cittadini della Repubblica popolare di Donetsk (DPR) e della Repubblica popolare di Luhansk (LPR), nell’Ucraina orientale, che il Presidente russo Vladimir Putin ha riconosciuto come Stati indipendenti poco prima dell’invasione del 24 febbraio -il Donbass, prezioso cuore industriale orientale dell’Ucraina-, e quelli delle regioni di Kherson e Zaporizhzhia, a sud del Paese -che devono ancora essere riconosciute dalla Russia come Stati indipendenti-, da venerdì 23 settembre a martedì 26 settembre sono chiamati a votare in un referendum che domanda loro se vogliono separarsi dall’Ucraina e unirsi alla Russia. Nessun osservatore internazionale indipendente è presente, e secondo il diritto internazionale il referendum è illegale.

Se, come previsto, vince il ‘SI‘, il 15% circa del territorio dell’Ucraina (90.000 kmq di territoriosarà annesso alla Russia. Un’area decisamente di non poco conto sia per dimensioni, sia in termini di valenza geopolitica.

Nel discorso del 21 settembre (esattamente sette mesi dal discorso del 21 febbraio, nel corso del quale era stata annunciata l”operazione speciale’ in Donbass), il Presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato di sostenere i referendum e contestualmente ha annunciato la ‘mobilitazione parziale’. Ciò non casuale. E proprio la non casualità rende particolarmente pericolosi gli effetti di questo referendum. Gli analisti politici e militari sono in maggioranza convinti che si stia aprendo una nuova e più pericolosa fase della guerra ucraina.

Putin,nel dichiarare il sostegno ai referendum, non si è però espresso sulle conseguenze del referendum, ovvero non ha dichiarato se a fronte di un ‘SI‘ dell’elettoratoMosca accoglierà la richiesta e annetterà immediatamente questi territori.
Nemmeno questo è casuale, Anzi. E’ un fatto non trascurabile, se si considera che già nel 2014 i separatisti del Donbass avevano organizzato un referendum in cui la maggioranza aveva votato per unirsi alla Russia, il Cremlino, però, ha sempre ignorato il risultato. Le due regioni hanno dichiarato la loro indipendenza dall’Ucraina settimane dopo l’annessione della Crimea, innescando otto anni di combattimenti che il Presidente Putin ha usato come pretesto per lanciare la così detta ‘operazione speciale’, il 24 febbraio, adducendo la necessità di proteggere i residenti delle due repubbliche.
Putin ora, promette di difendere il referendum e il suo esitoe però si tiene le mani liberepotrebbe nuovamente ignorare l’esito referendarioalmeno sull’immediatomagari in funzione di trattative con Kiev, dove i territori saranno l’oggetto della discussione. E comunque, secondo gli analisti, l’annessione immediatamente dopo la proclamazione dell’esito del voto resta l’eventualità più plausibile. E’ quello che è stato chiesto dai funzionari separatisti nell’Ucraina orientale, i quali hanno insistito sulla necessità di misure urgenti che consentano a Mosca di annettere immediatamente i territori.
Per altro, affermano gli osservatori, muovendosi rapidamente per assorbire i territori conquistatiil Cremlino spera di costringere l’Ucraina a fermare la sua controffensiva e ad accettare le attuali aree di occupazione onde evitare di dover affrontare devastanti ritorsioni.
C’è il precedente della Crimea. Dopo che le forze russe, il 27 febbraio 2014, hanno preso il controllo della Crimea, che ha una maggioranza etnica russa ed è stata trasferita in Ucraina in epoca sovietica, il 16 marzo si è tenuto un referendum sull’adesione alla Russia. I leader della Crimea hanno dichiarato che il 97% dei votati aveva approvato la richiesta di separarsi dall’Ucraina e unirsi alla Russia. Il 21 marzo, la Russia ha formalmente annesso la Crimea. Un processo, dunque, durato meno di un mese. Per i quattro territori al voto potrebbe ripetersi più o meno lo stesso processo.

Alexander Gillespie, docente di diritto internazionale, con specializzazione in leggi di guerra/diritto umanitario internazionale, presso l’Università di Waikato, spiega: «l’annessione -in cui il territorio di un Paese viene preso, di solito con la forza- è un atto aggressivoillecito e pericoloso. Non è la stessa cosa della cessione, che comporta lo scambio pacifico di territorio, o la concessione dell’indipendenza di comune accordo. L’annessione era una caratteristica dell’imperialismo del XIX secolo. Per gran parte del 20° secolo, dalla Società delle Nazioni alle Nazioni Unite, la comunità internazionale ha cercato di prevenire tali azioni e creare piattaforme per una convivenza pacifica. Questo perché l’annessione va direttamente contro gli ideali della sovranità statale e dell’integrità territorialeProvoca guerre tra Paesi e insurrezioni al loro interno. Dal 1945, l’annessione con la forza è stata rara e mai effettuata da un membro permanente del Consiglio di sicurezza contro un altro membro delle Nazioni Unite. Putin sta capovolgendo tutto questo».
Ciò nonostante, Putin è prevedibile dichiari l’annessione. A quel punto l’Occidente reagirà -il G7 lo ha già annunciato– con sanzioni economiche e probabilmente ulteriori forniture di armi all’Ucraina. Putin risponderà a tono.

Si pone la domanda di come risponderà. Nel momento in cui i territori vengono annessi diventano parte della Russiae Putin sarà obbligato a difenderli con tutte le forze a sua disposizione, si configurerà una lotta per la difesa della madrepatria. Ciò giustificherebbe il passaggio dalla ‘mobilitazione parziale‘ alla coscrizione di massa.
Il che potrebbe metterlo seriamente in difficoltà con quella fetta (che alcuni sostengono essere maggioritaria) di russi contraria alla guerra, e più in generale che si oppone alle politiche del Cremlino.
Ripercorrendo, poi, il discorso del 21 settembre, e considerando che la dottrina nucleare russa dà la priorità alla protezione della sovranità e dell’integrità territoriale dello Stato, potrebbe rispondere utilizzando l’arsenale nucleareL’ipotesi ovvia è che utilizzi le armi nucleari tattiche.
Dmitry Medvedev, vice capo del Consiglio di sicurezza russo, va oltre, ha infatti dichiarato che dopo aver annesso le quattro regioni ucraineMosca potrebbe usare «qualsiasi arma russa, comprese le armi nucleari strategiche» per difenderle. Le forze nucleari strategiche, includono missili balistici intercontinentali e bombardieri a lungo raggio. Medvedev, così, ha inviato un avvertimento all’Occidente: la Russia potrebbe prendere di mira non solo l’Ucrainama anche gli Stati Uniti e i suoi alleati (Europa in primis) con armi nucleari, in caso di escalation.

Ipotesi, questa, che potrebbe mettere in difficoltà l’Occidente. L’opinione pubblica occidentale, particolarmente quella europea, già duramente provata dalle ripercussioni delle sanzioni che si stanno infliggendo alla Russia (gas in testa), a fronte addirittura di un rischio nucleare a casa propriapotrebbe trasformare il malcontento in netta contrarietà all’intera linea adottata dai governi contro la Russia, con tutto quel che ne consegue, fino ai disordini sociali. Retorica a parte, nessuno in Occidente è ‘pronto a morire per l’Ucraina’, e nessun governo e nessun leader è pronto a scambiare la stabilità interna del proprio Paese con l’integrità e la libertà ucraina. A quel punto l’Ucraina potrebbe trovare le porte degli alleati sbarrate.
Anche perchè Putinad annessione avvenutastarebbe difendendo un pezzo di Russial’Ucraina e potenzialmente i suoi sostenitori occidentali combatterebbero direttamente contro la Russia, il conflitto potrebbe rapidamente trasformarsi in una guerra Stati Uniti/Nato contro Russia. Fin dall’inizio della guerra, la NATO e gli Stati Uniti in primo luogo hanno fatto ben attenzione a che il conflitto militare diretto non potesse scattare.
Proprio su questa linea rossa che l’Occidente si è auto-imposto, e che si è guardato bene dal superare, il Cremlino conta.

L’annessione già di per se non sarà indolore per Mosca. In primo luogo perchè la Russia non controlla la totalità dei territori annessi, e ha dimostrato, soprattutto nelle ultime settimane, di avere notevoli difficoltà anche solo per controllare la linea del fronte di circa 1.000 km. I riservisti richiamati avranno bisogno, sostengono gli esperti militari, di mesi di addestramento prima di poter difendere il territorio annesso, 90.000 kmq nel quale la resistenza ha dimostrato di essere capace di attacchi per nulla trascurabili. Riferisce in queste ore il ‘New York Times‘: «I partigiani ucraini nelle regioni hanno preso di mira le infrastrutture elettorali russe, ad esempio facendo saltare in aria i magazzini che ospitavano le schede elettorali e gli edifici in cui i funzionari che si preparavano per le votazioni tenevano le riunioni. Un’esplosione ha scosso la città meridionale di Melitopol, controllata dai russi, venerdì mattina prima dell’inizio del voto».
Parte del territorio di futura annessionequello del Donbassè stato «oggetto di un’intensa campagna di ‘russificazione‘, gli oppositori sono stati puniti, gli insegnanti sono stati costretti a insegnare un curriculum russo in russo, i funzionari locali sono stati sostituiti da incaricati dell’occupazione, la valuta ucraina è stata sostituita dalla russa rublo e agli ucraini sono stati rilasciati passaporti russi. La propaganda onnipresente descrive gli occupanti come liberatori.
Ma nonostante l’apparente coercizione e gli sforzi per aumentare la partecipazione degli elettori ai referendum», nemmeno questo territorio, dal 2014 di fatto sotto controllo russo, è davvero ‘russificato‘, e il clima di costrizione di questo referendum -se tale è dalle cronache che da quei territori si stanno trasmettendo, e che ovviamente è impossibile controllare in maniera indipendente- lascerà tracce difficili da cancellarerendendo difficoltoso il post-annessione.

Il Wilson Center, già a luglio, annunciando i piani di annessione del Cremlino, spiegava le difficoltà russe. «La scelta dell’annessione da parte del Cremlino, che rende queste terre solo una parte regolare della Federazione Russa, è evidentemente collegata al calo della fiducia di Mosca nelle élite locali e nelle comunità sottomesse. Governatori e sindaci di origine ucraina insediati dalla Russia», si legge nel rapporto del Centro, «non hanno né il sostegno locale, né il know-how amministrativo sufficiente per soddisfare.
Ecco perché le autorità russe hanno recentemente nominato i cosiddetti ‘capi degli organi esecutivi regionali‘ tra i burocrati russi», e «il ruolo dei funzionari russi sta crescendo anche nel DPR e LPR».
Questo, secondo il Wilson Center, «segna un cambiamento epocale nell’approccio della Russia ai territori conquistati. Per circa trent’anni Mosca ha sostenuto le autoproclamate repubbliche nei territori della Georgia (Ossezia del Sud e Abkhazia) e della Moldova (Transnistria), e successivamente in Ucraina (DPR e LPR). Ma nonostante avessero ‘presidenti’ completamente fedeli al Cremlino, gli staterelli de facto in Georgia e Moldova e le loro popolazioni avevano ancora un certo livello di autonomia che costringeva la Russia a contrattare costantemente con i locali. In una situazione di guerra, tuttavia, alle comunità controllate non è concessa alcuna autonomia. Devono obbedire alle nuove autorità senza fare domande». L’annessione libera Mosca del gravame dell’autonomia dei territori conquistati, e sta indicare che il Cremlino teme che tali territori possano sfuggire al controllo.
A questo punto, prosegue il rapporto, «il governo russo sembra pronto ad alzare la posta in gioco nella guerra. Dopo che l’annessione dei territori sudorientali dell’Ucraina tramite referendum sarà avvenuta, questo autunno, Mosca potrà affermare che il bombardamento di queste regioni costituirebbe un attacco alla Russia, che consentirebbe al Cremlino di rispondere con armi nucleari, come prescritto nella Strategia di sicurezza nazionale della Federazione Russa».

Altro problema non da poco di cui Mosca dovrà farsi carico, è la ricostruzione. Il rapporto del Wilson afferma: «Lo scorso maggio il primo vice capo dell’amministrazione presidenziale russa, Sergei Kiriyenko, ha dichiarato che la ricostruzione delle città e delle infrastrutture di trasporto nei territori conquistati avverrà seguendo il modello della Crimea. Dopo l’annessione della Crimea alla Russia nel 2014, sedici regioni russe sono state assegnate a diverse città e distretti della penisola per aiutarli a sopravvivere alle sanzioni e integrarsi nella Federazione Russa.
Ora le regioni della Federazione Russa prenderanno i territori ucraini sotto la loro ‘tutela‘. Entro la fine di luglio 2022, più di trenta regioni russe avranno assunto il patrocinio di varie città e distretti nell’Ucraina sudorientale. Ad esempio, funzionari filo-russi e uffici del sindaco stanno preparando San Pietroburgo e Mariupol per una partnership che consentirà alle autorità locali di iniziare a ricostruire la città distrutta. Queste partnership sono controllate dal vice primo ministro russo Marat Khusnullin e dal Ministero delle Costruzioni della RF.
Allo stesso tempo, le amministrazioni locali filo-russe stanno sviluppando un sistema di riscossione delle tasse sempre più ampio. Secondo un editto delle autorità militari-civili russe, tutte le persone fisiche e le società devono registrarsi come contribuenti nelle terre occupate entro il 1 agosto 2022. Questo annullamento dell’autorità fiscale ucraina va di pari passo con la ‘passaportizzazione’ russa: la popolazione locale è costretta ad accettare la cittadinanza russa per poter accedere ai servizi di base nelle loro comunità».
L’annessione, infine, potrà incidere anche sulla tenuta interna del regime. La mobilitazione e l’annessione stessa di questi territori, potrebbero dar fiato all’opposizione interna russainnescare una maggiore resistenza, «persino il cambio di regime, nella misura in cui una chiamata più ampia è impopolare, le perdite sul campo di battaglia persistono, le sanzioni colpiscono più a fondo l’economia, o le élite o parti del settore della sicurezza sono amareggiate del regime o le ondate di disordini pubblici», afferma William Courtney, membro senior aggiunto di RAND ed ex ambasciatore degli Stati Uniti in Kazakistan e Georgia.

Dal 27 settembre il corso della guerra ucraina potrebbe effettivamente cambiare, sia che Mosca proceda all’immediata annessione, sia che decida di soprassedere. Tutto depone per una nuova e pericolosa fase della guerra ucraina. I connotati della pericolosità si potranno vedere a breve.