Nel bailamme rumoroso e confuso delle immaginifiche e pericolose politiche di Trump, si finisce facilmente per perdere il filo di ciò che accade nel mondo, specie nella parte meno privilegiata di esso. In particolare della terribile, non trovo altro aggettivo, situazione di Gaza e dei suoi abitanti, bombardati in continuazione dalle forze armate israeliane: per non parlare della cosiddetta Cisgiordania, cioè il cuore del possibile Stato di Palestina.
È triste vedere il sostanziale disinteresse non solo della politica, ma della stampa, di tutta la stampa verso quella che sta diventando una tragedia assai superiore in gravità perfino alla stessa conosciutissima Shoah … e so bene che solo a osare pronunciare quella parola insieme ad altre situazioni belliche e di massacro è considerato da molti, ahimè moltissimi, poco meno che una bestemmia.
Lo sarebbe, confesso, anche per me, fedele all’idea che per un giurista un crimine è un crimine, sia se commesso una, sia se commesso mille volte.
Ma di fronte alla situazione drammatica – altra parola che un giurista non dovrebbe mai pronunciare … ma come si fa? – di una popolazione di circa due milioni di persone (o chissà quanti di meno, vista la durata del massacro) del tutto inerme, e in grandissima parte semplicemente priva anche di una arma da taglio, che viene bombardata, colpita dall’artiglieria pesante, massacrata da carri armati giganteschi, stanata e inseguita da droni … senza un motivo plausibile, che non sia il desiderio selvaggio di spargere morte e distruzione … e conquista, una parola che sembrava scomparsa.
Sì, cari lettori se anche solo due ve ne siano, ripeto: senza un motivo plausibile.
Non sono ammattito, leggo i giornali e so benissimo dell’attentato del 7 Ottobre, e condivido la tesi di chi dice che si sia trattato di una cosa orrenda assolutamente da condannare.
Ma ciò che non è assolutamente vero è che quell’attentato, sia una cosa nuova, inattesa e sia stata una sorta di dichiarazione di guerra (fu proprio Netanyahu a dichiarare esplicitamente che si era trattato di un atto di guerra) e che da quel momento Israele si considerava ‘legittimamente’ in guerra.
Questo, purtroppo è un falso clamoroso, sul quale si adagiano da molto tempo, politici e politicanti vari, la gran parte della stampa ‘occidentale’ e non, ovviamente tutti i politici e politicanti israeliani e, purtroppo, moltissimi studiosi anche di diritto internazionale.
Chiariamo bene le cose.
Tanto per cominciare il fatto di fare o di trovarsi in guerra non giustifica in alcuna maniera atti di violenza estrema e in particolare atti diretti contro la popolazione civile e le forze di sicurezza sanitaria. Anche la guerra, perfino la guerra, ha delle regole e delle regole molto precise che, al di là del dettaglio qui superfluo, si sostanziano in una cosa semplice e chiarissima: si combatte contro le forze armate del nemico e in nessun caso né verso le stesse forze armate, né verso la popolazione civile è consentito usare una violenza eccessiva e fine a sé stessa. In altre parole, la crudeltà non è permessa in guerra. E comunque, la popolazione civile deve essere esentata dalla violenza bellica del ‘nemico’.
Mi direte che non è questo ciò che accade. Vi risponderò che, certo, molte volte non accade e molte volte non è accaduto, ma le regole sono queste e vanno rispettate e fatte rispettare. Anche qui, direte: ma non accade quasi mai o molto di rado. Vero, ma parzialmente: molto spesso gli eccessi di violenza sono puniti, sia direttamente (pensiamo alle ‘sanzioni’ contro la Germania dopo la Prima Guerra Mondiale) sia indirettamente attraverso forme di sanzione giurisdizionale, come è accaduto per il Tribunale di Norimberga (per illecito che fosse), per i Tribunali sulla ex-Iugoslavia e sul Rwanda (di nuovo, per illeciti o discutibili che fossero), per il Tribunale per l’omicidio del Presidente libanese Hariri, ecc., e infine per la Corte Penale Internazionale. La quale ultima, non a caso, ha emesso degli ordini di cattura contro Putin e Netanyahu, il che non vuol dire che siano colpevoli (vanno giudicati prima), ma nemmeno che sono esenti da responsabilità e punizione in quanto capi di governo. L’art. 27 dello statuto della Corte, tradotto a beneficio del ministro Nordio, dice: «Il presente Statuto si applica a qualunque persona, indipendentemente dalla sua funzione ufficiale. In particolare, la funzione ufficiale di Capo dello Stato o del Governo … » .
Ciò posto, si tratta di capire se e da quando Israele è in guerra e con chi. Tanto più che è lo stesso capo del governo israeliano che afferma di essere in guerra. Questo è il punto sempre lasciato nell’ombra.
E su ciò, la politica e la stampa italiane (ma possiamo dire anche europee) fingono di non sapere e non ne parlano.
Hamas è un organismo rappresentativo, di fatto, di una parte della popolazione palestinese, che è quella in guerra con Israele da quando Israele ha cominciato a pretendere di occupare ed annettersi l’intero territorio della Palestina, cacciandone i palestinesi che vi abitavano (e in parte vi abitano) da molto prima che gli attuali israeliani (o meglio ormai, i loro nonni!) decidessero di trasferirsi in Palestina per sfuggire alle persecuzioni delle quali erano oggetto in Europa Orientale … sì, in Europa Orientale, e cioè, da molto prima che in Italia e in Germania gli ebrei venissero perseguitati e uccisi nei campi di concentramento. Non per nulla ‘sionismo’ non è omonimo di ‘ebraismo’!
Sta, comunque, in fatto che, a partire dal 1947, il governo israeliano, cioè il governo di uno Stato, nato (autonomamente, anche se su ‘indicazione’ della Assemblea Generale delle Nazioni Unite) si propone di occupare il territorio dove abitano i palestinesi, per cacciarli e usare quel territorio per chi, ebreo, voglia trasferirsi in Palestina. Al contrario, i palestinesi, specialmente dopo gli accordi di Oslo, firmati da Rabin (israeliano) e Arafat (palestinese) a Washington alla presenza del Presidente Clinton, rivendicano la realizzazione di un ‘diritto’ di tutti, proprio tutti, i popoli: l’autodeterminazione dei popoli e, quindi, la creazione di uno Stato per sé.
Inutile dire che, in ogni caso, massacrare decine di migliaia di persone inermi, che aspirano solo ad avere e vivere in uno Stato proprio, a dir poco viola il più fondamentale diritto di ogni essere umano: il diritto alla vita e non di «andarsene volontariamente» da Gaza, «perché per ricostruirla ci vorranno anni … Sono l’unica popolazione che non può fuggire dalla guerra e non l’abbiamo rinchiusa noi». E quest’ultimo è il più grande falso della storia di questo ambito territoriale: sono proprio gli ‘israeliani’ quelli che hanno rinchiuso e cercato di distruggere la popolazione lì vivente da secoli.