Come reagiranno i Paesi africani all’invasione russa dell’Ucraina e quali crepe diplomatiche potrebbero essere aperte dal conflitto mentre si trascina?

 

Nei giorni scorsi, ‘Reuters‘ ha diffuso la notiziasecondo la quale il Presidente del Sudafrica, Cyril Ramaphosa, aveva dichiarato: «Sulla base delle nostre relazioni con la Federazione Russa e in quanto membro dei BRICS, il Sudafrica è stato contattato per svolgere un ruolo di mediazione». Mosca e Kiev non hanno né confermato né smentito e fino ad ora la dichiarazione di Ramaphosa non ha avuto seguito.
Una cosa è certa, per quanto in Occidente la posizione dell’Africa nel conflitto Russia-Ucrainanon abbia avuto visibilità, questa è tutt’altro che trascurabile. Il motivo è che il ruolo della Russia in Africa, negli ultimi decenni, è costantemente aumentato, si è imposto e rafforzato sia economicamente che politicamente che militarmente. Vladimir Putin Putin ha puntato molto sulla ricostruzione della statura della Russia come potenza globale, e questi sforzi si sono estesi anche all’Africa. Il ritorno di Mosca in Africa rappresenta parte del suo più ampio tentativo di aumentare l’influenza russa a livello globale. E in questo percorso, un appuntamento simbolo è il vertice Russia-Africa, che in questo 2022 avrebbe dovuto tenersi a novembre.
Altresì, gli analisti sottolineano come la Russia stia tentando di esportare il suo modello di governance -di un regime autoritario e cleptocratico– in Africa, e come sia in atto da tempo una ‘strategia di cooptazione d’éliteda parte della Russia nel continente, che serve efficacemente i suoi obiettivi strategici. Questi includerebbero, secondo gli studiosi di estrazione statunitense, prendere piede nel Mediterraneo meridionale e nel Mar Rosso, mettendo la Russia nella posizione di minacciare il fianco meridionale della NATO e le strozzature del trasporto marittimo internazionale; dimostrare lo status di Grande Potenza della Russia i cui interessi devono essere presi in considerazione in ogni regione del mondo; soppiantare l’influenza occidentale in Africa, minando al contempo il sostegno alla democrazia.
Mirando a questi obiettivi, la Russia ha schierato mercenari, condotto campagne di disinformazione, interferito nelle elezioni,barattato armi con risorse naturali pregiate,appoggiato delegati in svariati Paesi, tra questi Libia, Repubblica Centrafricana, Mali e Sudan. Questo approccio a basso costo e ad alto rendimento ha consentito a Mosca di espandere la sua influenza in Africa più rapidamente, probabilmente, di qualsiasi altro attore esterno, dal 2018, quando la Russia ha intensificato i suoi impegni in Africa.
Così, il come reagiranno i Paesi africani all’invasione russa dell’Ucraina e quali crepe diplomatiche potrebbero essere aperte dal conflitto mentre si trascina, è un interrogativo aperto e che potrebbe diventare molto importante.

«Il voto delle Nazioni Unite sull’invasione russa in Ucraina fornisce un prisma utile per comprendere le relazioni tra Mosca e alcuni Paesi africani»,affermaJoseph Siegle, Direttore della ricerca del Africa Center for Strategic Studies, dell’Università del Maryland.
E Siegle fa la radiografia del voto. «La risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite che condanna l’aggressione russa, ha ottenuto un solo voto africano dissenziente: l’Eritrea. Ciò è stato accompagnato da forti denunce dell’attacco russo all’Ucraina da parte dell’Unione africana (UA) e della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale. Anche l’attuale Presidente dell’UA, il Presidente senegalese Macky Sall e il Presidente della Commissione dell’UA Moussa Faki Mahamat hanno criticato la guerra non provocata della Russia».

In totale, 28 dei 54 Paesi africani hanno votato per condannare l’invasione russa, 1 ha votato contro, 16 si sono astenuti e 9 non hanno votato. Tutto sommato, prosegue Siegle, «il voto è stato un rimprovero notevole nei confronti di Mosca da un continente in cui le visioni del mondo di molti leader sono modellate da un atteggiamento di non allineamento, eredità grezze della Guerra Fredda, cortesia diplomatica africana e il desiderio di rimanere neutrali.

Il voto ha anche rivelato una segmentazione sempre più ampia delle norme di governance in Africa. E mostra che le relazioni dell’Africa con la Russia da qui in poi non saranno uniformi, né bruscamente invertite.
I Paesi africani che si sono astenuti, o non hanno votato, lo hanno fatto per una serie di motivi. La categoria più ovvia di Paesi non disposti a condannare la Russia, è stata quella con leader africani che sono stati cooptati da Mosca. Questi includevano Faustin-Arcangelo Touadéra nella Repubblica Centrafricana, il tenente generale Abdel Fattah al-Burhan in Sudan e il colonnello Assimi Goïta in Mali. Questi leader mancano di legittimità a livello nazionale. Dipendono dal sostegno politico e mercenario di Mosca per mantenere il potere.
Una seconda categoria tra i Paesi che si sono astenuti o non hanno votato è quella con leader che hanno legami clientelari con la Russia. Quelli al potere in Algeria, Angola, Burundi, Guinea,Guinea Equatoriale, Madagascar, Mozambico,Sud Sudan, Uganda e Zimbabwebeneficiano delle armi russe, della disinformazione o della copertura politica. Questi leader, inoltre, non hanno alcun interesse nei processi democratici che potrebbero minacciare la loro presa sul potere.
Altri che si sono astenuti o non hanno votato, probabilmente lo hanno fatto per ragioni ideologiche radicate nelle loro tradizioni di non allineamento. Questi includevano Marocco,Namibia, Senegal e Sudafrica. Sebbene possano mantenere i legami con Mosca, sono sconvolti dalle azioni imperialistiche della Russia. In generale, sostengono il rispetto del diritto internazionale per mantenere la pace e la sicurezza.
Coloro che hanno votato per condannare l’invasione includevano le principali democrazie e democratizzatori africani. Questi comprendevano Botswana, Capo Verde, Ghana,Malawi, Mauritius, Niger, Nigeria, Kenya,Seychelles, Sierra Leone e Zambia. Rappresentano un mix di motivazioni. Ma ho calcolato che il punteggio mediano di Global Freedom per questo gruppo di 28 Paesi sulla base delle valutazioni annuali (0-100) di Freedom House è di 20 punti superiore rispetto a quelli che non hanno votato per condannare.

Il «potente discorso dell’ambasciatore del Kenya presso le Nazioni Unite, Martin Kimani, in difesa del rispetto della sovranità, dell’integrità territoriale e della risoluzione delle differenze con mezzi non violenti», prosegue Joseph Siegle, «riassume le opinioni di questo gruppo e il suo sostegno a un ordine basato sulle regole. Molti hanno anche preso l’iniziativa nel condannare l’ondata di colpi di Stato e il third termism nel continente» -il ‘third termism’ è il fenomeno dei leader che cercano di infrangere i limiti di mandato costituzionali, solitamente fissati a due mandati, per assicurarsi un terzo mandato, insomma si riferisce ai leader che si rifiutano di lasciare il potere. E non solo, afferma Douglas Dillon, senior fellow dell’Africa Studies presso il Council on Foreign Relations (CFR), Kimani ha anche condannato «la tendenza negli ultimi decenni di Stati potenti, compresi i membri di questo Consiglio di sicurezza, a violare il diritto internazionale con scarso riguardo». Spiega Dillon, «Kimani stava camminando su una linea sottile: da un lato condannava il bullismo russo nei confronti di un vicino più debole e dall’altro faceva eco alle preoccupazioni di vecchia data dei Paesi africani e di altri Paesi postcoloniali sulla percepita fondamentale iniquità del sistema politico internazionale. Da questo punto di vista, il problema non è che la Russia abbia lanciato un assalto non provocato all’Ucraina, ma che la sua violazione delle norme diplomatiche non fa che estendere il modello storico per cui i potenti Paesi occidentali, in particolare gli Stati Uniti, hanno violato il diritto internazionale a piacimento, per poi predicare il rispetto per lo stesso quando gli fa comodo».
Il voto al Palazzo di Vetro, secondo Dillon, è stata una risposta «relativamente debole». «La risposta sudafricana è stata misurata: “Il Sud Africa chiede alla Russia di ritirare immediatamente le sue forze dall’Ucraina in linea con la Carta delle Nazioni Unite…” L’Unione Africana ha semplicemente sollecitato un cessate il fuoco, mentre invita sia la Russia che l’Ucraina a “preservare il mondo dalle conseguenze del conflitto planetario”. È significativo che la Nigeria, la potenza politica ed economica del continente, non abbia emesso una condanna diretta; al contrario, ha espresso sollievo per il fatto che gli attacchi russi fossero “confinati alle installazioni militari in Ucraina” e preoccupazioni per la sicurezza dei nigeriani che vivono nel Paese».

Una risposta, insomma, secondo Douglas Dillon, nell’insiemereticente‘. E la reticenza dei Paesi africani l’analista la spiega così. «In primo luogo, dobbiamo considerare la possibilità che il governo dell’uomo forte del leader russo Vladimir Putin faccia appello ai democratici riluttanti e ai i veri e propri dittatori in Africa e altrove. La nuova giunta in Mali e la sua controparte sudanese sono stretti alleati di Putin. Non diversamente dalla Cina, la Russia offre un modello di supporto in cui il rispetto dei diritti umani non è una condizione di amicizia. La presidenza di Donald Trump, nota per il suo sfacciato assalto alle norme democratiche, potrebbe aver convinto tali leader che non c’è niente da scegliere tra gli Stati Uniti e il resto.
In secondo luogo, il corteggiamento russo dei leader africani si è silenziosamente intensificato negli ultimi anni. Mentre la presenza diplomatica ed economica cinese in Africa ha attirato la massima attenzione, la Russia ha costantemente fornito ampio supporto militare e di intelligence ai Paesi africani. Conclude un recente studio di tre studiosi russi che le relazioni bilaterali con Egitto, Algeria e Marocco “sono recentemente aumentate sia a livello politico che economico”. In altre parti del continente, la Russia ha firmato accordi di cooperazione militare con vari Paesi, mentre i mercenari russi del gruppo Wagner sarebbero stati coinvolti in conflitti nella Repubblica Centrafricana e in Mali. Una squadra d’élite del gruppo Wagner costituisce attualmente la sicurezza personale del presidente centrafricano Faustin-Archange Touadera. Il primo forum economico Russia-Africa del suo genere a Sochi nel 2019 ha visto la partecipazione di quarantasette capi di Stato africani.
I leader africani sembrano soppesare il loro impegno filosofico per la sovranità e l’integrità territoriale con il sostegno materiale e militare concreto di un leader di cui sospettano le intenzioni, ma il cui sostegno senza vincoli è tornato utile.
Terzo, i discorsi irredentisti tirano le corde del cuore in un continente in cui alcuni considerano ancora illegittimi i confini coloniali. Kamani stava riferendosi a questo quando nel suo discorso si riferiva ai “confini che abbiamo ereditato” e presumibilmente “non erano dei nostri disegni”, ma “disegnati nelle lontane metropoli coloniali di Londra, Parigi e Lisbona, senza riguardo per le antiche Nazioni che divisero”. Questo tropo non è esclusivo dell’Africa. Risuona in tutto il mondo postcoloniale.
Infine, la Russia sembra aver attinto alla corrente ascendente anti-occidentale in Africa e altrove che precede il conflitto ucraino. Come indicato sopra, ciò deriva in parte dal risentimento che emana dal percepito doppio standard occidentale riguardo alle norme internazionali; si tratta anche probabilmente di un pezzo del paradigma intellettuale prevalente il cui fulcro argomentativo è la ‘decolonizzazione’. Negli angoli dell’accademia africana, se non in uno spaccato dell’intellighenzia, sussiste la simpatia per un Paese che, nella sua precedente incarnazione sovietica, sostenne i movimenti di ‘liberazione’ africani e fornì un contrappeso all’egemonia americana. Legittimo o meno, questo risentimento appena mascherato indica che l’Occidente non può permettersi di dare per scontato il sostegno africano. Sebbene i Paesi africani possano andare avanti in ampia solidarietà con il popolo ucraino, non ci si dovrebbe aspettare che seguano ciecamente i dettami occidentali.
Da parte sua, la Russia continuerà a manipolare le reti esistenti al fine di aprire e sfruttare le crepe nel sostegno africano.
Più a lungo va avanti il conflitto, meno prevedibile è la sua geografia morale», conclude Douglas Dillon.

Le prime ripercussioni del conflitto nel continente sono economiche e sono già ben evidenti, con l’aumento dei costi di petrolio e gas e prodotti e servizi correlati, che, secondo gli economisti potrebbero aumentare l’inflazione in maniera importante. I Paesi dell’Africa che importano cereali dall’Ucraina subiranno interruzioni nell’offerta e vedranno aumentare i prezzi. «Se c’è un aumento dei prezzi del greggio, l’inflazione crescerà a livello globale, aumenterà anche il costo della maggior parte delle nostre importazioni, che si trasformerà in crisi interna», ha detto Abdul-Ganiyu Garba, docente di economia all’Università Ahmadu Bello di Zaria, in Nigeria. «I prezzi delle materie prime sono saliti alle stelle in molti Paesi africani, rendendo la vita più difficile a milioni di persone».
Nel caso del Sudafrica, ben integrato nell’economia globale, gli economisti sottolineano la preoccupazione. «L’impatto della guerra sull’economia globale, come abbiamo visto nell’impennata dei prezzi del petrolio e dell’energia in generale, influenzerà il Sudafrica perché quando il mondo starnutisce, il Sudafrica prende il raffreddore», ha affermato Siphamandla Zondi, esperta di relazioni internazionali e responsabile degli studi BRICS presso l’Università di Johannesburg.
Il flusso commerciale tra l’Africa e la Russia e l’Africa e l’Ucraina è oggetto di preoccupazione per gli economisti. Nel 2020, i Paesi africani hanno importato dalla Russia prodotti agricoli per un valore di 4 miliardi di dollari. Il grano rappresentava circa il 90% di queste importazioni. L’Egitto è stato il principale importatore, seguito da Sudan, Nigeria, Tanzania, Algeria, Kenya e Sudafrica.
Allo stesso modo, l’Ucraina ha esportato prodotti agricoli per un valore di 2,9 miliardi di dollari in Africa nel 2020. Il grano rappresentava circa il 48%, il mais il 31% e l’olio di girasole, l’orzo e i semi di soia rappresentavano il resto. La guerra in corso potrebbe influenzare le catene di approvvigionamento e aumentare il costo delle importazioni. Non è inoltre chiaro quale effetto avranno sulle relazioni commerciali Africa-Russia le sanzioni imposte dagli Stati Uniti e dai suoi alleati alla Russia.

Le ripercussioni politiche quasi tutti gli analisti se le attendono a medio termine. «Sarà la nuova guerra fredda, o sarà la nuova guerra calda? Ancora non lo sappiamo. Ma qualunque cosa sia,l’Africa ne sarà una delle vittime», ha dichiarato Irina Filatova, docente presso la Higher School of Economics di Mosca. Sultan Kakuba, scienziato politico dell’Università di Kyambogo dell’Uganda, ha affermato: «Sebbene alcuni Paesi stiano assumendo una posizione di neutralità, questo conflitto alla fine dividerà l’Africa in due blocchi. Uno a favore dell’invasione dell’Ucraina e l’altro contro la Russia».
Si consideri, per esempio, il sentimento filo-russo gradualmente aumentato in Africa, in particolare nelle ex colonie francesi. Questo sentiment è un fatto decisamente importante politicamente.
La Russia ha cavalcato questasimpatiaproponendosi nel ruolo di intermediario per la sicurezza dell’Africa in mezzo a un’ondata di colpi di Stato. In Mali, Burkina Faso, Sudan, Ciad, Guinea Conakry e Guinea Bissau vi sono stati colpi di Stato nell’ultimo anno. Secondo Irina Filatova,una cosa hanno tutti in comune: la maggior parte dei soldati dietro i colpi di Stato aveva ricevuto un addestramento militare sponsorizzato dalla Russia. La Russia mira a prendere piede nel continente come intermediario di sicurezza per «affrontare l’Occidente collettivamente», inteso e proiettare l’immagine di un «difensore dell’Africa», un obiettivo che l’Occidente apparentemente non è riuscito a raggiungere. Indicativo il fatto che la Russia sia attualmente il più grande esportatore di armi nel continente africano. Secondo il rapporto annuale 2020 dello Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI) ,l’Africa ha rappresentato il 18% di tutte le esportazioni di armi russe tra il 2016 e il 2020. Oltre ai servizi militari, Mosca si è anche ritagliata una nicchia vendendo tecnologia nucleare ai Paesi in via di sviluppo. Zambia, Rwanda, Etiopia, Egitto e Nigeria sono tra i Paesi che hanno centrali nucleari di costruzione russa.
In questi giorni, poi, il Presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy ha fatto appello per radunare volontari per la difesa del suo Paese dall’invasione della Russia. Appello al quale non pochi giovani africani si sarebbero detti pronti a rispondere. Ryan Cummings, direttore di Signal Risk, una società di consulenza sudafricana per la gestione dei rischi per la sicurezza, ha sottolineato che in effetti Zelenskyy potrebbe sfruttare le difficili condizioni socioeconomiche dell’Africa per attirare i combattenti africani in Ucraina. «I cittadini africani potrebbero vedere un’opportunità economica dalla partecipazione a questo conflitto», ha dichiarato. E l’appello non è piaciuto affatti ad alcuni governi africani vicini a Mosca. Altro elemento da inserire nell’elenco preoccupante dei risvolti politici del conflitto in corso a migliaia di chilometri di distanza dal continente che, a guerra conclusa, potrebbe pesare sul riassetto delle relazioni Africa-Russia e Africa-Ucraina.
Il conflitto potrebbe altresì avere un impatto sulla disponibilità di finanziamenti e risorse per lo sviluppo internazionale e gli aiuti su cui fanno affidamento molti Paesi africani.
Dzvinka Kachur, ricercatrice presso il Center for Sustainability Transitions presso la Stellenbosch University in Sudafrica, afferma che il conflitto determinerà, tra il resto, «una distrazione e un’attenzione a lungo termine dagli obiettivi di sviluppo sostenibile». Quindi possiamo aspettarci che i budget degli Stati di tutto il mondo si orienteranno verso una maggiore militarizzazione e non verso gli obiettivi di sviluppo».
Il conflitto rischia non solo di interrompere gli aiuti, ma anche il supporto militare e di mantenimento della pace nel continente.
Pauline Bax, vicedirettrice di Crisis Group di Johannesburg, ha dichiarato: «Sarà distolta molta attenzione dai conflitti che sono piuttosto urgenti qui in Africa, come nello Sahel, il conflitto in Mozambico e il conflitto in Etiopia. Bisognerà fare molti sforzi diplomatici nella crisi ucraina ora ed è già stata inserita, a scapito di altre crisi qui in Africa».