Sono quattro, a mio parer le cose di maggiore importanza delle quali si discute, come sempre con largamente eccessiva violenza tra i nostri politic(ant)i ma anche sulla scena internazionale: il problema dei dazi, quello della ‘difesa’ europea e non, quello della guerra in Ucraina – spesso omettendo di parlare dell’ennesimo massacro in corso in Palestina, ma non sarò io a dimenticarmene – quello, infine, della partecipazione all’Europa, in vista o meno, di una unione più stretta.

Me ne occuperò separatamente, cominciando da quello al momento più urlato: il tema dei dazi. Tema, per una volta sono quasi d’accordo con il «Signor Presidente del Consiglio on. le Giorgia Meloni», largamente sopravvalutato, ma, e qui non sono più d’accordo, determinante per il nostro futuro e per la nostra vita odierna.

Che alle minacce statunitensi, si debba rispondere con calma è assolutamente evidente, anche perché, appare a prima vista, gli stessi USA, lo stesso Trump, fanno un passo avanti e uno indietro. È di oggi la notizia che non so quali dazi imposti, sono stati poi sospesi per 90 giorni, poi smentita la sospensione. Domani Trump o Musk cambieranno idea, e così via. Lo abbiamo visto: la Cina rilancia, gli USA contro-rilanciano. Alla fine, la verità, ed è il punto sul quale concordo con la signora Meloni, è che si deve trattare, con compostezza e perfino riservatezza. Prendersi a pugni, serve solo a peggiorare la situazione per i soli che ci perdono subito e molto: i meno ricchi, che ormai vuol dire classe medio/alta in giù … non certo Musk o Bezos, ma nemmeno Meloni!!!

Infatti, e qui il mio dissenso per quel che vale è nettissimo, per quanto ci riguarda lo si deve fare a livello europeo e ‘mostrando le armi’. E che mostrare le armi serva, lo dimostra proprio il fatto che alla risposta a muso duro dell’Europa (sia pure rappresentata malamente dalla signora Ursula von der Leyen) gli USA sembrano cercare una sorta di pausa di riflessione. Anche perché hanno capito, loro e non il nostro Governo a quanto pare, che con l’Europa, benché priva di un numero di telefono, si tratta come con una unità. Sia perché per ora la reazione più chiara è venuta da lì, sia perché la competenza in materia, lo voglia o no il nostro Governo, è tutta e solo europea: lo ha capito Trump e anche Musk. Non pare averlo ancora capito né il «Signor Presidente del Consiglio on. le Giorgia Meloni», né Salvini. Tajani (altrimenti noto come ‘Mr. Tagliatelle’) bene istruito dalla ‘cavallerizza signora Berlusconi’, pare invece di sì. E infatti continua a ripetere come una giaculatoria la … verità (incredibile, vero?) e cioè che l’unica a poter trattare è l’Europa, non la signora Meloni!

Certo, si può cercare di ottenere, dico tanto per dire, che su una certa tipologia di vino il dazio sia meno alto, ma il risultato sarebbe minimale e indurrebbe solo gli altri produttori ad adeguarsi a quella tipologia.

D’altra parte è ben chiaro che, se l’Europa tratta dispone di un potere contrattuale enormemente maggiore del minimo, per non dire ridicolo, potere contrattuale della sola Italia, sia pure assieme a Paesi ancora più piccoli, tipo Ungheria o Grecia.

Il Governo o, meglio, per esso il «Signor Presidente del Consiglio on. le Giorgia Meloni» cerca in tutti i modi di mostrare di essere una cosa diversa dal resto dell’Europa che, nel linguaggio sciocco di una parte notevole del mondo politico italiano, ‘ci toglie sovranità’. Non per nulla Salvini, al Congresso della Lega, ha sparato ad alzo zero contro l’Europa, i vincoli, la burocrazia, il ‘green deal’, ecc. Se però si leggesse il primo comma dell’art. 117 della nostra (e anche sua?) Costituzione, vedrebbe che è vero esattamente l’opposto.

Il punto è che immaginare un futuro fuori dell’Europa è anche fuori dalla realtà, sempre che non si intenda portare il nostro Paese ai margini dell’economia mondiale. E, per di più, è semplicemente avvilente il solito tentativo del Governo di minimizzare i danni derivati dal tema dei dazi alle borse europee ed italiana in particolare, affermando che la caduta delle borse è ‘colpa’ della eccitabilità degli investitori! Ma, specialmente come dicevo, il potere contrattuale dell’Europa deriva dal complesso delle potenzialità europee. Non per nulla, senza fare gran chiasso, la compagnia di trasporti marittimi danese, la Maersk, ha sparato un colpo micidiale alle fanfaronate di Trump, ad esempio sulla pretesa di ‘prendersi’ il canale di Panama e la Groenlandia, comprandosi la ferrovia che collega i due porti del Canale. Cosa che certo non faciliterebbe la eventuale acquisizione da parte statunitense. Questa è politica.

Bisognerebbe avere l’onestà e il coraggio di dire chiaramente che la propaganda martellante del Governo e della stampa ad esso vicina circa il fatto che senza Europa saremmo liberi e giulivi è semplicemente falsa e deliberatamente tesa ad ingannare la cosiddetta opinione pubblica allo scopo di rafforzare il potere e l’incontrollabilità di una minoranza sempre più chiaramente anti-costituzionale, ma al governo.

Intanto, però, da un punto di vista economico, il rialzo dei dazi sarà sicuramente un danno per le nostre economie europee, che si troveranno di fronte a difficoltà maggiori nella esportazione, specie nei settori meccanici destinati alla costruzione di automobili e di grossi strumenti meccanici, che però servono e quindi determineranno un maggior costo per le stesse imprese statunitensi. E infatti, l’industria statunitense non potendo dalla sera alla mattina compensare la mancanza di certi prodotti, ha immediatamente reagito alla ubriacatura nazionalista statunitense, contribuendo, credo, a imporre maggiore prudenza allo stesso Trump. Ma non vale lo stesso né per i prodotti agricoli, né per la alta moda, ecc.

Resta il fatto che l’atteggiamento ambiguo di alcuni Paesi europei, e in particolare del nostro, potrà indurre a tentativi defatiganti e, alla lunga, inutili, di ottenere qualche modesto vantaggio per sé. Viceversa, l’UE ha e avrebbe armi negoziali molto più robuste di quelle dei singoli Paesi e in particolare dell’Italia. Ma sul superamento dell’ottusità del nostro e di altri governi più o meno fortemente isolazionisti e antieuropei c’è poco o nulla da sperare. E ciò dispiace non tanto in sé quanto perché rende sempre più difficile la realizzazione dell’unico obiettivo logico al quale puntare: una vera Unione Europea, una federazione, che intanto e subito, si dia da fare a creare un sistema di difesa europeo e un sistema industriale europeo. Sentire il nostro Presidente del Consiglio dire senza ridere né arrossire che alla fine i danni non saranno seri e che la cosa migliore è trattare con ‘l’amico Trump’, non è questione se sia o meno condivisibile, è semplicemente offensivo, verso i moltissimi che, senza nemmeno saperlo, pagheranno le conseguenze con l’aumento dei prezzi. Perché in breve, questa conseguenza nefasta per la nostra già disastrata economia, si farà sentire sulla pelle, naturalmente, dei meno ricchi.

Se poi sia vero che la ‘nostra premier’ punti su un abbassamento della tensione da parte statunitense, beh, auguri di cuore a quelli che ci contano!

In genere non amo le dietrologie, ma ho netta la sensazione che fino a poco tempo fa il Governo italiano fosse sostanzialmente ‘ispirato’ da Draghi. Finché il medesimo non ha presentato il suo fondamentale piano di ripresa economica dell’Europa, che è la quintessenza dell’Europa unita, della forza europea, della negazione del nazionalismo … e la signora Giorgia ha risposto con gli insulti al Manifesto di Ventotene: ha cioè rotto con l’Europa e Draghi. Da allora, penso, o da poco prima, il «Signor Presidente del Consiglio on. le Giorgia Meloni» progetta la fine della legislatura e nuove elezioni, per avere se vincesse – e ha molte probabilità di farlo – l’opportunità finalmente di eleggere il successore di Mattarella: il suo unico vero avversario, sempre più debole, ma sempre avversario.

Di Giancarlo Guarino

Giancarlo Guarino è Professore ordinario, fuori ruolo, di Diritto Internazionale presso la Facoltà di Economia dell’Università di Napoli Federico II. Autore di varie pubblicazioni scientifiche, specialmente in tema di autodeterminazione dei popoli, diritto penale internazionale, Palestina e Siria, estradizione e migrazioni. Collabora saltuariamente ad alcuni organi di stampa. È Presidente della Fondazione Arangio-Ruiz per il diritto internazionale, che, tra l’altro, distribuisce borse di studio per dottorati di ricerca e assegni di ricerca nelle Università italiane e straniere. Non ha mai avuto incarichi pubblico/politici, salvo quelli universitari.