La guerra in Ucraina non solo non ha compromesso le relazioni tra le due aree, ma queste potrebbero addirittura migliorare, nella consapevolezza che l’uno ha bisogno dell’altro, dall’energia al posizionamento geopolitico

 

L’invasione russa dell’Ucraina, malgrado la posizione diametralmente opposta delle due aree,non ha compromesso le relazioni tra Unione europea e Medio Oriente, che, anzi, potrebbero entrare in una fase di maggiore stabilità.
L’attuale tensione geopolitica e la crisi energetica significano che nessuno è in grado di fare a meno dell’altro, questo non può che contribuire alla distensione delle relazioni. Una posizione favorevole che si è venuta a creare soprattutto a seguito della decisione degli Stati Uniti diridimensionare la propria posizione militare e diplomatica nell’area, contestualmente alla crescente assertività degli Stati regionali e un maggiore impegno russo e cinese negli affari dell’area. E’ questa la conclusione di un rapportopresentato la scorsa settimana dall’European Council on Foreign Relations (ECFR).

La decisione degli Stati Uniti di ‘ridimensionare’ la propria posizione militare e diplomatica, la crescente assertività degli Stati regionali, la crescente presenza russa e cinese rappresentano elementi di un cambiamento geopolitico che sta creando un nuovo ordine multipolare. Questi eventi sono «accelerati dalla guerra della Russia contro l’Ucraina e dall’intensificazione della competizione globale tra le grandi potenze. Abituata da tempo a muoversi nella scia degli Stati Uniti, l’Europa ora si confronta con un quartiere meridionale sempre più competitivo e sfidante».
«L’invasione della Russia ha anche provocato onde d’urto sui mercati energetici e alimentari globali, che potrebbero aggravare le crisi umanitarie in un momento in cui il Medio Oriente è già alle prese con un diffuso collasso economico e, in alcuni casi, con il fallimento dello Stato. Ciò potrebbe avere effetti a catena per le questioni relative alla migrazione e al terrorismo, due sfide che hanno dominato a lungo le preoccupazioni europee nella regione. La guerra ha anche sottolineato la crescente importanza del Medio Oriente come fonte di energia, poiché gli Stati europei si affrettano a ridurre la loro dipendenza dal petrolio e dal gas russi».

La questione energetica nelle relazioni con i Paesi mediorientali è, in effetti, al centro dell’attenzione delle capitali europee.

Nel momento in cui l’Europa ha deciso di affrancarsi, il prima possibile e comunque in tempi molto stretti, dal petrolio russo, ha puntato i riflettori sul Medio Oriente. Le Nazioni del Medio Oriente, infatti, sembrano essere gli unici produttori con una capacità sufficiente per compensare il petrolio russo. In realtà non è esattamente così.
Un potenziale divieto dell’UE sul petrolio russo porterebbe a una diminuzione di 2,2 milioni di barili (bpd) al giorno di petrolio greggio e 1,2 milioni di bpd di prodotti petroliferi, secondo l’Agenzia internazionale per l’energia.
Alcuni Paesi, per esempio l’Italia, hanno iniziato a concludere accordi di fornitura con alcuni Paesi dell’area Medio Oriente – Nord Africa, ma il percorso è tutt’altro che tracciato e agile.
Infatti, se è vero che le Nazioni del Medio Oriente detengono quasi la metà delle riserve petrolifere accertate al mondo e gran parte della sua capacità di produzione inutilizzata, la mancanza di investimenti in infrastrutture, conflitti, alleanze politiche e sanzioni sono tra i motivi per cui la regione potrebbe non essere in grado di immettere sul mercato europeo i quantitativi di prodotto pari a quello bloccato dalla Russia. Gli ostacoli sono diversi e alcuni insuperabili in tempi brevi.
Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti sono i due Paesi più importanti nella capacità inutilizzata dell’OPEC e che è/sarebbe prontamente disponibile, ha affermato Amena Bakr, corrispondente capo dell’OPEC presso Energy Intelligence, parlando con ‘CNN‘. Questi Paesi potrebbero pompare circa 2,5 milioni di barili al giorno. Ma l‘ostacolo qui è politico, «l’Arabia Saudita, ha ripetutamente respinto le richieste degli Stati Uniti di aumentare la produzione oltre la quota concordata con la Russia e altri produttori non OPEC, ed è improbabile che ascolti le richieste europee di aumentare la produzione». Riyad, se volesse, potrebbe deviare una parte delle forniture ora garantite ai Paesi asiatici verso l’Europa, ma questo per i Paesi del Golfo potrebbe avere un costo politico che al momento non sembrano disposti sopportare. Infatti, se tale deviazione di fornitura non fosse condotta in accordo con i Paesi clienti, a partire dalla Cina, l’azione potrebbe mettere in pericolo la partnership strategica tra la regione e il suo principale acquirente, la Cina, appunto.
In teoria, l’Iraq può pompare 660.000 barili al giorno in più, ha affermato alla ‘CNN‘ Yousef Alshammari, CEO e capo della ricerca petrolifera presso CMarkits a Londra. Attualmente sta producendo circa 4,34 milioni di barili al giorno e ha una capacità di produzione massima di 5 milioni, ma le divisioni settarie e l’instabilità politica a Baghdad significano che non si può fare affidamento sul Paese. Inoltre, l’Iraq manca delle infrastrutture per aumentare la produzione e gli investimenti in progetti petroliferi possono richiedere anni prima che i frutti vengano raccolti.
Ancora più problematica la situazione in Libia. I giacimenti petroliferi libici subiscono regolarmente interruzioni a causa delle continue tensioni politiche che sono lontane dal risolversi. Alla fine di aprile, la National Oil Corporation (NOC) ha affermato che la Nazione sta perdendo più di 550.000 barili al giorno di produzione di petrolio a causa del blocco dei suoi principali giacimenti petroliferi e terminali di esportazione da parte di gruppi politicamente in lotta. Dunque, al momento è impossibile fare affidamento sulla Libia per la capacità inutilizzata, tenendo conto che la sua produzione è stata offline per anni a causa dell’instabilità e delle ripetute cause di forza maggiore nei principali giacimenti petroliferi.
L’Iran, secondo gli analisti del settore, è probabilmente il più attrezzato per aggiungere petrolio al mercato, ma rimane sotto le sanzioni statunitensi, visto che le trattative per la riattivazione dell’accordo nucleare del 2015 sono ancora bloccate. Il Paese potrebbe immettere sul mercato fino a 1,2 milioni di barili al giorno se le sanzioni statunitensi venissero revocate, oltre ai 100 milioni di barili in stoccaggio galleggiante dei quali disponeva a febbraio, il che significa che potrebbe aggiungere 1 milione di barili al giorno. Ma al momento questa strada è preclusa e non si vede quando e se potrebbe aprirsi, cioè se l’accordo potrebbe alla fine essere riattivato.
In questo scenario è evidente che i Paesi europei sono messi alla prova nelle loro potenzialità politico-diplomatiche per tentare di sbloccare almeno alcune situazioni per provare a recuperare petrolio.

Man mano che l’Europa si intreccierà sempre più con il Medio Oriente, prosegue il report di ECFR, «le sue vulnerabilità aumenteranno. Gli Stati del Medio Oriente e del Nord Africa si trovano in una posizione di forza, con nuove fonti di leva da utilizzare contro le capitali europee mentre si fanno da copertura tra le potenze globali. La riluttanza di Israele, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti ad allinearsi con l’Occidente sull’Ucraina -così come gli sforzi accelerati di Pechino per pagare il petrolio mediorientale in yuan anziché in dollari USA- non fanno che aumentare la complessità del panorama geopolitico. A ciò si aggiunge la possibilità che la Russia utilizzi la sua presenza in Paesi come la Libia e la Siria per vendicarsi contro gli Stati europei che sostengono l’Ucraina. Il possibile fallimento dei negoziati sul nucleare iraniano potrebbe rafforzare queste dinamiche».

La trasformazione geopolitica del Medio Oriente «ha enormi implicazioni per l’Europa, ma l’UE e gli Stati europei sono ancora ampiamente considerati attori irrilevanti nella regione. La dipendenza di lunga data del blocco dagli Stati Uniti e le prevedibili debolezze – la disunione e l’incapacità di impegnarsi nel taglio e nella spinta della concorrenza tra le grandi potenze – lo hanno lasciato troppo spesso incapace di plasmare gli sviluppi.
Questo deve cambiare. Mentre gli europei cercano di presentarsi come attori più disponibili e capaci nell’ordine globale competitivo, devono affrontare i modi in cui il Medio Oriente influenza anche gli interessi politici, economici e di sicurezza fondamentali.
Lo sviluppo di un ordine regionale multipolare evidenzia la necessità per gli europei di diventare attori regionali più influenti e, controintuitivamente, è un’opportunità per loro di farlo. Questo nuovo panorama, in cui nessuna singola potenza è dominante, potrebbe fornire spazio a gruppi di Stati europei che la pensano allo stesso modo, tra cui Norvegia e Regno Unito, per promuovere gli interessi europei in modo più efficace. Molto dipenderà dal fatto che gli europei possano evitare un ristretto transazionalismo -guidato in particolare dai nuovi bisogni energetici- forgiando posizioni più strategiche e collettive su questioni chiave. La risposta degli Stati europei alla guerra in Ucraina mostra che possono adottare una politica estera coerente e assertiva quando necessario. Hanno bisogno di replicare questo sforzo nel loro quartiere meridionale».

«Gli europei portano già molto sul tavolo in termini di impegno economico, finanziario e politico, cosa che spesso viene sottovalutata. Ma, se gli europei vogliono plasmare le dinamiche geopolitiche del Medio Oriente, devono essere più perspicaci su ciò che è realizzabile. Ciò richiederà all’Europa di mostrare un pragmatismo di principio nel riconoscere la regione così com’è, piuttosto che come vorrebbe che fosse, nel perseguire i propri interessi fondamentali. Devono farlo in un modo che eviti di cedere la leva agli attori regionali e che sia ancora in linea con i loro principi prioritari, concentrandosi sul sostegno per la riforma incrementale dal basso necessaria per creare stabilità a lungo termine. Questo approccio dovrebbe implicare sfruttare in modo più efficace le opportunità offerte dal sostegno alla stabilizzazione, dall’energia verde e dalla diversificazione economica regionale»

«È importante sottolineare che gli europei dovrebbero respingere i tentativi di vedere l’impegno regionale attraverso la lente ristretta della competizione tra grandi poteri. Questo approccio ridurrebbe il rischio di un’ulteriore polarizzazione in Medio Oriente e si allineerebbe con l’interesse dell’Europa a stabilizzare la regione. A dire il vero, gli europei devono contrastare la crescente influenza russa e cinese nei loro quartieri meridionali. Ma devono ancora mantenere lo spazio per un certo coordinamento con Russia e Cina su importanti interessi condivisi relativi alla sicurezza energetica e agli imperativi di stabilizzazione.
Negli ultimi anni, i conflitti per procura distruttivi in Stati come la Libia e la Siria hanno dimostrato fino a che punto la mutevole geopolitica del Medio Oriente può alimentare l’instabilità. Mentre gli Stati mediorientali si adattano al nuovo ordine regionale, passando con esitazione dalla guerra alla diplomazia, l’Europa dovrebbe utilizzare questa multipolarità emergente per sostenere gli sforzi diplomatici di proprietà regionale per ridurre i conflitti e aiutare a stabilizzare la regione».

I Paesi europei devono tenere conto della nuova assertività dei Paesi dell’area. «Un aspetto critico della nuova multipolarità della regione è l’ascesa di attori regionali più indipendenti. La loro risposta alla crescente concorrenza globale è stata quella di proteggersi tra le potenze internazionali come modo per salvaguardare i loro interessi».
«I Paesi del Medio Oriente, in particolare i partner regionali di lunga data degli Stati Uniti,stanno usando grandi dinamiche di potere per sottolineare la loro rabbia per la percepita negligenza da parte di Washington delle loro preoccupazioni in materia di sicurezza. L’Arabia Saudita, uno dei più antichi alleati degli Stati Uniti nella regione, esemplifica questa dinamica: Riyadh ha respinto le richieste occidentali di condannare la Russia per l’invasione dell’Ucraina e di aumentare la produzione di petrolio per compensare la diminuzione delle forniture energetiche russe, preferendo la cooperazione continua con Mosca per mantenere alti i prezzi del petrolio. Un segnale più sfacciato è stato inviato dal principe ereditario saudita Muhammad bin Salman e dal principe ereditario degli Emirati Muhammad bin Zayed: durante le prime settimane della guerra della Russia contro l’Ucraina, secondo quanto riferito, si sono rifiutati di parlare con Biden ma hanno avuto conversazioni con il presidente Vladimir Putin.

Più in generale, negli ultimi anni l’Egitto ha minacciato di sviluppare un rapporto di sicurezza più profondo con la Russia in risposta alla crescente pressione degli Stati Uniti sul deterioramento della sua situazione dei diritti umani. Nel frattempo, il presidente Kais Saied ha respinto la presunta interferenza europea, anche in risposta alla sua presa del potere, con Tunisi che ha anche giocato opportunità con la Russia».

I Paesi europei hanno ora anche un problema in Nord Africa: le tensioni tra il Marocco e l’Algeria. La crisi di recente si è aggravata, secondo gli analisti ECFR, è aumentato il rischio che insorgano conflitti armati. «L’escalation è radicata nella disputa sullo status del Sahara occidentale, dove il Marocco sembra ritenere che la sua pretesa di sovranità stia guadagnando sostegno internazionale.

Il Marocco e l’Algeria hanno relazioni significative rispettivamente con Israele e la Russia, ma hanno anche importanti partner in comune che potrebbero svolgere un ruolo nel prevenire l’aggravarsi della situazione di stallo. Il Marocco e l’Algeria hanno interessi in Europa che l’UE e gli Stati membri possono utilizzare per ridurre al minimo le tensioni e ridurre il rischio di instabilità e l’aumento dei flussi migratori attraverso il Mediterraneo. Per raggiungere questo obiettivo, gli europei dovrebbero stringere una relazione più equilibrata con il Marocco che non alieni l’Algeria, mirando anche a consolidare il suo impegno con l’Algeria».

I cambiamenti geopolitici del Medio Oriente pongono enormi sfide all’Europa, ma la multipolarità potrebbe creare spazio per promuovere gli interessi europei in modo più efficace.