liberi tutti’ finanziario.

Di Giorgio Fiorentini

Senior professor in Bocconi con la quale collabora, a vario titolo, dal 1981. Attuale posizione in Bocconi e SDA Bocconi nel Dipartimento di Analisi istituzionale e management pubblico (DAIMAP) e nell’Istituto di Pubblica Amministrazione e Sanità (IPAS); CERGAS (Centro di ricerca sull’assistenza sanitaria e sociale). Ideatore e direttore “Master in management delle imprese sociali” (23 ed)-Bocconi. Responsabile progetto:”Dai un senso al profitto”(XIV ed). Attuale posizione altre Università • Dal 2021 Codirettore scientifico e direttore MASTER IN MANAGEMENT delle IMPRESE SOCIALI e PREVIDENZA-LUM(Libera università Mediterranea)-Casamassima(BA) • Fino al 2015 Codirettore del MASTER in ETICA D’AZIENDA (MEGA)-in collaborazione con l’Istituto Marcianum-Patriarcato di Venezia-Venezia(7^ edizioni). Membro del Consiglio Direttivo LILT(Lega Italiana Lotta Tumori)MILANO e BRIANZA,vice presidente SOTTOVOCE-ass.volontari IEO-MONZINO,consigliere CdA Fondazione Salvatore Maugeri Group-Pavia;Volunteer association advisor,Ideatore e presidente PREMIO IMPATTO-Salone CSR e INNOVAZIONE SOCIALE-Koinetica e Univ.Bocconi,;Membro ETHICS COMMITEE di Lombardi Group sa;LOINGsa-Bellinzona. LIBRI:G.Fiorentini-TUTTE LE IMPRESE DEVONO ESSERE SOCIALI-Profitto e Impatto Sociale-FrancoAngeli 2021; G.Fiorentini, V.Saturni,E.Ricciuti-La VIS di AVIS-la valutazione socio economica delle donazioni del sangue-FrancoAngeli ed .-2016;Fiorentini G-M. Campedelli -La dote ed la Rete-una policy e un modello per le non autosufficienze-Fondazione Easy Care-Reggio Emilia;CD-ROM-2016;G.Fiorentini-G.Sapelli-G.Vittadini:Imprenditore: Risorsa o problema-BUR Saggi-Mi-2014;G.Fiorentini-V.Saturni-AVIS in the Italian transfusion System-FrancoAngeli –ed.Mi-2013; G.Fiorentini-V.Saturni ‘AVIS nel sistema trasfusionale italiano’; FrancoAngeli ed.-Mi 2013;G.Fiorentini-F.Calò-Impresa sociale &Innovazione Sociale –Franco Angeli ed.-mi-2013; D.Dal Maso-G.Fiorentini(a cura di)-Creare valore a lungo termine-Egea-2013