Definire il Papa, il Papa che si è chiamato per primo e ostentatamente, Francesco per collegare se stesso e la Chiesa, che è se stesso, al ‘popolo’, come si suol dire, dei fedeli è forse l’unica cosa vera e sincera, dolente ma serena, che si possa dire di questo uomo eccezionale a pochi minuti della sua morte, esposta e caparbia.

Potrei dire solo che turba un po’, un po’ molto, leggere che l’unico titolo che venga in mente a qualche giornalista attiene alla sua presunta capacità di portare o di fare ‘casino’. Che superficiale, inutile volgarità!

Questo Papa, dipinto come un pasticcione o un ‘agit-prop’, al di là della sua teologia più o meno raffinata spesso tacciata di non essere all’altezza di quella vera e grande, anche dal suo predecessore grande teologo, forse, ma non certo grande combattente, è stato quello che rompe le tradizioni, le regole note, che sotto voce lancia bombe nucleari con una semplice frase sommessa ma rivoluzionaria: «chi sono io per giudicare».

Mi si permetterà, da uomo della strada, di ammirare e apprezzare proprio questo in quest’uomo: l’essere stato sempre, in ogni momentodella sua vita, uomo tra gli uomini. Senza imbarazzi, senza distinzioni, senza frasi fatte, senza manti, mantelli, orpelli: non ha mai spesso i pantaloni neri e le scarpe grosse sotto la tonaca bianca. Un uomo che da uomo sa dell’uomo, sa delle sue difficoltà, ha vissuto da uomo e quindi parla, non declama.

E non fa, o fa pochissima ‘politica’. Ma anche qui la fa netta e chiara. Il suo ultimo atto pubblico, non sacramentale – penso a quella timida quasi solo accennata benedizione Urbi et Orbi … quasi schivo, quasi a dire di nuovo: chi sono io per benedirvi? – è stato ricevere l’orrendo, sedicente cattolico (non fedele, badate, cattolico) JD Vance, per pochissimi minuti: per sottolineare la distanza siderale dei suoi modi e delle sue convinzioni, dai modi brutali e rozzi del braccio destro (o sinistro) di un uomo, al di là della politica, orrendo nella su brutalità, arroganza, saccenza, ma, specialmente, indifferenza al popolo e al mondo, inteso come la gente reale, quella che vive ogni giorno la sua vita reale, dolorosamente reale. Che il Papa comprende, a differenza di Trump, perché vuole comprendere, sente il dovere di comprendere, ma conosce e non giudica, accompagna, in qualche modo accudisce.

Cambia, dunque, totalmente la Chiesa e la porta a terra, sulla terra degli uomini comuni, normali e sulla loro sofferenza e anche felicità. La Chiesa e la ‘dottrina’ come normalità: e vi sembra poco?

Un uomo, mi ha sempre colpito ciò, che parla agli uomini con affetto, non si illude né finge di farlo, non si illude di ‘risolvere’ i problemi del mondo, ma si rivolge ai ‘potenti’ (che platealmente disprezza senza remore!) per ‘chiedere’ di affrontare i problemi veri, spiazzandoli dunque, e che si rivolge agli uomini, sì, ricordando la necessità di avere pazienza, rammentando loro che Dio perdona sempre (una rivoluzione gigantesca!) ma indicando agli uomini quello che a me appare il principale ‘dono’ di Dio: il libero arbitrio. Niente dottrinarismi, dunque, niente libri di alta cultura e di difficile lettura; vicinanza, comprensione e, però … agisci, fai! “La pace non si chiede che ce la mandi Dio: la pace si fa, agendo”.

Forse, da non teologo che reagisce all’emozione della morte di un uomo che non era né voleva essere un politico, ma un uomo vicino agli altri uomini, con comprensione e affetto, prima che con giudizio, non metto abbastanza in luce le sue grandi caratteristiche, e nemmeno la sua forza divisiva. Perché questo è stato Francesco: divisivo e dolce, ma ferreo nella sua scelta (non vocazione, sarebbe un sminuirlo) di rompere incrostazioni di autorità e autoritarismo, di dottrinalismo, a favore di un concetto rivoluzionario: la libertà e quindi (badate: quindi) il rispetto.

Ha acceso la miccia della rivoluzione, una rivoluzione pacifica, ma ‘rivoluzionaria’, ha iniziato lo smantellamento di un certo potere nell’unico modo in cui lo si può fare: esercitando quello stesso potere che vuole ‘distruggere’ non ‘abbattere’: e come altrimenti? Gli avversari, anche i nemici, non mancano e non mancheranno e stanno affilando le armi, ma Francesco ha messo nelle mani del ‘popolo’, della gente, tutti gli strumenti per continuare la sua rivoluzione … irreversibile, perché la miccia è accesa.

Di Giancarlo Guarino

Giancarlo Guarino è Professore ordinario, fuori ruolo, di Diritto Internazionale presso la Facoltà di Economia dell’Università di Napoli Federico II. Autore di varie pubblicazioni scientifiche, specialmente in tema di autodeterminazione dei popoli, diritto penale internazionale, Palestina e Siria, estradizione e migrazioni. Collabora saltuariamente ad alcuni organi di stampa. È Presidente della Fondazione Arangio-Ruiz per il diritto internazionale, che, tra l’altro, distribuisce borse di studio per dottorati di ricerca e assegni di ricerca nelle Università italiane e straniere. Non ha mai avuto incarichi pubblico/politici, salvo quelli universitari.