Kirill Dmitriev, il capo di un fondo sovrano di dieci miliardi di dollari creato dal governo russo per effettuare investimenti nell’economia del Paese, ha scritto sulla piattaforma X la sua intenzione di effettuare una missione umana con gli Stati Uniti su Marte. A breve, entro il 2029. Un bel viaggetto verso un pianeta distante una volta e mezzo il Sole, con vettori che al momento, a quanto ci è dato sapere, non esistono. Affrontato da due economie con deficit molto alti che al momento non godono della massima opulenza: gli Stati Uniti costretti alla coercizione con i dazi e la Russia che vive un debito pubblico pari al 15% del suo prodotto interno lordo.

Con questi valori ci sarebbero tante le cose che le due potenze potrebbero fare assieme piuttosto che spartirsi un pezzo di terra rossa che almeno per i prossimi 100.000 anni (proprio così!) non sarà fertile come il pianeta su cui viviamo. E invece, non sapendo risolvere i problemi sulla Terra, si parla di spazio!

E se ne parla in un momento delicato in cui c’è una guerra in corso in Europa e un Presidente americano si proclama l’arbitro disposto a porvi fine a patto di lucrare sulla trattativa che al momento mostra solo fini commerciali e non proprio umanitari.

Ora, a parte la fanfaronata di uno poco addentro alla materia che può immaginare di far posare tra soli quattro anni gli stivali di astronauti e cosmonauti su Marte (che poi è la stessa cosa, solo cambia la denominazione a seconda della latitudine), notiamo che ancora una volta certe proposte così strategiche nascono da faccendieri e uomini della finanza e non da istituzioni preposte, che ne avrebbero l’autorità e la competenza.

Ma c’è qualcosa che ci lascia assai preoccupati nell’intera vicenda. Anzi, più di una.

L’Europa sta facendo investimenti massicci nello spazio. E in particolare proprio per seguire i grandi programmi internazionali, l’Italia, con ExoMars e Mars Sample Return si è esposta in modo importante per ratificare delle ricerche serie sulla natura geologica e chimico-fisico di un ambiente da esplorare in futuro. E qui un paio di dettagli sono necessari per comprendere meglio l’argomento.

Mars Sample Return è un piano di missioni concepito per raccogliere campioni di roccia e polvere dalla superficie di Marte e riportarli sulla Terra, ma nel novembre 2023 la NASA ha dichiarato la cancellazione a causa di tagli del budget. Quanto a Rosalind Franklin, il modello definitivo di ExoMars che avrebbe dovuto essere condiviso con la Russia, ma poi dopo l’embargo è passato agli Stati Uniti, ha un valore per il nostro Paese di 522 milioni di euro. Se si accordano Washington e Mosca ed escludono l’Europa, che ne sarà di queste attività che sostengono l’industria spaziale nazionale e dunque anche chi vi lavora?

Dobbiamo augurarci che gli amministratori delle agenzie di Stato, nonchè la stessa ESA intervengano in questa corsa al massacro e difendano una buona volta l’onorabilità dei contratti e la ricerca continentale.

E da questo ci domandiamo se la bozza del piano ipotizzato da Dmitriev sia stata concepita o già condivisa a livello governativo oppure se quanto presentato è un’idea isolata di un ricco uomo d’affari dell’est che si rivolge a uno straricco imprenditore dell’occidente che gioca maldestramente a fare il salvatore dell’umanità.

Poi però c’è un aspetto emotivo che ci preoccupa, visto che nel marzo 2022 Elon Musk lanciò pubblicamente la sfida di un combattimento corpo a corpo con Vladimir Putin a mani nude per giocarsi la sorte dell’Ucraina mentre Dmitry Rogozin da Roscosmos minacciava di far precipitare la stazione spaziale internazionale se gli Stati Uniti non avessero revocato le sanzioni inflitte per l’invasione in atto.

Ricordi di un passato? La politica è fatta anche di questo.

In tutta onestà, in uno scenario così contraddittorio, non ci ha tranquillizzato quanto uscito qualche giorno fa sul quotidiano romano ‘Il Tempo’. Perché sappiamo che nella capitale si sono svolti in gran segreto trattative per una missione congiunta tra tre anni. Sempre su Marte. Ma si sa ancora poco sugli esiti dell’incontro e le notizie corrono sul filo sempre più inaffidabile della rete.

Chiudiamo con una nota.

In nottata, la navetta Crew Dragon Freedom è
ammarata al largo di Tallahassee, nel Golfo del Messico con a bordo Suni Williams e Butch Wilmore, rimasti 286 giorni a lavorare nello spazio. I due erano partiti per un volo di prova della Starliner di Boeing ma la navetta ha mostrato subito alcune anomalie e ha fatto ritorno automaticamente alla base per ragioni di evidente sicurezza.

Sarebbe stata una delle solite -per quanto complesse- operazioni a cui ci ha abituato l’avamposto che orbita a 400 km. da noi se il tutto non fosse stato condito dalle solite polemiche speculative che usa la politica per fagocitare ogni evento mediatico: perché negli ultimi giorni Elon Musk con un post su X ha fatto circolare che sarebbe stato Donald Trump in persona a chiedergli di riportare a casa i due astronauti. E ha aggiunto che il colpevole del ritardo è stato il past president Joe Biden.

La NASA ha invece asserito che Wilmore e la Williams non sono stati bloccati sulla Stazione e che la loro permanenza ha avuto una ragion d’essere. E dunque, il rientro con la CrewDragon è stata una scelta e non un’imposizione.

C’è veramente da preoccuparsi a tante parole spese in così grande abbondanza di libertà!