La neutralità da sola non garantisce sicurezza al Paese, e se il Paese non può trovare sicurezza sotto l’ombrello NATO né sotto un Memorandum di Budapest rivisto, dove può rivolgersi per trovarla? Forse nella UE?
Lo status neutrale dell’Ucraina non può garantirne la sicurezza al Paese. Afferma, dalle colonne di ‘Desk Russie‘, Jean-Sylvester Montgrenier, esperto francese di questioni geopolitiche. Altresì è escluso -e lo era da tempo- l’ingresso dell’Ucraina nella NATO. Così, se la neutralità non garantisce sicurezza al Paese, e il Paese non può trovare sicurezza sotto l’ombrello NATO, dove può rivolgersi per trovarla? Posto che la sua neutralità è una condizione imprescindibile nelle trattative di pace.
Gli Stati Uniti e i loro alleati stanno valutando come l’Occidente potrebbe fornire all’Ucraina garanzie di sicurezza hanno riferito alla ‘CNN‘ diverse fonti che hanno familiarità con la questione. Le discussioni, prosegue l’emittente americana, «hanno coinvolto direttamente gli ucraini», e sono nelle prime fasi «perché non è chiaro ai funzionari statunitensi, occidentali e ucraini che i negoziati russi siano qualcosa di più di una cortina fumogena».Di fatto, da questi primi confronti «è improbabile che gli Stati Uniti e i loro alleati alla fine offriranno all’Ucraina il tipo di protezione giuridicamente vincolante che sta richiedendo». Infatti, la risposta alla domanda dove l’Ucraina può trovare sicurezza, secondo Kiev è: «i Paesi occidentali, inclusi Stati Uniti e Regno Unito, garantiscano attraverso trattati ratificati che proteggeranno l’Ucraina se la Russia dovesse invadere di nuovo in futuro» -nelle trattative di Istanbul i negoziatori ucraini hanno dato la disponibilità alla neutralità in riferimento alla NATO, esclusivamente a questa condizione, e con la sola esclusione da tali garanzie di sicurezza dei territori separatisti nella regione del Donbas. Un tale accordo rispecchierebbe l’articolo V della NATO, in forza del quale, considerando che un attacco a un membro dell’alleanza è un attacco a tutti i membri, quando un attacco dovesse essere condotto contro un membro, l’alleanza avrebbe l’obbligo di intervenire in sua difesa. E in questo sta il motivo per il quale le fonti di ‘CNN’ escludono che un tale tipo di garanzia possa essere accolto dagli USA e dagli alleati. Dato che, dice esplicitamente ‘CNN‘ «gli Stati Uniti e molti dei loro alleati, incluso il Regno Unito, non sono ancora disposti a mettere le loro truppe in diretto confronto con le forze russe». E «la teoria secondo cui la Russia non attaccherebbe l’Ucraina se avesse garanzie di sicurezza occidentali sembra essere ancora un rischio maggiore di quello che gli Stati Uniti e i loro alleati sono disposti a correre».
La Russia sta rivedendo al ribasso i suoi obiettivi militari, prima lo ha annunciato il Ministero della Difesa russo, poi lo ha confermato lo stesso Presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, In effetti, le truppe russe si stanno ritirando da Kiev. Una ritirata volta a concentrare gli sforzi militari sul Donbass e sui territori ad esso adiacenti da sud. Se l’operazione militare dovesse riuscire come tratteggiata negli obiettivi del Cremlino, l’occupazione dei territori a est della linea Kharkiv-Mariupol, il ‘ponte terrestre‘ tra il Donbass e la Crimea, e la costa settentrionale del Mar Nero, darebbe alla Russia il controllo di circa due quinti dell’Ucraina.
Secondo gli analisti militari, al momento l’esercito russo sta mettendo radici nel nord, nella logica della guerra di trincea. Altresì, la Russia, dal territorio della Bielorussia, mantiene la capacità di attaccare l’Ucraina occidentale, potenzialmente con la partecipazione dell’esercito bielorusso. Infine, «possono essere bombardate le arterie tra Polonia e Ucraina occidentale, fondamentali per la consegna di armi americane (anticarro e contraerea). Questo sta già accadendo con basi, officine e magazzini». L’Ungheria e la Romania, anch’esse vicine all’Ucraina, non permettono il trasferimento di armi all’Ucraina passando dal loro territorio.
Tutto ciò fa dire a Jean-Sylvester Montgrenier che sarà cambiata la strategia sul campo, ma l’obiettivo politico resta quello iniziale: «la scomparsa dell’Ucraina come Stato-Nazione indipendente e sovrano, libero nella sua scelta geopolitica e in grado di tradurla in azione». E qui entra in scena la neutralità.
«L’opzione di ‘neutralità‘ di cui parla ora il Presidente Zelensky (forse per ragioni di diplomazia pubblica o per esaurimento dell’esercito) solleva molte domande», afferma Montgrenier. «I sostenitori della ‘Finlandizzazione‘ (termine recentemente divenuto in voga) la vedono come una strategia vincente. Ma come sarà questa ‘neutralità’ imposta dalle bombe in nome della confraternita slavo-ortodossa dopo che lo Stato ucraino sarà stato smembrato e smilitarizzato? Quali sono le garanzie di neutralità se l’Ucraina non può nemmeno mantenere un forte esercito nazionale sostenuto dalle relazioni militare-industriali con la Turchia e le potenze occidentali? Si tratterà di una concessione temporanea da parte della Russia, che potrà essere revocata in qualsiasi momento. O semplicemente sottomissione diretta all’arbitrarietà del Cremlino.
Sì, è in discussione un accordo tra i poteri che agirebbero da garanti di questo status neutrale. Ma non era quello che prevedevano i Memorandum di Budapest firmati il 5 dicembre 1994? In cambio della denuclearizzazione militare dell’Ucraina e della ratifica del trattato di non proliferazione, Russia,Stati Uniti e Regno Unito avrebbero dovuto garantire la sicurezza e l’integrità territoriale di questo Paese (questi testi li hanno firmato anche Bielorussia e Kazakistan). Sappiamo cosa è successo dopo: uno dei firmatari dell’accordo ha attaccato l’Ucraina nel 2014, ha sequestrato la Crimea con la forza e ha iniziato una guerra ‘ibrida’ nel Donbass. E questo è successo otto anni prima che politici e osservatori agitati iniziassero a parlare di ‘ritorno della guerra’, non ‘alle porte dell’Europa’, come dicevano (probabilmente per calmarsi), ma proprio nel centro del continente».
In effetti, il motivo dichiarato per il quale i negoziatori ucraini al tavolo di Istanbul insistonosul fatto che questo impegno alla difesa da parte dell’Occidente dovrebbe essere un «accordo su garanzie di sicurezza firmato e ratificato (dai parlamenti)», è quello di «evitare di ripetere l’errore del Memorandum di Budapest», come ha affermato David Arakhamia, capo negoziatore ucraino. Quel memorandum è un accordo tra Stati Uniti, Regno Unito e Russia firmato nel 1994 che ha costretto l’Ucraina a rinunciare alle sue armi nucleari in cambio della protezione dei firmatari. «Funzionari ucraini hanno criticato quell’accordo come inutile e persino dannoso: gli impegni di sicurezza non erano legalmente vincolanti e molte di quelle armi nucleari sono state date alla Russia in base all’accordo, rafforzando il suo arsenale», riferisce ‘CNN‘.
Jean-Sylvester Montgrenier ricorda che «l’Ucraina ha ritirato la sua candidatura alla NATO dal 2010 per posizionarsi come Stato ‘non blocco’. Questo non ha impedito al Cremlino di decidere di attaccare il Paese».
«Senza entrare nel merito delle differenze tra status ‘neutrale’, ‘non blocco’ e ‘non allineamento’, qual è il significato della neutralità per l’Ucraina rispetto a quanto previsto dai Memorandum di Budapest? La Francia e la Germania saranno pronte a garantire questa nuova neutralità più rapidamente ed efficacemente di quanto non abbiano fatto gli Stati Uniti e la Gran Bretagna per garantire la sicurezza e l’integrità territoriale dell’Ucraina ai sensi dei Memorandum di Budapest?
Mentre Stati Uniti e Gran Bretagna condividevano informazioni con i loro alleati e fornivano armi agli ucraini, insegnando loro come usarle, francesi e tedeschi negavano che la guerra stesse per iniziare, continuavano a parlare di ‘Europa da Lisbona a Vladivostok’ o di la ripresa dell’Ostpolitik, sperando di sussurrare qualcosa all’orecchio di Putin. Possono ora ispirare rispetto in Russia-Eurasia, ispirare fiducia in Ucraina e mostrare la loro forza?».
Montgrenier, molto critico nei confronti dei Paesi europei e convinto che «solo una completa sconfitta militare, strategica e geopolitica, con tutte le conseguenze che ne conseguono, può cambiare il corso politico russo», chiama in causa la NATO.
La «NATO e i Paesi partecipanti devono intensificare la ridistribuzione sul fronte orientale dell’Europa e farlo con una visione a lungo termine. L’atto costitutivo Russia-NATO del 1997 ha completamente perso il suo significato: servono più truppe, quartier generale e infrastrutture pesanti sull’istmo Baltico-Mar Nero, dove è da tempo la linea di demarcazione tra Europa e Asia.
È necessario non solo continuare la fornitura di armi per l’esercito ucraino, ma anche fornire carri armati e aerei. Quali ostacoli legali possono esserci al sostegno materiale per uno Stato membro delle Nazioni Unite che è pienamente riconosciuto e sta combattendo per legittima difesa? Stiamo tradendo lo spirito della legge limitando la capacità di questo Stato di difendersi? Ma poi diventiamo bellicosi, dici. E cosa decide Putin? La Bielorussia non dovrebbe essere considerata una belligerante? Dopotutto, il suo territorio funge da trampolino di lancio per un attacco all’Ucraina e una base posteriore per le truppe russe. Certo, agendo in una crisi internazionale di questa portata, bisogna stare attenti, ma in termini tattici i Paesi della NATO hanno ancora margini di manovra.
Diciamo che l’esercito russo vuole puntare sul Donbass e sul ‘ponte’ che lo collega alla Crimea, ma non è il momento di pensare a una presenza più attiva sui confini occidentali dell’Ucraina, fino a Leopoli e Odessa? Le opzioni di azione della NATO non si limitano alla difesa collettiva: dopo la fine della Guerra Fredda, ci sono state missioni che sono andate oltre l’articolo 5° (Carta della difesa collettiva della NATO -NdR), la cosiddetta gestione delle crisi. E se questo non sta accadendo ora, ciò è dovuto a valutazioni politiche e calcoli strategici, e non a mancanza di capacità fisiche.
È probabile che il consenso transatlantico richiesto per tale azione sia irraggiungibile». Se così è, il politologo propone «una ‘coalizione di volontariato’ che coinvolga Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna è possibile – non per andare in guerra, ma per fornire zone di protezione umanitaria. I membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’ONU non hanno un tale obbligo morale? La Germania, candidata a un seggio nel Consiglio di sicurezza, potrebbe unirsi a questo trio occidentale».
La proposta finale di Jean-Sylvester Montgrenier è relativa all’oggi, a questa guerra. Kiev, al tavolo di Istanbul si preoccupa della sicurezza futura.
Escludendo la NATO e l’impegno alla difesa da parte di un gruppo di Paesi europei, e volendo trovare un modello di neutralizzazione capace di condurre a un accordo di pace, l’altra ipotesi avanzata è l’adesione dell’Ucraina all’Unione Europea.
Diversi Paesi europei, tra cui Polonia, Lettonia, Bulgaria e Repubblica Ceca, stanno spingendo affinché l’Ucraina aderisca all’UE e ritengono che l’adesione potrebbe fornire al Paese una certa protezione. Sarebbe difficile per la Russia attaccare un Paese membro dell’UE. Perché ciò potrebbe automaticamente comportare molto più sostegno per quel Paese.
Sia in Ucraina che a Bruxelles c’è chi non è convito di ciò. Anche membri ferventemente pro-UE del Parlamento ucraino affermano che l’adesione all’UE non sarebbe sufficiente per garantire la loro sicurezza. La deputata ucraina Ivanna Klympush-Tsintsadze, Presidente della commissione del parlamento ucraino per l’integrazione dell’Ucraina nell’UE, ha dichiarato che, sebbene sia stata un’euro-atlantista impegnata per tutta la sua vita professionale, «non credo che l’UE sarebbe uno scudo protettivo per l'(Ucraina) militarmente come potrebbe essere la NATO».
E’ difficile immaginare che a Istanbul si possano fare passi avanti decisivi se intanto non si risolvono gli interrogativi su come garantire sicurezza a Kiev.