La battaglia elettorale, per Joe Biden e il suo partito, appare in salita e il suo esito rimane – nella migliore delle ipotesi – fortemente incerto

 

 

Mentre si avvicinano le elezioni di midterm, l’amministrazione Biden continua a fare i conticon una popolarità in calo. Le ultime rilevazioni del sito di analisi politica fivethirtyeight.com danno l’indice di approvazione del Presidente al 39,2%, un valore significativamente minore anche di quello di Donald Trump allo stesso punto del suo mandato (42,0%). Fra i Presidenti del dopoguerra, solo Harry Truman ha fatto registrare un risultato peggiore, con il 33,0% nel 1946. Tutto questo nonostante un’economia in netta ripresa (+5,7% nel 2021 anche se il primo trimestre del 2022 hafatto registrare un’inattesa flessione) e un tasso di disoccupazione che il Bureau of Labor Statistics indica stabile al 3,6%(6.000.000 di unità), solo di poco superiore a livelli pre-pandemia (3,5% nel febbraio 2020, pari a 5.700.000 unità). Nemmeno lo scoppio della guerra in Ucraina ha aiutato il Presidente. Al contrario, anche su questo fronte, il favore di cui l’amministrazione ha goduto nei primi tempi dell’invasione sembra sgretolarsi, a causa dei costi crescenti del sostegno a Kiev e di quelli che appaiono i suoi risultati limitati.

Tuttavia, quello che, in questo momento, più penalizza il Presidente è un tasso d’inflazionetornato ai livelli dei primi anni Ottanta (8,6% su base annua a maggio secondo il Bureau of LaborStatistics) e l’impatto che l’aumento del prezzo dell’energia (carburanti in primis, il cui prezzo, a maggio, è aumentato del 4,1%) sta avendo su questa dinamica. Già lo scorso anno l’indice dei prezzi al consumo aveva mostrato una tendenzaall’aumento, tendenza che l’amministrazione ha attribuito alle distorsioni indotte dalla pandemia nelle catene globali di fornitura. La guerra in Ucraina ha aggravato il problema, impattando anche sul prezzo dei generi alimentari, mentre dinamiche interne hanno interessato il settore abitativo e quello dei beni di prima necessità, in cui gli aumenti sono stati, però, più contenuti. Gli interventi della Federal Reserve (che per ‘raffreddare’ la situazione ha alzato ripetutamente i tassi di interesse) hanno destato timori per una possibile nuova fase recessiva, timori che non sembrano trovare riscontro nelle valutazioni degli analisti, che prevedono comunque tassi di crescita positivi per il 2022.

In ogni caso, l’impatto sull’opinione pubblica è stato notevole. Un sondaggio condotto congiuntamente da Associated Press e dal NORC Center for Public Affairs Researchdell’Università di Chicago e diffuso alla fine di giugno mostra come solo il 28% del campione analizzato approvi la conduzione dell’economia da parte dell’amministrazione (lo scorso anno il valore era de51%). Il valore scomposto in base all’allineamento politico degli intervistati evidenzia inoltre un significativo 84% di insoddisfatti fra gli ‘indipendenti’, un bacino che era stato importante per la vittoria di Joe Biden nel 2020 e che ora è molto vicino al 93% di insoddisfatti degli elettori repubblicani. L’insoddisfazione per lo stato dell’economia appare in crescita anche fra gli elettori che si dichiarano democratici, in linea con una tendenza già emersa nella seconda metà dello scorso anno. Ancora nel giugno 2021, per esempio, solo il 37% degli elettori democratici valutava negativamente lo stato dell’economia statunitense contro il 67% di oggi. Fra gli elettori repubblicani, i valori sono rispettivamente del 68% nel 2021 e del 90%oggi.

A quattro mesi dal voto, questi dati gettano un’ombra scura sul futuro dell’amministrazione. Nelle elezioni del 2010 (le ultime ‘midterm’ affrontate da un presidente democratico al suo primo mandato), il Partito repubblicano è riuscito a sottrarre ai rivali sessantatré seggi alla Camera e sei al Senato: un risultato che, oggi, permetterebbe al Grand Old Party di prendere il controllo di entrambe le Camere del Congresso, paralizzando di fatto l’azione della Casa Bianca e mettendo un’ipoteca pesante sul voto presidenziale del 2024. Se il risultato alla Camera dei rappresentanti appare scontato, lo scontro in Senato potrebbe essere più combattuto. La recente pronuncia della Corte suprema, che ha ribaltato a maggioranza la pronuncia del 1973 nel caso Roe v. Wadepotrebbe inoltre concorrere a mobilitare il voto democratico. Anche un rallentamento dell’inflazione (che vari analisti considerano possibile nella seconda parte dell’anno) potrebbe ridare fiato al presidente. Nonostante questo, la battaglia elettorale, per Joe Biden e il suo partito, appare in salita e il suo esito rimane – nella migliore delle ipotesi – fortemente incerto.

Di Gianluca Pastori

Gianluca Pastori è Professore associato nella Facoltà di Scienze politiche e sociali, Università Cattolica del Sacro Cuore. Nella sede di Milano dell’Ateneo, insegna Storia delle relazioni politiche fra il Nord America e l’Europa e International History; in quella di Brescia, Storia delle relazioni e delle istituzioni internazionali.