Tre cose, mi colpiscono in quanto simboliche di ciò che ci aspetta a partire dalla settimana che si apre oggi. Tre, che, poi, diventano quattro: e comincio proprio da quest’ultima.
Crew 10 di Space X è riuscito a mandare in orbita una navicella spaziale che si è collegata alla Stazione Spaziale Internazionale (quindi anche russa), per riportare finalmente a terra gli ‘astronauti’ semi-abbandonati intorno alla Terra, per l’impossibilità di attraccare alla stazione a seguito di numerosi incidenti e problemi tecnici … dopo nove mesi di permanenza invece della settimana prevista.
Avrete notato quanto poco se ne sia parlato, di questo vero e proprio disastro dei super scienziati USA, che, altro fatto incredibile fino a tre anni fa, vengono ‘salvati’ da un privato – il solito Elon Musk – per essere sostituiti da quattro nuovi astronauti, tra i quali uno russo!
A mio parere sono due le cose da sottolineare: il silenzio pressoché tombale della stampa su questo fatto (9 mesi!!! il tempo di gestazione di un essere umano), la necessità di un intervento privato, di fronte ad un ‘fallimento’ privato-pubblico della famosa NASA statunitense: privato–pubblico perché il ritorno avrebbe dovuto essere garantito, se ben capisco, da un velivolo della Boeing. Che vi sia qualche questione di concorrenza è difficile non pensarlo. Ma è anche difficile non apprezzare che, nonostante tutto, noi europei, oggi, siamo in grado di ‘andare nello spazio’ senza bisogno di razzi o altro né degli USA, né di Musk, né della Boeing né della Lockheed … i cui F35, non volano se gli USA li ‘spengono’!
Ma torniamo alle mie tre cose.
Il Primo Ministro inglese Starmer (lui, sì, ‘Premier’, da noi si chiama Presidente del Consiglio … ma si sa, la nostra stampa pensa di vivere altrove) ha riunito, sia pure virtualmente ben 26 capi di governo, compresa la nostra riottosa «Signor Presidente del Consiglio on. le Giorgia Meloni» (a Napoli diremmo «Zita contegnosa»), tra cui addirittura l’Australia (sic!) per discutere delle azioni eventuali da intraprendere da quei 26 «volenterosi» (di che, non si dice!) per difendere e non solo aiutare l’Ucraina e nemmeno solo creare una forza di interposizione.
Ne ho già parlato più volte e ho spiegato quali siano, a mio parere, gli aspetti astrusi e sbagliati della impresa, ma la cosa, per una volta veramente ‘storica’, è che questi Stati si siano riuniti senza gli USA, se non contro. Anzi, a dimostrare quanto la cosa sia indipendente dagli USA, o forse solo indifferente, è che Domenica mattina, poche ore dopo la clamorosa riunione, un rappresentante USA a Londra dichiara che gli USA si aspettano importanti risultati entro poche ore per la pace in Ucraina. Come dire: noi andiamo avanti per nostro conto e facciamo la pace a modo nostro, voi fate quello che volete. Bene, potrebbe essere, anche se la presenza britannica lo rende discutibile, una sorta di ‘divorzio consensuale’ e, a mio parere, provvidenziale: finalmente l’Europa può cominciare a pensare alla propria indipendenza dagli USA. Ciò, tra l’altro, spiegherebbe perché la ‘Zita’ sia ‘contegnosa’: fa saltare la sua speranza di fare da ‘ponte’ con gli USA, bene aiutata da Salvini che crea una mezza crisi diplomatica con la Francia, mentre l’altra ‘sponda’ se ne va per conto suo.
Seconda questione: la piazza.
Abbiamo assistito in molti, immagino, alla manifestazione, anzi alle manifestazioni di piazza in relazione non tanto e comunque non solo alla guerra in Ucraina, quanto ai problemi determinati dalla iniziativa di Ursula von der Leyen e della Commissione europea, chiamata «re-arm EU», il cui scopo, al di là del nome pessimo (ma scelto deliberatamente, ora vediamo perché) dovrebbe essere quello di distribuire, sì, soldi o crediti agli Stati per aumentare le proprie spese militari, ma anche o soprattutto, per costruire un «sistema di difesa europea». Una proposta, questa, non nuova, anzi, addirittura precedente alla stessa Comunità europea del carbone e dell’acciaio (1951), proposta dalla Francia … ah, la solita Francia che vuole comandare, no è d’accordo con la solita Germania che si vuole vendicare, no vuole privarci del sostegno USA, e così via opponendosi … . Come ha osservato giustamente Massimo Gramellini sabato scorso, tutti questi ed altri motivi di contrarietà, sono la prova della assoluta necessità e, aggiungo io, improcrastinabilità dell’idea: uniti siamo qualcosa, disuniti semplicemente non siamo. Quella piazza ha detto proprio questo, questo e con grande decisione e chiarezza.
Ma ha anche, realisticamente e giustamente, detto che ciò si può fare e si deve fare subito potenziando al massimo la individualità europea, la sua sovranità (cosa che fa inorridire non solo Salvini ma anche la Zita contegnosa): e la sovranità si afferma manifestando la volontà ma anche la capacità, sia pure per poco, di difenderla e magari anche di affermarla.
Questa, detta in parole semplici e come sanno alcuni (pochi) miei amici internazionalisti, questa è la sovranità: la capacità di esserci e di esserci non contro o a prescindere dal ‘popolo’, cioè dalle persone che vivono sul territorio ‘di’ quel soggetto, ma se necessario contro altri soggetti o aspiranti tali. Perciò questa idea è addirittura rivoluzionaria, tanto più oggi che un cowboy dai capelli tinti ci dice che non dobbiamo esistere. E proprio perciò, ancora, la piazza che manifesta per il ‘pacifismo’ è una piazza che non afferma una identità, una volontà (come dice il Papa) di identità vera e autonoma, ma si offre ad altre volontà e forze … certo, costa di meno! Mi spiace per Roberto Vecchioni quando dice che il pacifismo non vuole la pace, perché non qualunque pace è … buona. Sbaglia: la pace si fa tra nemici e poi tra ex nemici o attuali nemici si fanno le regole, che devono essere di tutti e per tutti. Semmai, il problema è chi, ‘terzo’, decide chi ha ragione. Ma questo è un altro problema.
Anche per questo motivo, dicevo prima, forse la scelta del nome è voluta. Serve a ridurre le opposizioni stolide ad un progetto di investimenti (ovviamente non solo in armi, anzi) che troverebbe l’ostilità dichiarata e durissima delle imprese manifatturiere di armi. Crosetto, infatti, vuole comprare ‘Iron Dome’ o non so cosa in quantità, cannoni, proiettili, mine. E Leonardo, a sua volta, pronta vendere carri armati di quarantesima generazione, forse (spero) capisce che è la grande occasione per investire in ricerca e quindi in sviluppo per noi tutti, vendendo delle armi ormai inutili, ma redditizie assai.
Vedremo. Ma c’è la terza cosa, sintetizzata da Bonaccini (Presidente, immagino dimissionario, del PD) su Facebook: «Il nostro voto legge questa contraddizione ancora presente nell’agenda e la tensione che il Pd intende imprimere nel lavoro di correzione e rafforzamento per un’autentica difesa comune» (beato chi ha capito) con la conseguenza che vota contro le indicazione della Segretaria del PD, ben sostenuto da Pina Picierno che dice a muso duro: «L’unità del Pd non è l’idea che uno decide e gli altri eseguono» … strano: io pensavo che in un Partito Politico si facesse proprio così, se no che c’è a fare il Segretario? Certo, Renzi pensa che sia così solo se il segretario è lui, ma io avrei non sono Renzi, per fortuna.
E deve averli anche Elly Schlein, che dice: «All’Europa serve la difesa comune, non la corsa al riarmo dei singoli Stati. È e resta questa la posizione del PD … Oggi al Parlamento si votava una risoluzione sulla difesa comune, con molti punti che condividiamo, ma la risoluzione dava anche appoggio al piano RearmEU proposto da Ursula von der Leyen cui abbiamo avanzato e confermiamo molte critiche proprio perché agevola il riarmo dei singoli Stati facendo debito nazionale, ma non contribuisce alla difesa comune e anzi rischia di ritardarla. Quel piano va cambiato».
Cambiato, non vuol dire chiuso e meno che mai attuato stolidamente.
Ora, dunque, si tratta di scegliere tra unità e progresso con cannoni, o cannoni.