Biden prova recuperare i Paesi del Nord, Sud e Centro America e dei Caraibi durante il Nono Summit delle Americhe. La Cina, primo partner commerciale in America Latina, sarà un concorrente difficile da sconfiggere, anche perché ai latinoamericani piace e dell’America che è ‘tornata’ non si fidano
Los Angeles, Nono Summit delle Americhe, l’incontro di leader dei Paesi del Nord, Sud e Centro America e dei Caraibi. Ieri l’intervento del Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden. Un evento che non è stato al centro dell’attenzione neanche negli Stati Uniti, come se il ‘cortile di casa’ nella nuova geopolitica non fosse più così importante.
Un vertice regionale segnato da discordia e insulti, sul quale l’impronta di Biden è stata ben evidente:esclusi dall’elenco degli invitati i Presidenti di Cuba, Venezuela e Nicaragua, in quanto non soddisfano i requisiti della Carta democratica interamericana del 2001 che sancisce la democrazia come un valore fondamentale dell’incontro. Il che ha portato alla decisione di Bolivia, Guatemala,Honduras e Messico di non partecipare. Presenti al vertice comunque i leader di oltre 20 Paesi, tra cui Canada, Brasile e Argentina. L’evento è ospitato dagli Stati Uniti per la prima volta dalla sua sessione inaugurale del 1994. Dopo decenni di negligenza e sfiducia reciproca tra i Paesi latinoamericani e gli Stati Uniti, Washington punta a rientrare in gioco. Gli Stati Uniti stanno spingendo per un ripristino delle relazioni atteso da tempo con i loro vicini continentali, soprattutto perché la Cina diventa l’attore più importante nella regione. I latinoamericani si chiedono se il Paese più potente della regione e la più grande economia sia davvero, come ama dire Biden, ‘tornato’. Nè, probabilmente, sono ben predisposti ad essere strattonati tra le due potenze ed essere costretti a scegliere con chi stare.
Evento in formato ridotto questo vertice e che Biden ha inteso incentrare su: «più cooperazione, scopo comune e idee trasformative che non sono mai state un bisogno più grande di oggi». Oggi «in un momento in cui la democrazia è sotto attacco in tutto il mondo». «Non sempre siamo d’accordo su tutto», ha riconosciuto il Presidente, «ma poiché siamo democrazie, lavoriamo attraverso i nostri disaccordi con rispetto e dialogo reciproci. In questo vertice, abbiamo l’opportunità di riunirci attorno ad alcune idee audaci, azioni ambiziose e per dimostrare al nostro popolo l’incredibile potere delle democrazie di offrire vantaggi concreti e rendere la vita migliore per tutti». Così, la domanda, ha proseguito Biden, è «cosa otteniamo lavorando insieme come veri partner con capacità diverse ma uguale e rispetto reciproco, riconoscendo sia la nostra sovranità individuale che le nostre responsabilità condivise».
L’intervento è proseguito sulla direttrice attesa: il contrasto alla Cina e al suo crescente ruolo nelle Americhe.
La Cina ha ampliato il divario con gli Stati Uniti in termini commerciali in gran parte dell’America Latina da quando Biden è entrato in carica, nel gennaio 2021. Un’analisi ‘Reuters‘ dei dati commerciali delle Nazioni Unite dal 2015 al 2021 mostra che al di fuori del Messico, il principale partner commerciale degli Stati Uniti, la Cina ha superato gli Stati Uniti in America Latina e ha aumentato il proprio vantaggio lo scorso anno. «Il miglior antidoto alle incursioni della Cina nella regione è garantire che stiamo trasmettendo la nostra visione affermativa per la regione dal punto di vista economico», ha affermato un funzionario dell’amministrazione sentito da ‘Reuters‘.
Biden ha cercato di rassicurare i leader riuniti sull’impegno della sua Amministrazione nella regione, e ha annunciato una nuova proposta di partnership economica volta a contrastare, appunto, il crescente peso della Cina negli affari delle Americhe. Il piano si chiama ‘Americas Partnership for Economic Prosperity‘, e l’obiettivo di Biden è stato quello di presentare ai Paesi dell’America Latina l’alternativa americana alla Cina che richieda un maggiore impegno economico degli Stati Uniti, inclusi maggiori investimenti, e lavoro sugli accordi commerciali esistenti.
Gli assistenti di Biden, afferma l’agenzia stampa ‘Reuters‘, hanno inquadrato il vertice come un’opportunità per gli Stati Uniti di riaffermare la propria leadership in America Latina dopo anni di relativa negligenza sotto il suo predecessore Donald Trump. Ma le tensioni diplomatiche esplose quando Washington ha deciso di non invitare i tre Paesi che secondo la Casa Bianca violano i diritti umani e i valori democratici, ha depotenziato l’azione di Biden.
«Dobbiamo investire per assicurarci che il nostro commercio sia sostenibile e responsabile nella creazione di catene di approvvigionamento più resilienti, più sicure e più sostenibili», ha detto Biden. Secondo gli osservatori, il piano «sembra ancora essere un work in progress, si ferma prima di offrire uno sgravio tariffario, e, secondo un alto funzionario dell’Amministrazione, inizialmente si concentrerà su “partner che la pensano allo stesso modo” che hanno già con gli Stati Uniti accordi commerciali. I negoziati dovrebbero iniziare all’inizio dell’autunno, ha aggiunto il funzionario».
E qui si evidenziano le distanze tra la maggior parte dei Paesi delle Americhe che non vuole ciò che gli Stati Uniti offrono, e gli Stati Uniti non sono disposti a dare loro ciò che bramano, affermano gli analisti di ‘GZERO Media‘. «A dire il vero, 35 Nazioni che ospitano oltre un miliardo di persone in due continenti non sono un monolito, ma almeno la maggior parte si preoccupa di due cose: il commercio e la migrazione. “C’è una disconnessione piuttosto seria in termini di priorità”, afferma l’analista di Eurasia Group, Risa Grais-Targow».
Biden, prosegue l’analista, «sta lanciando cose come maggiori investimenti del settore privato statunitense, istituzioni più forti, posti di lavoro nell’energia pulita e rafforzamento delle catene di approvvigionamento. Washington mira anche a sostenere il commercio ‘sostenibile’, ma solo all’interno degli accordi commerciali esistenti. Cosa sperava l’America Latina? L’eliminazione delle barriere commerciali in modo che le Americhe possano vendere più roba all’America». Biden si è fermato qualche metro prima.
Il piano degli Stati Uniti propone anche di rivitalizzare la Banca interamericana di sviluppo e creare posti di lavoro nel settore dell’energia pulita. «Tuttavia, l’Amministrazione sembrava muoversi con cautela, consapevole del fatto che un’iniziativa che promuove l’occupazione all’estero potrebbe far fronte al respingimento protezionistico degli Stati Uniti», afferma ‘Reuters‘.
Il piano è stato giudicato come una «piattaforma per mostrare la leadership degli Stati Uniti nel rilancio delle economie latinoamericane e nell’affrontare livelli record di migrazione irregolare al confine tra Stati Uniti e Messico». Ma questa agenda «è stata minata dal boicottaggio parziale da parte dei leader latinoamericani sconvolti dalla decisione di Washington di eliminare i suoi principali antagonisti di sinistra nella regione».
Secondo gli analisti di Eurasia Group, «una partnership così vaga farà ben poco per contrastare l’elefante nella stanza: la Cina. Per anni, Pechino ha distribuito denaro per ottenere influenza e accesso a materie prime chiave, iscrivendo circa 20 Nazioni dell’America Latina alla sua firma Belt and Road Initiative e superando gli Stati Uniti come principale partner commerciale del Sud America.
Tuttavia, a differenza dell’Asia, dove molti dei suoi vicini temono l’ascesa della Cina come una sfida alla loro sovranità, i Paesi dell’America Latina accolgono con favore gli investimenti cinesi nelle loro economie e apprezzano il fatto che Pechino non tenga loro conferenze sulla corruzione e sui diritti umani, come fanno spesso gli Stati Uniti».
L’altra grande priorità per Biden è la migrazione,dove alcuni degli assenti al vertice contano. Il Presidente del Messico, Andrés Manuel López Obrador, non si è presentato, così come i presidenti dei Paesi del Triangolo settentrionale dell’America centrale: Honduras, Guatemala ed El Salvador. «Se vuoi impedire ai migranti di inondare il confine meridionale degli Stati Uniti, quelle sono quattro persone che vuoi assolutamente nella stanza» delle discussioni, affermano da Eurasia Group.
«Nel frattempo, a diverse ore di macchina a sud del vertice, migliaia di migranti -per lo più provenienti da Venezuela, Cuba e Nicaragua, i cui leader autocratici non sono stati invitati al vertice di Los Angeles- stanno ora marciando attraverso il Messico verso il confine con gli Stati Uniti, un’immagine che i repubblicani giocheranno più e più volte negli annunci prima delle scadenze di novembre», quando andranno in scena le elezioni di medio termine, assai temute dai democratici.
«La soluzione di Biden? Secondo quanto riferito, spedire alcune migliaia di richiedenti asilo in Canada e Spagna. Questa è una goccia nel mare rispetto alla prossima ondata, per non parlare del fatto che non riesce ad affrontare la più grande crisi migratoria mai vista nella regione, che i gringos continuano a trascurare.
Sono i migranti dal Venezuela, dove le paralizzanti sanzioni statunitensi hanno aggravato l’implosione economica del Paese negli ultimi anni, costringendo milioni di persone a fuggire in Paesi come la Colombia o il Perù. Le richieste agli Stati Uniti di accogliere più venezuelani o di allentare le sanzioni sono cadute nel vuoto a Washington». «L’emigrazione venezuelana è stata un grosso problema per la regione. Ovviamente, i Paesi più colpiti vogliono una sorta di sostegno», afferma Grais-Targow.
Oggi, poi, Biden, a margine del Summit, ha avuto un bilaterale con il Presidente del Brasile Jair Bolsonaro. Gli analisti hanno considerato questo vertice ben poco importante, considerando da una parte la ‘distanza‘ tra i due presidenti -Bolsonaro ha avuto un ottimo filing con Donald Trump, così come si è sempre mosso come il ‘Trump del Brasile-, dall’altra parte il fatto che i sondaggi mostrano un Bolsonaro perdente alle presidenziali di ottobre, sconfitto per mano dell’ex Presidente Luiz Inacio Lula da Silva, il leader di sinistra che ha fatto un pezzo della recente storia brasiliana. Dunque: «È improbabile che Biden offra molto a Bolsonaro perché la maggior parte degli analisti si aspetta che il Presidente brasiliano perda le elezioni in ottobre», ed è «improbabile che Bolsonaro offra molto perché pensa che Biden sarà un’anatra zoppa dopo il midterm». afferma Oliver Stuenkel, professore associato di relazioni internazionali presso la Fondazione Getulio Vargas di San Paolo.
«Bolsonaro sta seguendo il playbook di Trump, mettendo in dubbio l’integrità del sistema di voto brasiliano. Tanto che il direttore della CIA, William Burns, il responsabile della politica estera dietro le quinte di Biden, è stato inviato lo scorso luglio per dirgli di farla finita», afferma ‘Reuters‘.
E qui si pone un problema che Biden non può ignorare. «Stuenkel ha avvertito che Bolsonaro potrebbe non solo copiare la retorica elettorale di Trump, ma anche i metodi dei suoi sostenitori, che hanno invaso la sede del governo il 6 gennaio 2020. “Proprio come negli Stati Uniti», ha scritto Stuenkel in ‘Foreign Policy‘ a marzo , «innumerevoli sostenitori di Bolsonaro sono quindi suscettibili di considerare una violenta insurrezione post-elettorale non come un attacco alla democrazia, ma come un tentativo eroico di difendere un leader giusto da un sistema corrotto”»
«L’America e le Americhe che si allontanano l’una dall’altra non è una novità», affermano da ‘GZERO Media‘. «Succede dagli anni 2000, quando gli Stati Uniti hanno spostato per la prima volta l’attenzione sulla Guerra al Terrore dopo l’11 settembre, e più recentemente sulla Russia e in particolare sulla Cina». Nel corso degli anni, i vicini dei Paesi latinoamericani «si sono sentiti sempre più come un ripensamento per le successive amministrazioni statunitensi».
«Washington ha molto da guadagnare impegnandosi di più con l’America Latina, anche solo per tenere i suoi Paesi a debita distanza dalla Cina o frenare il flusso di migranti verso il confine messicano. Ma ci vorrà più di un vertice per riparare anni durante i quali si sono date per scontate le Americhe».