Il tracollo a Wall Street il 10 marzo ha inviato onde d’urto attraverso il mondo finanziario, con il crollo delle azioni statunitensi, il crollo dei Bitcoin e l’evaporazione della fiducia degli investitori a un ritmo sconcertante. Il Dow Jones Industrial Average è crollato di 890 punti, o del 2,08%, recuperando leggermente da una precedente perdita di oltre 1.100 punti. L’S&P 500 ha subito un calo del 2,7%, mentre il Nasdaq Composite ad alto contenuto tecnologico è crollato del 4%, segnando il suo peggior calo di un giorno da settembre 2022. È stato un giorno che ha messo a nudo la profonda ansia che attanagliava i mercati finanziari, guidata principalmente dalle politiche commerciali aggressive e irregolari del presidente Donald Trump.

I mercati erano già al limite, navigando in un ambiente volatile modellato dall’approccio mutevole di Washington alle tariffe e alle barriere commerciali. Dal suo ritorno alla Casa Bianca, Trump si è appoggiato al suo caratteristico populismo economico, raddoppiando le tariffe come presunto mezzo per proteggere le industrie americane. Invece, le sue azioni hanno acceso l’incertezza, costringendo gli investitori a rivalutare la traiettoria dell’economia statunitense.

L’ultima recessione è arrivata in risposta alle sue recenti mosse: aumentare le tariffe sulle importazioni cinesi, minacciare pesanti prelievi su latticini e legname canadesi e imporre tariffe radicali su acciaio e alluminio. L’imprevedibilità dell’agenda commerciale della sua amministrazione ha favorito un profondo disagio tra le imprese e gli investitori. Nelle sue osservazioni ai media, Trump ha ammesso a malincuore la possibilità di una recessione, inquadrandola in termini ambigui come un periodo di transizione per l’economia. Tali commenti, piuttosto che rassicurare le preoccupazioni, hanno solo esacerbato il timore che l’amministrazione manchi di una strategia coerente. Gli investitori, già diffidenti delle interruzioni commerciali, hanno interpretato le sue osservazioni come una tacita ammissione che la turbolenza economica è in vista. La reazione del mercato è stata rapida e brutale.

Il settore tecnologico ha sopportato il peso della svendita, trascinando verso il basso gli indici più ampi. I cosiddetti ‘Magnificent Seven’ dei giganti della tecnologia – Alphabet, Amazon, Apple, Meta, Microsoft, Nvidia e Tesla – hanno visto forti cali, con Tesla da sola che è sprofintata del 15,4%. La casa automobilistica elettrica, un tempo beniamina del mercato, ha sofferto della diminuzione della domanda in Europa e del crescente contraccolpo per gli stretti legami del CEO Elon Musk con l’amministrazione Trump. Nvidia, un attore chiave nell’intelligenza artificiale e nei semiconduttori, è sceso del 5%, mentre Palantir, un altro titolo collegato all’IA, è crollato del 10%. La dislotta ha segnalato non solo un cambiamento nel sentimento degli investitori, ma una resa dei conti più ampia sui rischi posti dalla propensioneria commerciale di Washington. Le minacce tariffarie di Trump hanno mandato increspate oltre il mercato azionario. Il rendimento del Tesoro degli Stati Uniti a 10 anni è scivolato al 4,225% mentre gli investitori si sono affrettati per attività più sicure, segnalando crescenti dubbi sulla stabilità economica a lungo termine. Nel frattempo, Bitcoin, spesso visto come un’attività ad alto rischio, è sceso a 78.000 dollari, il suo livello più basso da novembre. La volatilità ha sottolineato il crescente disagio per una Casa Bianca che sembra a suo agio nel armare la politica commerciale con poco riguardo per le sue conseguenze economiche.

La messaggistica pubblica dell’amministrazione ha solo aggiunto all’incertezza. Lunedì, la Casa Bianca ha insistito sul fatto che le politiche economiche di Trump avrebbero scatenato una crescita “storica”, citando guadagni di posti di lavoro e investimenti passati. Eppure i mercati stanno raccontando una storia diversa, con gli indici che cancellano tutti i loro guadagni dalle elezioni di novembre. Il divario tra retorica e realtà è stato raramente così pronunciato. Tra i leader aziendali e gli economisti, c’è una crescente preoccupazione che la Casa Bianca non riesca a cogliere il danno inflitto. Parlando di fatto, i mercati stanno perdendo fiducia nelle politiche di Trump, le aziende stanno ripensando le loro strategie di investimento a causa dell’imprevedibilità delle tariffe. Anche Delta Air Lines ha dimezzato le sue stime di profitto del primo trimestre, citando una maggiore incertezza economica, una mossa che ha fatto crollare le sue azioni del 14%.

La spirale discendente del mercato solleva domande urgenti sulle prospettive economiche più ampie. I segnali di allarme sono difficili da ignorare: i licenziamenti stanno accelerando, le assunzioni stanno sputando e la fiducia dei consumatori sta scivolando, il tutto indicando una turbolenza economica più profonda. I dati sull’inflazione previsti alla fine di questa settimana forniranno ulteriori indizi, ma i segnali finora suggeriscono che l’economia si sta dirigendo verso una fase precaria. Una recessione, spesso definita come due trimestri consecutivi di crescita negativa del PIL, potrebbe non essere più una preoccupazione ipotetica: è una possibilità incombente. L’indicatore della paura di Wall Street, il VIX, è salito al suo livello più alto quest’anno, rafforzando il senso di instabilità che ha attanagliato i mercati finanziari. L’incertezza è diventata la caratteristica distintiva delle politiche economiche di Trump e gli investitori stanno lottando per navigare in un ambiente in cui le inversioni politiche, le escalation tariffarie e l’imprevedibilità politica sono la norma. Per un presidente che ha a lungo propagandato il mercato azionario come una misura del suo successo, le recenti turbolenze presentano una dura sfida.

La domanda ora è per quanto tempo questa volatilità persisterà. Se Trump continua a intensificare le controversie commerciali, in particolare con alleati chiave come il Canada e l’Europa, la fiducia degli investitori potrebbe erodere ulteriormente, portando a cali sostenuti delle azioni e a un più profondo rallentamento economico. L’insistenza dell’amministrazione su un’agenda “America First” può risuonare politicamente, ma i costi stanno diventando sempre più difficili da ignorare.

La svendita del 10 marzo è stata più di una brutta giornata a Wall Street: è stato un referendum sulla gestione economica di Trump. I mercati, nel loro giudizio spietato, hanno segnalato il loro profondo disagio con il suo approccio. Se la Casa Bianca modificherà la rotta rimane una questione aperta, ma per ora, i segnali di avvertimento sono impossibili da respingere.

Di Imran Khalid

Imran Khalid è un analista geostrategico ed editorialista sugli affari internazionali. Il suo lavoro è stato ampiamente pubblicato da prestigiose organizzazioni e riviste di notizie internazionali.