Per il vertice in Svizzera, sono estremamente basse le aspettative: l’obiettivo è riprendere relazioni stabili e prevedibili, ma le ‘linee rosse’ rischiano di essere molto divisive. Quindi, è probabile che la vera partita inizierà dopo
In una Ginevra blindata – da venerdì sono chiusi al pubblico il parco la Grange e des Eaux-Vives, a pochi passi dal Jet d’eau, mentre domani sarà inaccessibile tutto il lungolago del centro città, dal parco Mon Repos sulla riva destra a Place de Traînant, sulla riva sinistra – è tutto pronto per accogliere il primo faccia a faccia in presenza tra Joe Biden e Vladimir Putin in programma domani e la cui durata, secondo quanto reso noto dal portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ripreso dall’agenzia Interfax, dovrebbe essere di “circa quattro o cinque ore, comprese le pause” mentre il vertice allargato ai Ministri degli Esteri dovrebbe iniziare alle 13 ora locale.
Per l’occasione sono state mobilitate circa 4’000 persone, tra polizie ed esercito, in quella che è stata soprannominata ‘Operazione Diomede’ tanto è ritenuta enorme la sfida con riferimento all’omonimo arcipelago, formato da due isole rocciose e situato nello stretto di Bering e ugualmente ripartito tra le due superpotenze.
La scelta della location per il primo colloquio bilaterale non è stata casuale: si tratta, infatti, della splendida Villa La Grange, risalente al diciottesimo secolo, circondata dal un grande parco prospiciente il lago Lemano. L’intera magione è stata tirata a lucido per l’evento: le ringhiere sono state riverniciate, il giardino rinnovato, oggetti e libri preziosi presenti nell’edificio sono stati spostati in un deposito per fare spazio all’incontro, ma anche per preservarli da possibili danneggiamenti, magari causati dall’impianto di climatizzazione improvvisato. Su richiesta delle due delegazioni, infatti, è sparita l’argenteria per motivi di sicurezza mentre è stato installato un sofisticato sistema d’aria condizionata. Un edificio storicamente rilevante in quanto vi venne siglata, nel 1864, la prima convenzione di Ginevra e, nel 1969, Papa Paolo VI rivolse un appello alle potenze nucleari perché diventassero “generosi architetti di pace”.
Senza dimenticare che fu proprio in questa città svizzera che 36 anni fa Ronald Reagan e Michail Gorbaciov si strinsero la mano, mettendo in moto quel processo che avrebbe condotto, nel giro di pochi anni, alla fine della Guerra Fredda. Nel 1985, però, la città era nella morsa del freddo di Novembre mentre quasi 36 anni più tardi la città sul Lemano accoglierà Joe Biden e Vladimir Putin in un clima decisamente più caldo. Ciò nonostante, il clima di attesa raggela anche la Ginevra del 15 giugno 2021.
Una location d’eccezione, in questo senso, forse troppo ambiziosa per ospitare un summit su cui è bene non farsi troppe illusioni se è vero che tra Russia e Stati Uniti non è stato raggiunto “nessun accordo” neanche sullo svolgimento di una conferenza stampa congiunta con i due Presidenti al termine dell’incontro. A chiarirlo è stato il consigliere del Cremlino per gli Affari Esteri, Yuri Ushakov, il quale ha spiegato che “durante i preparativi l’accordo per condurre una conferenza stampa congiunta non è stato raggiunto. Ed è così che l’attuale incontro differisce dagli altri. Vi ricordate che a Helsinki c’è stata una conferenza stampa con Donald Trump, piuttosto memorabile”. Il rappresentante del Cremlino ha, però, tenuto a far notare che Biden non ha avuto una conferenza stampa congiunta nemmeno dopo i recenti colloqui con il primo ministro britannico Boris Johnson, spiegando che “forse questo è solo il modo in cui il nuovo presidente americano interagisce con i media, non lo sappiamo”. Per la verità, anche sull’agenda dei temi da discutere si è faticato molto.
Tale premessa già fa capire come i presupposti non promettano bene. Mentre Biden era al G7 (di cui un tempo Mosca era membro) in Cornovaglia a rinsaldare le sfilacciate – dopo quattro anni di amministrazione Trump – relazioni transatlantiche nell’ottica della costituzione di una ‘Lega delle democrazie’ da contrapporre ad una ‘Lega delle autocrazie’ di cui Cina e Russia sarebbero le punte di lancia, Putin iniziava a fare le prime dichiarazioni in vista del summit di Ginevra: in un’intervista rilasciata al portale d’informazione “Smotrim.ru”, il leader del Cremlino auspica che Mosca e Washington riescano ad istituire dei meccanismi per una cooperazione di ampio respiro in quanto “ci sono cose di cui parlare. E credo che sarebbe grande e l’incontro non si sarebbe tenuto invano”, così da “ripristinare i nostri contatti personali, i rapporti, istituire un dialogo diretto, creare dei meccanismi di interazione realmente funzionanti”. Del resto – ha sostenuto il Presidente russo – “ci sono aree nelle quali possiamo veramente lavorare con efficacia”, tra le quali Siria e Libia, stabilità nucleare strategica e cybersicurezza. In una quasi contemporanea intervista all’emittente americana ‘Nbc’, Putin ha osservato che i rapporti tra Stati Uniti e Russia sono “al punto più basso degli ultimi anni” ripetendo e praticamente confermando quanto dichiarava, nelle stesse ore, il Segretario Generale della NATO, Jens Stoltenberg, riguardo ai rapporti con Mosca che sarebbero “ai livelli della Guerra Fredda”.
Interessante è poi notare come, nella stessa intervista a ‘Nbc’, il Presidente russo abbia voluto definire l’ex Presidente americano Donald Trump come un individuo esuberante che “non è arrivato dall’establishment statunitense”, mentre Biden è “radicalmente differente” essendo “un politico di carriera”. “E’ un tipo di persona differente”, ha evidenziato Putin, osservando che ciò comporta “dei vantaggi e degli svantaggi” ma auspicando di poter avere un buon confronto con il nuovo Presidente, con il quale, nel Febbraio scorso, c’era stato un duro scambio di accuse: Biden, a domanda di un giornalista, aveva accusato Putin di essere “un killer”. Dal canto suo, il Presidente russo, alle telecamere di ‘Nbc’, ha voluto rimarcare di essere “abituato ad attacchi di tutti i tipi. Per quanto riguarda la retorica dura, penso che sia un’espressione della cultura generale degli Usa”. Episodi simili si sono verificati diverse volte nel corso degli anni – ha affermato – e “quando ciò accade sono sempre guidato dagli interessi del popolo e dello Stato russo”, quasi a voler sostenere l’immagine di un Presidente risoluto, immune alle provocazioni a stelle e strisce.
Sull’’incidente’ è tornato, alla vigilia del vertice di Ginevra, anche lo stesso Joe Biden che, alla conferenza stampa conclusiva del vertice NATO, ha spiegato alla CNN di aver ”risposto onestamente, sono stato sincero. Credo che in passato abbia in realtà riconosciuto di esserlo. Non credo che quella mia risposta importi molto ora in vista dell’incontro che stiamo per avere” e, ritrattando forse più i toni che i contenuti, ha definito Putin “un avversario degno”. Una velata stilettata ai repubblicani USA, molto critici rispetto alla decisione di incontrare il capo del Cremlino (a soli sei mesi dal suo insediamento) che diventerebbe una sorta di ‘ricompensa’ per le interferenze nelle elezioni, per i cyber-attacchi e le violazioni dei diritti umani che Mosca starebbe continuando a perpetrare. In realtà, come riconosceva lo stesso Putin qualche giorno prima delle parole addolcite di Biden, entrambe le parti, “con un approccio professionale”, sono arrivate all’incontro astenendosi dalla retorica aggressiva “per creare il clima appropriato e favorevole per i lavori”.
A favorirlo, a detta del Presidente americano, anche la circostanza che non è la prima volta che incontra Putin, da lui considerato “brillante e duro”. I due leader ebbero già un incontro personale nel 2011, quando Biden era vice presidente di Barack Obama, e Putin primo ministro. Nel corso di quell’evento, Putin mostrò al democratico il suo lussuoso ufficio a Mosca e l’allora Vice Presidente USA ricorda di averlo stuzzicato dicendo: “E’ incredibile quello che può fare il capitalismo”. Per poi dirgli: “Signor primo ministro, ti sto guardando negli occhi e non credo che tu abbia un’anima”. Putin sorridendo avrebbe risposto con un “Ci capiamo l’un l’altro”.
Non dovendo partire completamente da zero, un vertice USA – Russia quanto più disteso e fruttuoso possibile è quanto auspicano anche gli europei se è vero – stando alle rivelazioni di ieri di Biden – “ogni leader del mondo qui presente come membro NATO con cui ho parlato, mi ha ringraziato per la decisione di incontrare Putin in questo momento, tutti quelli con cui ho parlato e penso che siano stati 10 o 12. La giudicano tutti una decisione appropriata”. “Pensavano che fosse molto importante che lo facessi, e ho discusso con loro… su cosa era importante dal loro punto di vista e cosa pensavano non fosse importante”, ha aggiunto il leader americano.
Il Presidente USA, dunque, anche secondo il consigliere per la sicurezza nazionale di Biden, Jake Sullivan, “andrà a Ginevra con il pieno sostegno e la piena solidarietà di tutti i nostri alleati NATO” che, da questo punto di vista, sono usciti dal vertice di ieri uniti nella loro determinazione a contrastare la Russia, molto più che sulla Cina, dossier sul quale gli europei tendono ad essere più cauti: non a caso il comunicato del vertice cita la Russia 62 volte definendola ‘minaccia’ e la Cina solo 10 bollandola semplicemente come ‘sfida’.
Alla riunione della NATO, i funzionari hanno concordato di sviluppare un nuovo Concetto strategico che sarà svelato al prossimo vertice nel 2022. Il documento concettuale più recente, scritto nel 2010, ha definito la Russia un “partner costruttivo” e ha appena menzionato la Cina, ha sostenuto il consigliere per la sicurezza nazionale.
L’accordo congiunto del vertice prende una posizione forte contro Mosca, condannando le “azioni aggressive” di Putin sia nella sua tradizionale costruzione militare sia nel suo uso di tattiche ibride come la diffusione di disinformazione, attacchi informatici e interferenze elettorali che minacciano i membri della NATO e aumentano instabilità nella regione.
“La Russia continua a violare i valori, i principi, la fiducia e gli impegni delineati nei documenti concordati che sono alla base delle relazioni NATO-Russia”, afferma il comunicato. “Fino a quando la Russia non dimostrerà la conformità con il diritto internazionale e i suoi obblighi e responsabilità internazionali, non si potrà tornare al ‘business as usual’”.
Sullivan ha affermato che il comunicato parla della minaccia dalla Cina in modo più “robusto” rispetto ai documenti passati; afferma che Pechino pone “sfide sistemiche all’ordine internazionale basato su regole e alle aree rilevanti per la sicurezza dell’alleanza”.
Ma alcuni analisti non sono sicuri di quali affari abbia un’alleanza formata per respingere l’Unione Sovietica nell’affrontare la Cina..
“Ricordo costantemente agli americani che quando l’America è stata attaccata per la prima volta sulle sue coste dopo quello che è successo all’inizio della seconda guerra mondiale, la NATO si è fatta avanti. La NATO si è fatta avanti e ha onorato l’articolo 5″, ha detto Biden mercoledì. “Voglio solo che tutta l’Europa sappia che ci sono gli Stati Uniti. Gli Stati Uniti ci sono».
Biden, rispondendo alle domande dei giornalisti dopo il vertice NATO, ha rilanciato e dettagliato il suo messaggio alla Russia: “ci sono aree in cui possiamo cooperare”, ma se “Putin sceglie di non cooperare e agisce come ha fatto in passato in merito alla sicurezza informatica e ad altre attività, allora risponderemo. Risponderemo a tono. Non cerco un conflitto con la Russia, ma risponderemo se la Russia continuerà le sue attività dannose. E non mancheremo di difendere l’alleanza transatlantica o di difendere valori democratici”, “sarò molto chiaro sulle linee rosse”: “difenderemo l’integrità territoriale dell’Ucraina. E la morte di Navalnyj sarebbe una tragedia”. Della serie, ‘uomo avvisato, mezzo salvato”.
Già alla vigilia del suo tour europeo, Biden aveva ribadito che gli Stati Uniti “non vogliono un conflitto con la Russia” ma piuttosto una relazione “stabile e prevedibile”. Il Presidente USA aveva tuttavia puntualizzato che gli Stati Uniti restano pronti a rispondere in modo ” significativo e robusto” a qualsiasi iniziativa ostile da parte di Mosca, pur sapendo che USA e Russia sono due nazioni che “condividono una grande responsabilità nel mantenimento della sicurezza globale, una responsabilità che gli Stati Uniti prendono seriamente”.
Se Biden parlerà di linee rosse, una di queste rimanderà al non rispetto dei diritti umani, violazione che è stata rimproverata a Mosca (e a Pechino) anche in sede G7. Un esempio ‘russo’ è il caso dell’oppositore Alexei Navalny, ora in carcere, la cui morte – ha detto Biden – “sarebbe una tragedia”, “una ulteriore indicazione del fatto che la Russia ha uno scarso se non nullo interesse a rispettare i basilari diritti umani”. Parole che non sono musica per le orecchie di Putin. sospettoso del sostegno occidentale alle figure di opposizione russa, un modo per interferire negli affari interni russi con la scusa della democrazia, soprattutto dopo l’inclusione nella squadra di Biden di ‘Russia hawks’, cioè falchi anti-Russia come la Portavoce del Dipartimento di Stato Victoria Nuland. A gennaio, Navalny era volato in Russia da Berlino, dove aveva trascorso quasi sei mesi a riprendersi dopo essere stato avvelenato la scorsa estate in Russia. Era stato arrestato al controllo passaporti. Un mese dopo, un tribunale russo aveva condannato Navalny a più di due anni di carcere per violazione della libertà vigilata, accuse che secondo lui erano motivate politicamente. Dal 2 Febbraio scorso, è a molti rimasta impressa nella mente la foto del leader dell’opposizione russa Alexei Navalny, accusato di aver violato i termini di una condanna sospesa per appropriazione indebita, in attesa del verdetto del tribunale a Mosca.
A settembre 2020, tuttavia, il governo tedesco ha affermato che il dissidente russo è stato avvelenato da un agente nervino chimico, descrivendo il rapporto tossicologico come “prove inequivocabili”. L’agente nervino era nella famiglia Novichok, che fu sviluppato dall’Unione Sovietica. Anche i test tossicologici condotti in Francia e Svezia sono giunti alla stessa conclusione. Il Cremlino ha ripetutamente negato di aver avuto un ruolo nell’avvelenamento di Navalny, ma non ha mai rilasciato l’oppositore.
Se verrà fuori la questione di Navalny, potrebbe essere oggetto di discussione anche la recente multa di 2,4 milioni di dollari comminata dalla Russia a Radio Free Europe/Radio Liberty, finanziata dagli Stati Uniti, per non aver aderito ai rigidi requisiti di etichettatura per i gruppi considerati ‘agenti stranieri’ dal regime di Mosca.
Immancabile sarà anche un riferimento alla cyber-security. Gli Stati Uniti accusano la Russia di ingerenza nelle elezioni americane e di aver lanciato ripetuti attacchi informatici, che, tra quelle che hanno definito altre trasgressioni “dannose”, hanno spinto Biden ad imporre sanzioni finanziarie ad aprile: un gruppo di hacker noto come DarkSide con presunti legami con criminali russi ha lanciato un attacco ransomware su Colonial Pipeline, costringendo la società statunitense a chiudere circa 5.500 miglia di oleodotto. Ha portato a un’interruzione di quasi la metà della fornitura di carburante della costa orientale e ha causato carenze di benzina nel sud-est.
Poche settimane fa – ha denunciato Tom Burt, vicepresidente di Microsoft – Nobelium, il collettivo di hacker legato ai servizi segreti russi e già identificato da Washington come autore del grande attacco dell’anno scorso contro SolarWinds, ha colpito nuovamente, prendendo di mira, questa volta, la U.S. Agency for International Development (USAID), ossia l’ente diplomatico USA che si occupa di sviluppo internazionale.
Gli hacker sarebbero penetrati nei sistemi di un fornitore dell’USAID e avrebbero spedito ad oltre 3.000 account di più di 150 organizzazioni nel network dell’agenzia ripartite in almeno 24 Paesi email fraudolente con all’interno una backdoor denominata NativeZone in grado di fornire agli hacker accesso illimitato ai sistemi informatici dei destinatari, dal “furto di dati all’infezione di altri computer su una rete”, ha scritto Burt. Il fine era quello di risalire ad “agenzie governative, think tank, consulenti e Ong” che spesso sono tra i principali critici del Cremlino quando non addirittura apertamente a favore dei suoi oppositori come Navalny. “Almeno un quarto delle organizzazioni prese di mira sono coinvolte nello sviluppo internazionale, nel lavoro umanitario e nel lavoro sui diritti umani”, ha spiegato Burt, chiarendo che “molti degli attacchi ai nostri clienti sono stati bloccati automaticamente e Windows Defender sta bloccando il malware coinvolto in questo attacco. Stiamo anche informando tutti i nostri clienti che sono stati individuati come obiettivi”.
Parlando dopo l’attacco a DarkSide, Biden ha dichiarato ai giornalisti: “Finora non ci sono prove da parte dei nostri servizi segreti che la Russia sia coinvolta, sebbene ci siano prove che il ransomware dell’attore sia in Russia, hanno alcune responsabilità per affrontarlo”.
Tenendo conto sia dell’attacco a Colonial Pipeline e SolarWinds, ha affermato il Vicepresidente di Windows, “è chiaro che parte del playbook di Nobelium è rappresentato dall’avere l’accesso a fornitori di tecnologia affidabili e infettare i loro clienti” aumentando così “le possibilità di danni collaterali nelle operazioni di spionaggio” e minando “la fiducia nell’ecosistema tecnologico”. Inoltre, le attività del gruppo e altri attori simili “tendono a seguire questioni che preoccupano il Paese da cui operano”, ossia la Russia. Infine, “gli attacchi informatici degli Stati-nazione non stanno rallentando”, quindi c’è “bisogno di regole chiare che disciplinino la condotta dello Stato-nazione nel cyberspazio e indicazioni chiare sulle conseguenze della violazione di tali regole”.
Ad aprile, Washington ha imposto ulteriori sanzioni alla Russia per violazioni dei diritti umani, attacchi informatici radicali e tentativi di influenzare le elezioni statunitensi. L’amministrazione Biden ha anche espulso 10 funzionari dalla missione diplomatica russa negli Stati Uniti.
In risposta all’azione degli Stati Uniti, la Russia ha espulso 10 diplomatici statunitensi dall’ambasciata americana a Mosca e ha sanzionato otto alti funzionari dell’amministrazione statunitense, tra cui il direttore dell’FBI Christopher Wray e il direttore dell’intelligence nazionale Avril Haines.
In un’intervista rilasciata all’emittente statunitense ‘Nbc’, Putin ha respinto tutte le accuse legate agli attacchi informatici, bollandole come prive di fondamento. “Dove sono le prove? Sta diventando una farsa”, ha detto il presidente russo, sottolineando che il suo Paese è stato accusato di “ogni genere di cose: interferenze elettorali, attacchi informatici e così via, e non una sola volta, si sono presi la briga di produrre qualsiasi tipo di prova, solo accuse infondate”. Biden ha comunque preso provvedimenti e nelle scorse settimane ha firmato un ordine esecutivo per rafforzare la sicurezza cibernetica del Paese, con in cima all’agenda la rimozione degli ostacoli alla condivisione delle informazioni sulle minacce tra governo e settore privato.
Un altro terreno spinoso è costituito da Bielorussia e Ucraina, il giardino di casa della Russia. Biden non si lascerà sfuggire l’occasione di parlare dell’atterraggio forzato del volo Ryanair (che collegava due Paesi NATO) per opera di due Mig-29 inviati dal governo bielorusso per arrestare l’attivista d’opposizione Roman Protasevich. Il nuovo Presidente americano ha sempre avversato il regime di Aleksandr Lukashenko, legato, però, a doppio filo all’unico alleato rimastogli, la Russia: pochi giorni dopo l’incidente del volo dirottato, Putin ha invitato Lukashenko a Sochi e con lui hai intrapreso una breve crociera nel Mar Nero.
In un’intervista del 31 maggio, l’ambasciatore degli Stati Uniti in Bielorussia, Julie Fisher, ha affermato che gli Stati Uniti “lavoreranno all’unisono con i nostri partner europei per trovare risposte adeguate” al dirottamento dell’aereo di Lukashenko.
“L’Occidente deve rispondere in termini che Lukashenko è in grado di capire”, ha detto. Gli Stati Uniti prevedono di reintrodurre sanzioni complete il 3 giugno che vietano a persone e imprese statunitensi di condurre transazioni finanziarie con nove imprese statali in Bielorussia. Gli Stati Uniti intendono anche cessare di consentire ai vettori aerei bielorussi di entrare nel loro spazio aereo.
Sul fronte ucraino, dove Mosca continua schierare truppe, Biden ha ribadito che gli alleati NATO difenderanno l’integrità territoriale, ma sebbene il Presidente Volodymyr Zelensky richieda l’adesione alla NATO, la prudenza su questo dossier sembra necessaria da parte americana. Del resto il Donbass è ancora un guerra.
Mosca, peraltro, è risentita per l’imposizione, dal 2014, dopo l’invasione dell’Ucraina e l’annessione della Crimea, di sanzioni sul settore energetico russo ed è profondamente irritata anche per le nuove sanzioni imposte da Biden per i cyber attacchi. Circa le sanzioni, pare che il nuovo Presidente americano abbia detto a Putin in una telefonata che “avremmo potuto andare oltre”, “ma ho scelto di non farlo”.
Come è noto, la Russia è molto ricca queste risorse e questo l’ha fatta diventare uno dei principali produttori ed esportatori globali. Se si considera che petrolio e gas costituiscono oltre un terzo del prodotto interno lordo della Russia e le esportazioni di energia rappresentano circa la metà delle entrate del governo, è facile comprendere perché l’energia è punto di forza, ma anche di debolezza del regime russo che, per esempio, destina il 75% delle sue esportazioni di gas all’Europa che ha risparmiato e ha chiesto agli americani di risparmiare proprio il settore gas.
Le sanzioni hanno principalmente preso di mira la capacità delle aziende e delle agenzie governative non russe di fornire finanziamenti, beni, servizi e tecnologia che aiutano la Russia a esplorare e sviluppare nuove riserve di petrolio. L’obiettivo chiave era impedire alle imprese petrolifere internazionali occidentali, che possiedono le competenze tecnologiche più avanzate del mondo, di collaborare con società russe di proprietà statale nelle aree più promettenti per l’industria energetica russa, come nell’Artico, al largo in acque profonde e nei giacimenti di scisto.
Le sanzioni hanno reso più difficile e costoso mantenere e aumentare i livelli di produzione. Dati recenti mostrano che i costi di produzione del petrolio sono aumentati, mentre molti dei giacimenti petroliferi esistenti in Russia stanno producendo meno di prima. Ma finora, questo non ha scoraggiato Mosca.
Cosa si diranno i due leader su questi temi? La Casa Bianca afferma di avere basse aspettative per l’incontro, sperando solo di “ripristinare prevedibilità e stabilità nelle relazioni USA-Russia” con piccoli passi, come aveva anticipato la portavoce del Presidente americano, Jen Psaki.
Sebbene Biden sia un nuovo presidente, la sua lunga carriera al Senato degli Stati Uniti e i suoi otto anni come vicepresidente di Obama lo rendono il veterano di molti incontri internazionali di alto livello. È improbabile che infranga il protocollo o si allontani dal copione offrendo un nuovo reset con la Russia sulla falsariga della proposta ottimista ma alla fine fallita che ha fatto nel 2009.
Il bilaterale si svolgerà in due fasi, prima con un gruppo ristretto di advisor e poi in forma piu’ allargata. Vedremo se resteranno da soli con gli interpreti, come fecero Trump e Putin a Helsinki nel 2018. “Buona fortuna nell’affrontare Putin. Non ti addormentare e per favore – e’ stato l’ironico commento dell’ex presidente – portagli i miei calorosi saluti”. A differenza del Presidente Donald Trump, che ha trascorso quattro anni a lodare e corteggiare Putin, evitando addirittura che rimanesse traccia dei loro colloqui, Joe Biden ha articolato i contorni di una politica pragmatica nei confronti della Russia, contenendo, scoraggiando ed eventualmente sanzionando Mosca quando necessario, proiettando questo approccio come parte di un più ampio concorso globale tra democrazia e dittatura, di cui anche la Cina non è esclusa.
Per Biden, l’incontro con Putin è sicuramente un’opportunità per inviare segnali a più pubblici contemporaneamente, riaffermando il ritorno del multilateralismo, la fine dell’America First trumpiano, la rinnovata solidarietà transatlantica verso gli alleati europei, che ancor più degli americani avvertono la minaccia russa, oltre che per esplorare possibili aree di cooperazione con Putin e in parte per dissuaderlo dal perseguire azioni dirompenti all’estero,
Anche se non sarà una svolta, questo vertice serve anche a Putin il quale ne fa una dimostrazione di rispetto da parte americana e gli fa buon gioco per continuare a presentare al suo popolo la Russia come sempre importante sulla scena internazionale, proprio grazie al suo contributo: un summit con il presidente degli Stati Uniti sei mesi dopo il suo insediamento è un’approvazione implicita della posizione di Putin secondo cui i problemi davvero significativi che il mondo deve affrontare non possono essere risolti se la Russia è assente dal tavolo dei vertici.
Garry Kasparov, già membro dell’opposizione russa, ha “condannato l’idea di un vertice tra il leader del mondo libero e il dittatore di uno stato mafioso terrorista. Sappiamo cosa ottiene Putin da tali incontri. Senza vere elezioni, l’autorità di un dittatore deriva dalla sua presa sul potere: militare, di sicurezza interna ed economico”. “Un vertice con il Presidente degli Stati Uniti” – ha spiegato Kasparov – “ invia un messaggio che non importa quanto vadano male le cose in Russia, non importa quante sanzioni applichi l’Occidente, Putin è ancora il capo. Ciò è stato ulteriormente confermato quando l’amministrazione Biden ha rinunciato alle sanzioni sull’accordo sul gasdotto Nord Stream 2 tra Russia e Germania. La rinuncia è stata una tacita approvazione del signor Putin come un buon investimento nonostante le proteste globali per la sua incarcerazione del leader dell’opposizione Alexei Navalny, gli omicidi russi in Germania e nel Regno Unito e l’interferenza elettorale e l’hacking quasi ovunque”.
In questo senso, Putin prova a mandare anche un messaggio alla Cina, di cui non intende essere junior partner: “L’amicizia con Mosca è indissolubile”, ha affermato oggi il portavoce del ministero degli Esteri, Zhao Lijian, che ha dato “un consiglio a coloro che cercano di infilare un cuneo tra Cina e Russia: qualsiasi tentativo di interrompere i legami sino-russi è destinato a fallire”. E poi: Pechino e Mosca “sono unite. Sotto la guida dei presidenti Xi Jinping e Putin il rapporto tra i due Paesi ha resistito alla prova della mutevole situazione internazionale, divenendo un modello di nuove relazioni tra maggiori potenze”. Certo è che Biden non può fare a meno di provare ad aumentare la collaborazione con la Russia se vuole far fronte alla minaccia cinese. L’abbraccio di Pechino, peraltro, potrebbe danneggiare alla lunga tanto gli USA quanto la Russia.
Va detto, però, che solo l’incontro non basta di per sé e, considerando il lungo elenco di questioni su cui Biden e Putin non sono d’accordo, forse è saggio mantenere basse le aspettative per il vertice, ma nulla impedisce che l’obiettivo di gettare le basi per una futura cooperazione su questioni specifiche possa trovare una sua realizzazione. Un primo terreno di cooperazione potrebbe essere il controllo degli armamenti, visto che non più tardi di gennaio USA e Russia hanno prorogato il Trattato New START che limita il numero di armi nucleari strategiche che ogni paese può schierare ed è l’ultimo trattato sul controllo degli armamenti tra Stati Uniti e Russia. Sebbene le relazioni tra Stati Uniti e Russia siano state recentemente in una spirale discendente, c’è ancora spazio per la cooperazione. “Spero che il summit rappresenti un punto di partenza”, ha detto il vice ministro degli Esteri russo, Sergei Ryabkov, in un’intervista al giornale Izvestia, sostenendo che Mosca “ha presentato le sue proposte” agli americani. “E’ in corso il processo di valutazione interna. E’ difficile prevedere quanto tempo occorrerà”, ha detto, auspicando che il faccia a faccia tra Biden e Putin “dia inizio al lavoro, al difficile lavoro dei negoziati” e affermando che è necessario “limitare gli armamenti” e “rafforzare la stabilità strategica” anche perché la proroga del New START ha innescato un conto alla rovescia di cinque anni per raggiungere un accordo sostitutivo che sarà molto più difficile da raggiungere, dal momento che gli Stati Uniti vogliono nuove limitazioni ai veicoli di consegna di armi nucleari non strategiche, e la Russia vuole vincoli alla difesa missilistica. Biden e Putin dovrebbero anche prendere in considerazione l’avvio di discussioni parallele sulla riconsiderazione del Trattato INF (per i missili con gittata intermedia) e del Trattato Open Skies (in cui Biden, per ora, non intende rientrare) dai quali si è ritirato Trump oltre che per nuove regolamentazioni per il settore spazio e cyber.
La lotta al COVID-19 è un altro potenziale ambito di collaborazione. Sebbene sia gli Stati Uniti che la Russia abbiano avuto le loro lotte con la pandemia, l’entusiasmo della Russia di esportare il suo vaccino Sputnik potrebbe combaciare perfettamente con l’enfasi dell’amministrazione Biden sull’importanza di adottare un approccio globale per affrontare il virus.
Putin si è detto disposto anche a uno scambio di prigionieri. Già 2010 gli americani rilasciarono 10 spie russe e Mosca ne liberò 4 tra cui uno scienziato del programma atomico e l’ex spia Sergei Skripal, avvelenato insieme alla figlia Julia nel 2018 nel Regno Unito, ma sopravvissuto. Questa volta i prigionieri americani in mano russa sarebbero l’ex marine Trevor Reed e l’imprenditore Paul Whelan. Il primo sconta 9 anni di detenzione per aver colpito un poliziotto russo nel 2019, accusa che l’ambasciata americana in Russia ha definito “inconsistente”. Mentre Whelan è stato condannato lo scorso anno per spionaggio, accusa che lui nega, e condannato a 16 anni di prigione. Dal canto loro, gli amerindi dovrebbero liberare i russi Viktor Bout, famoso trafficante di armi con l’impiego di una flotta di aerei e noto anche come ‘il Mercante di morte’, condannato a 25 anni nel 2012 dopo una lunga estradizione dalla Thailandia, e il pilota Konstantin Yaroshenko, che dal 2011 sconta una pena a 20 anni per traffico di droga. Anche due anni fa, si parlò di un possibile scambio tra Whelan e Maria Butina, la 32enne spia russa coinvolta nell’indagine sul Russiagate che nel dicembre del 2018 ha ammesso di essersi infiltrata nella potente lobby delle armi americana Nra (National Rifle Association) per influenzare gli attivisti repubblicani, anche facendo ricorso alle relazioni amorose. Nell’ottobre del 2019, è stata trasferita in patria e ora si è candidata alle legislative russe previste per il prossimo settembre con il partito di Putin.
Non dovrebbero mancare tentativi di ripristino delle linee di comunicazione di alto livello tra Mosca e Washington: sia a livello diplomatico (con il ritorno degli ambasciatori, rispettivamente Sullivan e Antonov, presenti a Ginevra), sia a livello politico (attraverso un canale tra la Casa Bianca e il Cremlino o tra il Dipartimento di Stato e il Ministero degli Esteri russo), sia a livello militare e civile. Senza dimenticare questioni internazionali più limitate regionalmente come la Libia (dove gli Stati Uniti affiancano l’Italia nel processo che conduce alle elezioni), la Siria (dove la Russia figura tra i grandi protettori di Assad), l’Iran (dove in gioco c’è la ripresa dell’accordo sul nucleare), l’Afghanistan (da dove la NATO si è ritirata, ma i problemi restano).
Ma anche i progressi in queste aree specifiche non si tradurranno in una relazione stabile o prevedibile. Biden sa che Putin probabilmente eviterà quella strada ma sa anche che gli Stati Uniti non devono cercare di normalizzare completamente le relazioni: questo vorrebbe dire un benestare sulla condotta assunta da Mosca sinora e preoccuperebbe gli alleati. Obiettivo deve essere dunque il contenimento negli organismi multilaterali, facendovi ritorno, è con la deterrenza, in primis in ambito nazionale, rafforzando la democrazia americana, e poi in ambito NATO. Nel comunicato di ieri, l’idea di fondo c’è, ma ora servono i fatti dal punto di vista delle spese per l’ammodernamento nei vari settori della difesa, cyber compreso, ma anche da quello del Nuovo Concetto Strategico, ricordando che, per l’Alleanza, il primo e più importante fronte è ancora quello con la Russia.
In altre parole, dovrebbe alzare il costo politico delle azioni bellicose di Putin, promuovendo la democrazia ovunque la Russia tenti di minacciarla, non solo in modo esplicito come Georgia o Ucraina.
La cautela sia di Washington che di Mosca non sorprende. Il consigliere presidenziale russo Yuri Ushakov ha precisato che guarda al vertice «con pratico ottimismo». «Non sono sicuro che qualche accordo sarà raggiunto, vedremo, non lo so. Guardo all’incontro con pratico ottimismo, non con un grande ottimismo», in quanto «gli americani tendono a ignorare gli accordi raggiunti sotto l’amministrazione precedente, soprattutto se questa amministrazione era dominata da un altro partito politico».
E la storia ha qualcosa da insegnare: il 3-4 giugno scorsi ricorreva il cinquantesimo anniversario dall’incontro a Vienna tra i due leader americano e sovietico, John Fitzgerald Kennedy e Nikita Krusciov. Una vera e propria debacle diplomatica in cui Krusciov, al potere ormai da 8 anni, giunse convinto di poter mettere fare la voce grossa con il giovane neo-presidente americano. JFK arrivò al summit poco preparato e, sottovalutando il «contadino ucraino», si ritrovò di fronte ad un atteggiamento estremamente aggressivo. Pur avendo resistito a fare qualsiasi concessione su Berlino, «è stata la cosa peggiore della mia vita. Mi ha sbranato», confessò dopo Kennedy al giornalista del ‘New York Times’, Scottie Reston. Le conseguenze negative si manifestarono quasi immediatamente: due mesi dopo, con l’avallo di Mosca, le autorità della Ddr iniziarono a costruire il Muro.
Ora Biden sarà il quinto presidente americano di fila ad avere un bilaterale con Putin. Quest’ultimo è ben più ferrato nelle tattiche da usare in questo tipo di vertici, ma anche il Presidente USA ha una lunga esperienza internazionale che può tornargli utile per sondare la disponibilità effettiva russa ad una relazione più stabile e prevedibile con gli Stati Uniti. A prescindere da quello che dimostrerà Putin, la vera partita inizierà dopo Ginevra.