Alla fine della Seconda Guerra Mondiale furono in molti a domandarsi che sarebbe successo se la Germania fosse arrivata alla tecnologia della fissione nucleare prima degli Stati Uniti d’America. Si pose il quesito anche Leonardo Sciascia ne ‘La scomparsa di Ettore Majorana’ e la conclusione del grande intellettuale siciliano fu molto chiara: i tedeschi l’avrebbero usata per scopo distruttivo. Non ne ebbero il tempo, i nazi guidati dal folle dittatore austriaco. Ne fece uso invece un pacifico merciaio del Missouri, Harry S. Truman nominato 33º presidente degli Stati Uniti d’America il 12 aprile 1945 a seguito della morte di Franklin D. Roosevelt.
Ora, chiediamoci: che cosa può succedere se oggi, con la smania forsennata delle privatizzazioni, dovesse venire in mente a un unico individuo, magari il più ricco del mondo, di impiegare le sue risorse per cancellare una regione o un continente che non gode della sua simpatia?
Nulla forse, perché è impossibile. Anche per uno come Elon Musk.
Ma cosa c’è di infattibile per un uomo che in pochi anni ha scalato le vette più alte della tecnologia fino a giungere con la sua ostinazione a rappresentarsi quale protagonista unico dei nuovi scenari spaziali?
È quanto dobbiamo porci perché se indubbiamentesono apprezzabili e invidiabili le sue intuizioni, incrociamo quotidianamente segnali preoccupanti di delirio di onnipotenza che tra Musk e Donald Trump fanno intravedere un futuro ad alto rischio. Al punto almeno da aver preoccupato anche Mario Draghi che ha dichiarato platealmente che la spesa pubblica per la difesa degli Stati membri dell’Unione Europea è insufficiente nell’attuale contesto geopolitico. Infatti da noi si sborsa circa un terzo degli Stati Uniti per gli armamenti e il grave è che anche la Cina ha incrementato il bilancio della spesa militare. Non sono segnali rassicuranti, specie se la fonte ha l’autorevolezza di chi ha guidato la banca centrale europea per circa sette anni.
Il potere di Elon Musk non è solo nei dollari che conta ogni sera prima di andare a dormire. È lo spaventoso arsenale strategico che si produce nei suoi impianti industriali a dover preoccupare: poco meno di un anno fa, è stato ufficialmente testato il razzo Starship di SpaceX, 120 metri di altezza e 200 tonnellate, con 33 motori solo nel Super Heavy; sulla costa di Boca Chica dove sorge la sua base spaziale è un emblema inquietante e il monito di un rischio per l’intera umanità, perché convertire una fabbrica di razzi è piuttosto semplice. Alta tensione, almeno per quelli che non godono della sua amicizia.
Ma non sorridano i più ottimisti. Fortemente imbevuto di spirito classista, incapace di rapporti stabili, la sua prima moglie Justine dirà che è anche e soprattutto maschilista.
Non ci interessano le sue relazioni personali e ci fa rabbrividire la sua influenza sulla NASA: in America il conflitto di interessi è tollerato un po’ come da noi e non è motivo di vanto né per loro, né per noi.
E, tuttavia, non abbiamo difficoltà ad affermare che la sua vita è passata da un litigio all’altro con i soci e compagni di affari a riprova che si sente da solo arbitro di tutti gli affari che tocca.
Politicamente poi, da estremo simpatizzante di Barak Obama è diventato un perduto seguace di Donald Trump, consenziente al perdono che ha concesso a chi quattro anni fa assaltò brutalmente il parlamento più democratico dell’universo (esplorato!).
A preoccupare non è però tanto il binomio che appare sempre più marcato tra il Presidente degli Stati Uniti e il patron di SpaceX. Secondo Lucio Caracciolo, l’autorità degli uomini della Silicon Valley è assai superiore a quanto sia esercitato alla Casa Bianca e tutto lascia immaginare che nel momento in cui l’uomo del Sudafrica dovesse avere qualche idea non del tutto allineata alla politica che regna attualmente a Washington, lo strappo sarebbe inevitabile. E in questo caso, cosa potrebbe accadere?
Onestamente riteniamo che da una persona che -secondo il ‘Wall Street Journal’ del 6 gennaio dello scorso anno- farebbe uso di droghe pesanti ci si potrebbero aspettare atti preoccupanti e inconsulti.
E dalle parole del magnate che intende spostare oltre un milione di persone dalla Terra a Marte -fantasioso crederlo- traspare una psicolabilità preoccupante. Specie se il suo potenziale venga trasformato da uno schema esplorativo ad uno più pericoloso. Invasivo. Fabio Chiusi lo ha definito l’uomo che vuole risolvere il futuro. Il futuro non è di un solo uomo. Questo lo dobbiamo avere ben chiaro.
Come rispondere.
Tocca certamente alla politica saper giocare le carte giuste. È un grave compito che si chiede e infatti le distanze dovrebbero esser prese non da un singolo stato ma da tutta Europa, ora profondamente mal vista dagli USA. Ma è essenziale mantenere il sangue freddo e giocare questa dolorosa partita con il dovuto rigore. Per il bene di tutti, non di un singolo territorio.