L’Europa, ma solo se unita, ha un potenziale economico e cultural-tecnologico da fare invidia. Ma deve usarlo per indurre gli USA a fare i conti per bene
Al di là della «testa alta» di Tajani, che lascia esattamente il tempo che trova e l’invito alla ‘moderazione’ del «Signor Presidente del Consiglio on. le Giorgia Meloni» a conferma della sua (solo sua, esclusivamente sua) tesi del ‘ponte’ tra Europa e USA, le uniche cose certe sono che il pokerista Trump (gli USA in verità) ha fatto la sua puntata e ora è l’altro giocatore che deve rispondere.
Non prendiamoci in giro. La mossa di Trump era prevista e attesa e quindi lo ‘stupore’ e addirittura lo sgomento mostrato da molti è una semplice e sciocca ipocrisia, un giochetto da retrovie. Bisognava prepararsi prima, invece di parlottare a caso, di proporre mediazioni strane, di dare per ‘accettabile’ una tariffa del 10% ecc.
Si sapeva, era previsto e davvero non si capisce da cosa possa mai derivare questa specie di terrore collettivo che ha indotto gli europei e l’Europa, innanzitutto ad accettare senza alcuna resistenza l’assurdo delle spese di riarmo immediate, cioè fatte acquistando armi statunitensi, magari controllate dagli USA come i famosi F35 che potrebbero non partire nemmeno se gli USA non volessero. Né perché, sempre terrorizzati e servili – lo ricordate il frugale Rutte in ginocchio davanti a Trump? – si sia accettata la follia di non tassare le grandi imprese statunitensi. Meno che mai certe pretese filo-statunitensi, non solo dai vari politicanti, ma anche di molta parte dell’imprenditoria europea, spaventata dai dazi e pronta a fare l’unica cosa certamente sbagliata: trasferire le produzioni in USA: che poi, verosimilmente, è la vera speranza degli USA.
Gli USA hanno messo la posta sul tavolo e quello a cui puntano, a mio parere, è addirittura evidente e perfino banale. Ci hanno visti, noi europei sbiancati in volto a implorare un nuovo ‘D-day’, nel timore panico e propagandistico di una invasione russa. Hanno capito perfettamente le uniche due cose chiare ed evidenti a tutti: la divisione strutturale dell’Europa e la debolezza della politica europea il cui centro è sotto continuo attacco e privo di poteri adeguati per reagire. Subito pronti, infatti, i nostri politicanti più o meno ipocriti, a strillare contro i vincoli e le regole europee, pronti a distribuire alimenti inquinati e prodotti scadenti ai cittadini europei, piuttosto che cercare soluzioni equilibrate e di lunga prospettiva.
Non è un caso che, mentre il francese Macron reagisce come un cavallo punto da una vespa e chiede reazioni a muso duro, l’aspirante leader militare dell’Europa, d’accordo perfino con il nostro Governo, propugni calma e moderazione, appunto.
Agli USA, e alla Russia, serve una Europa divisa e frazionata. Gli serve sia da un punto di vista economico che da uno militare.
A noi, invece, serve unire le forze e rispondere colpo su colpo alle imposizioni, perfino un po’ infantili, degli USA … “se siete buoni e obbedienti, magari vi faccio venire a giocare con me”.
L’Europa, unita ma solo se unita, ha un potenziale economico e cultural-tecnologico da fare invidia. Ma deve usarlo per indurre gli USA a fare i conti per bene. Specie nella misura in cui molta parte dei prodotti europei esportati in USA sono prodotti di qualità, non di massa. Sono prodotti, cioè, acquistati da chi se li può permettere sia pure con un certo sacrificio: non necessariamente i plutocrati, ma certamente persone abbastanza benestanti da porsi il problema di acquistare il parmigiano reggiano, o una bella Mercedes sia pure di medio livello, invece del “parmesan” (o come diavolo lo chiamano lì!) del Kentucky, o una Ford costruita a Detroit.
Tanto più che anche il parmesan e la Ford statunitense sono tutt’altro che unicamente statunitensi, così come nessun prodotto italiano o in generale europeo è interamente italiano o europeo.
Torno all’inizio: questa è una partita di poker e nemmeno del miglior poker, sarebbe sciocco cadere in questa trappola ed accettare quel livello di scontro. Di fronte ad un bluff, un buon giocatore non ‘va a vedere’ piuttosto che rischiare di mettere nel piatto una cifra enorme che, se perduta, gli impedisca di continuare il gioco.
Alla peggio avremo perduto un po’ di produzione, recuperabile nel tempo. Ma la perdita dell’indipendenza (e, stavo per dire, della dignità, ma mi rendo conto che non è molto di moda) sarebbe irreversibile e ci confinerebbe in un mondo minuscolo e asfittico, forse gradevole per un Salvino o per l’aspirante ducia Meloni, ma molo lontano dal benessere dei nostri figli e nipoti.