Mandatory Credit: Photo by Pavel Golovkin/AP/Shutterstock (10229980g) Russian officers march along Red Square during a rehearsal for the Victory Day military parade in Moscow, Russia, . The parade will take place at Moscow's Red Square on May 9 to celebrate 74 years since the victory in WWII Russia Parade Rehearsal, Moscow, Russian Federation - 07 May 2019

Un numero che sembrerebbe crescente di militari russi si sta rifiutando di andare a combattere in Ucraina. Dal 20 al 40 percento dei militari a contratto che sono tornati dall’Ucraina rifiutano di tornare in combattimento, sostiene l’intelligence ucraina

 

Molte armi, pochi uomini, sempre meno. E’ il vero grande problema della Russia in Ucraina. Dati ufficiali, verificabili e verificati non ci sono, si dispone soltanto di stime delle parti in guerra. Quelle della NATO sostengono che Mosca avrebbe perso in Ucraina tra i 7.000 e i 15.000 soldati, l’esercito ucraino parla addirittura di 18.000 soldati russi morti. Una forbice larga, un numero comunque strepitosamente alto se si considera che siamo oggi al 55esimo giorno di guerra. Le perdite sul campo stanno dunque falcidiando le forze russe. Ma non basta, altro sta minando l’esercito russo: le defezioni. Un numero che sembrerebbe crescente di militari si sta rifiutando di andare a combattere in Ucraina.

Anche in questo caso non ci sono rapporti ufficiali, tutte le informazioni in merito derivano o dalle intelligence ucraina, inglese, americana, o dai media di opposizione russi e dai rapporti dei media internazionali. Nessuna di queste notizie è verificabile e verificata, in particolare al momento è impossibile avere la certezza delle dimensioni del problema.

L’ultimo rapporto sulla questione è di ieri 18 aprile ed è della Direzione Principale dell’Intelligence del Ministero della Difesa dell’Ucraina. Il rapporto è intitolato ‘Cresce il numero di ‘rifiuti’ ufficiali tra i militari russi‘. Si legge nel documento: «Nell’esercito russo continua l’ondata di rifiuti a prendere parte alla guerra contro l’Ucraina. Si conferma che tra gli ‘appaltatori’ nelle unità della 150° divisione di fucili a motore dell’8° armata del distretto militare meridionale delle forze armate RF, il numero di rifiuti ha raggiunto il 60-70% del numero totale del personale». Una percentuale molto alta anche se riferita a una sola Divisione. «I vice comandanti delle unità politico-militari e gli ufficiali dell’FSB ‘lavorano’ con i militari che si sono rifiutati di andare in Ucraina. Le persone sono persuase a prendere parte ad operazioni offensive. In caso di rifiuto ripetuto, minacciano di uccidere i parenti. Coloro che non si sono lasciati convincere, sul loro fascicolo personale militare viene registrato: “Ha rifiutato di prendere parte a un’operazione militare speciale sul territorio della Repubblica popolare cinese, della Repubblica popolare democratica di Bielorussia e dell’Ucraina”», prosegue il documento dell’intelligence ucraina.
Questo rapporto è solo l’ultimo in ordine di tempo di rapporti che sembrano indicare una grave crisi morale nell’esercito russo dopo l’invasione dell’Ucraina.

Alcuni si rifiutano di andare in Ucraina, altri -specialmente i coscritti, ragazzi dai 18 ai 27 anni, che all’inizio del conflitto il Presidente Vladimir Putin aveva detto non avrebbero partecipato all’operazione in Ucraina, lasciata ai soli soldati a contratto, i professionisti, ma che poi il Ministero della Difesa ha ammesso essere stati mandati in prima linea-, che in Ucraina ci sono già, decidono per la diserzione o la defezione -con la possibilità, tra l’altro, di passare informazioni importanti al nemico.

Già il 25 febbraio, un giorno dopo l’invasione, riferisce ‘Reuters‘, «un comandante della Guardia Nazionale nella regione meridionale di Krasnodar e 11 uomini della sua compagnia si sono rifiutati di seguire l’ordine di attraversare il confine con l’Ucraina». Il motivo è il gruppo ha ritenuto che l’ordine fosse illegale, in più loro non avevano i passaporti internazionali e il mandato che a loro era stato assegnato in fase di arruolamento era limitato alla Russia. Erano convinti che avrebbero infranto la legge andando all’estero come parte di un gruppo armato. Questi 12 militari sono stati licenziati, e hanno intentato una causa per licenziamento illegittimo. Solo tre dei 12 hanno proceduto alla denuncia, gli altri si sono ritirati causa le minacce ricevute.

Fin dai primi giorni di guerra si sono avute notizie di militari che si rifiutavano di obbedire agli ordini, sabotavano la propria attrezzatura, accidentalmente il proprio aereo, e perfino c’è stato il caso di un comandate investito da un carro armato guidato da uno dei suoi soldati, arrabbiato e sconvolto nel vedere i commilitoni morire in gran numero.
The Moscow Times‘, uno delle ultime testate indipendenti rimaste in attività, il 7 aprile ha riportato la notizia di circa 60 paracadutisti provenienti dalla regione russa di Pskov che si sono rifiutati di essere schierati in Ucraina. Tutti sono stati licenziati e alcuni sono stati minacciati di azioni legali a motivo di quella che Mosca definisce ‘diserzione’.
All’inizio di aprile ‘Pskovskaya Gubernia‘ affermava che secondo le fonti militari il numero di militari che si rifiutano di combattere in Ucraina aumenterà in modo significativo. «Le nostre fonti dicono che i comandanti ora non accetteranno alcun rapporto di dimissioni.. Molti militari li mandano invece all’ufficio del procuratore militare».
Il fatto che le notizie di questi rifiuti emergano non lascia di certo tranquilla Mosca.

Non è la prima volta che le truppe russe o sovietiche si rifiutano di eseguire gli ordini durante un conflitto, ricorda Natasha Lindstaedt, docente presso il Department of Government dell’Università dell’Essex. «Durante la guerra russo-giapponese, le truppe russe sulla corazzata Potemkin si ammutinarono, nel giugno 1905. Gran parte della flotta russa era stata distrutta nella battaglia di Tsushima il mese precedente, e la marina russa era rimasta con alcune delle sue reclute più inesperte. Di fronte a condizioni di lavoro deplorevoli, inclusa la carne rancida, 700 marinai si ammutinarono contro i propri ufficiali su una delle corazzate più potenti del mondo.
Nella seconda guerra mondiale, Joseph Stalin cercò di garantire l’obbedienza delle truppe attuando una politica di tolleranza zero verso la resa. ‘L’ordine numero 227’, emesso nel luglio 1942, stabiliva che qualsiasi soldato che si fosse ritirato doveva essere immediatamente ucciso da unità speciali. Secondo alcune stime, queste unità uccisero fino a 150.000 delle loro stesse truppe. Eppure, nessun altro esercito alleato ha avuto tante defezioni, con oltre 1,4 milioni di prigionieri di guerra sovietici che hanno scelto di combattere al fianco dei soldati tedeschi».
Diversi decenni dopo, il conflitto dell’URSS con l’Afghanistan ha portato ulteriori sfide all’Armata Rossa. L’esercito sovietico era composto da coscritti che non avevano addestramento nella guerriglia e poco si identificavano con la loro missione. La resistenza alla leva tra le reclute delle repubbliche dell’Asia centrale e baltica era comune, anche se schivare alla leva era un crimine grave. Molti soldati sovietici furono delusi dalle atrocità che furono costretti a commettere contro civili innocenti.
La diserzione è stata diffusa anche nel primo conflitto della Russia con la Cecenia (1994-96), dove molti sono stati inviati a combattere in uno degli ambienti di conflitto più duri senza mai aver sparato un colpo in addestramento».

Insomma, la defezione e l’abbandono in combattimento sono comuni nella storia militare del Paese.
Il morale particolarmente basso delle truppe, rilevato a pochi giorni dall’inizio del conflitto, è una delle condizioni che ha favorito le defezioni. A questa grave insidia, si deve aggiungere altro, sottolinea Natasha Lindstaedt, a partire daiproblemi di professionalizzazione dell’esercito russo. La professionalizzazione militare è un’impresa che richiede tempo e denaro. La Russia non ha avuto e non ha né il tempo né i soldi per professionalizzare completamente la propria struttura. E le condizioni economiche non sono incoraggianti. «Sebbene il budget complessivo per l’esercito sia aumentato a seguito delle riforme di Putin, la paga per le truppe no. I soldati a contratto (che si iscrivono per un periodo di tre anni) vengono pagati il 200% in meno rispetto alle controparti statunitensi, circa 1.000 dollari al mese, mentre i coscritti vengono pagati solo 25 dollari al mese e ricevono poca formazione. Tutto ciò contribuisce a abbassare il morale e aumenta il rischio di diserzione e defezione». Con i coscritti che sono un sempre più un problema. Putin ha convocato 134.000 coscritti di età compresa tra i 18 e i 27 anni che fondamentalmente non hanno idea di cosa vengono mandati a fare in Ucraina, ovviamente mancano di addestramento efficace, e si sentono come indotti a combattere contro la loro volontà. Soggetti che sono predisposti ad accogliere «messaggi contro la guerra, che le agenzie di intelligence ucraine stanno cercando di sfruttare», afferma Natasha Lindstaedt.

I problemi di rifiuto al combattimento riguarda certamente i coscritti, ma non è limitato a questi. Secondo le indagini dei media internazionali, c’è un numero significativo ma sconosciuto di soldati russi a contratto che si sono rifiutati di combattere in Ucraina o che hanno combattuto e non vogliono tornare a farlo. ‘Radio Free Europe/Radio Liberty‘ (RFE/RL), l’organizzazione per le comunicazioni ed emittente radiofonica fondata nel 1949 dal Congresso degli Stati Uniti, riferisce dell’avvocato Pavel Chikov, fondatore dell’ONG di assistenza legale Agora, il quale «ha scritto su Telegram che più di 1.000 militari e truppe della Guardia Nazionale provenienti da almeno sette regioni si sono rifiutati di recarsi in Ucraina».
Il fenomeno è radicato e starebbe assumendo proporzioni importanti. «Ruslan Leviyev, il fondatore del Conflict Intelligence Team, una ONG russa che monitora le informazioni open source sull’esercito russo, ha detto a ‘Current Time‘ che il numero effettivo di questi casi potrebbe essere considerevolmente maggiore e che i rifiuti potrebbero ostacolare gravemente gli sforzi della Russia per rinnovare le sue operazioni militari nell’Ucraina orientale», afferma RFE/RL. «Il fenomeno del rifiuto sta diventando sistemico», ha detto Leviyev. «Questi soldati si trovano praticamente in ogni unità che è tornata dall’Ucraina. Secondo le nostre stime, dal 20 al 40 percento dei militari a contratto che sono tornati dall’Ucraina e che sono pronti per essere rimandati si rifiutano di tornare in combattimento».

Le conseguenze per questi militari non sono perfettamente chiare dal punto di vista strettamente legale. Leviyev ha detto che la maggior parte di questi soldati non sono disertori, afferma RFE/RL, «ma potrebbero subire conseguenze legali per essersi rifiutati di obbedire agli ordini. Per condannare, però, i pubblici ministeri devono dimostrare che l’ordinanza era lecita e che il rifiuto di obbedire ha causato ‘danno sostanziale’ ai militari». Secondo Leviyev: i soggetti «vengono intimiditi con minacce di incriminazione e vengono trattati da pubblici ministeri militari. Ma finora nessuno è stato perseguito, secondo quanto abbiamo visto». Gli avvocati dei diritti umani sentiti dall’emittente americana affermano «che la riluttanza del governo a chiamareguerral’invasione dell’Ucraina o a dichiarare guerra e imporre la legge marziale, potrebbe offrire ai militari dissenzienti una certa protezione dalle peggiori conseguenze del rifiuto di combattere».
«I cittadini hanno il diritto di rifiutarsi di partecipare a una guerra all’estero e di uccidere persone», ha affermato l’avvocato di Agora Mikhail Benyash, che sta fornendo supporto legale ad alcuni soldati che hanno rifiutato. «E hanno anche il diritto di non partecipare a una ‘operazione militare speciale’. Per definizione, solo le truppe delle forze speciali con addestramento per tali operazioni vengono inviate in ‘operazioni militari speciali’».

I soldati che si rifiutano di combattere in Ucraina vengono dimessi dal servizio. Poi scatta la denigrazione. Mosca avrebbe prodotto, secondo l’avvocato per i diritti umani Maksim Grebenyuk, un francobollo che sarebbe stato inserito nell’opuscolo del servizio militare che rappresenta un soldato che si è rifiutato di prestare servizio in Ucraina, dopo sette mesi in Siria e un congedo di riposo revocato quando è partita l’invasione dell’Ucraina.. Su tale francobollo apparirebbero le diciture: «Incline al tradimento, alle bugie e all’inganno», indicando che si è «Rifiutato di partecipare all’operazione militare speciale sul territorio di LNR, DNR e Ucraina». Un simile francobollo sul libretto di servizio militare potrebbe rendere difficile per un militare trovare un lavoro o iscriversi all’istruzione superiore, annota RFE/RL.
«L’avvocato di Agora Benyash ha affermato di ritenere che il numero di tali rifiuti a combattere aumenterà man mano che i costi umani della guerra diventeranno più chiari in Russia». Secondo Benyash, da una parte, questi soggetti «non vengono fucilati; non affrontano tribunali; non vengono mandati in prigione», dall’altra «una tale posizione diventerà socialmente accettabile, compresa e accettata. L’umore nella società sta cambiando. In precedenza, un soldato doveva prendere una decisione del genere da solo, a proprio rischio».