Il bilancio dell’incendio che ha colpito la concessionaria delle Tesla a Torre Angela a Roma è pesante. Sarebbero 17 le vetture colpite e soprattutto un epiteto pieno di enfasi: takedown. Disfatta!
Certo, se fosse capitato a una decina di quelle vetture utilizzate ogni giorno per andare al lavoro, il fatto avrebbe fatto meno notizia, ma quando c’è di mezzo Elon Musk, ogni azione verso di lui può essere considerata senza dubbio alcuno una lesa maestà.
Bene, non è nostro interesse fare della dietrologia quanto piuttosto effettuare una disamina di un momento complesso a cui sono affidate le sorti del nostro pianeta.
Cosa possa essere accaduto al centro di commercializzazione delle automobili americane è ancora presto saperlo.
Ma certamente è un segnale -assai cattivo- di come mischiare affari e politica in modo così plateale, come sta facendo il magnate sudafricano, è ancora peggio.
Al punto che lui stesso se n’è reso conto e potrebbe lasciare, non sappiamo quanto volontariamente, la guida di quel progetto DOGE che noi, nella nostra arcaica quanti civile Europa, non possiamo che definire folle.
Perché non è così che si trattano i lavoratori, che siano pubblici o privati, importa poco. E perché il popolo, anche quello che viaggia in auto più o meno costose, si sta veramente esasperando di arroganza, pressapochismo e incapacità.
Vero, abbiamo usato un termine che forse può stridere con le capacità dell’uomo che si è saputo arricchire più di tutti gli altri sulla Terra. Ma lo ribadiamo.
La gestione di un apparato statale è tutt’altra cosa di quella di un’impresa. Lo abbiamo visto in Italia quando a fine secolo scorso si tentò un blitz fin troppo fatuo di mettere al comando una serie di imprenditori -il premier innanzitutto- ma anche i ‘capitani coraggiosi’, che ebbero la capacità di distruggere tutto quanto si era realizzato nel nostro Paese dal dopoguerra (vedi Alitalia, Italsider, etc). Ci spiace, onestamente, affermare di aver esportato così bene un modello!
Una nazione è fatta di altri valori, spesso nettamente in contrasto con quelli che sono gli interessi di un’impresa.
E dunque, nonostante le smentite della Casa Bianca, Musk potrebbe tornare a casa, a dirigere il suo impero industriale. Le sue Tesla, i suoi razzi Falcon, i suoi satelliti Starlink e altri più sofisticati ordinatigli dal Pentagono.
Un potenziale assai pericoloso nelle mani di una sola persona che abbiamo visto saltellare, far saluti nazisti e agitarsi con una sega elettrica in una campagna elettorale in cui ha comprato pubblicamente i voti degli elettori.
Onestamente è un contesto che ci preoccupa. E tanto.
Lo affermiamo proprio nel momento in cui il Presidente Trump si affaccia tra le sue rose di Stato per annunciare i dazi sui prodotti che entreranno in America. Esempi di estremo malessere in un continente che ci sembrava essere avanti a tutti! E invece mostra tutti i segnali di una crisi in atto.
Siamo partiti dall’incendio delle Tesla e -qualora venga accertato che non sia stato un incidente ma un attentato- ribadiamo senza mezze misure la nostra condanna.
Ma è un indice grave e per quanto non ci interessano i sit-in contro Elon Musk perché il pericolo del fanatismo ideologico è sempre in agguato, diciamo tranquillamente che di certa tecnologia possiamo senza dubbio farne a meno.