Allo scrittore algerino va garantita la certezza di non essere arrestato ed estradato: lo sarebbe infatti per motivi politici, cosa vietata dalla nostra Costituzione e dalle disposizioni in materia di estradizione, dal codice penale, ecc.

 

Inizio queste due righe destinate ad altri argomenti, con una notazione di disprezzo e vergogna per la vicenda, in realtà assai poco trattata, almeno per quanto io abbia visto, relativa ad uno scrittore algerino, Kamel Daoud, che potrebbe, anzi non potrebbe, venire in Italia a presentare i suoi lavori, perché inseguito da un mandato di arresto nel suo paese, l’Algeria, in quanto oppositore del regime, o dell’islamismo, o di non so che: oppositore e basta … come vorrebbero, in realtà, alcuni in Italia.

Non conosco la vicenda. Non conosco lo scrittore. Non ho letto i suoi romanzi. Non conosco la signora Elisabetta Sgarbi che ha posto il problema. Non so nulla, dunque, e non prendo parte. L’unica cosa che mi risulta da quella notizia è che non è accusato di terrorismo o altro, ma ‘solo’ di essere ostile al suo governo e al suo regime e religione.

Mi aspetto, in nome della nostra Costituzione e anche del fatto che se un italiano si trovasse in condizioni analoghe sono certo ( … beh, quasi certo) che il nostro Governo (beh … magari un altro) farebbe il diavolo a quattro, mi aspetto, dico, che il nostro Governo in nome della nostra Costituzione, garantisca a quello scrittore la certezza di non essere arrestato ed estradato: lo sarebbe infatti per motivi politici, cosa vietata dalla nostra Costituzione e dalle disposizioni in materia di estradizione, dal codice penale, ecc., ma specialmente una delle poche bandiere che la ‘nazione’ italiana possa sventolare senza vergognarsene … troppo. Penso ad alcune rapidissime estradizioni verso la Spagna franchista, dopo la guerra.

Ma.

Di fronte ad una richiesta di estradizione da parte del Governo algerino, ove lo scrittore venisse in Italia, il Governo dovrebbe reagire, innanzitutto nel rispetto della Costituzione, ma anche nel rispetto del trattato di estradizione con l’Algeria. Che, redatto nel 2003, ancora, a quanto pare, a giudicare da quanto risulta sul sito del Ministero degli Esteri non è in vigore, per il mancato, scambio delle ratifiche. Il che, va detto chiaramente, vuol dire che il Parlamento italiano ne ha autorizzato la ratifica, cosa di cui sarebbe bene vergognarsi e non poco. Ma tant’è.

L’art. 3 in materia di rifiuto della estradizione dispone alla lettera g che l’estradizione è rifiutata se esistano serie ragioni per ritenere che l’azione penale o la condanna della persona richiesta sia fondata suconsiderazioni relative alla razza, alla lingua, alla religione, al sesso,alla nazionalità, alle opinioni o alla appartenenza politica e alle condizioni personali o sociali.

Questa diposizione, in realtà è, di prammatica, perché il divieto di estradizione per ragioni politiche è un punto fermo del nostro sistema costituzionale. Così come quello relativo ad una eventuale condanna eccessiva per il nostro sistema giuridico come la possibile comminazione della pena di morte o di pene degradanti o violente, ecc.

E, infatti, l’accordo fu modificato nel 2023 (meglio tardi che mai!) con uno scambio di lettere, in cui si garantiva, da parte algerina, che in caso di reato punibile con la pena di morte, le parti si sarebbero accordate per non comminarla comunque. Il testo, molto elaborato e in un italiano a dir poco faticoso, afferma: «Se il reato per il quale è richiesta l’estradizione è punito dalla legge della Parte richiedente con la pena di morte, e se la pena di morte non è prevista dalla legislazione della Parte richiesta, la Parte richiesta subordina l’estradizione alla condizione che la pena di morte non sia applicata alla persona richiesta, o se, per motivi legali, tale condizione non può essere rispettata dalla Parte richiedente, la Parte richiesta subordina l’estradizione alla condizione che la pena di morte, in caso sia pronunciata, non sia eseguita. Nel caso in cui la Parte richiedente accetti l’estradizione a tale condizione, dovrà attenervisi». Notate bene: detto così, non si esclude in astratto che in Italia possa in futuro esservi la pena di mote e … in Algeria no!

Ebbene, va premesso, innanzitutto, che quest’ultima clausola mi sembra incostituzionale e, anzi, non escluderei che il ritardo nello scambio degli strumenti di ratifica sa dovuto proprio a questo, perché con una sentenza di parecchi anni fa, 1979 sentenza n. 54, la Corte Costituzionale si è pronunciata su un caso molto simile nei confronti della Francia. E, non ostanti le ‘assicurazioni’ della Francia, che addirittura aveva in atto la modifica del codice penale che avrebbe escluso la pena di morte, affermò l’impossibilità di concedere l’estradizione, per il ‘solo’ fatto che la pena di morte fosse ‘tabellarmente’ prevista nello stato di destinazione.

Ma, al di là dei commenti di carattere politico e istituzionale, sorprende se è vero che il Ministero della Giustizia, anzi il Ministro in persona, abbiano detto che «non sappiamo ancora se Daoud verrà o no. Se non viene, il problema non si pone» dopo che da Palazzo Chigi era giunta la dichiarazione di «non avere nulla da dire»: insomma se ne lavano le mani, ma lasciano intendere che se non viene è meglio.

Orbene, noi sappiamo ormai più che bene che da questo Governo quanto a diritti dell’uomo e diritti soggettivi in particolare cè solo da aspettarsi il peggio, ma non può non sorprendere nel caso specifico a causa del fatto che il redattore e firmatario di quella clausola è il … Ministro Nordio in persona! Che qualcosa sul tema dovrebbe saperne, o sbaglio?

Quanto alla signora Sgarbi, però, secondo me può stare tranquilla se non altro perché (salve le opportune verifiche, non in mio potere) il trattato non è ancora in vigore … ancora: speriamo, mai! Anche perché, certo non sfuggirà al lettore, come certo non è sfuggito al Governo e ai suoi Ministri e sottopancia vari, che in uno stato di diritto, i poteri sono separati e quindi il potere esecutivo non può certo interferire con la Magistratura, qualora quest’ultima ritenesse di applicare semplicemente la legge vigente. Per cui una richiesta del genere resterebbe senza effetto alcuno.

Beninteso, mi riferisco allo stato algerino.

È vero: avevo iniziato dicendo che avrei trattato un altro tema. Mi scuso, lo farò domani, parlandovi sia dell’incontro semi-scontro tra Macron e il «Signor Presidente del Consiglio on. le Giorgia Meloni», sia di certe allucinanti dichiarazioni dell’Oligarca più simpatico del mondo, il dr. Guido Crosetto!

Di Giancarlo Guarino

Giancarlo Guarino è Professore ordinario, fuori ruolo, di Diritto Internazionale presso la Facoltà di Economia dell’Università di Napoli Federico II. Autore di varie pubblicazioni scientifiche, specialmente in tema di autodeterminazione dei popoli, diritto penale internazionale, Palestina e Siria, estradizione e migrazioni. Collabora saltuariamente ad alcuni organi di stampa. È Presidente della Fondazione Arangio-Ruiz per il diritto internazionale, che, tra l’altro, distribuisce borse di studio per dottorati di ricerca e assegni di ricerca nelle Università italiane e straniere. Non ha mai avuto incarichi pubblico/politici, salvo quelli universitari.