Probabile, o almeno plausibile, è che ci sia stato un cattivo comportamento nei sistemi principali di servocomando o in quelli ridondanti
È trascorso poco più di un mese dall’incidente che ha coinvolto un Boeing 787-8 Dreamliner di Air India partito da Ahmedabad, un centro dello stato del Gujarat che con circa 6,5 milioni di abitanti è la sesta città più popolosa dell’India.
Il volo AI 171 era decollato dal Sardar Vallabhbhai Patel International Airport il 12 giugno scorso alle 08:07 locali e si era staccato dalla pista due minuti dopo l’autorizzazione della torre al rullaggio; diretto a Londra Gatwick, con scalo previsto a Mumbai.
A bordo del bireattore, 242 persone di cui solo Mr. Vishwash Kumar Ramesh è sopravvissuto, sia pur con diverse ferite. Lui, cittadino britannico di 40 anni, si trovava al posto 11A, vicino a un’uscita di emergenza. Caso, fortuna, impossibile dirlo.
Non è andata così per gli altri passeggeri, i due piloti e i dieci membri dell’equipaggio di un aereo precipitato come un sasso da appena 200 metri di quota.
La trasvolata è durata solo pochi minuti, poi lo schianto su un edificio abitato da studenti. Diloro, 29 sono morti per l’impatto e una settantina sono finiti all’ospedale.
Si tratta di una delle peggiori tragedie aeree degli ultimi anni, la prima del genere per la tipologia del velivolo interessato di cui ne sono state costruite oltre mille unità e come sempre le indagini cercano di scoprire la verità perché nel trasporto aereo la sicurezza è uno dei parametri più preziosi. Ma poiché si tratta sempre di responsabilità molto elevate, la ridda di illazioni si amplifica e soprattutto, le inesattezze riportate da stampa e ignoranti regna sovrana. Ma non solo.
Perché la lotta sulle responsabilità è all’ultimo sangue e le lobby di industriali, rappresentati dei piloti e quant’altro diventano i veri protagonisti di realtà distorte e senza costrutto.
Sta accadendo così per il velivolo VT-ANB consegnato alla compagnia asiatica il 28 gennaio 2014. Per comprendere meglio che cosa sia accaduto, ‘l’Indro’ ha consultato il primo report delle indagini. Naturalmente non siamo stati i soli e ognuno ha dato la sua versione di quanto riportato dai tecnici che lo hanno compilato.
Così noi proviamo a dare la nostra.
Secondo i registratori di bordo, l‘aereo incidentato ha iniziato il rollio appena autorizzato e subito dopo gli interruttori del carburante (engine fuel cut off switch) del motore 1 e del motore 2 sono passati nella posizione di chiusura, l’uno dopo l’altro, con un intervallo di un secondo. Naturalmente, se gli apparati di potenza non ricevono l’alimentazione, iniziano repentinamente a diminuire i giri dei rotori scendendo al di sotto dei valori di decollo, fino a spegnersi. E così è stato.
Dal documento poi si legge che la registrazione vocale della cabina di pilotaggio ha riportato una voce chiedere se fosse stato interrotto il flusso. La risposta è stata un semplice ma deciso «no».
Che abbia parlato il comandante –Sumeet Sabharwal, 54 anni, 8.200 ore di volo- o il primo ufficiale Clive Kunder, 34 anni che con oltre 1.100 ore di volo era realmente ai comandi, non è stato reso noto. Ma che sia accaduto qualcosa di molto grave in quegli istanti deve essere vero dal momento che dalle telecamere di sorveglianza dell’aeroporto si è vista l’attivazione della turbina di emergenza. Insufficiente per sostenere 213,5 tonnellate (comprese 54 tonnellate di cherosene) alla prima salita.
Dalla nota si legge ancora che il motore 2 si è riacceso, ma non è riuscito a riprendere la spinta necessaria al sostentamento del velivolo.
Alle 08:09 uno dei piloti ha trasmesso il disperato MAYDAY. Poi più nulla. Il controllore di volo ha chiesto informazioni sul nominativo di chiamata, ma non ha ricevuto alcuna risposta e però ha osservato l’aereo schiantarsi all’esterno dei confini dell’aeroporto e ha attivato la risposta di emergenza. La storia, almeno in questa prima fase, si conclude alle 08:14, quando il primo mezzo di soccorso ha lasciato l’aeroporto per raggiungere l’area incidentata e procedere con le operazioni di protocollo.
L’indagine prosegue e il team investigativo esaminerà ulteriori prove. Speriamo sia lasciato in pace in questa delicata fase del proprio lavoro.
Che si ricava da questo documento?
Naturalmente poco o nulla. Ed è questo il punto su cui vogliamo soffermarci. Ma prima diciamo che un primo draft serve solo a confondere le idee a chi di sicurezza del volo ne non capisce niente. E cerchiamo di essere ancora più sbrigativi.
Un aereo da trasporto non è un giocattolo. Più o meno, un Boeing 787 costa 250 milioni di dollari. Un po’ troppi, vite umane a parte, per poter essere oggetto della volontà suicida di un singolo individuo, sicuramente sano di mente -perché periodicamente i piloti sono soggetti a visite psicologiche- e assolutamente sobrio. Nel report infatti si indica che, prima di imbarcarsi, i due piloti avevano sostenuto il test etilico.
Dunque, qualcosa di molto più grave non ha funzionato e parlare di errore umano è fin troppo semplicistico, specie se i piloti, dalla bara, non possono difendersi.
Resta quindi un mal funzionamento.
Onestamente, si escluderebbe un difetto di progettazione per un motivo che può essere facilmente esemplificato.
Edward Aloysius Murphy era un ingegnere aeronautico oltre che un militare. Lui ha dovuto la sua celebrità per una frase che coniò in seguito ad un esperimento nel 1949, dopo essersi accorto che i tecnici dell’Air Force Institute of Technology avevano montato a bordo di un velivolo dei sensori in modo errato, commentando che «se ci sono due o più modi di fare una cosa e uno di questi modi può condurre a una catastrofe, allora qualcuno la farà in quel modo». Per cui anche i più impensabili dettagli costruttivi sono soggetti a severissime analisi prima di essere disegnati e montati. Anche questo esclude rigidamente ogni causalità o operazione involontaria. A conferma di quanto appena affermato, l‘esperto di sicurezza aerea statunitense John Cox ha affermato che un pilota non potrebbe spostare accidentalmente gli interruttori del carburante che alimentano i motori. E siamo d’accordo con lui.
Più probabile, o almeno plausibile, è che ci sia stato un cattivo comportamento nei sistemi principali di servocomando o in quelli ridondanti.
La conseguenza in tal caso sarebbe l’invio al servomeccanismo di un automatico comando errato senza un vero input manuale.
I più informati commentatori dovrebbero ricordare che nel 2015 la FAA (l’agenzia di controllo americana) scoprì che qualcosa non andava per il verso giusto nel controllo automatico dei generatori al litio dei 787 e per questo fu avviata una direttiva di miglioramento dei manuali di volo che per ovviare questi inconvenienti prevedeva un controllo più frequente di determinati dispositivi. Sono stati rispettati i dettati dalla manutenzione della compagnia? Nella registrazione di volo questo naturalmente non è riscontrabile ma un’accurata tracciabilità potrà dare qualche risposta meno frettolosa.
Fanno sicuramente bene gli investigatori a concentrare le loro analisi su tutto lo spettro di ipotesi, ma focalizzarsi sulle azioni compiute dai piloti improvvisamente impazziti, dovrebbe essere l’ultimo obiettivo.
La verità innanzitutto. Che piaccia o meno ad alcune categorie importa poco.