L’invasione russa dell’Ucraina cristallizza i cambiamenti chiave in corso nella governance globale. Giù il G20, su il G7. L’obiettivo era retorico, non fattuale. E l’obiettivo retorico -dimostrazione dell’unità dell’Occidente- è stato ampiamente raggiunto
Un G20 di poche ore e oscurato dagli altri due grandi appuntamenti della giornata, ovvero il vertice NATO e quello del Consiglio UE. Un vertice servito sostanzialmente per dimostrare la compattezza dell’Occidente contro l’invasione russa dell’Ucraina.
Il tema che più ha attratto l’attenzione mediatica, ma che non è entrato nell’agenda ufficiale dei lavori, era la proposta di esclusione della Russia dal G20. Nulla ovviamente poteva essere deciso dal G7, solo il Presidente USA, Joe Biden, parlando con i giornalisti si è detto favorevole, precisando che la decisione non poteva essere presa da altri che non sia l’Indonesia, il Paese che ospiterà la prossima riunione prevista per fine 2022. Biden ha aggiunto che se la Russia non dovesse essere esclusa, almeno l’Ucraina dovrebbe essere invitata in qualità di osservatore.
Questa mattina il Cremlino, attraverso il portavoce Dmitrij Peskov, ha fatto sapere che qualora accadesse non sarebbe «fatale». «Per quanto riguarda il formato G20, è importante. Ma nella situazione attuale, quando la maggior parte dei partecipanti a questo formato si trova in uno stato di guerra economica con noi, non accadrà nulla di fatale», ha detto Peskov. Più o meno stesso atteggiamento di quando, nel 2014, a seguito dell’invasione della Crimea, la Russia venne esclusa dal G7.
Una dichiarazione che allude a due constatazioni di fatto. La prima è che obiettivamente dal punto di vista concreto la non partecipazione non causerebbe sostanziali danni a Mosca. La seconda considerazione è che il G20 raggruppa molte economie che fanno riferimento all’Occidente e che hanno dunque attivato sanzioni, ma una grossa fetta di presenza nel formato è attribuibile a quella parte di mondo (più o meno 4miliardi di persone) che non solo non hanno condannato l’aggressione condotta da Vladimir Putin, ma addirittura stanno collaborando attivamente con la Russia sia economicamente che politicamente. L’intelligence occidentale è praticamente certa che Pechino sta già fornendo munizioni alla Cina, e forse anche armi. L’India ha allo studio la strutturazione di uno schema di cambio rupia-rublo, che esisteva già ai tempi dell’Unione Sovietica, fino al 1992.
Lo schema di cambio rupie-rubli è un meccanismo di pagamento che può consentire agli esportatori indiani di essere pagati in rupie indiane per le loro esportazioni in Russia anziché in valute internazionali standard come dollari o euro. «In base a questa disposizione, una banca russa dovrà aprire un conto in una banca indiana mentre una banca indiana aprirà il proprio conto in Russia», spiegano gli esperti. Un percorso che probabilmente ridurrebbe i danni derivanti dalle sanzioni internazionali, permettendo alla Russia di alleviare le conseguenze economiche derivanti dall’essere praticamene quasi tagliata fuori dall’economia occidentale.
«Siamo uniti nella nostra determinazione a ristabilire la pace e la stabilità e a sostenere il diritto internazionale. A seguito della risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 2 marzo 2022, continueremo a sostenere la stragrande maggioranza della comunità internazionale nel condannare l’aggressione militare russa, e le sofferenze e la perdita di vite umane che continua a causare», si legge nella dichiarazione congiunta di fine vertice.
La dichiarazione continua con la condanna dei «devastanti attacchi alla popolazione ucraina» e accogliendo «con favore le indagini dei meccanismi internazionali, anche da parte del Procuratore della Corte penale internazionale. Lavoreremo insieme per sostenere la raccolta di prove di crimini di guerra», affermano, assicurando di essere disponibili a collaborare con alleati e partner in tutto il mondo a favore dell’Ucraina.
Sulle sanzioni, il G7 si impegna a evitare«evasioni, elusioni e aggiramenti» che possano ridurne o mitigarne gli effetti, e a dare incarico ai ministri competenti «di monitorarne la piena attuazione e di coordinare le risposte relative alle misure evasive, anche per quanto riguarda le transazioni in oro da parte della Banca centrale russa». I leader si dicono anche «pronti ad applicare misure aggiuntive se richiesto, continuando a farlo in piena unità».
La dichiarazione mette in guardia la Russia dall’utilizzo «di armi chimiche, biologiche e nucleari o materiali correlati. Ricordiamo gli obblighi della Russia ai sensi dei trattati internazionali di cui è firmataria e che ci proteggono tutti».
I leader G7 vogliono muoversi insieme alla NATO anche per affrontare il problema della sicurezza energetica e di quella agroalimentare.
Insomma, dichiarazioni di principio, attestazione di unità e solidarietà all’Ucraina, fatti concreti molto pochi. Qualcosa a cui i vertici di questo tipo chi hanno abituati. Ma in questo caso il vero obiettivo era retorico, non fattuale. E l’obiettivo retorico -dimostrazione dell’unità dell’Occidente- è stato ampiamente raggiunto.
Si aggiunga lo stato del formato G7.«L’invasione russa dell’Ucraina cristallizza i cambiamenti chiave in corso nella governance globale. Tra gli altri, paralizzerà il G20 ed eleverà il G7», affermava, alla vigilia del vertice, Mark Sobel, consulente senior del Programma di Economia del Center for Strategic and International Studies (CSIS) e Presidente dell’Official Monetary and Financial Institutions Forum (OMFIF), dopo essere stato tra il resto per quattro decenni al Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti.
Sobel conosce bene questi formati (G20 e G7) per avervi partecipato anche come capo negoziatore.
«Il processo dei leader del G20 è nato in un momento storico unico, le cui basi sono ora crollate. Proprio come i leader del G7 si sono riuniti in un momento di sconvolgimento economico globale con il crollo del sistema di Bretton Woods, negli anni ’70, il primo vertice dei leader del G20 nel novembre 2008 si è svolto a Washington in un panorama economico globale in evoluzione mentre il mondo si univa per combattere la crisi finanziaria mondiale del 2008. Il G7 ha riconosciuto che il suo peso economico da solo non era più sufficiente senza la Cina.
I non membri hanno chiesto perché avrebbero dovuto aiutare il G7 quando non avevano causato la crisi ed erano stati a lungo esclusi dai pilastri chiave della governance globale. Il G7 ha colto questo messaggio. Al vertice del G20 dell’aprile 2009, il G7 aveva mobilitato risorse sostanziali per i mercati emergenti e i Paesi a basso reddito e i membri non appartenenti al G7 del G20 si sono uniti al Consiglio per la stabilità finanziaria.
Il vertice di Pittsburgh del settembre 2009 ha dichiarato il G20 il principale forum per la cooperazione internazionale, mettendo il G7 in secondo piano. Ha gettato le basi per ulteriori spostamenti del potere di voto del Fondo monetario internazionale (FMI) e della Banca mondiale verso i mercati emergenti dinamici».
«Poco più di un decennio dopo, il terreno è cambiato. Il multilateralismo è in secondo piano. Le relazioni USA-Cina si sono drammaticamente deteriorate. Dopo la crisi del 2008, molti leader cinesi hanno ritenuto di dover iniziare a liberarsi da un sistema economico globale guidato dagli Stati Uniti. Il Presidente Xi Jinping ha inaugurato un maggiore statalismo e autoritarismo. Donald Trump ha oscurato il punto di vista degli Stati Uniti sulla Cina, sottolineando la rivalità geostrategica sulla cooperazione, che continua sotto l’Amministrazione Biden».
A questo punto «l‘invasione dell’Ucraina sottolinea che ciò che la Russia e la Cina hanno in comune è il loro comune interesse ad affrontare gli Stati Uniti».
La cooperazione in materia di politica macroeconomica è un obiettivo chiave del G20, ma gli obiettivi della politica economica statunitense e cinese si trovano ora in posizioni molto diverse. «Nel frattempo, i progressi nella modernizzazione delle istituzioni finanziarie internazionali si sono bloccati molto tempo fa. Il peso della Cina nell’economia mondiale non è affatto vicino a riflettersi adeguatamente nei pesi delle istituzioni finanziarie internazionali (IFI). L’Organizzazione mondiale del commercio è ferma. Organizzazioni regionali, in via di sviluppo ed espansione, in una certa misura a spese delle IFI multilaterali».
Anche le priorità dei Paesi del G7 sono cambiate.
«Sul fronte economico e finanziario, questioni come gli sviluppi economici dei Paesi, i cambiamenti climatici e la lotta alla povertà globale restano importanti per il G7 e il G20. Ma i Paesi del G7 sono sempre più preoccupati per le questioni informatiche, le risorse crittografiche, il riciclaggio di denaro/il finanziamento del terrorismo e le politiche sanzionatorie, aree in cui Paesi come la Russia e la Cina sono spesso visti come attori maligni. Pratiche di prestito cinesi non sostenibili hanno aggravato il problema del debito in tutti i Paesi a basso reddito. Ma nonostante lo sviluppo del quadro comune del G20, gli sforzi del G7 per esortare la Cina ad applicare i principi del Club di Parigi hanno in gran parte colpito un muro.
Sul fronte della politica estera, il G7 ha avuto in passato una ragion d’essere limitata».
«Con l’amicizia ‘senza limiti‘ di Xi e Putin, il G7 ha guadagnato terreno e unità come club democratico anti-autoritario».«La crisi in Ucraina ha rianimato la Nato, in cui tutti i G7 sono allineati. Nella misura in cui ora c’è una spaccatura est-ovest, il nuovo est è costituito dalla Russia con un debole sostegno cinese, mentre l’est dell’era della Guerra Fredda è stato fatto a pezzi dalla riunificazione tedesca e dall’Europa centrale che è scappata dall’oppressione russa all’Ovest».
Con lo scontro «tra l’Occidente e il ‘nuovo Oriente‘, il G20 quest’anno sarà lacerato e probabilmente dominato dalle richieste di esclusione della Russia. Gli occhi dell’Ovest saranno puntati invece sulla presidenza tedesca del G7».
Lo ‘scontro’ tra (‘vecchio’) Occidente e ‘nuovo’ Oriente all’interno del G20 è quello in atto, e per ora rimasto in sordina, ben ‘coperto’ dal sistema mediatico occidentale, tra le contrapposte reazioni all’invasione russa dell’Ucraina, quella in Occidente e quella nel resto del mondo, da gran parte dell’Asia fino all’Africa.