«Article 6, Genocide. For the purpose of this Statute, “genocide” means any of the following acts committed with intent to destroy, in whole or in part, a national, ethnical, racial or religious group, as such c) Deliberately inflicting on the group conditions of life calculated to bring about its physical destruction in whole or in part… Article 7: For the purpose of this Statute, “crime against humanity” means any of the following acts when committed as part of a widespread or systematic attack directed against any civilian population, with knowledge of the attack: (d) Deportation or forcible transfer of population; 2. (d) “Deportation or forcible transfer of population” means forced displacement of the persons concerned by expulsion or other coercive acts from the area in which they are lawfully present, without grounds permitted under international law…»

Traduco, a beneficio del Ministro Nordio, che fatica a leggere l’inglese e si scandalizza che un documento della Corte Penale internazionale ‘non sia tradotto’ … e che, si traduceva da solo? Dunque: «articolo 6 … genocidio significa … infliggere deliberatamente ad un gruppo condizioni di vita programmate per condurre alla sua distruzione fisica … Articolo 7:  … crimine contro l’umanità … Deportazione o trasferimento forzato della popolazione … Articolo 7.2. Deportazione  … significa spostamento forzato delle persone interessate, mediante espulsione o altri atti coercitivi … .»

No, come ben vedete, non traduco, so bene che l’inglese lo conoscete benissimo, non occorre tradurlo a voi. Nordio ha certamente persone che possono tradurglielo in diretta. E basta così: la buffonata colossale alla quale abbiamo assistito due giorni fa, mi umilia profondamente e, sono certo, ha umiliato la gran parte dei miei concittadini. Tutta la buffonata, comprese le parole esaltate o ‘realiste’ in ‘difesa’ del Governo, che le banalità della ‘Presidente del coniglio’ o delle ‘sottolineature anche a me’ della opposizione. Inutile approfondire: questo è il ceto politico che abbiamo, magari perfetto conoscitore di Pinocchio, ma questo è. E questo è il ceto giornalistico, più o meno «button down», che abbiamo: «bau bau» … evviva!

In compenso, leggendo quegli articoli dello Statuto della Corte penale internazionale, abbiamo appreso che la deportazione non è genocidio, ma un crimine contro l’umanità. E in più che ‘deportation’ significa appunto trasferimento forzato della popolazione … e così chiudiamo anche la diatriba dei raffinati ‘anglisti’ ad interpretare la parola ‘deportation’, per intenderla ‘gentile invito a trasferirsi gratuitamente in luogo più adeguato e confortevole’!

Mi riferisco, lo avete capito benissimo, alle parole di due giorni fa del Presidente Donald Trump. Che hanno lasciato di stucco perfino Netanyahu, il principale titolare di una ‘idea’ del genere!

Stupito, dico, perché anche nei suoi sogni più felici, mai si sarebbe aspettato che il capo (o presunto tale) della più grande (o presunta tale) potenza del mondo, gli proponesse di realizzare davvero, e con il suo aiuto, il progetto che esiste, nero su bianco, fin dal lontano 1907, o forse anche prima, con riferimento al «territorio senza popolo» della Palestina. E per di più, risparmiandogli il fastidio di ucciderne troppi altri.

1907, congresso del Partito sionista, che sarà pure stato fatto da ebrei, ma è uno dei partiti politici di cui fanno parte ebrei, taluni dei quali si definiscono ‘laici’! Quello sionista è il partito che ha costruito politicamente (e anche con successo) l’idea politica tutta e solo politica, di una ‘patria ebraica’ da costruire in qualche parte del globo.

Avete letto bene: «costruire», non «ri-costruire», perché una patria ebraica non è mai esistita nella realtà: è solo una opzione politica tesa a riunire sotto una stessa bandiera e a difendere sotto un medesimo tetto, un gruppo di persone discriminate e maltrattate. Il ‘nazionalismo’ è una costruzione politica, perfettamente legittima, ma è una costruzione politica, non una realtà riscontrabile nel DNA. Del resto, noi italiani, come altri ‘noi’ europei, queste cose dovremmo ben saperle: la gran parte delle nostre ‘patrie’, sono patrie create dalla politica: legittimamente create e difese, ma fatti politici, non genetici, etnici, razziali … talvolta culturali: non di più.

Tanto è vero che, in quel congresso, si decise sulla ‘scelta’ della patria: tra la Patagonia, l’Uganda e, infine, la Palestina: «terra senza popolo». Una espressione rozza, tipicamente colonialista; tipica del colonialismo europeo: quello stesso che, nel Patto della Società delle Nazioni all’art. 22spartisce’ tra le Potenze vincitrici della guerra territori e comunità, definendole più o meno capaci di esistere da sole senza ‘l’aiuto’ delle Potenze coloniali. Del resto, nei famosi ‘punti’, Wilson, il Presidente degli USA che volle la Società delle Nazioni, ma non vi partecipò (!), propone generosamente di ‘tenere conto’ della volontà e degli interessi locali, con la famosa formula del punto V° dei ben noti XIV, dove dice chiaramente: «A free, open-minded, and absolutely impartial adjustment of all colonial claims, based upon a strict observance of the principle that in determining all such questions of sovereignty the interests of the populations concerned must have equal weight with the equitable claims of the government whose title is to be determined». Colonial claims, cioè pretese di possedere colonie!

Questo è, è stato, è ancora oggi il colonialismo. Questa è stata la ‘logica’ secondo la quale i sionisti, sono andati in Palestina a partire dai primi del ‘900 a ‘prendersi’ un territorio … senza popolo, dopo avere constatato che le alternative disponibili (Patagonia, Uganda, ecc.) non erano praticabili. Anzi, anche quella della Palestina, piacque poco, specie all’inizio: un territorio arido, ‘lontano’ (i sionisti ebrei e non, vennero in gran parte dall’Europa dell’est, dove subivano massacri continui) difficile da coltivare, molto caldo.

Da quel momento, è stato ufficiale e sistematico il progetto di ‘sostituire’ un ‘popolo sionista, definito ebraico’ a quello che si scoprì esistere sul territorio: non numeroso, non organizzato, privo di senso nazionale, nel quale solo con la caduta dell’Impero ottomano, si formano i primi movimenti nazionalisti (appunto, comunque: politici) palestinesi.

Poi, quella storia dovremmo conoscerla tutti (anche se non è vero, purtroppo) e dovremmo tutti essere certi della assurdità quasi criminosa di espressioni come ‘Stato ebraico’, che, al di là della realtà, si definisce così come Stato etnico, cioè ‘razzialmente’ determinato: un crimine internazionale, espresso senza mezzi termini in una Legge fondamentale dello Stato di Israele.

Molti dicono che il progetto di Trump (del resto già proposto dal marito della figliola durante la sua scorsa amministrazione … un noto, diremmo noi, ‘palazzinaro’, come ‘palazzinaro’ è ed è stato lo stesso Trump) non sarà mai realizzato.

Forse, non lo so. Io, ormai, mi aspetto di tutto, ma molto poco di etico e nulla di giuridicamente legittimo. È certo che la forza economica di USA e Paesi arabi più o meno anti-palestinesi (praticamente tutti) potrebbe anche realizzare un progetto del genere … tanto si tratta al massimo di sei o sette milioni di persone, già prive di tutto, di acqua, di corrente elettrica, di servizi, di vita. Suvvia, si può … basta metterci abbastanza soldi, peccato sia appena morto l’Aga Kahn, hai visto mai!

Sento, di là, mia moglie urlare  … «la coscienza»!

Di che si tratta?

Di Giancarlo Guarino

Giancarlo Guarino è Professore ordinario, fuori ruolo, di Diritto Internazionale presso la Facoltà di Economia dell’Università di Napoli Federico II. Autore di varie pubblicazioni scientifiche, specialmente in tema di autodeterminazione dei popoli, diritto penale internazionale, Palestina e Siria, estradizione e migrazioni. Collabora saltuariamente ad alcuni organi di stampa. È Presidente della Fondazione Arangio-Ruiz per il diritto internazionale, che, tra l’altro, distribuisce borse di studio per dottorati di ricerca e assegni di ricerca nelle Università italiane e straniere. Non ha mai avuto incarichi pubblico/politici, salvo quelli universitari.