Domani, venerdì 28 febbraio, Volodymyr Zelensky volerà a Washington per incontrare Donald Trump e ci si aspetta che i due leader finalizzino gli ultimi dettagli dell’intesa sulle terre rare tanto bramate dal Presidente USA che il 10 febbraio aveva dichiarato a ‘Fox News’: “Ho detto all’Ucraina che voglio l’equivalente di, tipo, 500 miliardi di dollari di terre rare, e hanno essenzialmente accettato di farlo”. Quella cifra era contenuta in una prima bozza dell’accordo rifiutata da Zelensky, nella quale, aver osservato che Washington “ha fornito un significativo sostegno finanziario e materiale all’Ucraina dopo l’invasione su vasta scala della Russia”, molti aspetti vengono lasciati in sospeso.

  • Nessuna garanzia di sicurezza all’Ucraina
  • Sviluppo delle risorse: l’Ucraina e gli Stati Uniti svilupperanno congiuntamente le risorse naturali dell’Ucraina, compresi i minerali critici, il petrolio e il gas
  • Fondo per la ricostruzione: un fondo congiunto riceverà il 50% delle entrate delle risorse statali dell’Ucraina
  • Reinvestimento: i profitti del fondo saranno reinvestiti “almeno una volta all’anno” per la ripresa economica dell’Ucraina
  • Dettagli in sospeso: le specifiche di governance e proprietà saranno negoziate in seguito

L’accordo non include impegni di sicurezza dea parte americana, ma dice solo che gli Stati Uniti “sostengono gli sforzi dell’Ucraina per ottenere garanzie di sicurezza”. Dice anche che Washington “manterrà un impegno finanziario a lungo termine per lo sviluppo di un’Ucraina stabile ed economicamente prospera”. Dice che questo si riferisce alla ricchezza mineraria, al petrolio e al gas, nonché alle relative entrate dai terminali e dai porti del gas naturale liquefatto (GNL). Afferma esplicitamente che “tali fonti future di entrate non includono le attuali fonti di entrate che fanno già parte delle entrate di bilancio generale dell’Ucraina”.

L’accordo afferma che nessuna delle parti può “vendere, trasferire o altrimenti disporre” di qualsiasi parte del fondo senza l’accordo dell’altra parte. In altre parole, nessuna delle due parti può ritirarsi unilateralmente. L’accordo afferma di essere soggetto all’approvazione del parlamento ucraino, il Verkhovna Rada, ma non menziona la firma del Congresso. Il legislatore ucraino Bohdan Kytsak, del partito di governo Servant of the People di Zelenskyy, ha dichiarato che l’accordo presentava potenziali benefici per l’economia: “Ciò richiede un numero enorme di specialisti, ricerca scientifica e l’emergere di nuove tecnologie”, ha detto, aggiungendo che gli investimenti statunitensi potrebbero creare una “nuova economia”. Un ex consigliere economico di Zelenskyy, Oleh Ustenko, ha detto che “il simbolismo gioca un ruolo più importante qui delle questioni finanziarie ed economiche”.

Nella bozza, tuttavia, sembra non venga fatta menzione della richiesta di Washington per un diritto a 500 miliardi di dollari di potenziali entrate dall’accesso alla ricchezza mineraria dell’Ucraina che è stata vista in una precedente bozza dell’accordo. Anche perché c’è il rischio che l’Ucraina non disponga davvero di quella quantità di minerali. Questioni di geologia! «Sorprendentemente, molte persone, tra cui il Presidente Trump, sembrano convinte che l’Ucraina abbia una ricca dotazione mineraria. È una follia», ha messo nero su bianco su ‘Bloomberg’ Javier Blas, analista di riferimento sui temi energetici e le materie prime, evidenziando come il Servizio Geologico degli Stati Uniti non includa l’Ucraina tra i primi 16 Paesi che dispongono di giacimenti di terre rare, ad eccezione di qualche piccola riserva di scandio. «Il valore della produzione di terre rare nel mondo è di 15 miliardi all’anno», ricorda sempre Blas. Il che, fa notare l’esperto su ‘Bloomberg’, vuol dire che «se anche l’Ucraina fosse in grado, per magia, di produrre il 20% delle terre rare di tutto il mondo, il valore sarebbe di tre miliardi di dollari all’anno». Per raggiungere quota 500 miliardi, dunque, l’accordo tra Stati Uniti e Ucraina dovrebbe avere una durata di oltre 150 anni.

Di qui, poi il primo equivoco che potrebbe esserci dietro questo tanto sbandierato accordo: sebbene Trump abbia parlato a più riprese di «terre rare», è probabile che abbia usato il termine in modo improprio per riferirsi in realtà ai «minerali critici», un gruppo di materie prime – di cui fanno parte anche le terre rare – che vengono ritenute indispensabile per alcuni settori strategici dell’economia, come la difesa, l’elettronica o la transizione energetica. Nella lista ufficiale pubblicata dall’Unione europea, infatti, ci sono 34 Critical Raw Materials, come litio, cobalto, nichel, titanio. E tra queste ci sono anche le 17 terre rare (Rare Earth Elements), ossia Scandio, Ittrio e altri 15 lantanoidi della tavola periodica. Questi ultimi sono a loro volta divisi in terre rare leggere (lantanio, cerio, praseodimio, neodimio, promezio e samario) e pesanti (europio, gadolinio, terbio, disprosio, olmio, erbio, tulio, itterbio, e lutezio). L’Ucraina, però, non possiede riserve rilevanti di terre rare. Ciò di cui disporrebbe, invece, sono altre materie prime critiche come litio, grafite e titanio. Su queste ultime ha messo gli occhi anche l’Europa, che ha presentato un accordo per lo sfruttamento dei minerali ucraini alternativo a quello offerto da Trump. «Ventuno dei trenta materiali essenziali di cui l’Europa ha bisogno possono essere forniti dall’Ucraina. Il valore aggiunto che offre l’Europa è che noi non chiederemmo mai un accordo che non sia vantaggioso per entrambi», ha affermato il commissario Ue all’Industria, Stéphane Séjourné.

‘Responsabile’ del pasticcio sarebbe il Ministero delle Risorse naturali del governo di Kiev che sostiene che l’Ucraina detiene circa il 5% delle materie prime critiche presenti nel mondo. Queste stime, però, risalirebbero, secondo un rapporto S&P, all’era sovietica e non terrebbero conto anche degli eventuali costi di estrazione. Tra i materiali di cui l’Ucraina potrebbe disporre in grosse quantità ci sono soprattutto: il gallio, materia prima per i semiconduttori; la grafite, fondamentale per batterie e pannelli solari; il litio, utilizzato per le batterie elettriche; il titanio, usato nell’aerospazio; l’uranio, centrale per le centrali nucleari.

Secondo ‘Politico’, l’entità del patrimonio minerario ucraino è ancora in gran parte un mistero. Il governo di Kiev segnala l’esistenza di oltre 20mila depositi e siti minerari, ma solo 8mila sono stati giudicati effettivamente sfruttabili. Ci sono poi almeno altri due ostacoli con cui bisogna fare i conti. Il primo: servono miliardi di dollari (e forse alcuni anni di tempo) per bonificare il territorio da mine e ordigni inesplosi. Il secondo problema ha a che fare invece con l’ubicazione delle miniere, che in alcuni casi si trovano nei territori orientali dell’Ucraina finiti sotto il controllo di Mosca. Tutte queste incognite, secondo S&P Global, rischiano di rendere l’estrazione di minerali in Ucraina un’attività per niente redditizia.

I minerali delle terre rare sono metalli strategici essenziali per lo sviluppo di tecnologie all’avanguardia, per la produzione di superconduttori, di veicoli elettrici e ibridi e fibre ottiche. In realtà, non sono rare, bensì abbondanti nella crosta terrestre in tutto il mondo. Questo aggettivo è rimasto ‘attaccato’ a questi elementi da quanto nel 1787, in una miniera di Ytterby, in Svezia, dove si estraevano i minerali indispensabili per la produzione delle porcellane utilizzate per realizzare stufe, fu scoperto un minerale mai visto prima. Ci vollero cinque anni per identificarlo e ci riuscì il chimico finlandese Johan Gadolin: il minerale fu chiamato Gadolinite o itterbite, dal sito di Ytterby. Nella Gadolinite estratta in quella miniera furono trovati altri minerali, ossidi non comuni dai quali vennero poi isolati gli elementi definiti a loro volta ‘rari’.

Secondo ‘The Guardian’ ognuna delle 17 terre rare viene utilizzata nell’industria e in un’ampia varietà di dispositivi, dalle lampadine ai missili guidati. L’europio è utilizzato nei sistemi a luce fluorescente e radar; il cerio è utilizzato per lucidare il vetro e nei convertitori catalitici automobilistici; i sali di lantano sono utilizzati nella raffinazione del petrolio mentre le leghe con lantano sono utilizzate nei sistemi di alimentazione delle auto ibride e a gas idrogeno. Il neodimio e il disprosio, ad esempio, consentono la fabbricazione di magneti quasi permanenti e superforti che richiedono poca manutenzione, rendendo fattibile il posizionamento di turbine eoliche oceaniche per generare elettricità lontano dalla costa.

‘The Guardian’ ricorda che l’estrazione dei metalli richiede un uso chimico pesante che si traduce in enormi quantità di rifiuti tossici che hanno causato diversi disastri ambientali, rendendo molti paesi diffidenti verso i notevoli costi per la produzione. E queste terre rare si trovano spesso in minime concentrazioni di minerale, il che significa che grandi quantità di roccia devono essere lavorate per produrre il prodotto raffinato, spesso in polvere.

Nel 2024, lo United States Geological Survey ha stimato che c’erano 110 milioni di tonnellate di depositi di terre rare in tutto il mondo, di cui 44 milioni in Cina, di gran lunga il più grande produttore del mondo detenendo il 40 per cento delle riserve mondiali. Altri 22 milioni di tonnellate sono stimati in Brasile, 21 milioni in Vietnam, mentre la Russia ne ha 10 milioni e l’India sette milioni. Fu proprio da India e Brasile che provenivano quando iniziarono ad essere utilizzati dalla seconda metà del ‘900. Poi vennero da Sudafrica e Stati Uniti. La Cina iniziò estrarle negli anni Ottanta del secolo scorso. Oggi, dopo l’India, ci sono Malesia, Tailandia, Vietnam, Canada e Sudafrica.

The Guardian afferma inoltre che “per decenni, la Cina ha sfatto il massimo delle sue riserve di terre rare investendo massicciamente in operazioni di raffinazione, spesso senza la rigorosa supervisione ambientale richiesta nei paesi occidentali. La Cina ha anche depositato un numero enorme di brevetti sulla produzione di terre rare, un ostacolo per le aziende di altri paesi che sperano di lanciare la lavorazione su larga scala”. “Di conseguenza, mentre le riserve di terre rare sono abbondanti altrove, molte aziende trovano più economico spedire il loro minerale non trasformato in Cina per la raffinazione, rafforzando ulteriormente la dipendenza del mondo. Gli Stati Uniti e l’UE ottengono la maggior parte delle loro forniture dalla Cina, ma entrambi stanno cercando di aumentare la propria produzione per ridurre la dipendenza da Pechino”.