Il Presidente uscente è in pole position per venire riconfermato a Palazzo Belém, ma la pandemia e l’astensione potrebbero sbarrargli la strada: crisi sanitaria ed economica, Recovery Fund, Presidenza di turno dell’UE saranno, in ogni modo, le priorità del prossimo mandato presidenziale
In Portogallo, domenica 24 gennaio, nonostante il lockdown imposto per la seconda ondata di COVID-19, si apriranno i seggi per le prime elezioni che si tengono nell’Unione europea nel 2021, e cioè le elezioni presidenziali: la campagna elettorale, che ha preso avvio il 10 gennaio, si è conclusa oggi per garantire il silenzio elettorale domani, il giorno prima del voto.
Stando alle indicazioni fornite dalla Commissione nazionale per le elezioni, gli elettori su territorio nazionale potranno votare tra le 8 e le 19 di domenica, ma non oltre: quindi, sul finire, potranno votare solo coloro che si trovavano già all’interno dei seggi. Per gli elettori all’estero, invece, i seggi saranno aperti domani, dalle 8 alle 19, presso le varie ambasciate ed i consolati.
Sono più di dieci milioni i cittadini portoghesi registrati nelle liste elettorali, tra coloro che vivono nel territorio nazionale (9.314.947 ) ed all’estero (1.550.063), attesi alle urne. Nel pieno rispetto delle restrizioni anti-COVID-19, gli assembramenti sono comunque banditi tanto che il numero massimo di elettori per seggio elettorale è stato ridotto da 1.500 a 1.000, aumentando le sezioni: 12.287 in più rispetto a quelle previste per la tornata del 24 gennaio 2016. D’obbligo, oltre al distanziamento, sarà l’utilizzo delle mascherine, dei guanti e del gel – per i quali il governo di Lisbona ha previsto una spesa complessiva di 480mila euro – mentre è fortemente raccomandato l’uso di una penna personale.
Il voto sarà consentito anche agli elettori in quarantena: le loro schede elettorali, compilate anticipatamente tra il 14 e il 17 gennaio, sono state ritirate il 19 e il 20 gennaio dalle squadre municipali, appositamente bardate. Il Paese sta attraversando una fase critica dell’epidemia “ma non possiamo sospendere la democrazia”, ha affermato il sindaco di Loures, Bernardino Soares, per incoraggiare i volontari impegnati nella periferia settentrionale di Lisbona.
La questione numerica, come ha insegnato questo primo anno di pandemia, non è questione secondaria: in America, si è visto, la minaccia del contagio da coronavirus ha spinto molti elettori a mvotare per posta, aumentando la partecipazione. Tale fattore, lo è stato per l’America, ma lo sarà anche per il Portogallo, sarà determinante visto che non tutti – sono circa 250mila le persone che si sono registrate, delle quali l’80 per cento ha poi effettivamente partecipato – hanno deciso di ricorrere al voto postale, rischiando di portare a livelli record l’astensione che, già ai precedenti appuntamenti elettorali, era stata alta: alle elezioni del 24 gennaio del 2016 l’affluenza è stata del 48,66%, in lieve crescita rispetto al 46,5% di quelle tenutesi il 23 gennaio 2011.L
Il Vicepresidente della Commissione nazionale Giustizia e pace, Rosario Carneiro, attraverso l’agenzia stampa portoghese ‘Ecclesia’, ha esortato ad una “partecipazione massiccia” proprio per contrastare l’avanzata dell’estrema destra e “difendere i valori che segnano la cultura portoghese”. È “molto preoccupante ciò che si è sentito in questa campagna, con un discorso estremista che propone l’esclusione delle minoranze indicandole come responsabili della situazione più faticosa in cui siamo”, ha riferito Carneiro. È un “cambiamento molto significativo nella nostra matrice umanitaria che mira alla dignità della persona e all’inclusione di tutti, secondo i principi della giustizia sociale”. Certo “la pandemia cambia le prospettive prioritarie in termini di interesse” e la partecipazione può essere penalizzata dagli inviti del governo a rimanere a casa per evitare la diffusione del virus. Ma l’appello di Carneiro è di andare a votare, perché “un modo per salvaguardare la matrice umana della democrazia è la partecipazione elettorale”.
Il Paese, va ricordato, dal 15 gennaio, è di nuovo in un lockdown molto simile a quello della prima ondata del Covid-19 nella primavera 2020. Ciò nonostante, la scorsa settimana, dopo un vertice tra tutti i partiti, il Presidente Marcelo Rebelo de Sousa ha escluso uno slittamento delle elezioni in quanto questo avrebbe implicato una revisione costituzionale che avrebbe richiesto una maggioranza parlamentare che al momento non c’è. E rispondendo ad una domanda su un possibile aumento dell’astensione, Rebelo de Sousa ha affermato che tutti i cittadini “devono capire” l’importanza del voto “non perdendo l’opportunità di partecipare in un momento chiave nel mezzo di una pandemia e di una crisi economica e sociale“. Senza imbarazzo, de Sousa non ha fatto mistero la sua preoccupazione per l’astensione che “èil mio grande nemico. Se domenica più del 65% dei portoghesi resta a casa, il grande perdente sarò io, non Ana Gomes o altri candidati. Se si tenesse un secondo turno, sarebbe drammatico perché aumenterebbe la tensione e il malcontento tra le persone”.
In gioco, l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, il decimo da quando nel 1974 venne instaurata la democrazia dopo la ‘rivoluzione dei garofani’ che ha messo fine al regime di Salazar e che che potrebbe essere eletto già al primo turno, ma, in caso di mancato superamento della metà dei voti validamente espressi, ci sarà un ballottaggio tra i due candidati più votati, il 14 febbraio successivo.
Sette i candidati in lizza, sebbene siano otto i nomi che gli aventi diritto troveranno scritti sulle schede elettorali dato che la domanda dell’ufficiale militare Eduardo Baptista è stata respinta per diverse irregolarità.
Nonostante la presenza di diversi concorrenti per Palazzo Belém, il capo di Stato uscente di centro-destra, Marcelo Rebelo de Sousa, ex docente di diritto, è in pole verso la rielezione al primo turno, con i sondaggi che che lo vedono in testa con circa il 60-65% delle preferenze, riscuotendo consensi bipartisan.
Candidato 72enne del Partito Socialdemocratico (PSD), aveva già vinto al primo turno nel 2016 con il 52 per cento dei voti e niente esclude, stando alle rilevazioni, che ciò possa riaccadere.
Già docente ordinario di diritto e Presidente dell’Istituto di scienze giuridiche e politiche della facoltà di Giurisprudenza dell’università di Lisbona, giornalista e analista politico, de Sousa fece i primi passi nel Partito socialdemocratico poco dopo la sua fondazione nel maggio 1974. Nemmeno un anno dopo, venne eletto deputato all’Assemblea costituente, prendendo parte ai lavori di stesura della Costituzione del 1976, attualmente in vigore.
Vent’anni dopo, nel 1996, divenuto Presidente del PSD, Rebelo de Sousa fu uno dei maggiori promotori dell’adesione del partito, fino ad allora membro dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa, al Partito Popolare Europeo (PPE). Questo gli consentì di ricoprire, tra il 1997 ed il 1999, la carica di Vice-Presidente del PPE. All’incirca negli stessi anni, divenne il mediatore cruciale per far ripartire il dialogo, minterrotto per oltre un ventennio, tra il Partito socialdemocratico ed il Partito Comunista Portoghese (PSP).
Da molti, Rebelo de Sousa è ricordato per il referendum del 28 giugno 1998 sull’aborto che ha visto prevalere il ‘no’ con il 51% dei voti, seppur con quasi 6 milioni di elettori astenuti: viene considerata una suo successo ato che, da conservatore e cattolico, si dichiarò il leader dell’ala antiabortista. Quella ‘vittoria’, l’11 febbraio del 2007, in un secondo referendum nazionale, venne ribaltata, con il 59% dei portoghesi voti favorevoli alla depenalizzazione dell’aborto.
Lo contraddistingue positivamente, oltre alla lunga esperienza, una comunicazione molto semplice ed efficace, e scelte simboliche come rinunciare alla scorta e alla residenza ufficiale a Belém per scegliere la sua casa privata di Cascais. Da nuotatore esperto, si è reso popolare per le sue nuotare mattutine e anche quando ha salvato due bagnanti il cui kayak si era rovesciato.
A renderlo molto apprezzato in modo trasversale, come certificano i sondaggi, anche la sua disponibilità al dialogo col Premier Costa, il cui partito, infatti, non ha presentato alcun candidato. Essendo leader del PSD, De Sousa – che è sostenuto anche dal CDS-PP (Partido do Centro Democratico Social-Partido Popular) – non è espressione della maggioranza di governo bensì del partito conservatore all’opposizione. Il sostegno di Costa è conveniente per entrambi e, dalla percentuale di consensi ottenuta, dipenderà la sua forza di mediazione. Che potrebbe tornare utile qualora il fragile governo di minoranza, recentemente orfano dell’appoggio del Blocco di sinistra, entrerà in crisi. In tal caso, per i socialisti, secondo alcuni analisti, potrebbe essere preferibile che il Presidente non stravinca così da consentire loro di spostarsi più a sinistra, sebbene, tuttavia, questa eventualità rischi di minare l’equilibrio con cui finora si è sviluppato il rapporto istituzionale tra governo e presidenza.
A contendersi il secondo posto, l’ex-eurodeputata (tra il 2004 e il 2019) del Partito Socialista (PS), Ana Gomes, 66 anni, già avvocata e diplomatica, correrà senza il sostegno dei socialisti, ma sarà sostenuta dai partiti PAN (Pessoas-Animais-Natureza) e Livre e viene data al 11.5-13%; il fondatore (nel 2019) del partito di estrema destra Chega (Basta), Andrè Ventura, 37enne consulente ed ex commentatore sportivo, bersaglio di critiche per una cena organizzata con 170 simpatizzanti in un luogo chiuso in barba alle restrizioni anti-contagio, è quotato al 8-10% sebbene il suo partito alle elezioni politiche non abbia mai ottenuto oltre l’1%.
Il suo risultato, non essendo elezioni legislative, non cambierà gli equilibri politici nazionali, ma fornirà un chiaro segnale di come e se il Portogallo, finora tra i pochissimi Paesi europei a non essere toccato dal vento sovranista, sia ancora tale. Richiamo al liberismo, ai valori cattolici, alla difesa della famiglia, contrasto all’’islamizzazione’ dell’Europa, critica all’establishment, tolleranza zero nei confronti della criminalità ai limiti del razzismo e della xenofobia, sono tutti ingredienti del programma politico di Chega, ma che non sono una novità nel panorama del sovranismo-populismo.
La storia di ‘Chega’ inizia con la registrazione nell’elenco dei partiti politici ufficialmente riconosciuti dal Tribunale Costituzionale il 9 aprile 2019. Neanche tre giorni dopo, il neo-partito avrebbe reso nota la volontà di partecipare alle elezioni europee del maggio seguente, che però si rivelò un buco nell’acqua.
Pochi mesi dopo, alle successive legislative, anch’esse svoltesi nel 2019, Chega fa il suo primo ingresso nell’Assemblea della Repubblica, ottenendo l’1.29% dei voti, ossia 67.826 preferenze. Briciole, ma sufficienti a far conquistare un seggio al fondatore André Ventura. La svolta si ha l’anno scorso, con le elezioni legislative nella regione autonoma delle Azzorre dove Chega, conquista il 5,1% delle preferenze e ben due seggi. Niente esclude che il malcontento per la gestione della pandemia possa gonfiarne le vele, ma, i sondaggi non danno certezze al riguardo.
In corsa per la Presidenza della Repubblica, anche Joao Manuel Ferreira, 42enne candidato della Coalizione democratica unitaria (CDU), l’alleanza tra il Partito comunista portoghese (Pcp) e dal Partito ecologista verde, al momento è consigliere comunale di Lisbona e siede all’Europarlamento, dove è Vicepresidente del gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica. Secondo i sondaggi, Ferreira potrebbe raccogliere il 7,5% dei voti, seguito, con poco più del 5,5 per cento, dalla candidata del Bloco de Esquerd (Blocco di Sinistra, Be), Marisa Matias, 44 anni, che è una sociologa ed eurodeputata, ma che già nel 2016 si era candidata alla presidenza, conquistando il terzo posto con il 10,12% dei voti.
C’è poi il candidato di Iniziativa Liberale (IL), Tiago Mayan, avvocato ed ex militante del Partito socialdemocratico, che riuscirebbe a conquistare poco più dell’1 per cento. Infine, il candidato di Reagire Includere Riciclare (RIR), il 49enne Vitorino Silva (alias Tino de Rans), dato molto al di sotto dell’1%.
Quest’ultimo, sulla base delle dichiarazioni presentate da tutti i candidati, in questa campagna elettorale, avrebbe speso solo 16mila euro, 10mila in meno di quanto speso dall’attuale Presidente della Repubblica, de Sousa (25 mila euro). Il leader dell’Iniziativa Liberale, Tiago Mayan, ha reso nota una spesa di 40 mila euro, mentre l’ex deputato del PS, Ana Gomes, avrebbe previsto un costo di 50mila euro. Il candidato del partito di estrema destra Chega, Andre Ventura, ha fatto sapere di aver investito 60mila euro, molto meno di quanto fissato dalla candidata del Blocco Sinistra, Marisa Matias (256mila euro), che è comunque incomparabilmente inferiore ai 450mila euro destinati dal candidato di Coalizione democratica unitaria, Joao Ferreira. Tutti insieme avrebbero speso complessivamente 1 milione di euro.
Comunque vada, il prossimo Presidente della Repubblica entrerà in carica il 9 marzo 2021, che è l’ultimo giorno del mandato quinquennale dell’attuale Presidente de Sousa. Occorre sottolineare che, nonostante l’elezione diretta, il Presidente portoghese, in qualità di capo di Stato, ha il potere di nominare il Premier e sciogliere il parlamento.
Non bisogna poi dimenticare che le prossime elezioni legislative si terranno nel 2023, che dovranno rinnovare un parlamento composto da 230 membri con un mandato di 4 anni e il risultato determinerà chi sarà il Primo Ministro e quale sarà la maggioranza di governo. Ma prima ci saranno elezioni locali, che costringeranno i partiti a guardarsi dentro.
Una cosa è certa: l’emergenza sanitaria causata dalla pandemia di coronavirus ha monopolizzato la campagna elettorale, visto che pochi giorni fa il governo ha imposto un nuovo confinamento. Lo stesso Presidente è risultato positivo e ha dovuto rinunciare ad alcuni impegni. “Le drammatiche circostanze della pandemia mi hanno costretto a ribaltare la campagna e ad essere per il 50% presidente e un altro candidato” ha confessato De Sousa, non nascondendo un po’ di stanchezza.
Positivi sono risultati anche la Ministra del lavoro, Ana Mendes Godinho, e il Ministro dell’economia, Pedro Siza Vieira, il quale è in autoisolamento fin dal 16 gennaio, come misura precauzionale, giacché il Ministro delle finanze, João Leão, aveva ottenuto esito positivo al tampone in seguito a un incontro con alti funzionari dell’Ue, a cui hanno partecipato lo stesso Siza Vieira e il Premier Costa.
Nel Paese lusitano, la terza ondata del Covid-19 sta raggiungendo il suo picco con una media di oltre 10 mila nuovi contagiati e più di 200 morti al giorno. Si parla, a questo riguardo, di un morto ogni sette minuti. Il sistema sanitario è allo stremo, con 5.291 pazienti ricoverati, di cui almeno 670 in terapia intensiva. Del resto, il numero di posti letto in terapia intensiva in rapporto alla popolazione è basso e questo ha reso necessaria la costruzione di reparti COVID-19 e di strutture nelle quali svolgere le attività di pronto soccorso. L’ordine dei medici ha parlato di “sofferenza etica” di chi lavora nei reparti COVID-19 e ha detto che “gli operatori sanitari non sono più in grado di salvare tutte le vite”. anche perché numericamente sono pochi. Se si considera che il Portogallo conta 10 milioni di abitanti e che dall’inizio della pandemia si sono registrati 581.605 contagi e 9.465 decessi, la preoccupazione non può che salire.
Con questi numeri, ha iniziato a farsi sentire il diffuso malcontento tra la popolazione per la gestione del governo a guida socialista del premier, Antonio Costa, che fino a poco tempo fa era molto gradito agli elettori. Il governo portoghese si assume la “piena responsabilità delle circostanze in cui si trova oggi il Paese”, ma ha cercato sempre di “adottare misure basate sulle migliori informazioni scientifiche”. Lo ha affermato il primo ministro, Antonio Costa, in risposta al leader di Cds-Partito popolare, Telmo Correira, ammettendo che se avesse saputo “quello che sa oggi” non avrebbe mantenuto le “misure meno restrittive” durante il periodo natalizio. “Le misure” – ha precisato – “vengono adottate in base alle circostanze e ai dati in nostro possesso. Se pensate di risolvere i problemi del Paese dicendo che è stata colpa mia per il modo in cui le famiglie hanno festeggiato il Natale e per questo siamo così come siamo, mi sto già offrendo a quel sacrificio e lascio alla vostra coscienza se pensate che io sia stato responsabile della situazione in cui ci troviamo”, ha concluso Costa.
Il Portogallo figura, di fatti, tra i Paesi che hanno affrontato il periodo delle festività natalizie con più leggerezza ed un maggiore allentamento delle restrizioni rispetto ad altri Paesi europei: il 24 e il 25 dicembre era stato abrogato il limite massimo di 10 persone presenti agli incontri privati e il coprifuoco era stato spostato dalle 11 di sera alle due di notte. Maggiori libertà erano state consentite, in un primo momento, anche per il 31 dicembre, ma poi, come in un’inversione a U, il governo ha imposto il coprifuoco alle 11 di sera la vigilia di Capodanno e a partire dall’una di pomeriggio tra il primo gennaio e il tre gennaio.
Questo si sarebbe rivelato il passo falso definitivo, ma, in realtà, il tentativo di contrastare la seconda ondata pandemica, a partire dalla fine di ottobre, era iniziato in modo più soft, con misure differenziate su base comunale a seconda del livello di rischio presente. Solo nei territori più in preda alla pandemia, è stato istituito un lockdown pomeridiano e serale nei fine settimana e sono state decise restrizioni alle attività commerciali e di ristorazione.
A causa degli storici rapporti con il Brasile, in Portogallo si sono trovati i primi casi di ‘variante brasiliana’ in Europa, il che ha causato il blocco dei voli con destinazione Inghilterra e Angola, Paesi che non vogliono importare la variante brasiliana. A decidere per prima il blocco era stata, l’Inghilterra, già alle prese con l’aggressiva variante inglese. Il Ministro degli Esteri portoghese Augusto Santos Silva ha parlato di decisione “assurda e priva di logica“, sottolineando: “Non ne conosco i motivi. E’ arrivata all’improvviso, del tutto inaspettata. E con un preavviso di sole 11 ore ha colpito le persone cogliendole impreparate. Alle 5 del pomeriggio ci hanno comunicato che la decisione diventava operativa alle 4 del mattino successivo”. “Quella di Londra è una decisione estrema che però non avrà un grande impatto a fronte dell’intenso lockdown in vigore in Inghilterra”, ha aggiunto Santos Silva.
Il 15 gennaio, il governo ha provato a correre ai ripari, approvando un decreto d’urgenza che prevedeva la chiusura per le prossime due settimane di tutte le scuole ed università del Paese mentre i Vescovi hanno annunciato “a malincuore”, ma “con senso di responsabilità” lo stop alle messe e alle altre attività pastorali. Tre giorni dopo, viene deciso un lockdown severo. La durata del lockdown è di quindici giorni ma probabilmente verrà estesa di altre due settimane e il primo ministro ha già annunciato un irrigidimento delle misure, come il divieto di spostamento tra comuni nel fine settimana, il divieto di vendita al dettaglio di bevande.
Il problema è ora, però, la riottosità dei cittadini: se nella prima ondata, si era parlato finanche di un ‘modello portoghese’, per l’abilità dimostrata dal governo di Lisbona nel contenere il virus giocando sul tempo – il lockdown venne imposto quando erano stati registrati solo 245 casi è neanche 3 decessi in zone molto circoscritte – e per il senso di responsabilità dimostrato dai portoghesi, in questa fase, come ammesso dalla Ministra della Salute, Marta Temido, è cambiata la mentalità di molta gente, non più disposta a rispettare le restrizioni, come se si fosse assuefatta al sempre alto numero di contagi e decessi.
“Ti bacio. Come un Presidente della Repubblica. Ma anche come amico. Perché un insegnante è sempre un amico”, ha detto in un’intervista televisiva il Presidente de Sousa, criticato recentemente per la gestione non più efficace della pandemia, da lui, peraltro, riconosciuta.
Anche perché alla crisi sanitaria, si accompagna, come in quasi tutto il mondo, la crisi economica che rischia di essere, per il Portogallo, simile alla crisi finanziaria del 2008, dalla quale è uscito dopo anni di ‘austerity’. Il ‘Financial Times’, a tal proposito, ha scritto che lo «shock immediato sull’economia [causato dalla pandemia]è stato ben più grande di quello provocato dalle crisi che avevano colpito il paese tra il 2009 e il 2014».
Se prima della pandemia, grazie alle politiche del governo socialista di Antonio Costa, il PIL era cresciuto per sei anni (cioè ben 25 trimestri) consecutivi, il bilancio dello Stato era tornato in attivo dopo ben 45 anni di passivo e la disoccupazione aveva raggiunto il livello più basso dal 2004, è possibile che le conquiste possano essere di nuovo messe in discussione: la banca centrale portoghese ha stimato, per il 2020, un crollo del PIL nazionale pari all’8,1% e, per il 2021, una disoccupazione a quota 9%. Come se non bastasse, secondo alcuni economisti, è possibile che, alla fine di quest’anno, dei 360 mila posti di lavoro creati negli ultimi quattro anni, ne spariscano i due terzi, cioè 240 mila. Non è atteso un ritorno dell’economia ai livelli pre-pandemici prima del 2023. Tra i settori più colpiti, sarà quello del turismo, su cui si basa un pezzo dell’economia nazionale e che fu fondamentale nella rinascita del Portogallo dopo la crisi finanziaria del 2008.
Inoltre, stando ai dati forniti dalla Commissione europea, l’anno scorso il debito pubblico portoghese ha sfondato il 135% del PIL rispetto al 117% del 2019: «Non abbiamo lo spazio di manovra di cui abbiamo bisogno [in termini di possibile aumento del debito pubblico]e questo crea una sensazione di ansia che colpisce la coscienza collettiva», ha dichiarato Ricardo Baptista Leite, portavoce sui temi di salute del PSD, il principale partito di opposizione, di centrodestra, di cui è espressione il Presidente de Sousa. Anche secondo il ‘Financial Times’, «l’impatto economico della pandemia ha risvegliato ricordi dolorosi della crisi del debito, proprio quando questi ricordi cominciavano a svanire».
L’uscita dalla crisi sarà possibile solo grazie ad una lungimirante azione di governo come quella – fatta di austerità richiesta dai creditori per rimettere in sesto i bilanci, unita all’adozione di politiche progressiste – messa in campo, a partire dalla sua nascita nel 2015, dal governo Costa (e dall’economista socialista Mário Centeno, Ministro delle Finanze tra il 2015 e il 2020 e, successivamente, Presidente dell’Eurogruppo tra il 2018 e il 2020), frutto di un’alleanza del partito socialista con il radicale Bloco de Esquerda e il Partito Comunista. Una formula non più adottata dopo le elezioni dell’ottobre 2019 (dove i socialisti non ottennero la maggioranza assoluta dei seggi) a causa del fallimento dei negoziati che però sono riusciti ad ottenere un appoggio esterno di quegli stessi partiti di sinistra. L’appoggio dei radicali del BE è venuto meno lo scorso novembre quando in ballo c’era la votazione della legge di bilancio. Solo l’astensione dei comunisti, favorita dall’ampio piano di aiuti sociali concesso da Costa, ha potuto evitare la crisi di governo.
Momenti di tensioni si sono registrati anche per il voto contrario del Bloco de Esquerda e del Partito Comunista insieme a quello dei partiti di destra rispetto al tentativo del governo Costa di destinare 474 milioni di euro al Novo Banco, istituto bancario sorto nel 2014 sulle macerie del Banco Espírito Santo, è che al momento presenta come azionisti, per il 25%, un Fondo portoghese e, per il 75%, la società statunitense Lone Star. Il governo portoghese è stato costretto a rassicurare gli investitori internazionali che gli impegni presi su Novo Banco saranno rispettati, e, per questo, ha intrapreso azioni legali con l’intento di ribaltare il veto parlamentare.
Segnale pessimo, come si vede in questi giorni in Italia, per la stabilità e la sopravvivenza dell’esecutivo. “Nessuno capisce come nel momento in cui stiamo combattendo un’enorme battaglia per contenere la pandemia, per curare le persone malate, per prevenire più morti, per assicurare le aziende, per assicurare i posti di lavoro, per proteggere i redditi, ci sia chi si mette ad aprire crisi politiche. È uno scenario che a me non passa per la testa” è l’auspicio di Costa. Ma l’esempio italiano rende plasticamente l’idea di come una crisi ‘pazza’, non compresa dal Paese, possa divenire realtà nel giro di poche ore, nonostante il momento tragico attuale.
Molto dipenderà da come l’esecutivo utilizzerà il Recovery Fund, anche noto come NextGenerationEU, che per il Portogallo prevede 13 miliardi di euro di sussidi e 14 miliardi di euro di prestiti, in arrivo entro il 2026 dal Fondo per la ripresa dell’Unione Europea. Tuttavia, il governo portoghese non vorrebbe chiedere prestiti almeno finché l’andamento del debito pubblico non lo consentirà. Il Paese lusitano, però, è stato il primo a presentare il piano nazionale a Bruxelles e sono in corso vertici settimanali tra la Commissione UE e il Governo per definire il Piano entro la fine di gennaio. Il PNRR portoghese, che riguarderà soprattutto la transizione digitale e climatica, è seguito da una task force coordinata con uno steering committee presieduto dal Primo Ministro Costa.
“I prossimi cinque anni saranno molto diversi e anche più impegnativi dei precedenti. La mia massima priorità nel 2021 sarà la pandemia. Aiuta i portoghesi a riprendersi dalla crisi economica e sociale da essa causata, evitando che le grandi disuguaglianze sociali esistenti nel Paese si aggravino ancora di più. Che i prossimi fondi europei siano ben utilizzati per apportare le necessarie modifiche strutturali al tessuto imprenditoriale, alla pubblica amministrazione e alla giustizia. Infine, che il Portogallo continua ad essere dall’Europa quella piattaforma di intesa con l’Africa, l’India, il Brasile. Senza dimenticare i rapporti di fratellanza e vicinanza con la Spagna”, ha illustrato de Sousa, non tralasciando il tema del decentramento regionale a riguardo del quale ha precisato: “Per andare avanti con la regionalizzazione, come stabilito dalla Costituzione portoghese, deve prima essere approvata dal governo e dal parlamento portoghese. Non metterò alcun ostacolo alla regionalizzazione durante il mio secondo mandato, se l’esecutivo lo decide e ha il via libera dell’Assemblea della Repubblica”.
Non si può non sottolineare che il governo è anche già alle prese con l’avvio del turno di Presidenza portoghese dell’Unione Europea. L’occasione è irripetibile è piuttosto in discesa perché il Premier António Costa può beneficiare dei risultati ottenuti da Angela Merkel (la Germania ha assunto la Presidenza da giugno a dicembre 2020): si va dall’accordo concluso sul quadro finanziario pluriennale e il Recovery fund, all’intesa su ‘Brexit’ tra il Regno Unito e l’Unione europea. Per non parlare dell’arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca, che dovrebbe inaugurare una nuova stagione dei rapporti transatlantici.
Una settimana fa, il 15 gennaio, ha avuto luogo la prima visita ufficiale di Ursula von der Leyen a Lisbona per l’inaugurazione della Presidenza portoghese del Consiglio dell’Unione europea, iniziata il 1 gennaio. “È tempo di agire: per una ripresa giusta, verde e digitale”. Queste le parole con cui il Primo ministro portoghese, Antonio Costa, ha accolto la Presidente della Commissione UE ed ha riassunto le sue priorità per questo semestre europeo: ripresa economica, vaccinazioni, lotta alle disuguaglianze.
“Nei prossimi mesi, ci si dovrà concentrare su alcune priorità importanti. Prima fra tutte, la vaccinazione di massa, la luce in fondo al tunnel di questa pandemia, di questa situazione così difficile. La Commissione europea si è adoperata senza sosta per garantire un numero sufficiente di dosi tra i vaccini più promettenti”, ha affermato Von der Leyen, avvertendo: “Dobbiamo rimanere vigili poiché non siamo ancora fuori pericolo, nonostante i vaccini. Le nuove varianti scoperte di recente sono davvero preoccupanti, in quanto accelerano la velocità di diffusione del virus. Abbiamo quindi urgente bisogno di rafforzare le nostre capacità di sequenziamento nell’Unione europea. Questo è l’unico modo non solo per individuare le varianti del virus, ma anche per reagire rapidamente ad esse”.
E poi, ha rimarcato la Presidente della Commissione europea, “un’altra priorità è la ripresa economica. So di poter contare sulla leadership della Presidenza portoghese. Lavoreremo in stretta collaborazione con gli Stati membri per finalizzare i loro piani nazionali per la ripresa e la resilienza. Il nostro obiettivo è quello di far sì che i fondi di NextGenerationEU comincino ad arrivare nelle tasche dei cittadini e delle imprese, che ne hanno davvero bisogno adesso, prima della fine della presidenza portoghese”.
Von der Leyen ha poi aggiunto: “Ringrazio Antonio Costa per aver espresso il suo sostengo a favore delle priorità di questa Commissione, che sono il Green Deal europeo e il Decennio digitale dell’Europa. Ma la dimensione sociale della ripresa è altrettanto cruciale. L’Europa esiste in virtù dei benefici che arreca alle persone. Ai lavoratori, alle piccole imprese. Opportunità di lavoro per i giovani, per le giovani generazioni che hanno bisogno di prospettive. Di solidarietà in tempo di crisi”. Chiunque uscirà Presidente dalle elezioni di domenica, dovrà quindi gestire sfide cruciali per il destino non solo del Portogallo, ma dell’intera Europa.