‘Paz total’, pace totale. E’ il grande progetto di Gustavo Petro, il primo Presidente di sinistra della Colombia, economista ed ex guerrigliero. Pace con tutti i 26 gruppi di guerriglieri che, dopo 70 anni di conflitto. Dal 21 novembre sono partiti i dialoghi con l’ELN. Ecco gli ostacoli

 

Paz total‘, pace totale. E’ il grande progetto di Gustavo Petro, il primo Presidente di sinistra della Colombia, primo Presidente economista ed ex guerrigliero – membro del movimento di guerriglia M-19. Pace con tutti i 26 gruppi di guerriglieri che,dopo 70 anni di conflitto, ancora sono presenti nel Paese, a partire dall’Ejército de Liberación Nacional (ELN), l’Esercito di Liberazione Nazionale, «l’ultima insurrezione di sinistra rimasta in Colombia», come definiscono l’ELN gli esperti, certo uno dei gruppi di guerriglia più antichi e più grandi del Paese, il più importate dopo che le Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia (FARC), le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia, nel 2016 avevano stretto l’accordo di pace con l’allora Presidente Juan Manuel Santos.
Petro punta a chiudere accordi con il maggior numero possibile degli altri gruppi, a partire dai gruppi dei dissidenti (rispetto l’accordo del 2016) delle FARC, fino ai cartelli della droga. A gruppi post-paramilitari (derivanti dai gruppi paramilitari formatisi negli anni ’90 e 2000) come El Clan del Golfo, Clan del Golfo.

Il 26 ottobre, il Congresso della Colombia ha approvato il piano dell’Amministrazione Petro per la pace totale, consentendo al governo di negoziare con gruppi armati illegali. L’ELN ha annunciato che i dialoghi di pace con il governo colombiano potevano iniziare.
Il piano di Petro, «che si basa sulla premessa che la pace dovrebbe essere una politica statale, mira ad affrontare i problemi correlati di gruppi armati,traffico di droga», afferma Richard McColl, corrispondente estero in Colombia. Il piano, tra il resto, prevede che «il governo sospenderà la cattura di membri di gruppi armati e offrirà vantaggi, pene ridotte e garanzia di non estradizione ai membri che rivelano informazioni sulle rotte del narcotraffico e consegnano guadagni da fonti illegali come come traffico di cocaina».


Un piano
«estremamente ambizioso», ha affermato Kyle Johnson, co-fondatore e ricercatore presso la Conflict Responses Foundation, un’organizzazione di ricerca di Bogotà. «Puoi raggiungere accordi con la leadership, e porteranno con sé una grossa fetta [di membri] ma non tutti», ha detto. Eppure nel Paese c’è chi comincia a crederci.
I colloqui con l’ELN sono già iniziati, sono partiti il 21 novembre a Caracas, e la prima sessione durerà circa venti giorni.
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Le due parti affermano che inizieranno con il quadro concordato il 30 marzo 2016, durante la loro ultima partecipazione ai negoziati», spiega Elizabeth Dickinson, analista senior per la Colombia di Crisis Group. «Quell’ordine del giorno prevedeva sei punti in discussione: partecipazione, impegno democratico, trasformazione socio-economica, vittime, fine del conflitto e attuazione. Sebbene tutti questi argomenti siano spinosi, forse il più difficile da affrontare sarà l’insistenza dell’ELN sulla partecipazione popolare ai negoziati. Il gruppo ha respinto i meccanismi di consultazione pubblica che il governo Petro ha già intrapreso, in particolare i suoi dialoghi regionali vincolanti, forum in cui le comunità più colpite dal conflitto possono offrire un contributo alle politiche di sviluppo nazionale dell’amministrazione. Non è chiaro che tipo di partecipazione popolare preveda invece l’ELN o quanto la partecipazione modellerebbe eventuali accordi con lo Stato colombiano».
Dopo il primo giro di colloqui, il dialogo si sposterà su un altro Paese ospitante. Ufficialmente finora, Norvegia, Cuba e Venezuela agiranno come Stati garanti per questi colloqui di pace. Il gruppo di garanti potrebbe ampliarsi includendo Cile, Spagna, Francia e/o Brasile. Norvegia e Cuba che sono anche Stati garanti dell’accordo FARC del 2016.

Sia prima che dopo il il 2016, ci sono stati altri altri tentativi di trattare con l’ELN, tutti naufragati. Il motivo è in parte da ricercare nelle condizioni storiche, e in parte anche nella stessa identità del gruppo.
«Fondato nel 1964 da un gruppo di studenti innamorati della rivoluzione cubana e intrisi di teologia della liberazione cattolica, l’ELN oggi è presente nel 16 per cento dei Comuni della Colombia. Il gruppo ha anche un’impronta considerevole in Venezuela, dove controlla tratti di territorio lungo il confine e più in profondità nell’interno. «Con circa 2.500 uomini sotto le armi, diviso in piccole cellule ben addestrate, l’ELN è in grado di intraprendere operazioni offensive in tutta la Colombia, inclusi bombardamenti di infrastrutture, obiettivi militari e civili. Il numero delle vittime civilidegli attacchi del gruppo è diminuito nell’ultimo anno, mentre è aumentato il numero degli obiettivi militari», afferma Dickinson nel tratteggiare l’identità dell’ELN.
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L’obiettivo primario dell’ELN non è prendere il potere a Bogotà, ma piuttosto trasformare la società ineguale e le strutture economiche della Colombia. La propaganda dell’organizzazione si scaglia spesso contro l’élite economica e «l’azione destabilizzante in cui sono impegnati il grande capitale e gran parte dell’oligarchia colombiana». A tal fine, l’organizzazione ha fatto molto affidamento nel corso della sua storia su una rete di milizie civili che sostengono le sue attività», è agile e decentralizzato. «Il suo comando centrale mantiene il controllo dell’orientamento ideologico e politico del gruppo, e i suoi dettami in queste aree sono ampiamente rispettati. Oltre a ciò, «l’ELN gestisce cinque fronti regionali, nonché un fronte urbano di guerriglieri, ciascuno dei quali ha un notevole margine di manovra per prendere decisioni su obiettivi militari e, soprattutto, attività criminali a scopo di lucro. Sebbene il traffico di stupefacenti sia ufficialmente proibito dall’organizzazione, diversi fronti sono ora attori di primo piano nella catena di approvvigionamento di stupefacenti, spostando la cocaina lungo le rotte del traffico e tassando ogni fase della produzione».

«L’ELN si presenta benevolo verso i civili, in particolare verso le parti alleate o cooptate della società civile, ma ha richiesto un devastante tributo umano nel corso dei suoi conflitti. Il reclutamento forzato, anche di bambini, è molto diffuso, così come l’arruolamento di adolescenti colombiani e migranti venezuelani in difficoltà. Il gruppo si è anche impegnato in omicidi, estorsioni e rapimenti, ha limitato la libertà di movimento e condotto ‘pulizia sociale’ -l’uccisione di piccoli criminali e altri che considera indesiderabili. Oggi, la richiesta pubblica di negoziati con i ribelli è alta in alcune delle regioni più colpite dalla violenza, in particolare Arauca e Norte de Santander al confine venezuelano, così come Bajo Cauca, Magdalena Medio e la costa del Pacifico»

Almeno sette diversi governi dal 1985 hanno tentato colloqui con l’ELN. «Lo sforzo più recente è iniziato sotto il Presidente Juan Manuel Santos nel 2016, prima di essere definitivamente terminato sotto il Presidente Iván Duque, dopo che un attentatore suicida dell’ELN ha attaccato un’accademia di Polizia a Bogotá il 17 gennaio 2019, uccidendo 21 persone. Incidenti specifici hanno interrotto anche alcuni altri tentativi precedenti, mentre altri sono caduti nel dimenticatoio, in parte perché il governo era concentrato sulla sua battaglia con la più grande insurrezione delle FARC. L’ELN si è rivelato una sfida particolare per i negoziatori del passato a causa della sua struttura decentralizzata e del suo impegno ideologico, nonché della mentalità del gruppo: mentre il gruppo comprende che non assumerà il controllo della Colombia, tuttavia ritiene che ogni giorno in cui rimane in battaglia sia un vittoria di resistenza allo Stato è un successo politico. In queste circostanze, un negoziato di successo per l’ELN potrebbe semplicemente finire per essere una lunga conversazione che non soddisfa pienamente le loro richieste, come la revisione dell’ordine economico prevalente», commenta Elizabeth Dickinson.

Circa le condizioni storico-sociali, l’analista di Crisis Group spiega: «Una differenza importante questa volta è che il governo non sta solo parlando con l’ELN,ma ha aperto conversazioni informali preliminari con una manciata di altri gruppi armati e criminali. La legislazione che disciplina il piano di ‘pace totale’ dell’Amministrazione approvata dal Congresso a fine ottobre, autorizza il governo a negoziare non solo con insurrezioni come l’ELN, ma anche con quelli che definisce ‘gruppi criminali ad alto impatto‘. Questi gruppi, che oggi sono tra i più accaniti oppositori dell’ELN, sono definiti come organizzazioni con una chiara leadership gerarchica e una persistente capacità di compiere attacchi che minacciano i civili. Affrontare tutti questi gruppi contemporaneamente è essenziale, sostiene il governo, perché altrimenti la smobilitazione di un gruppo lascerebbe semplicemente spazi da riempire per altri gruppi. Tuttavia, l’ELN si considera un movimento politico e, quindi, diverso dai gruppi criminali. Si irrita all’idea che questi ultimi meritino qualsiasi tipo di dialogo con le autorità», afferma Elizabeth Dickinson.

Un’altra differenza cruciale nel formato dei colloqui questa volta è «l’apertura, e persino la preferenza del governo per accordi parziali, abbandonando la massima dell’accordo di pace del 2016 secondo cui nulla è concordato finché tutto non lo è. Questa volta, il governo Petro sta cercando i primi mini-accordi,con particolare attenzione al miglioramento delle condizioni umanitarie nelle comunità colpite dal conflitto e al contenimento dei combattimenti tra vari gruppi armati. È probabile che quest’ultima questione si riveli difficile, poiché l’ELN è impegnato in un combattimento attivo con rivali tra cui il Clan del Golfo (negli Stati di Chocó, Valle de Cauca e Bolívar) e i cosiddetti dissidenti delle FARC (ad Arauca, Norte de Santander, Nariño e Cauca). Lo ha dichiarato il comandante dell’ELN Antonio Garcíache: il gruppo non accetta l’idea di uncessate il fuoco multilaterale‘, una proposta del governo volta a mitigare il conflitto non solo tra lo Stato e le organizzazioni armate, ma anche tra gruppi rivali. Per gli stessi motivi sopra menzionati, l’ELN si oppone a questa proposta, insistendo sul fatto che non deve essere equiparata a bande criminali prive di finalità politiche.

Un’altra novità di questi colloqui è che nessuna delle due parti cerca il disarmo, almeno non all’inizio. Citando ciò che percepisce come il mancato rispetto da parte dello Stato colombiano dell’accordo di pace delle FARC del 2016, è improbabile che l’ELN acconsentirà a qualsiasi consegna completa delle armi, preferendo un processo graduale che andrebbe di pari passo con i progressi del governo nell’onorare le sue promesse».

Se questi sono gli elementi che rendono difficile e dunque mettono a rischio la trattativa con l’ELN, a Bogotà si sottolinea che è tutta la trattativa con tutti i soggetti ad essere messa in pericolo da una serie di elementi.
Petro «dovrà garantire che i settori più a rischio della società colombiana, come gli abitanti dei territori controllati dai gruppi armati, possano accedere ai diritti umani fondamentali come l’assistenza sanitaria, l’acqua corrente e l’istruzione.Investire in queste comunità ridurrebbe il numero di colombiani che si uniscono a gruppi armati spinti dalla disperazione per mancanza di opportunità. Ma un’implementazione di queste dimensioni attraverso la complessa topografia e le scarse infrastrutture della Colombia richiederebbe un budget enorme e una volontà politica, il che sarebbe difficile per un governo di coalizione», afferma il giornalista corrispondente in Colombia Richard McColl.

Vi è poi il fatto che la moltitudine e diversità dei gruppi con i quali il governo vuole trattare -e oltre all’ELN, ci sono altri nove gruppi che si sono detti disponibili a sedere al tavolo di Petro fin da subito- impone al governo di offrire una varietà di diverse concessioni, dalla partecipazione politica all’ELN, a garanzie di non estradizione a gruppi fortemente coinvolti nel contrabbando della droga. «Già molti detrattori di Petro, come il partito di opposizione Centro Democratico, dubitano delle motivazioni dei 10 gruppi che hanno finora annunciato intenzioni di negoziare, suggerendo che il piano del governo premia i criminali con l’impunità e porterà a un’ulteriore illegalità. L’opposizione indica l’ELN come un perfetto esempio di ciò, dal momento che il gruppo di guerriglia ha negoziato senza successo con ben sette diversi presidenti», annota McColl.

Terzo elemento ostacolante il piano del Presidente,forse il più difficile, è rappresentato dal fatto che«il governo dovrà riformare la polizia e le forze armate. Per anni, i colombiani hanno associato entrambe le istituzioni alle violazioni dei diritti umani e alla brutalità. La percezione pubblica delle forze di sicurezza è peggiorata dopo che la polizia ha ucciso 47 civili durante le proteste a livello nazionale nel 2021, come riportato dall’organizzazione non governativa Temblores. Ma è l’esercito, in particolare, che ha un disperato bisogno di una revisione. Le forze armate hanno continuato a rimanere impantanate nelle metriche del passato, misurando il successo in base ai guerriglieri catturati, alle uccisioni e agli ettari di piantagioni di coca sradicati.

Petro ha chiarito che i successi dei militari saranno ora misurati dalle ‘vite salvate’. Vuole trasformare l’esercito in una forza che mantenga i colombiani più al sicuro da sfruttamento e danni, riduca gli omicidi da parte di mafie e gruppi armati e protegga e sostenga le famiglie che coltivano coca ma che hanno firmato per passare a coltivazioni legali.

Eppure c’è un notevole scetticismo sul fatto che Petro possa apportare modifiche significative alle forze di sicurezza del Paese, che sono sospettose del passato guerrigliero del Presidente.

In ultimo, ma non ultimo, l’elemento Venezuela. «Al di fuori della Colombia, c’è la questione del vicino Venezuela. Tra i partecipanti esterni, il ruolo di Caracas nei colloqui, come ospite iniziale e garante, è sia il più critico per il successo dei negoziati, sia anche il più complicato», afferma McColl.

Sotto il Presidente Nicolás Maduro, il governo venezuelano ha concesso ai guerriglieri dell’ELN la tacita approvazione per il controllo di vaste aree di terra all’interno del Venezuela, dal momento che forniscono sicurezza al regime in quelle regioni, e per supervisionare redditizi progetti minerari illegali nel Paese. Se una smobilitazione dell’ELN include forze sul suolo venezuelano -che sarebbero necessarie per il suo successo- Bogotà avrà bisogno del sostegno di Caracas per negoziare con quelle forze e verificare che rispettino l’accordo.

Nei giorni scorsi, un incontro tra Petro e Maduro, il primo incontro ad alto livello tra i due Paesi in sei anni, ha portato a una dichiarazione congiunta per lavorare insieme su pace, interessi commerciali, confine condiviso e sicurezza ambientale. «Eppure, dopo anni di sfiducia e Paesi che non hanno relazioni diplomatiche, questa dichiarazione può essere vista solo come un punto di partenza per la riconciliazione tra i due.

Inoltre, qualsiasi negoziato con il Venezuela solleva sospetti negli ambienti internazionali. A ottobre, il segretario di Stato americano Antony Blinken ha incontrato Petro in visita in Colombia. Apparentemente, la visita doveva esprimere il sostegno degli Stati Uniti per un adempimento più completo dell’accordo di pace del 2016, ma la guerra alla droga ‘fallita’, come l’ha definita Petro, e la questione del Venezuela erano in primo piano a porte chiuse.

Come ha affermato Jorge Mantilla, esperto di criminalità organizzata e conflitti presso la Ideas for Peace Foundation di Bogotá, intervistato da Richard McColl per ‘Foreign Policy: «Forse dovremmo chiamarlo ‘paz posible’ e non ‘paz total’?»

«Ma anche se dovesse rivelarsi un fallimento totale, c’è un valore intrinseco nel fatto che, dopo quattro anni di una politica di sicurezza così spesso limitata alla militarizzazione, la Colombia punta ancora una volta e scommette sulla pace, cercando di affrontare le questioni di fondo di instabilità e disuguaglianza nel Paese», commenta Richard McColl.

Come ha detto Vera Grabe, ex politica e una delle fondatrici di M-19, che ora lavora per l’Osservatorio della Pace, un’organizzazione colombiana che promuove i diritti umani: «Vivevamo in un deserto dove la pace non esisteva. Almeno ci sono dei dubbi: prima non c’era niente. Esiste la possibilità di porre fine al conflitto in Colombia poiché la pace è, ancora una volta, un punto centrale del dibattito».