L’annuncio di Macron di voler riconoscere la Palestina a metà Settembre prossimo ha chiarito chi vuole realmente la pace in Palestina e chi no. Dove ‘pace’ significa soluzione del tema di fondo, al di là della formula propagandistica e vuota del «due popoli e due Stati», che ormai non ha più senso

 

 

Almeno, ora le cose sono finalmente chiare. In due frasi, tanto spocchiose quanto inutili, si è fatta chiarezza: chi non vuole la pace in Palestina sono nell’ordine gli USA e Israele.

La chiarezza discende da un fatto apparentemente diverso e separato: l’annuncio di Macron di voler riconoscere la Palestina («come Stato», precisano molti giornali … e se no come che?) a metà Settembre prossimo. Sarà un caso, dopo le vacanze... o forse per aprire una trattativa.

È una battuta facile e banale? Certo, ma cosa altro si può dire ad un soggetto come Macron, che dopo oltre un secolo di conflitto sul territorio che la Francia si è ‘spartita’ con la Gran Bretagna, si propone oggi, solo oggi, di riconoscere una realtà. Ma il punto vero è che l’annuncio, fatto con la solita sicumera francese ha fatto movimento, ha costretto perfino l’Italia a ‘prendere’ una posizione … salvo a cambiarla domani!

Innanzitutto, ha chiarito i giochi, come dicevo: chi vuole realmente la pace in Palestina e chi no. Dove ‘pace’ significa soluzione del tema di fondo, al di là della formula propagandistica e vuota del «due popoli e due Stati», che ormai non ha più senso. In un certo senso, questa volta è Macron che ha fatto un gioco da pokerista e ha costretto Trump a venire allo scoperto e dire, con tutta la volgarità che gli è propria, che Macron non conta nulla e che lui vuole la guerra, che poi è un massacro. Ma ha anche obbligato altri a ‘posizionarsi’, in modo imbarazzato e spesso imbarazzante. “Non è ancora il momento”, per esempio: che significa? Oppure la plateale sciocchezza del nostro Ministro degli esteri, che se ne esce con una vera assurdità: bisogna, dice, prima (prima di che?) che la Palestina riconosca Israele, noi non vogliamo che vinca qualcuno, ma che vinca la pace! Una sciarada: «Il reciproco riconoscimento fra Israele e il futuro Stato palestinese è un punto d’arrivo indispensabile». Come faccia un ‘futuro’ Stato a riconoscerne uno esistente, prima di essere uno Stato? Ripeto: una sciarada.

Signor Ministro e entusiasta «Signor Presidente del Consiglio on. le Giorgia Meloni» ponte con Trump, scusate, chiedete a qualche funzionario della Farnesina: i due si sono già riconosciuti a vicenda da molti anni. Oggi devono solo fare la pace, Palestina (non Hamas) e Israele. Solo che Israele e gli USA non vogliono fare la pace, perché Israele, con il pieno appoggio USA (e un imbarazzato mezzo, appoggio britannico e un quarto di appoggio tedesco) vuole occupare e annettersi tutta Gaza e tutta la Cisgiordania. Tanto più che la formula assurda dei due stati, non può reggere se non si ricostruisca una unità territoriale palestinese. Colpisce che, a quanto pare, lo abbia capito il Presidente della Camera, Fontana, anche se lo ha capito per escluderla oggi (cioè sempre), se ben interpreto la sua dichiarazione sulla ‘continuità territoriale’, sulla esclusione comunque di Hamas, per concludere che la “situazione è estremamente complicata e ogni volta che se ne parla sembra di aprire un nido di vespe”! questi sì che sono uomini politici!

Certamente la situazione è assai complicata, ma non a causa delle vespe, ma del fatto che è una situazione iniziata, malissimo, oltre cento anni fa e quasi mai affrontata nella sua interezza e mai descritta nella sua realtà, almeno dalla stampa e dai politicanti.

Ma di ciò ho già parlato molte volte e quindi sintetizzo. L’arrivo di ebrei in terra di Palestina inizia ai primi del ‘900, determinato dalla nascita di un partito sionista, che si propone di trovare una terra per insediarvi gli ebrei, per lo più europei, maltrattati in Europa, molto prima del genocidio italo-tedesco del periodo della seconda guerra mondiale. L’insediamento dei sionisti in Palestina determina una situazione di tensione con la popolazione locale, spesso ‘depredata’ dai nuovi arrivati di terre e case, anche nella presunzione non solo che la Palestina fosse una terra senza popolo, ma che i palestinesi potessero essere trattati come qualunque popolazione coloniale del tempo.

Nel 1948, anche a seguito di una risoluzione di molto discutibile legittimità e comunque di valore solo raccomandatorio, un gruppo di sionisti, già attivi da decenni sul punto, ‘approfitta’ del coraggioso abbandono della Palestina da parte della potenza coloniale, la Gran Bretagna, per «autoproclamarsi» Stato di Israele.

Appunto: autoproclamarsi. Perché, checché ne dicano vari commentatori (‘cartacei e ‘vocali’, basti pensare a Mentana, che lo ripete in continuazione in ‘spregio’ agli ‘autoproclamati stati del Donbas’) non solo l’autoproclamazione non può che essere unilaterale (altrimenti non sarebbe auto-proclamazione!) ma è l’unico modo per costituire un soggetto di diritto internazionale, alla sola e decisiva condizione che, una volta costituitosi, il soggetto riesca ad impedire a chiunque di cacciarlo o sopprimerlo. È perciò che si parla a proposito dei soggetti di diritto internazionale di sovranità: si costituiscono per forza propria e non dipendono per la legittimazione della loro esistenza da un altro soggetto di diritto internazionale. Lo Stato è altra cosa: una organizzazione amministrativa e politica di un soggetto già esistente. O una entità amministrativa fine a sé stessa, ma priva di soggettività internazionale come il Kossovo.

E dunque, meno ancora delle sciarade di Tajani, sono comprensibili le affermazioni della Meloni: « …  io credo che il riconoscimento dello Stato di Palestina, senza che ci sia uno Stato della Palestina, possa addirittura essere controproducente per l’obiettivo» (quale?) … siamo all’equilibrismo semantico, ma specialmente all’ignoranza (deliberata?) del diritto, che afferma che un soggetto c’è perché c’è e non perché venga ‘riconosciuto’: viene riconosciuto proprio perché c’è, diversamente come si potrebbe ‘riconoscere’ una cosa che non c’è? Il riconoscimento, signor Presidente, è un atto contrattuale, non una concessione graziosa!

Ciò è, infatti, esattamente quello che ha fatto Israele: si è affermata e consolidata su quel territorio, in gran parte identificato dalle Nazioni Unite, ma non solo. Consolidata, cioè difesa efficacemente dal tentativo di non farla esistere e quindi riconosciuta dagli altri soggetti. L’insediamento, però, essendo avvenuto contro la volontà di una gran parte (la stragrande maggioranza) della popolazione abitante su quel territorio (i palestinesi … in parte anche cristiani) è sicuramente un atto illecito, ma ciò non toglie che il soggetto ‘Israele’, lì formatosi, è perfettamente legittimo dal punto di vista del diritto internazionale e quindi non se ne può pretendere legittimamente la cancellazione. Esattamente così come il soggetto Israele stesso, non può occupare territori ulteriori rispetto a quelli di origine, perché su quei territori continua a vivere (sempre più precariamente) una popolazione (la popolazione palestinese) che non si è costituita in Stato, ma è destinataria della garanzia all’autodeterminazione dei popoli, ed è divenuta un soggetto, sia pure non stato, di diritto internazionale, in particolare attraverso la OLP; e non la Amministrazione Nazionale Palestinese, che ne è solo la manifestazione amministrativa. Come dire che lo stesso ragionamento fatto per Israele vale anche per la Palestina, che c’è, lo voglia o no Israele. Per di più questa situazione deriva da un trattato internazionale, firmato solennemente alla Casa Bianca e controfirmato da Clinton, in cui si fondava l’ANP e i due soggetti (Israele e OLP) si riconoscevano a vicenda …  per cui Tajani e la Meloni possono stare tranquilli: si sono già riconosciuti, perché c’erano già.

Infine, il termine Palestina, da ormai quasi venti anni, indica, nelle Nazioni Unite, il territorio rappresentato dalla OLP, in quanto a sua volta soggetto di diritto internazionale, nella qualità di Movimento di Liberazione nazionale, aspirante legittimamente a costituirsi in Stato sul territorio residuo da quello occupato da Israele, benché Israele non abbia mai definito i propri confini, salvo a riferirsi alle linee di confine indicate nella risoluzione della Assemblea Generale delle Nazioni Unite n.181 del 1947.

In questo senso, e solo in questo senso, la tanto ridicolizzata decisione francese di riconoscere la Palestina mette sul tavolo tutta questa problematica e potrebbe (badate bene: potrebbe) creare un tavolo di discussione alternativo rispetto all’attuale uso brutale della forza. Macron, insomma, ha fatto come Trump il giocatore di poker, mettendo sul tavolo una ‘posta’ che potrebbe riuscire difficile a Trump di sostenere, se le prossime elezioni (Novembre 2026) dovessero andargli male. E forse non sbaglia del tutto se, come afferma Panebianco e io concordo: «Trump o non Trump, anche se gli Usa non romperanno con l’Europa non le assicureranno più né protezione militare incondizionata né condizioni economiche di favore», e quindi sarebbe venuto il momento di cominciare a fare da soli, a ‘diventare grandi’!

Vi sarebbe solo da aggiungere che se degli statisti degni di questo nome si preoccupassero del benessere delle varie rispettive popolazioni e non di giocare a poker, sarebbe meglio. Ma, appunto, dove sono gli statisti?

Di Giancarlo Guarino

Giancarlo Guarino è Professore ordinario, fuori ruolo, di Diritto Internazionale presso la Facoltà di Economia dell’Università di Napoli Federico II. Autore di varie pubblicazioni scientifiche, specialmente in tema di autodeterminazione dei popoli, diritto penale internazionale, Palestina e Siria, estradizione e migrazioni. Collabora saltuariamente ad alcuni organi di stampa. È Presidente della Fondazione Arangio-Ruiz per il diritto internazionale, che, tra l’altro, distribuisce borse di studio per dottorati di ricerca e assegni di ricerca nelle Università italiane e straniere. Non ha mai avuto incarichi pubblico/politici, salvo quelli universitari.