Israele annuncia l’occupazione (e quindi l’annessione?) dell’intera Gaza e dello «spostamento» della sua popolazione

 


Tutto si può dire, proprio tutto quello che si vuole su Israele e la sua politica, ma non si può in nessun caso negare che ha sempre fatto quello che ha detto. Magari in tempi prolungati, nascondendo la mano, fingendo di essere distratta, ma sempre.

Del resto, gli ebrei o meglio i sionisti, da molto prima della nascita dello stato di Israele si sono proposti, dopo avere scartato la Patagonia e l’Uganda e non sono che altro, di stabilirsi in Palestina, fuggendo (solo in parte in verità) proprio da quella Europa, in particolare orientale, che li discriminava, li minacciava in termini deliberatamente razzisti, sia pure spesso venati da contrasti di carattere religioso.

In conseguenza, di quella decisione, a partire dall’inizio del ‘900 molti, per lo più, europei si trasferirono a vivere in Palestina, dove, checché una mentalità colonialista ben nota dicesse, già vivevano altri popoli. ‘Trasferirsi’ non voleva evidentemente dire andarvi in villeggiatura, ma chiaramente e esplicitamente: andarvi per costituirvi uno stato per gli ebrei e per i sionisti, là, dove inizialmente uno ‘Stato’ non c’era, ma una popolazione sì: fino al 1918 sotto dominazione ottomana, dal 1918, spezzato arbitrariamente in due parti, sotto dominazione britannica, dal 1947 in parte sotto dominazione dello stato di Israele, in altra parte sotto occupazione egiziana (la odierna striscia di Gaza) e in altra, infine, annessa (ma poi progressivamente erosa dalla occupazione israeliana a partire dal 1967) da quel re di Giordania, inventato dalla Gran Bretagna per governare quel pezzo di Palestina che sua maestà britannica aveva deciso di distaccare dalla Palestina, chiamandola Giordania, per compensarne il re Hussein, cui prima aveva promesso parte dell’Arabia Saudita.

Ma questa è storia, banale e molto sommaria. Come è storia banale (cioè ben nota, anche se non ricordata) che fin dall’inizio la popolazione ebraico-sionista immigrata in Palestina, si trovò a dovere competere con la popolazione già ivi residente, che, ostile alla occupazione altrui, rendeva difficile se non impossibile costituire uno Stato per gli immigrati ebreo-sionisti, in presenza di una maggioranza di popolazione non ebrea-sionista sul territorio prescelto.

Colpisce oggi, e colpisce in maniera in gran parte positiva, ma in altra parte molto negativa, una intervista di Liliana Segre, senatrice a vita della Repubblica, che fino ad oggi ha pochissimo se non nulla parlato della situazione in Palestina, ma che lo fa oggi, finalmente, con una intervista sul ‘Corriere della Sera dove esordisce affermando: «Vedo due popoli, quello israeliano e quello palestinese, in trappola, incapaci di liberarsi da una sorta di condanna a odiarsi e a combattersi a vicenda …  il fanatismo teocratico e sanguinario di Hamas e delle altre fazioni terroristiche che hanno provocato la nuova guerra. Ma, senza con questo confondere un esecutivo democraticamente eletto con un gruppo terroristico, sento anche una profonda repulsione verso il governo di Benjamin Netanyahu e verso la destra estremista, iper-nazionalista e con componenti fascistoidi e razziste al potere oggi in Israele», per poi aggiungere: «È chiaro che, dopo un trauma come quello del 7 ottobre, qualunque governo israeliano avrebbe reagito con durezza. Ma la guerra a Gaza ha avuto connotati di ferocia inaccettabili e non è stata condotta secondo i principi umanitari e di rispetto del diritto internazionale che dovrebbero guidare Israele»

Non conosco Liliana Segre, non ne ho un indirizzo e non seguo i ‘social’ e quindi non solo non faccio gli insulti dei quali giustamente si lamenta, ma nemmeno li conosco.

Però, mi piacerebbe discutere pacatamente con lei almeno su alcune sue affermazioni.

1. La definizione di “popolo” implica un legame territoriale storico: quello palestinese lo ha, quello ebraico è un popolo di immigrati; 2. Al di là delle (spesso discutibili) “forme” della democrazia, non basta una elezione legittima a rendere lecite le cose che l’eletto fa: Mussolini, Hitler per fare degli esempi. E nemmeno lo fa la trasformazione in “autarchia” o simili di un “regime democratico”: Putin o Trump come molti dicono; 3. Hamas non rappresenta, forse, tutto il “popolo” palestinese, ma ne è una parte rilevante e riconosciuta da moltissimi palestinesi come un referente attendibile, cioè come un o una parte di un Movimento di Liberazione nazionale, legittimato dal diritto internazionale a esercitare la garanzia della autodeterminazione dei popoli e cioè legittimato ad usare la forza, nel rispetto (attivo e passivo) delle Convenzioni Ginevra ecc.: talvolta non accade, i Tribunali servono a questo, per tutti; 4. Nel diritto internazionale “volere” una cosa non vuol dire averne diritto. Volere una cosa sbagliata non implica perdere il diritto ad avere quella che spetta legittimamente; 5. Nel 1990 un ebreo-sionista Iztak Rabin, redasse un trattato con un arabo-palestinese mussulmano, Yasser Arafat, che risolveva il problema dei “due stati”. Israele, nega, morto Rabin, che quel trattato abbia valore e comunque lo ha stracciato, con la collaborazione del presidente USA Clinton, che lo aveva firmato per garanzia. Ma il diritto internazionale afferma che i trattati vanno rispettati da tutte le parti e in tutte le loro parti; 6. Infine, e questo nemmeno è un problema marginale anche se ignorato finora dalla Comunità internazionale, con la propria legge fondamentale sulla natura dello stato di Israele, quest’ultima si è auto-definita uno stato razzista; va senza dire che in Israele manca un organismo come il (secondo me provvidenziale) Bundesamt für Verfassungschutz, che possa “avvertire” gli organi responsabili dello stato e il suo popolo, del rischio di diventare razzista a tutti gli effetti

Se ne potrebbe discutere con pacatezza e rispetto reciproco, magari non pretendendo di decidere a priori cosa nel diritto internazionale sia il genocidio, così come l’aggressione, ecc. Specie nello stesso giorno, nelle stesse ore in cui Israele annuncia l’occupazione (e quindi l’annessione?) dell’intera Gaza e dello «spostamento» della sua popolazione: art. 6,c Statuto della Corte Penale Internazionale: «Deliberately inflicting on the group conditions of life calculated to bring about its physical destruction in whole or in part». Sono certo che la signora Segre conosce perfettamente l’inglese!

Si potrebbe, ma non mi illudo.

Di Giancarlo Guarino

Giancarlo Guarino è Professore ordinario, fuori ruolo, di Diritto Internazionale presso la Facoltà di Economia dell’Università di Napoli Federico II. Autore di varie pubblicazioni scientifiche, specialmente in tema di autodeterminazione dei popoli, diritto penale internazionale, Palestina e Siria, estradizione e migrazioni. Collabora saltuariamente ad alcuni organi di stampa. È Presidente della Fondazione Arangio-Ruiz per il diritto internazionale, che, tra l’altro, distribuisce borse di studio per dottorati di ricerca e assegni di ricerca nelle Università italiane e straniere. Non ha mai avuto incarichi pubblico/politici, salvo quelli universitari.