Gli alleati della NATO stanno ripensando alla presunta abilità militare della Russia, ammettendo l’errore di sopravvalutazione e mettendo in guardia dal commettere ora l’errore opposto, quello di sottovalutare le forze russe. La NATO da parte sua ha una serie di problemi politici e strutturali che poi determinano problemi e carenze militari molto importanti
La prima parte dell’affermazione, dopo oltre 100 giorni di guerra, non è più una notizia. E anzi, gli esperti militari cominciano pensarla all’opposto. L’errore di sopravvalutazione, da parte dell’Occidente, e specificatamente della NATO, della forza di Difesa russa sarebbe un implicito della prima considerazione, e però in questi giorni una delle testate più autorevoli nei corridoi di Washington e delle altre cancellerie NATO, ‘Foreign Policy‘, ha messo il megafono alla pubblica ammissione di errore.
Contestualmente, ‘Foreign Policy‘, sta mettendo il dito nella piaga della NATO. Se la Difesa russa è malata, la NATO non sta bene, e l’ingresso di Finlandia e Svezia potrebbe essere un ricostituente, che non curerà la struttura, ma potrebbe tappare alcune falle e rimetterla in piedi in attesa di tempi migliori.
Andiamo per ordine partendo dalla Difesa russa e dall’ammissione dell’errore circa la sua prestanza da parte delle intelligence occidentali. Gli alleati della NATO stanno ripensando alla presunta abilità militare della Russia, sostiene un lungo intervento, del 7 giugno, a firma di Robbie Gramer, reporter di diplomazia e sicurezza nazionale, e Amy Mackinnon, reporter di sicurezza nazionale e intelligence della testata.
Il servizio richiama un dialogo dei giornalisti con Christopher Skaluba, che, dal 2001 al 2016, ha servito come funzionario di carriera nell’Ufficio del Segretario alla Difesa, passando da membro della direzione presidenziale a Senior Executive Service, ed è stato direttore principale per la politica europea e della NATO, dove ha formulato e attuato la politica di difesa degli Stati Uniti per l’Europa, intrattenendo relazioni in materia di difesa con trentuno Nazioni europee e, sulla scia del revanscismo russo, ha contribuito a inaugurare l’Iniziativa europea di deterrenza. Non uno qualsiasi Skaluba, uno che «ha letto innumerevoli rapporti e valutazioni sull’esercito russo e su come si è confrontato con le forze della NATO». Ora che ha abbandonato quei ruoli, e che «ha visto vacillare l’invasione russa dell’Ucraina per mesi», ai pianificatori della difesa dice: «quelle valutazioni che ho letto negli ultimi dieci anni sono state sbagliate».
In tutta la NATO, sostengono Gramer e Mackinnon, i pianificatori della difesa stanno rivalutando la potenza militare di Mosca nei loro piani di emergenza nell’improbabile caso di una guerra convenzionale tra l’alleanza e la Russia. Le rivalutazioni arrivano dopo le imbarazzanti battute d’arresto militari di Mosca in Ucraina, e la volontà del Cremlino di lanciare un’invasione militare a tutti gli effetti. Questi pianificatori stanno dunque iniziando a mettere in discussione una ipotesi di lunga data su come sarebbe una guerra convenzionale tra i membri della NATO e la Russia.
Attenzione, però, a non commettere ora l’errore opposto, quello di sottovalutare le forze russe. «analisti militari avvertono che la guerra in Ucraina è tutt’altro che finita, ed è possibile che la Russia possa imparare ad adattarsi e migliorare le sue forze armate, in particolare mentre lavora per scrollarsi di dosso le sconfitte nell’Ucraina settentrionale e conquistare territori nell’Ucraina orientale. “Abbiamo già visto una forza russa capace in luoghi come la Georgia e la Siria”, ha affermato Skaluba, che ora è direttore dell’Iniziativa per la sicurezza transatlantica del Consiglio Atlantico. “Non posso credere che la performance davvero pietosa che abbiamo visto per alcuni mesi [in Ucraina]rifletta l’intero esercito russo”».
La Russia ha subito perdite sbalorditive (numeri precisi non ci sono o meglio non sono verificabili), si parla di 30mila uomini (stime del Presidente ucraino Volodymyr Zelensky), piuttosto che di 15mila (stime del governo britannico), e però, mette in guardia Skaluba, «Mosca ha ancora enormi riserve di personale militare e coscritti, anche se scarsamente addestrati ed equipaggiati».
«La guerra ha avuto finora due fasi distinte: un assalto iniziale a Kiev, basato sul presupposto politico altamente imperfetto che il governo ucraino sarebbe crollato in pochi giorni, e la lotta in corso nella regione del Donbass, nell’Ucraina orientale, dove i vertici militari russi hanno esercitato una maggiore influenza sulle operazioni».
«Nelle prime fasi della guerra, il problema più grande era il piano piuttosto che l’esercito», ha affermato Michael Kofman, esperto dell’esercito russo presso CNA, think tank americano, organizzazione di ricerca e analisi indipendente. «Ora siamo in una fase in cui siamo molto più in grado di valutare l’esercito russo».
Jim Townsend, un altro ex funzionario del Pentagono ed esperto di sicurezza transatlantica, sostiene: «C’è molta capacità militare russa che non è stata toccata da questa guerra, né messa alla prova da questa guerra». In altre parole, «solo perché l’esercito russo è inciampato fuori dal cancello in Ucraina non significa che la NATO» possa permettersi di sottovalutare la sua forza.
«Sì, [la Russia] ha fatto alcune stupide ipotesi che sono precipitate in molti modi negativi, e abbiamo fatto alcune stupide ipotesi sul loro programma di modernizzazione militare», ha detto Townsend. «Ci sono molte ragioni per cui potremmo illuderci in questo momento pensando che i russi facciano davvero schifo. … Ma avremo a che fare con un orso ferito che è ancora molto pericoloso».
Il giorno prima, il 7 giugno, Ravi Agrawal, caporedattore di ‘Foreign Policy‘, aveva intervistato Anders Fogh Rasmussen, già Segretario generale della NATO dal 2009 al 2014, periodo segnato, prima, nel 2008, dall’annessione da parte della Russia dell’Abkhazia e dell’Ossezia del Sud, aree prima appartenute alla Georgia, e poi, nel 2014, dall’invasione e annessione della Crimea. Uscito dalla NATO, Fogh Rasmussen ha fondato, nel 2017, l’Alliance of Democracies, organizzazione presso la quale proprio oggi si chiude il Copenhagen Democracy Summit.
«Penso che abbiamo fatto due errori di calcolo», afferma Fogh Rasmussen. «Abbiamo sopravvalutato la forza dell’esercito russo.Nonostante gli enormi investimenti in attrezzature militari e la riapertura delle vecchie basi sovietiche, abbiamo assistito a un esercito russo molto debole. Resta da vedere perché. Penso che la corruzione possa essere una delle ragioni. Ma l’altro errore di calcolo è che abbiamo sottovalutato la brutalità e le ambizioni del Presidente Putin». Alla domanda se la Russia stia mettendo in campo tutte le sue risorse, l’ex Segretario generale NATO afferma «Ovviamente si stanno trattenendo dall’usare armi nucleari. E molto spesso mi viene chiesto se sono preoccupato per le minacce nucleari della leadership russa. Attualmente non sono così preoccupato perché Putin sa benissimo che se dovesse usare armi di distruzione di massa, armi nucleari tattiche, armi chimiche, armi biologiche, ci sarebbe una risposta militare della NATO determinata».
Anders Fogh Rasmussen, nel suo colloquio con Ravi Agrawal, parla a lungo della NATO, oltre che degli errori di valutazione della struttura circa la forza militare russa. Rasmussen parla dell’allargamento dell’Alleanza e dei suoi errori nei confronti dell’Ucraina: «Visto retrospettivamente, abbiamo commesso l’errore molti anni fa. Il primo errore risale al 2008, quando abbiamo tenuto un vertice della NATO a Bucarest in cui abbiamo deciso che l’Ucraina e la Georgia saarebbero diventati membri della NATO. Ma non potevamo essere d’accordo nel concedere loro un cosiddetto piano d’azione per l’adesione. E questa spaccatura all’interno della NATO ha inviato il messaggio sbagliato a Putin, che ha attaccato la Georgia pochi mesi dopo, nell’agosto 2008. Quindi, penso che abbiamo commesso il primo errore nel 2008 non delineando un percorso chiaro per la Georgia e l’Ucraina. Abbiamo anche commesso un errore nel 2014 dopo l’annessione illegale della Crimea alla Federazione Russa da parte della Russia, dove abbiamo introdotto alcune sanzioni. Ma erano sanzioni lievi. E tutto ciò ha dato a Putin l’impressione di poter, quasi a costo zero, continuare ad accaparrarsi la terra con la forza. Quindi, abbiamo commesso molti errori. Siamo stati troppo ingenui per troppo tempo.»
Errori politici, quelli richiamati da Rasmussen. Ma, ancora più preoccupante, è l’aspetto strettamente militare, quello sul quale ‘Foreign Policy‘ interviene con un intervento di Edward Lucas, un borsista del Center for European Policy Analysis.
Le debolezze politiche –gli errori ai quali accennava Rasmussen, sono da catalogare come debolezze della struttura politica- sono per la gran parte responsabili della debolezza militare. Alla base: «la mancanza di pensiero strategico in Europa, unita all’imprevedibilità della politica statunitense sotto l’allora Presidente Donald Trump, ha creato seri problemi per l’alleanza», problemi che poi fecero dire, nel novembre del 2019, al Presidente Emmanuel Macron che la NATO era cerebralmente morta: «Quello che stiamo vivendo attualmente è la morte cerebrale della NATO».
La guerra in Ucraina, rileva Edward Lucas, ha fatto parlare del «risveglio e rinascita della NATO», ha ridato «nuova importanza alla missione principale del blocco, la difesa territoriale», e i membri della NATO sono sembrati aver «trovato una nuova unità di intenti, fornendo armi all’Ucraina, rivalutando la minaccia dalla Russia, aumentando i budget della difesa e rafforzando la sicurezza della frontiera orientale dell’alleanza. Ma la ‘luna di miele‘ è stata breve. Mentre la guerra si trascina, le tensioni si stanno manifestando e l’alleanza è traballante».
La NATO, è vero, afferma l’analista del Center for European Policy Analysis, ha fatto molta strada anche solo negli ultimi 14 anni. Si è passati dal non poter «considerare qualsiasi pericolo militare proveniente dalla Russia», in nome della necessità di «mantenere amichevoli i legami est-ovest», e dal non avere forze significative sul territorio dei membri più vulnerabili della NATO -Polonia e gli Stati baltici di Estonia, Lettonia e Lituania- all’avere «1.000 forze tripwire nei tre Stati baltici e una forza americana più grande in Polonia». Dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, poi, quella presenza è aumentata notevolmente. Inoltre, «due delle più avanzate potenze militari minori in Europa,Finlandia e Svezia, stanno bussando alla porta dell’alleanza. Supponendo che le obiezioni dalla Turchia possano essere appianate, saranno membri entro la fine dell’anno. Ciò cambierà radicalmente la geografia militare dell’Europa nord-orientale». E poi il capitolo dolente della spesa: «ora, la spesa per la difesa è in aumento in tutta l’alleanza».
Eppure «la NATO sembra fuori forma e antiquata», afferma Lucas.
In vista del vertice di fine giugno in Spagna, «gli alleati hanno furiosamente mercanteggiato sulla lingua nel loro nuovo concetto strategico, che inquadrerà la missione dell’alleanza per i prossimi anni e sarà svelato a Madrid. Cosa dirà della Russia? Della Cina? Quali sacrifici e rischi sono davvero disposti ad accettare gli Stati membri? Sono disposti a mettere in comune la sovranità per snellire il processo decisionale?». Una alleanza di 30 Paesi è ‘ingombrante’ e ‘faticosa’. «In termini militari, solo una manciata di membri contano,su tutti gli Stati Uniti, ma in termini politici,anche il piccolo Lussemburgo e l’Islanda hanno voce in capitolo. Peggio ancora, le divisioni politiche sono enormi». Per un verso, i diversi Stati sono, in molti casi, in conflitto tra loro -per esempio il conflitto politico tra Turchia e Gracia, il profilo ondivago della Turchia, ecc…) il che complica il buon funzionamento delle relazioni interne, dall’altra ci sono gli interessi contrastanti dei 30 Paesi della NATO –nel caso della guerra in Ucraina sono apparsi ben evidenti, ma basta anche solo il caso AUKUS– dall’altro lato ancora, le Nazioni e i leader all’interno dell’organizzazione hanno opinioni fondamentalmente diverse su come dovrebbe funzionare l’Alleanza.
Alle debolezze politiche corrispondono quelle militari. Il primo problema che la debolezza politica e le divisioni tra i 30 Paesi provoca è la dipendenza dei partner dell’alleanza e della tenuta dell’alleanza stessadal Paese di gran lunga più potente dal punto di vista militare, gli Stati Uniti. Il risultato «è una colossale dipendenza dalle capacità statunitensi, che vanno da munizioni e pezzi di ricambio (di cui le scorte dei Paesi europei sono notoriamente scarse) a trasporti militari che spostano le forze in modo rapido ed efficiente su lunghe distanze. Anche se i nuovi piani di spesa per la difesa dell’Europa si concretizzassero, non cambieranno il fatto che solo gli Stati Uniti» al momento può garantire certi servizi.
I Paesi che hanno più bisogno di essere difesi -Estonia, Lettonia e Lituania- sono quelli più dipendenti dai partner. «Hanno bisogno di armi avanzate, in particolare per la difesa aerea e missilistica, che non possono permettersi. Il sottile collo di terra lungo il confine polacco-lituano, il cosiddetto Suwalki Gap, è particolarmente vulnerabile agli attacchi dell’exclave militarizzata russa di Kaliningrad e della Bielorussia, da cui la Russia ha attaccato l’Ucraina. La Polonia e la Lituaniavogliono entrambe una grande presenza militare statunitense -una base permanente o una rotazione persistente delle forze- per salvaguardare questo punto di arresto strategico».
Insomma, «sebbene la potenza militare della NATO si sia notevolmente rafforzata dal 2014,non è ancora sufficiente per ottenere la deterrenzanell’affrontare un avversario come la Russia», affermaSkip Davis, Senior Fellow nel programma di difesa e sicurezza transatlantico presso il Center for European Policy Analysis (CEPA), già vicesegretario generale aggiunto della NATO per la divisione investimenti in difesa, dopo essersi ritirato dall’Esercito dove ha prestato servizio per 37 anni. Forte delle sue competenze acquisite nel lavoro in NATO, Skip Davis ha ben chiare le necessità della struttura militare della NATO. Gli sforzi della NATO 2030 per rafforzare la deterrenza e la difesa, così come il prossimo Concetto strategico, dovrebbero includere adeguamenti del potere militare della NATO». Ciò significa essere in grado di difendersi in anticipo e con successo e «richiede un’azione e una reazione della NATO rapide e le capacità difensive necessarie per negare il vantaggio militare russo nelle forze convenzionali pesanti, nel fuoco a lungo raggio e nei missili.
Per raggiungere tale velocità ed effetto difensivo, la NATO dovrebbe impegnarsi ad adeguare ulteriormente le politiche e gli investimenti nei fondamenti della potenza militare della NATO, inclusi postura, struttura e forze, prontezza,piani e concetti, addestramento ed esercitazioni,capacità e interoperabilità». Per tutto ciò, in termini di bilancio, si deve raggiungere e superare l’obiettivo minimo del 2% del PIL.
La «NATO dovrebbe impegnarsi per una maggiore presenza in avanti e una migliore struttura integrata di comando e forza: le forze dispiegate in avanti dovrebbero essere aumentate in termini di dimensioni, il che significa poche brigate di terra regionali in luoghi sostenibili, compresi gli abilitatori necessari e la difesa aerea e missilistica, e essere meglio integrati nella struttura della forza della NATO. I comandi delle forze congiunte (JFC) dovrebbero avere sedi della struttura delle forze NATO regionali e rotazionali associate alla pianificazione, all’addestramento e alle esercitazioni.» L’alleanza ha bisogno di difesa aerea e missilistica integrata, capacità nazionali di attacco profondo di precisione, guerra elettronica».
Dovrebbero anche essere acquisite capacità spaziali, compreso il rilevamento e il tracciamentodi armi ipersoniche, nonché comunicazioni operative (per migliorare la resilienza, la ridondanza in un ambiente conteso)». Gli sforzi della NATO nell’innovazione e nella tecnologia avanzata devono mantenere il combattente al suo centro, essere guidato da requisiti militari e includere solide sperimentazioni e test da parte di comandanti e operatori NATO e nazionali per garantire che le nuove capacità siano adatte allo scopo e rapidamente integrate».
In termini di interoperabilità, gli standard materiali meritano l’attenzione che gli standard operativi hanno ricevuto nell’ultimo decennio. Devono essere affrontate molte questioni a livello tattico, tra cui consentire la condivisione in tempo reale di dati e informazioni, stabilire comunicazioni mobili sicure, consentire l’integrazione della difesa aerea e missilistica.
«È necessario uno sforzo concertato per rivedere il potere militare della NATO».
Le «strutture di comando e la pianificazione della NATO non riflettono pienamente lo squilibrio di forze tra gli Stati Uniti e l’Europa. Si basano sulla finzione che gli alleati europei siano partner più o meno alla pari. Anche i pesi leggeri militari devono avere lavori e installazioni dal suono importante, rendendo il Consiglio del Nord Atlantico la versione militare di un parlamento che divide il maiale», afferma Edward Lucas. La struttura di comando risultante è caotica. «Nella sola regione baltica, la NATO ha diversi quartier generali multinazionali, un quartier generale di divisione diviso tra Lettonia e Danimarca, un altro quartier generale di divisione in Polonia e un quartier generale di corpo in un luogo diverso in Polonia. La responsabilità generale della difesa dell’Europa è suddivisa tra tre quartier generali del Comando delle forze congiunte a Napoli, in Italia; Brunssum, Paesi Bassi; e Norfolk, Virginia. Ma il principale comandante militare statunitense in Europa, il generale dell’aeronautica militare Tod Wolters, ha sede presso il quartier generale supremo delle potenze alleate in Europa a Mons, in Belgio».
«Una strategia marittima per la regione del Mar Baltico deve ancora essere decisa», questo perché la NATO deve ancora creare un quartier generale navale per la regione. «Né l’alleanza ha elaborato veri piani militari per il rafforzamento e la difesa dei suoi membri nord-orientali, per non parlare di chi dovrebbe effettivamente fornire le forze e l’equipaggiamento per renderli credibili. La mobilità militare dovrebbe essere responsabilità del Joint Support and Enabling Command, con sede a Ulm, in Germania, e originariamente istituito come parte della politica di difesa dell’Unione Europea».
«Un ulteriore problema sono le esercitazioni: la NATO non conduce prove su larga scala del tutto realistiche su come reagirebbe a un attacco russo». Tra i motivi: il costo molto alto di questo tipo di esercitazioni. Altra motivazione è che esercitazioni di questo tipo metterebbero in evidenza le enormi debolezze di alcuni membri della NATO, che possono far fronte a un’esercitazione accuratamente programmata, ma non hanno la capacità di improvvisare. «Un terzo motivo è il timore, in alcuni Paesi, che praticare la guerra appaia provocatorio».
Mancano «piani dettagliati per combattere una guerra contro la Russia, che coprano questioni come il rafforzamento degli Stati in prima linea, il contrasto a un attacco russo, la riconquista di qualsiasi territorio temporaneamente occupato e, soprattutto, affrontare un’escalation nucleare o di altro tipo. Di conseguenza, nessuno è abbastanza sicuro di come funzionerebbe qualcosa in una situazione di crisi. Regna invece un altro presupposto: che in una crisi, gli Stati Uniti prenderebbero il sopravvento e farebbero il lavoro pesante su tutti i fronti: logistica, intelligence e combattimento».
Problemi sui quali la NATO sta lavorando nel tentativo di risolverli. «Ma ciò non significa che siano vicini a essere risolti. Il pio desiderio rimane il peccato assillante dell’alleanza».
Peggio ancora, la NATO è impreparata alla natura mutevole della guerra moderna. «L’assalto vecchio stile della Russia all’Ucraina è fin troppo familiare. Ma i bombardamenti di artiglieria e gli attacchi missilistici che stanno abbattendo le difese dell’Ucraina, sono solo una parte dell’arsenale del Cremlino. Le sue armi più efficaci sono quelle non militari: sovversione,tattiche diplomatiche divide et impera,coercizione economica, corruzioneepropaganda. L’esempio attuale più scottante di guerra non militare è l’uso di armi della fame da parte della Russia».
La NATO «non è attrezzata per affrontare questo problema». Così come «ha poche competenze interne nel contrastare la disinformazione russa e un’influenza quasi nulla in Africa e in altri Paesi suscettibili alle narrazioni del Cremlino che incolpano l’Occidente per la carenza di cibo» che si sta già manifestando. «La NATO potrebbe acquisire queste capacità. Oppurepotrebbe riconquistarle. Durante la Guerra Fredda, l’alleanza aveva una divisione di guerra economica e gestiva un programma chiamato Coordinating Committee for Multilateral Export Controls per impedire al blocco sovietico di acquisire tecnologie sensibili. Ma nel timeout strategico che seguì al crollo del blocco sovietico, queste agenzie e le loro competenze si avvizzirono e morirono».
La questione difficile e di fondo è il ruolo degli Stati Uniti, afferma Edward Luca. «L’Europa è, in teoria, abbastanza grande e ricca per gestire la propria difesa. Ma la sua persistente debolezza politica lo impedisce. Il paradosso è che solo il coinvolgimento degli Stati Uniti rende credibile la NATO, ma l’eccessiva dipendenza dagli Stati Uniti mina la credibilità dell’alleanza. Il compito di Washington è incoraggiare gli alleati europei ad assumersi un peso maggiore e ricominciare a pensare in modo strategico, anche se conserva il coinvolgimento della superpotenza che conferisce all’alleanza il suo decisivo vantaggio militare. Questo è del tutto fattibile». Ma non accadrà a Madrid, né accadrà molto presto.
C’è un altro risvolto da non sottovalutare nel guardare alla difesa europea: «se gli Stati membri europei inizieranno a prendere in considerazione una qualche forma di garanzie di difesa collettiva, qualcosa a cui alludeva il Presidente Macron, senza dubbio ciò colpirebbe al cuore della missione della NATO e richiederebbe un riadattamento fondamentale dei suoi compiti»,avvertiva, già nel 2019, Fabrice Pothier, consulente senior per la politica e la strategia di difesa dell’International Institute for Strategic Studies (IISS). L’Europa ha preso coscienza della necessità di trattare seriamente la difesa. I bilanci della difesa nazionale sono in aumento in tutti gli Stati membri dopo decenni di tagli. «La domanda nei prossimi anni non sarà se gli europei faranno di più, ma in che direzione lo faranno. Dietro ogni nuovo annuncio o iniziativa si nascondono visioni diverse: quella federalista che sposa una difesa pienamente integrata in un quadro comunitario come unica via da seguire; quella atlantica che considera ancora la NATO come l’unico e unico luogo per le iniziative di difesa europee; e un approccio più intergovernativo che aggira le strutture collettive per lavorare in coalizioni ad hoc».
Travagli interni al gruppo dei Paesi europei della NATO, ma che inevitabilmente si riflettono sulla NATO che verrà, dunque che determinano non pochi problemi nella transizione dalla NATO di oggi a quella del futuro. La NATO «deve trovare il modo di riformulare la partnership tra Stati Uniti ed Europa senza che i primi la vedano in termini puramente transazionali e la seconda assecondi atteggiamenti antiamericani».
Fabrice Pothier richiamava anche problematiche oggi più che mai all’ordine del giorno: l’ambiente della difesa che si fa sempre più affollato di minacce non convenzionali, minacce altamente sofisticate, «una nuova corsa missilistica in Europa con la Russia che si staccherà dal Trattato sulle forze nucleari a raggio intermedio», lo spazio che sta diventando «un dominio sempre più competitivo, sia con nuovi attori privati ma anche con Stati che mostrano i loro muscoli tecnologici». Tutti questi restano problemi irrisolti.