Come ho già cercato di spiegare precedentemente, l’idea di Trump di ‘spostare’ forzatamente milioni di palestinesi da Gaza, per trasformare quel posto in un luogo di villeggiatura, rientra tra i crimini contro l’umanità, di cui si parla in alcune fondamentali disposizioni dello statuto della Corte Penale internazionale.
Bene direte voi, gli USA non hanno sottoscritto quel trattato, e dunque non sono tenuti ad applicarlo. Con la conseguenza che, posto pure che si trattasse di un reato, non lo sarebbe per gli USA. Discorso da avvocato cavilloso, ma, certo, in USA, inattaccabile … in USA, perché in talune circostanze, un comportamento del genere potrebbe essere perseguito altrove, anche contro un cittadino USA – trattati più o meno segreti a parte. Ma non voglio entrare in un discorso da cavilli giuridici, da avvocato, anzi avvocaticchio, anche se, va detto, c’è un limite a tutto, pur nel pienissimo rispetto (e garanzia) dell’avvocato che ha il compito di difendere, sempre e comunque, salvo che non ne sia complice.
Il punto non è questo. Questa volta il punto è, innanzitutto, quello numerico. Sì ho detto e scritto, più di una volta, che, per un giurista, un morto equivale a mille morti, perché uccidere non si può e basta. Vero, ma qui, per una volta, i numeri contano eccome, purtroppo: perché sono i numeri di un popolo. Nessuno mai credo, abbia fatto un conto ‘preciso’ di quanti siano stati fino ad oggi (ma dall’inizio, e cioè dai primissimi anni del ‘900) i morti palestinesi in Palestina uccisi da israeliani e da immigrati sionisti prima della fondazione dello stato di Israele. Ragionevolmente certo è che i circa (è brutto dover dire ‘circa’ nel contare morti!) 50.000 morti finora accertati nella battaglia di Gaza, anche aggiungendovi i palestinesi uccisi quotidianamente in Cisgiordania e quelli, più o meno presunti, dall’inizio dell’insediamento dei migranti ebrei/sionisti in Palestina, secondo lo United Nations Office for the Coordination of Humanitarian Affairs fino agli scontri in Gaza e Cisgiordania del 2023/25 si può prudentemente parlare di ‘circa’ 150mila morti palestinesi: diciamo così, ‘accertati’.
Vi sono, certo, stati conflitti in cui i morti (sempre civili, beninteso) sono stati di più, ma non comprenderei cosa ciò potesse rilevare. Ed è altrettanto certo, che qualcuno non mancherebbe di rilevare che nei campi di concentramento italiani e tedeschi sono stati uccisi ‘circa’ 6 milioni di ebrei, anzi, per essere esaustivi, in quei campi di concentramento sono state uccise 12 milioni, sempre circa, di persone.
Ma, come dico, non è questo il punto, per quanto indegno possa essere.
Il punto è che il ‘piano di Trump’ non solo prevede lo ‘spostamento forzato’ di 2 milioni di persone da Gaza e, probabilmente, lo spostamento di almeno altri 5 milioni in Cisgiordania (come è evidente intenzione o desiderio di Israele, che intanto li bombarda), ma principalmente prevede, implica la cancellazione di uno dei principi fondamentali del diritto internazionale moderno, anzi della civiltà moderna: il diritto (o meglio, la legittima pretesa) di ciascun popolo di disporre liberamente della propria terra.
Il che presuppone che si possa dimostrare che quella terra appartiene, è sempre (o almeno per lunghissimo tempo) è stata abitata da quel popolo: nel caso, palestinese … i filistei di un tempo.
Non voglio minimamente entrare nel merito di un discorso lungo e particolareggiato, su cui ho già scritto qui e altrove più di una volta. Voglio solo sottolineare una cosa di rilevanza estrema: permettere una cosa simile, equivale ad affermare puramente e semplicemente che il principio di autodeterminazione dei popoli non esiste, non esiste più.
E questo riguarderebbe naturalmente i palestinesi, che verrebbero spostati con la forza dalla terra che abitano da millenni, ma, una volta che si fosse realizzato quel progetto, diventerebbe di fatto molto più ‘facile’ pretendere che il Canada diventi il 51° Stato degli USA e non Porto Rico, che dal 1917 fa parte degli USA ma i cittadini della quale non … votano per il Presidente degli USA, cioè sono una colonia! E così via, con la Groenlandia, con Panama, ecc.
In questi giorni si ricorda la vergognosa vicenda delle foibe e dei cittadini italiani in Dalmazia, costretti a fuggire dalle proprie case dai ‘partigiani di Tito’ … alle solite: dagli iugoslavi. Anche se bisognerebbe avere il buon gusto di non dimenticare che noi, italiani, abbiamo occupato e combattuto la Iugoslavia, occupato l’Albania, spezzato le reni alla Grecia … solo per mettere le cose in una prospettiva più completa… ma resta il fatto che cacciare la gente dalla propria casa è un crimine. Un crimine contro l’umanità, si sia o meno parte della Corte Penale Internazionale, che non crea i reati, li punisce!
Gli USA non lo hanno firmato (o meglio: lo hanno firmato e poi hanno ‘ritirato’ la firma) ma almeno lo Statuto delle NU sì, lo hanno firmato, voluto e imposto. Resta dunque la rara violenza delle parole di Trump che dice tranquillamente, virgolettato (sul ‘New York Times’ : «We’ll build safe communities a little bit away from where they are where all of this danger is,….» va bene in italiano, per il dr. Nordio: «costruiremo delle comunità sicure un pochino più in là di dove sono ora dove c’è tutto questo pericolo … Nel frattempo» questa forse è la frase più significativa, feroce «io me ne approprierò. Guardatelo come un appezzamento di sviluppo edilizio per il futuro. Sarà un bel pezzo di terreno … » i palestinesi «avranno alloggi molto migliori … sto parlando di costruire un luogo definitivo per loro», e così via.
È, o sarebbe, qui il crimine (l’ennesimo contro i palestinesi) indipendentemente dalla Corte Penale Internazionale, perché quel crimine, si potrebbe dire, è tale da sempre: gli stessi futuri ebrei erano abitanti delle ‘terre di Canaan’ deportati come schiavi a Babilonia finché Nabucodonosor (o un altro re assiro, intorno al 600 a.C.) non li cacciò e loro tornarono alla loro terra di origine, verosimilmente fondando la religione ebraica (cito Mario Liverani). Ma comunque, più semplicemente si tratta certamente di un crimine dal 1946, da quando, cioè, la Carta delle Nazioni Unite include “l’autodeterminazione e l’eguaglianza dei diritti dei popoli”, tra i «fini e principi» delle NU, cioè di quella istituzione lo Statuto della quale si apre con la frase lapidaria (forse poco amata dai nostri governanti) «We the peoples of the United Nations … ». Il principio di autodeterminazione, rovescia la logica della Società delle Nazioni, per la quale il colonialismo era inteso come una legittima pretesa delle Potenze, europee e non, abbastanza forti da permetterselo.
Rinunciare a difendere un principio del genere con tutte le forze, equivale a negare il proprio diritto ad esistere come popolo, e quindi come soggetto di diritto internazionale, ‘nazione’ o meno che si sia.