Il paradosso è che, mentre Trump accusa altri di cospirare contro di lui, è proprio il suo comportamento a sollevare interrogativi, anche tra la base MAGA

 

 

 

Settembre 2018. Primo anno del primo mandato presidenziale di Donald J. Trump. Corre a Billings, capitale dello Stato del Montana, da sempre roccaforte del Partito Repubblicano, per sostenere la campagna di Matt Rosendale, candidato al Senato. Smargiasso si paragona nientemeno che al mitico presidente Abraham (Abe) Lincoln: come lui vittima di fake news, si riferisce al discorso di Lincoln a Gettysburg, che sarebbe stato irriso per giorni.

  Paragone quanto mai azzardato. Il discorso di Gettysburg (‘Gettysburg Address), pronunciato il 19 novembre 1863 alla cerimonia di inaugurazione del cimitero militare di Gettysburg quattro mesi dopo la sanguinosa battaglia, è un appello al popolo americano, perché superi le barriere che l’hanno diviso. È una pietra miliare nella costruzione della futura nazione americana. Lincoln parla di come gli esseri umani sono uguali, cita i principi e i valori della Dichiarazione di Indipendenza. Non per caso, il discorso inizia con il famoso: “Ottantasette anni fa. Si riferisce al 1776, l’anno della Rivoluzione americana. Lincoln utilizza la cerimonia per incoraggiare il popolo ad aiutare la democrazia americana: “Il governo del popolo, dal popolo, per il popolo”, che non deve “perire dalla terra”. Tutto l’opposto di quello che sostiene Trump, che non è vittima di fake news, ma ne propala.

    Se proprio si vuole scomodare Lincoln, più che il suo discorso a Gettysburg, bisognerebbe ricordare quello che disse cinque anni prima a Clinton, in Illinois: “Potete ingannare tutti per qualche tempo e qualcuno per sempre; ma non potete ingannare tutti per sempre”. Col tempo è diventata una specie di ‘legge’.

  Trump sicuramente è un caso da studiare. Passi la sua prima elezione a Presidente: favorita da un bizzarro meccanismo elettorale; il personaggio presentava caratteristiche di pur discutibili e opinabili novità; conosciuto per le sue ‘stravaganze’, al tempo stesso non percepito come si sarebbe poi realmente mostrato e rivelato. Lo stesso discorso non si può fare per la seconda elezione: nel novembre 2024 Trump vince con ampio margine sulla sua avversaria democratica Kamala Harris. A suo modo è onesto: quello che fa (e non fa) è esattamente quello che aveva promesso di fare (e non fare) in campagna elettorale. Arrogante, presuntuoso, bugiardo, prepotente, vanitoso, vendicativo, oggi ma non è una sorpresa. Gli americani lo hanno votato sapendo chi era, chi è, cosa voleva fare, cosa avrebbe fatto, che cosa aveva già fatto: discusso finanziere, arricchito senza andare troppo per il sottile, sempre sul filo della legge, con una moralità che a nessun altro candidato in passato è stata perdonata. Al punto che ha un fondamento la fanfaronata del gennaio 2016 durante un comizio in Iowa:Potrei stare in mezzo alla Quinta Strada di New York e sparare a qualcuno, e non perderei nemmeno un elettore”.

 Forse, però, anche per Trump è arrivato il momento in cui la ‘legge Lincoln’ trova applicazione.

 Trump ha fatto una quantità di iperboliche promesse: la soluzione nel giro di poche ore delle guerre in Ucraina e a Gaza; spezzare le gambe alla Cina; ridurre il debito pubblico che ha raggiunto vertici degni da Himalaya; ricchezza e prosperità per tutti; annessione di Canada, Groenlandia, canale di Panama… Il famoso ‘Make America, Great Again’ (MAGA). Aggiungiamo l’attentato fallito a Butler in Pennsylvania:Dio mi ha salvato per un motivo, renderemo l’America di nuovo grande(e con buona pace dell’ex capo dei vigili del fuoco Corey Comparatore, che è rimasto ucciso; evidentemente non serviva nel ‘disegno’ di rendere di nuovo grande l’America).

  Gli hanno perdonato tutto, i suoi elettori e sostenitori: le indiscutibili speculazioni e l’insider trading realizzato a beneficio di familiari e amici, utilizzando informazioni privilegiate e non pubbliche, con il balletto dei dazi annunciati, revocati, riannunciati; i comportamenti violenti e incostituzionali contrabbandati come caccia all’immigrato illegale; gli attacchi alla libertà di insegnamento e alle università più prestigiose; l’immunità concessa ai golpisti che hanno dato l’assalto a Capitol Hill, un vero e proprio tentato colpo di Stato; gli attacchi diretti ed espliciti alla libertà di stampa; fallimenti, errori, violazioni; l’essersi inimicato una quantità di nazioni amiche ed alleate; per ora, almeno, una politica protezionista che procurerà danni e una quantità di problemi innanzitutto a chi si illude e illudeva di ricavarne benefici e vantaggi; l’alleanza/amicizia con un miliardario ketaminico, quell’Elon Musk responsabile di scriteriati ‘tagli’ e di migliaia di licenziamenti alle amministrazioni pubbliche, compresi settori delicati e che pregiudicano la sicurezza del paese. Vedremo se gli perdoneranno anche la menzogna.

  Trump ha letteralmente fatto a pezzi il vecchio GOP: il Grand Old Party non è più quello di Dwight D. Eisenhower, Nelson Rockefeller e John Mc Cain; e neppure quello di Ronald W. Reagan o George Bush padre e figlio, che pure non erano immuni a concessioni populiste e demagogiche. Il partito conservatore ora è una sorta di setta intollerante, faziosa, letteralmente ignorante e rancorosa. Il suo “‘pascolo’ elettorale è inoltre costituito da una quantità di elettori che si sentono traditi dal Partito Democratico, minoranze che non si sentono più rappresentate e tutelate, cercano sponde rassicuranti in chi fa leva su paure, divisioni e roboanti, inconcludenti promesse. Un ‘processo’, si parva licet componere magnis, a quello che accade in Italia con il Partito Democratico (ma anche in Francia e Germania). Ma forse è arrivato il classico granello di sabbia che inceppa il perfetto meccanismo. La ‘legge Lincoln’ trova (forse) applicazione.

  Il ‘granello’ forse si chiama Jeffrey Epstein, il defunto miliardario accusato di traffico sessuale e abuso di minori, ufficialmente suicida per impiccagione nella sua cella il 10 agosto 2019.

  Affarista ben inserito nei circoli più esclusivi degli Stati Uniti, Epstein era in stretti rapporti con importanti politici, imprenditori, con tutta l’alta società ed anche con un membro della famiglia reale inglese. Il sito di approfondimento giornalistico ‘Inside Over’, aiuta a comprendere la figura di questo protagonista di una delle vicende più imbarazzanti dell’ultimo ventennio. Epstein era il tipico ‘self made man’: nato a New York da una famiglia della classe media, nel 1992 è un personaggio del Jet Set: residenza a Manhattan, immobili a Parigi, Miami, proprietario dell’isola Little Saint James nelle Virgin Islands; amico di celebrità e potenti, tra gli altri Bill Clinton, Donald Trump, Bill Gates ed il Principe Andrea d’Inghilterra”.

  Non si dedica solo agli affari. Con il contributo della sua complice e amante Ghislaine Maxwell, mette in piedi un traffico internazionale di minori per soddisfare le proprie e altrui perversioni. Già nel 2005 i genitori di una quattordicenne raccontano alla polizia di Palm Beach, in Florida, che la figlia era stata vittima di abusi. Le successive indagini fanno emergere abusi su decine di donne, anche minori, ma riesce a cavarsela con lievi accuse di istigazione e induzione alla prostituzione minorile. Nel 2007 l’indagine passa all’FBI; gli avvocati di Epstein patteggiano un accordo segreto con il procuratore della FloridaAlexander Acosta che garantisce l’immunità su tutti i reati federali. Inspiegabile come il pubblico ministero abbia accettato un patteggiamento ad appena 13 mesi di reclusione. Per coincidenza, Acosta diventa Segretario al lavoro del governo Trump, anche se poi è costretto a dimettersi per le roventi polemiche che questa brutta storia suscita e provoca.

  Nonostante si cerchi di seppellirla, la vicenda inevitabilmente si riapre: crimini commessi troppo efferati; e i tempi sono cambiati: il movimento femministaMe Too ha già stanato, nell’alta società americana, numerosi aguzzini sessuali, tra cui il produttore Harvey Weinstein, condannato a 20 anni di reclusione.

  Nel 2018, il quotidiano ‘Miami Heraldriapre il caso, rivela che Epstein paga le minorenni in cambio di prestazioni sessuali: “Un detective di Palm Beach, che ha indagato sul caso, ha raccontato che circa 80 donne sono state vittime di molestie o abusi”. Nuovamente arrestato nel luglio 2019 dai pubblici ministeri di New York, Epstein si vede contestati episodi di molestie nei confronti di ragazzine, anche quattordicenni, dal 2002 al 2005. Il giudice Richard Berman non gli concede neanche la cauzione, spiegando che rappresenta un pericolo per la società e per questo non va rilasciato.

  Virginia Giuffre, una delle principali accusatrici di Epstein, descrive nei particolari come scattano gli adescamenti: è stata contattata da Ghislaine Maxwell che le chiede se vuole fare da massaggiatrice per un miliardario. Dopo le rivelazioni del ‘Miami Herald’, emergono nuove accuse anche in un altro filone d’indagine aperto dal procuratore delle Virgin IslandsDenise George. Anche in questo caso, “sono stati riscontrati centinaia di episodi di abusi sessuali su minori. Le violenze sono avvenute tra il 2001 e il 2018 nelle isole caraibiche Little Saint James e Great Saint James. Un paradiso privato dove regnava il più totale silenzio”. Tra gli ‘amici’ di Epstein ci sono anche l’ex presidente, Bill Clinton, che spesso utilizza il suo jet: i registri di volo della Federal Aviation ottenuti da ‘Fox Newsraccontano che Clinton ha compiuto 27 viaggi a bordo del Boeing 727 di Epstein dal 2001 al 2003. In alcune occasioni, anche con dieci agenti dei servizi segreti. Il jet era stato ribattezzato il Lolita Express. Nel 2002 Clinton aveva parlato in questi termini di Epstein: “Un filantropo impegnato, ho sempre apprezzato la sua generosità nell’ultimo viaggio in Africa per la democratizzazione dell’area, la lotta a povertà e Aids”.

 ‘Inside Overesamina anche il rapporto tra EpsteinTrump, cita il canale Bloomberg, secondo cui Epstein era stato membro del club di Trump a Palm Beach, Mar-a-Lago:Conosco Jeff da quindici anni. Ragazzo fantasticodice Trump al ‘New York Magazine nel 2002. Poi, però, per qualche ragione Trump allontana Epstein dal club. Secondo un avvocato delle vittime, “Trump lo allontanò perché aveva aggredito sessualmente una minore all’interno del club”. Dopo l’arresto, Trump conferma il contrasto: “Ho avuto un con lui un litigio, molto tempo fa. Non lo sento da almeno 15 anni”. Tra gli amici di Epstein, Bill Gates. Secondo il ‘New York Times’, almeno in tre occasioni Gates è andato a trovare Epstein nel suo appartamento a Manhattan”. Con Gates e la moglie Melinda, Epstein discute di iniziative caritatevoli. “Il suo stile di vita”, scrive Gates in una e-mail indirizzata ad amici dopo l’incontro, pubblicata dal ‘New York Times, “è molto diverso dal mio e per certi versi intrigante, ma non è per me”. Tuttavia, il ‘New York Timesfa notare che, quando i due si incontrano il passato di Epstein era già noto, soprattutto in certi ambienti.

  Tutta la seconda campagna presidenziale di Trump utilizza il caso Epstein per denigrare gli esponenti del Partito Democratico, Clinton e Obama in testa. L’accusa: vogliono insabbiare lo scandalo che ha enormi dimensioni. Il movimento cospirazionista QAnon insinua che esiste un mega-complotto di dominio mondiale gestito da pedofili di origine giudaica. Trump promette che farà luce e verità su tutta la vicenda. Anche su questo e per questo, vince.

  Eletto, dà corso a un’operazione a suo dire all’insegna della trasparenza: fa recapitare ad alcuni influencer di estrema destra dei file contenenti documenti sul conto di Epstein. Consentire a queste persone di poter spulciare il materiale e condividere le loro scoperte con i loro milioni di follower. In questo modo, avrebbero dimostrato l’impegno dell’amministrazione Trumpa fare luce sulla vicenda. Quella che il procuratore generale USA, l’iper-trumpiana Pam Bondi definisce ‘Fase 1’.

  Una mossa che si è rivelata un boomerang. Quello che Bondi aveva annunciato su ‘Fox Newse che poi ha effettivamente reso pubblico consiste perlopiù in un elenco dei contatti di Epstein e nei registri di volo dei jet privati da lui utilizzati: tutte informazioni già pubbliche da anni. I teorici della cospirazione, impazienti di vedere la cosiddetta ‘lista dei clienti di Epstein’ (di cui peraltro non è mai stata provata l’esistenza), hanno definito l’operazione una farsa e hanno ribadito le loro consuete convinzioni su un insabbiamento in corso. Bondi per schivare le polemiche dichiara che gli agenti dell’FBI dell’ufficio di New York avrebbero trattenuto dei documenti e li ha richiesti via lettera al direttore del bureau, Kash Patel. Intervistata da ‘Fox News’, sostiene che la sede centrale dell’Agenzia aveva ricevuto una vagonata di prove: migliaia di documenti aggiuntivi che non sarebbero stati pubblicati con alcune censure per proteggere l’identità delle vittime e per ragioni di sicurezza nazionale. Giustificazioni che non soddisfano il popolo MAGA, convinto che si voglia nascondere più di qualcosa e dell’esistenza di documenti segreti estremamente imbarazzanti relativi al ‘traffico’ di ragazze minorenni che Epstein, insieme a Ghislaine Maxwell, ha coinvolto nel suo giro di sfruttamento sessuale.

  “In pratica, la sua rubrica telefonica e i registri di volo sono stati in qualche modo travisati fino a far nascere l’idea che esista una specie di lista dei clienti, sostiene Julie K. Brown, autrice di un’inchiesta sul caso Epstein per il ‘Miami Herald’. A quanto ne so, non esiste nulla del genere. Da nessuna delle centinaia di persone con cui ho parlato e dalle vittime, né dalle le testimonianze giudiziarie che ho letto (e vi assicuro che ho letto quasi ogni singola causa che è stata intentata, ogni singola informazione che è stata registrata) ho mai sentito o visto il minimo accenno riferito a un elenco di clienti.

  A prescindere dalla ‘lista’ (che potrebbe benissimo non esistere), ci sono aspetti di questa storia da chiarire:

Le circostanze della morte di Epstein

  Quando, nel 2019, Epstein è trovato morto in una cella del carcere di Manhattan, il decesso è dichiarato ‘suicidio per impiccagione. Il “la” per una quantità di teorie, nessuna delle quali è mai stata confermata, sul fatto che persone potenti a lui collegate avrebbero ordinato l’omicidio per tutelarsi. Brown sostiene che, anche se il Dipartimento di Giustizia ha reso noti i risultati di un’indagine sulla morte di Epstein evidenziando gravi mancanze da parte del personale del Metropolitan Correctional Center di New York, non ha fornito i documenti su cui queste conclusioni si basano. Fra questi dovrebbero esserci le testimonianze di altri detenuti, guardie e medici. Anche l’autopsia di Epstein non è stata resa nota. L’omissione di questo materiale significa che non c’è piena trasparenza sull’episodio avvenuto prima di andare a processo.

Cos’altro sapeva l’FBI

  Secondo Brown per fare chiarezza sulla vicenda l’FBI dovrebbe rendere pubbliche le migliaia di pagine di documenti relativi alle sue investigazioni, che vanno indietro fino al 2007, quando è subentrato in un’indagine iniziata dalla polizia di Palm Beach. L’FBI, tecnicamente, ha pubblicato un’enorme quantità di quel materiale nell’archivio del suo portale online, anche se in gran parte è censurato.Molte delle cancellazioni, se si osservano bene quei documenti, sono del tutto superflue, secondo Brown. “Hanno eliminato il nome di Epstein da alcuni documenti. In pratica si dice: Siamo andati a casa di [testo cancellato, nda] a Palm Beach, quando poi c’erano rapporti che dicevano che le ragazze erano a casa di questa persona… sembra quasi uno scherzo. È impossibile dire cos’altro ci sia nei documenti in possesso dell’FBI, ma senza dubbio è materiale che darebbe un’idea approfondita del modo in cui le forze dell’ordine hanno individuato Epstein come obiettivo criminale, incluso, forse, se hanno esaminato i suoi libri finanziari e le modalità con cui ha accumulato un patrimonio che ammontava a un netto di circa 560 milioni di dollari, al momento del suo arresto nel 2019. Se questi documenti saranno resi pubblici, potremo capire meglio chi esattamente l’FBI abbia interrogato e quante prove avesse realmente a disposizione all’epoca. Ma queste risposte, anche se dovessero emergere, non porteranno nessuno in prigione. Secondo Brown, i file secretati potrebbero anche delineare un quadro che dimostra se l’FBI non ha fatto tutto ciò che doveva quando, nel 2006, si è messa sulle tracce di Epstein: Parte del motivo per cui esistono tutte queste teorie della cospirazione legate al caso è che il governo ha nascosto la verità per tutti questi anni. Hanno tenuto nascoste cose che non dovevano occultare.

I dettagli sugli aerei e sui passeggeri di Epstein

  In base al Freedom of Information Act, il ‘Miami Heraldha ottenuto dall’U.S. Marshals Service alcuni rapporti sulle ispezioni effettuate sull’aereo di Epstein mentre viaggiava tra New York e le Isole Vergini americane. I nomi dei passeggeri sono stati annotati, ma i documenti sono apparsi in forma del tutto manipolata, nascondendo i dettagli su chi e quando ha volato con Epstein. La Federal Aviation Administration non ha mai condiviso i documenti completi sulla lista dei viaggi compiuti dai vari aerei di Epstein negli anni.

I possibili legami di Epstein con gli ambienti dell’intelligence

  Il fatto che Epstein sia riuscito a farla franca per così tanto tempo e abbia ottenuto un accordo vantaggiosissimo per le accuse del 2008 ed evitato un processo federale, fa sospettare che fosse legato a qualche agenzia di intelligence che gli ha assicurato protezione. Sebbene Epstein fosse molto ben introdotto, non ci sono prove inoppugnabili che abbia agito per l’intelligence statunitense o di altre potenze straniere. Ci sono solo le dichiarazioni di suoi ex collaboratori come il defunto truffatore Steven Hoffenberg: in un’intervista dal carcere del 2002 alla giornalista Vicky Ward ha detto di ricordare che Epstein alludeva a un lavoro legato a questioni di sicurezza nazionale che implicava ricatti, dissuasione e scambio d’informazioni a un livello molto complesso e pericoloso. Ma si tratta di aneddoti tutt’altro che probanti.

Il contenuto dei computer e delle telecamere di Epstein

  Gli hard disk dei computer sono spariti dalle case di Epstein a Palm Beach e a Manhattan, prima delle perquisizioni delle forze dell’ordine a distanza di oltre un decennio l’una dall’altra. Non si sa cosa potessero contenere, né se l’FBI sia riuscita a recuperarli o a esaminarli. I computer sequestratinel 2005 dalla polizia in Florida non hanno prodotto prove valide per l’accusa. Non è chiaro cosa contenessero i dispositivi sequestrati dai federali a New York nel 2019. Le proprietà di Epstein erano dotate di videocamere. Cosa contengano le registrazioni è un mistero.

I documenti giudiziari relativi a vari casi

  Non si conosce che prove o testimonianze sono state presentate durante i due gran giurì federali relativi alle attività di Epstein; questo tipo di procedimenti è segreto. Non si conoscono le prove presentate durante il processo del 2021 in cui Ghislaine Maxwell è stata condannata per traffico sessuale di minori. Le richieste avanzate dal ‘Miami Heraldrelative a questo materiale sono state respinte). Ignote quelle della causa civile nelle Isole Vergini Americane, con l’accusa di racket mossa contro gli eredi di Epstein, dopo la sua morte, che è stata composta in via extragiudiziale.

  Il numero e la portata dei procedimenti giudiziari che riguardano Epstein, e che sono iniziati quasi due decenni fa, sono tali che Brown dubita delle promesse di Bondi di garantire la massima trasparenza con la pubblicazione di quei documenti: “Ho i miei dubbi che abbia capito il caso. Il modo in cui ha detto, fin dall’inizio, Ho il fascicolo sulla mia scrivania, mi ha fatto pensare che non è possibile che abbia il fascicolo di Epstein sulla sua scrivania. Perché quel fascicolo è talmente grande da riempire una stanza. Mi pare che non abbia capito fin dall’inizio quanto sia enorme questo caso, l’arco di anni che copre, quante persone siano state interrogate e quanti casi giudiziari abbia portato ad aprire. Non è così semplice come ricevere un fascicolo sulla scrivania e decidere di renderlo pubblico. È una cosa molto più grande. Ecco perché le persone che continuano a dare per scontata una notizia bomba su Epstein sono destinate a rimanere ripetutamente deluse. Potrebbero ancora emergere alcuni fatti collegati, ma altri rimarranno sepolti per sempre.

  È comunque una saga infinita. Il ‘New York Timesrivela l’esistenza di un nuovo rapporto sull’enorme quantità di prove accumulate dal Dipartimento di Giustizia (DOJ) su Epstein, la maggior parte delle quali non è ancora stata resa pubblica. Secondo ilNew York Times’, i funzionari del DOJ hanno esaminato “oltre 100.000 pagine di documenti” relative all’indagine federale del 2019.Hanno analizzato questo enorme archivio in quattro cicli di revisione tra febbraio e aprile. Il viceprocuratore generale Todd Blanche ha dato istruzioni al personale di segnalare qualsiasi menzione del presidente Trump, insieme a quella di altri personaggi pubblici di rilievo, “inclusi l’ex presidente Bill Clinton e il principe Andrea”. Due mesi fa la procuratrice generale Bondi ha confermato a Trump che il suo nome era presente nei documenti su Epstein, come riportato poi dal ‘Wall Street Journal. Il ‘NYT riferisce che alti funzionari dell’amministrazione Trump (tra cui Blanche, Bondi, il direttore dell’FBI Kash Patel e il vicedirettore Dan Bongino) hanno sempre sostenuto che non esistono prove che coinvolgano persone al di fuori di Epstein.

  Una versione che non convince per nulla la base MAGA di Trump, convinta che vi siano complici e associati di Epstein finora sconosciuti, insiste nel chiedere la pubblicazione integrale delle prove raccolte. In effetti, ‘ABC Newsrivela che vi sarebbero “40 computer e dispositivi elettronici, 26 unità di memoria, oltre 70 CD e sei dispositivi di registrazione, contenenti “più di 300 gigabyte di dati”.

  Secondo ‘ABC News’, le prove includono circa 60 elementi fisici, tra cui fotografie, registri di viaggio, elenchi di dipendenti, oltre 17.000 dollari in contanti, cinque lettini da massaggio, le planimetrie dell’isola di Epstein e della casa di Manhattan, quattro busti raffiguranti parti del corpo femminile, un paio di stivali da cowboy da donna e un cane di peluche.

  Ci sono poi le rivelazioni del Wall Street Journal’, giornale conservatore di proprietà di Rudolph Murdoch, il miliardario australiano proprietario anche di “Fox News”, emittente filo-trumpiano. Il “WSJ” ha pubblicato imbarazzanti documenti che certificano legami e amicizia tra Trump ed Epstein. Per queste sue rivelazioni è stato citato da Trump in giudizio: dieci miliardi di dollari per diffamazione. Per nulla intimidito il quotidiano continua a pubblicare documenti esplosivi. Nell’ultimo affondo, emerge un dettaglio sconcertante: nel 2003, per il compleanno del pedofilo milionario, fu realizzato un album rilegato in pelle con decine di lettere e auguri da parte di amici, potenti e celebrità. Tra questi, due nomi dominano la scena: Clinton e Trump. L‘album, spiega il giornale, era il regalo di compleanno “perfetto”, orchestrato da Ghislaine Maxwell. Lei stessa si sarebbe premurata di raccogliere lettere da personaggi illustri, come quella di Clinton: una breve nota vergata a mano con la sua inconfondibile calligrafia, in cui scrive: “È rassicurante, non è vero? Essere durati così a lungo, in tutti gli anni di apprendimento e conoscenza, avventure e […] e avere anche la curiosità infantile, la spinta a fare la differenza e il conforto degli amici”.

  Il portavoce di Clinton si trincera dietro una dichiarazione standard: l’ex Presidente avrebbe tagliato i ponti con Epstein ben prima del suo arresto nel 2019 e non era a conoscenza delle sue attività criminali. Nessuna spiegazione però su quella lettera, né sul fatto che Clinton fosse tra le cinque dozzine di nomi raccolti nel tomo celebrativo; una lista che comprende, oltre a Trump, Leon Black, Vera Wang, Alan Dershowitz, Mort Zuckerman, Peter Mandelson, Jean-Luc Brunel, tutti classificati sotto la dicitura “Amici”.

  La lettera attribuita a Trump, illustrata con il profilo di una donna nuda, è stata definita “un falso” dalla Casa Bianca, che parla dell’ennesimo “articolo diffamatorio” privo di prova. Ma il ‘Wall Street Journalnon si ferma: ha pubblicato i dettagli dell’intero album, incluso l’indice per gruppi: “Amici”, “Affari”, “Famiglia”, “Scienza”, “Brooklyn”. Domande e congetture di ogni tipo: chi protegge chi? Cosa resta ancora nascosto?

  Nel frattempo, Ghislaine Maxwell, laregista’ condannata per traffico sessuale, ha avuto un secondo incontro con il viceprocuratore generale Todd Blanche nel carcere federale dove sconta la pena. Secondo indiscrezioni, starebbe fornendo ai procuratori materiali riservati, tra cui documenti, lettere e nomi, non inclusi nei dossier già desecretati. Ma su chi decide cosa va desecretato e cosa no, resta un’ombra ingombrante: il ruolo dell’Attorney General Pam Bondi, fedelissima di Trump, è sempre più ambiguo. È lei a gestire le informazioni sensibili, a decidere cosa va mostrato, quando; e cosa resta segreto. Un fatto è incontrovertibile: come sia passata in pochi giorni da pubblicheremo tutta la lista degli amici di Epstein” a “la lista non esiste”. Non è la sola contraddizione. Intervistato da ‘CBS’ lo speaker repubblicano della Camera Mike Johnson ha detto:Questa vicenda non è una bufala. Certo che no. Vogliamo la piena trasparenza. Chiunque sia coinvolto con Epstein deve essere assicurato alla giustizia, e in fretta. È significativo che Johnson, uno dei massimi vertici del Congresso, finora allineato con la linea difensiva trumpiana abbia smentito la ‘narrativa’ del presidente e dato voce a un malcontento crescente anche all’interno della maggioranza. Il rischio, per la Casa Bianca, è che la vicenda diventi una bomba a orologeria: non si tratta più solo di gossip; emergono prove che collegano i due presidenti più chiacchierati d’America allo stesso, potente, inner circle. Washington si interroga su chi sa, chi finge di non sapere, su chi cerca di insabbiare tutto. L’affaire Epstein inquieta l’inquilino della Casa Bianca, è materia di polemica politica (chi la fa, l’aspetti), e come tale si cerca di sfruttarla.

   Una nota serie televisiva USA, ‘South Park’, famosa per la sua satira rivolta a tutti e tutto, ridicolizzando personaggi di spicco, ha più volte preso di mira Trump. In un episodio il Presidente USA è messo alla berlina per i suoi legami con Epstein, sintomo evidente che la Casa Bianca ha perso il controllo di una “narrativa” che in campagna elettorale ha usato contro gli avversari del Partito Democratico. Trump viene ritratto come ossessionato da se stesso, le pareti della Casa Bianca tappezzate di sue foto nude, in una relazione con il Diavolo, che lo paragona inquietamente al suo ex, Saddam Hussein. Il Diavolo lo accusa di minimizzare sistematicamente le accuse legate al caso Epstein: “È strano che ogni volta che viene fuori [la lista di Epstein], tu dica solo alla gente di rilassarsi”. Mai lo show aveva preso di mira Trump in modo così esplicito e irriverente.

  La popolare influencer Shane Gillis, si esibisce in uno sketch dove a un certo punto, rivolta al pubblico dice: Ci sarebbe dovuta essere una battuta su Epstein, ma probabilmente si è cancellata da sola, forse non è mai esistita. Andiamo avanti come Paese e ignoriamola; fa il verso alle parole dello stesso Trump sulla questione. Andrew Schulz, Shawn Ryan e Theo Von, popolari pod-caster tutti pro-Trump, si dichiarano infastiditi dalle risposte poco trasparenti del presidente e dal fatto che abbia scelto di accantonare la questione.

  Trump ha riconquistato la Casa Bianca anche grazie al sostegno di giovani elettori impolitici, ‘catturati’ dalla sua comunicazione diretta e anti-establishment; la desecretazione degli ‘Epstein Files, i documenti riservati dei processi penali fatti, era uno dei suoi refrain. Dopo aver saputo dalla procuratrice generale Bondi che lui stesso era presente nei documenti, Trump ha preferito che la questione finisse nel dimenticatoio. Una gestione evasiva che gli sta alienando proprio quell’elettorato, e lo fa sembra simile ai politici sempre criticati.

  Perfino Jake Angeli Chansley, lo ‘sciamano’, uno dei simboli della rivolta di Capitol Hill con indosso la pelle di bisonte, corna e bandiera USA dipinta sul viso (da Trump graziato), si dice deluso. Fanc Donald. Sei un impostore, ha postato su X il 23 luglio. Le notizie sulla presenza del nome del Tycoon nella presunta lista Epstein allontanano sempre più il popolo MAGA dal leader. Non dimenticano che all’inizio dello scandalo proprio Trump sosteneva che Barack Obama stavanascondendo informazioni per proteggere alcuni democratici, alimentando la narrativa di un complotto ai danni delle vittime dirette e di tutti i cittadini che meritavano verità. Ora accusa Trump di fare la stessa cosa. Il post dello “‘sciamano’ dopo qualche ora è stato cancellato, ma è rimasto il tempo sufficiente per diventare virale. Ha comunque lasciato un ‘segno’: c’è un mondo che credeva in Trump credeva e adesso dubita. Chi la fa, l’aspetti, si può ben dire.

  Gli ultimi capitoli (per ora) della storia infinita: il ‘New York Times’ pubblica di Peter Baker. Racconta di un Trump che ‘nuota’ compiaciuto in un mare di teorie del complotto che si rincorrono, si smentiscono e si rinnovano a ritmo vertiginoso, e che contribuisce ad alimentare. Alcune riguardano Epstein,ma ci sono altri “capitoli” decisamente surreali: è stato Obama a inserire il suo nome dai sotterranei di una prigione segreta? Hillary Clinton è schiava di sedativi? Per non parlare di falsi filmati, prodotti con l’intelligenza artificiale che mostrano Obama arrestato dall’FBI o inseguito dalla polizia, ospitati nei suoi social ufficiali. Ironie? Giochi? Sberleffi? In realtà si persegue un preciso obiettivo: spostare l’attenzione dal tema scomodo di Epstein, rispolverando vecchie ossessioni, come il complotto dell’’Obamagate’.

  Nessun comandante in capo nella memoria recente è stato tanto consumato e alimentato dalle teorie del complotto quanto Donald Trump, scrive il ‘New York Times’. Sin dai tempi della bufala sul certificato di nascita di Obama, Trump ha costruito una carriera politica su insinuazioni e sospetti. Oggi, tornato al potere, continua a cavalcarli anche se a guidare il “deep state”, almeno formalmente, è proprio lui. Alcuni osservatori, come Michael Nelson del Rhodes College, sottolineano come Trump abbia incentivato una “tendenza naturale a cercare un burattinaio dietro ogni evento“. Ha messo in dubbio la presenza delle riserve auree a Fort Knox, ha suggerito che Obama abbia orchestrato un colpo di stato, ha postato immagini false del suo predecessore ammanettato o inseguito in stile O.J. Simpson: Un clima politico degenerato, dove l’assurdo diventa norma. Meena Bose della Hofstra University, osserva:Le accuse presidenziali senza fondamento minano la fiducia nel sistema e nella legalità costituzionale. La diffusione virale di fake news avvelena il dibattito, specialmente quando a rilanciarle è l’uomo più potente del Paese. Il paradosso è che, mentre Trump accusa altri di cospirare contro di lui, è proprio il suo comportamento a sollevare interrogativi. La reticenza nel pubblicare integralmente i fascicoli su Epstein ha acceso i sospetti anche tra i suoi stessi sostenitori. Ci si ritrova così, osserva Peter Baker, in un cortocircuito: “Le teorie del complotto hanno sempre fatto parte della storia americana. Ma non erano mai arrivate così in alto.

  Un aspetto collaterale (ma fino a un certo punto), di questa vicenda. Nonostante tutto quello che accade ed è accaduto, il Partito Democratico non sembra essere in grado di farne tesoro. La sua crisi continua. Un sondaggio delWall Street Journal rivela che il 63 per cento degli elettori ha una opinione negativa; è il dato peggiore degli ultimi 35 anni. Appena l’8 per cento ha un parere ‘molto positivo’, contro il 19 per cento di quanti lo hanno per il Partito Repubblicano. La speranza era che i comportamenti bizzarri e contraddittori dell’inquilino della Casa Bianca sfavorissero il GOP, si è rivelata sbagliata, illusoria. Agli elettori non piace come Trump gestisce l’economia, l’inflazione, i dazi, la linea tenuta in politica estera; l’affaire Epstein, secondo un’altra rilevazione avrebbe fatto perdere al tycoon 9 punti di consenso; tuttavia, i repubblicani sembrano diffondere più fiducia dei democratici.

   La politica migratoria di Trump fa paura a molti americani, ma si fidano di più dei conservatori presenti al Congresso rispetto ai colleghi democratici, anche sulla gestione dei migranti illegali (24 per cento). Anche per quel che riguarda l’inflazione: a disapprovare loperato del presidente è attestato sull’11 per cento in più di quelli che lo approvano; ma il Partito Repubblicano supera quello Democratico del 10 per cento. Così anche per i dazi: il 17 per cento li disapprova, ma sulla questione i conservatori superano di sette punti percentuali in più i progressisti. Gli unici successi vanno ritrovati nell’assistenza sanitaria e nella politica dei vaccini, con i democratici che risultano più credibili dei repubblicani.

  Risultati che rivelano come il Partito Democratico non sia riuscito finora a trovare risposte credibili alle politiche della Casa Bianca, e sia ancora stordito dalla sconfitta elettorale di novembre. Le elezioni di Midterm sono alle porte (autunno del 2026): non saranno solo il giro di boa di un’amministrazione, ma anche un giudizio sui suoi primi due anni di governo. Visto il modo di comportarsi di Trump, molti osservatori e analisti credono che possa uscire malconcio dal voto di metà mandato, e perdeil controllo di uno dei due rami del Congresso. Era già successo nel 2018. Però… A quasi un anno dalla sua prima vittoria alle urne, più o meno in questo periodo del 2017, i sondaggi erano diversi: gli elettori si sentivano più democratici che repubblicani. Ora è vero il contrario.