Leone persiano e Dragone cinese, accomunati da una forte rivalità con gli Stati Uniti di Donald Trump, sarebbero molto vicini a sottoscrivere un accordo di partnership strategica della durata di ben 25 anni. Per il Medioriente nuove tensioni in vista?

 

 

All’insegna del motto ‘il nemico del mio nemico è mio amico’, stando alle indiscrezioni trapelate pochi giorni fa sulle pagine del ‘New York Times’, Iran e Cina, accomunati da una forte rivalità con gli Stati Uniti di Donald Trump, sarebbero molto vicini a sottoscrivere un accordo di partnership strategica della duratura di ben 25 anni. Un progetto che viene proposto per la prima volta nell’incontro a Teheran, nel 2016, tra il Presidente cinese Xi Jinping, il Presidente iraniano Hassan Rouhani è la Guida Superman Ali Khamenei.

Il documento, di cui il ‘New York Times’ ha pubblicato una bozza, prevederebbe una cooperazione militare su larga scala tra i due Paesi, comprese esercitazioni militari congiunte e sviluppo condiviso delle industrie nel campo della difesa tramite una commissione bilaterale ad hoc. Questa cooperazione potrebbe dare modo a Teheran, a detta di diversi analisti, di migliorare le proprie capacità missilistiche e, addirittura, nucleari. A ciò, sebbene sia stato smentito da tutti, si aggiungerebbe per la Cina la possibilità di inviare 5mila uomini sul territorio e di prendere il controllo di alcune isole iraniane nel Golfo Persico.

Se così fosse la Cina otterrebbe un vantaggio strategico non indifferente sia nei confronti degli Stati Uniti sia data l’importanza di Hormuz per i commerci globali, dove passa il 18% del petrolio mondiale oltre ad essere teatro delle operazioni della V Flotta USA. La tecnica del ‘filo di perle’ attuata nell’Oceano Pacifico potrebbe tornare utile a Pechino anche nel Golfo Persico, ma, è la denuncia dei nazionalisti populisti iraniani come l’ex Presidente Mahmoud Ahmedinejad, un accordo di questo tipo sarebbe un alto tradimento della popolazione iraniana in quanto andrebbe a minare la sua sovranità.

Va detto che la collaborazione militare tra Iran e Cina ha dei trascorsi in passato. Già durante la guerra tra Iran e Iraq, la Cina fornì a Teheran il 22% del totale delle importazioni di armi e nel gennaio 1990 i due Stati sottoscrissero un accordo di dieci anni che riguardava la collaborazione a livello scientifico e il trasferimento di ritrovati tecnologici ad uso militare, anche in campo nucleare. Due anni dopo, in occasione di un suo viaggio in Cina, il Presidente iraniano Akbar Hashemi Rafsanjani  firmò un nuovo accordo di cooperazione nucleare che portò, nel febbraio del 1993, all’avvio della costruzione da parte cinese di due reattori nucleari 300-MW nella Repubblica Islamica. A due anni di distanza, nel 1995, su pressione degli Stati Uniti, Pechino sospese la vendita dei due reattori, ma non la fornitura di prodotti o componenti missilistici.

Al momento, il Leone persiano, fiaccato dalla ‘massima pressione’ americana basata sulle sanzioni oltre che, più recentemente, dalle conseguenze economiche della pandemia di Coronavirus, è in debito di ‘ossigeno’, ha bisogno di ricominciare ad esportare petrolio, sua principale fonte di entrate, in quantità massicce. E la Cina, sempre più ‘affamata di energia’ e che importa oltre il 70% del petrolio necessario dal Medioriente, è il cliente ideale: la bozza di accordo  afferma che il governo cinese “diventerà un regolare importatore di petrolio iraniano”, con uno sconto del 32% e uno stop al pagamento per due anni, e “spera che l’Iran presterà attenzione alle preoccupazioni della Cina in merito al ritorno degli investimenti nel settore petrolifero del Paese”. Pechino mette sul tavolo ben 400 miliardi di dollari di investimenti in infrastrutture ferroviarie, autostradali, aeroportuali, portuali (come quelli a Jask e sull’isola di Qeshm) e tecnologiche come il 5G – con il coinvolgimento di Huawei – ma anche a livello finanziario e creditizio. Quando si parla di infrastrutture, il riferimento è naturalmente al progetto delle Nuove Vie della Seta, fiore all’occhiello della politica estera che però non convince totalmente neanche molti iraniani, tra i più nazionalisti, che temono la famosa ‘trappola del debito’.

“Non c’è nulla da nascondere sull’affare. Ogni fase è stata trasparente e, una volta finalizzata, i dettagli saranno resi pubblici ”, ha dichiarato il ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif la scorsa settimana, quando gli è stata contestata, soprattutto dai conservatori, in Parlamento, la scarsa trasparenza sul dossier. Se è vero che l’accordo ha già il sostegno della Guida Suprema Ali Khamenei, è anche vero che per entrare in vigore deve ricevere, secondo l’articolo 77 della Costituzione, l’approvazione da parte dell’Assemblea legislativa e qui i giochi sembrano tutt’altro che fatti. D’altra parte, però, a rischiare di più è soprattutto il governo e, in particolare, l’attuale capo della diplomazia, già fautore di quell’accordo sul nucleare considerato da molti iraniani una svendita del Paese a Washington.

Ciò detto, l’effetto della ‘massima pressione’ rischia di essere contrario alle aspettative: invece di indurre al collasso il regime iraniano, lo spinge tra le braccia del ‘nemico’, che lo sostiene. Quello che appare chiaro è il cambio di passo che una partnership strategica con Teheran segnerebbe per Pechino, rimasta, a differenza degli USA, nell’accordo nucleare JCPOA, nel suo approccio al Medioriente: sempre più attiva e coinvolta nelle dinamiche regionali, in aperta competizione con gli Stati Uniti, ma senza tralasciare la necessità di non compromettere le relazioni con altri importanti fornitori di energia come Arabia Saudita, Emirati Arabi, Paesi sunniti rivali della Repubblica Islamica. Quali conseguenze attendersi, allora, per il Medioriente? Per comprendere meglio i termini della questione,  abbiamo parlato con Ross Darrell Feingold, noto esperto di Asia.

 

Negli ultimi giorni si è tornato a parlare delle relazioni tra Iran e Cina, in seguito alla diffusione da parte di alcune testate internazionali di una bozza di ben 18 pagine di accordo di partnership strategica della durata di 25 anni tra i due Paesi. L’intesa comprenderebbe 400 miliardi di dollari di investimenti cinesi in Iran. Prima di entrare nei dettagli, chi ci guadagna di più e chi di meno tra Pechino e Teheran da un accordo di questo tipo?

 Questa è una relazione benefica per entrambe le parti. La Cina avrà accesso al mercato in un paese con una popolazione numerosa e altamente istruita per la quale rimane la speranza che le sanzioni saranno ridotte o eliminate in futuro; in tal caso, la Cina avrà il vantaggio di “primo motore” come partner commerciale. Nel frattempo, ci sono anche opportunità di espandere il progetto Belt and Road attraverso l’Iran. La possibile elezione di Joe Biden rende probabile il ripristino del Piano d’azione comune congiunto in qualche forma, il che faciliterà una certa riduzione delle sanzioni. La Cina ottiene anche un sostenitore diplomatico; che si tratti della preoccupazione per il trattamento della minoranza musulmana nello Xinjiang, a Hong Kong o in altre questioni, la Cina avrà il sostegno a lungo termine dell’Iran in organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite. Per l’Iran, ottengono il potenziale per denaro e altri tipi di investimenti come il trasferimento di tecnologia, la cooperazione militare e, analogamente, il supporto diplomatico. La Cina promuoverà il ripristino del JCPOA e fungerà da ‘cuneo’ tra gli Stati Uniti e i Paesi dell’Unione europea con un interesse per le questioni relative all’Iran.

Quanto conta la comune rivalità con gli Stati Uniti in questo forte avvicinamento tra Iran e Cina?

 Gli Stati Uniti sono un fattore chiave nella decisione di Iran e Cina di stipulare questo accordo. Entrambi i paesi hanno molte ragioni per cercare amici che non sono in buoni rapporti con gli Stati Uniti, quindi questa è una relazione naturale. Tuttavia, c’è un aspetto importante da tenere presente, che è che, anche se le relazioni USA-Cina fossero migliori al momento, la Cina e l’Iran probabilmente stipulerebbero comunque questo accordo o troverebbero altri modi per migliorare le loro relazioni bilaterali

“Fondamentalmente, non esiste una dicotomia come quella occidentale e orientale nella nostra politica estera. La Repubblica islamica non si sta limitando a nessuna delle due parti. Siamo pronti per accordi simili con qualsiasi Paese basato sulla fiducia reciproca “, ha detto il portavoce del governo Ali Rabiee. Diversi esperti hanno sottolineato come questa mossa di Teheran non è una novità nella tradizione diplomatica persiana. Il Leone persiano si inchina al dragone cinese, venendo meno ad principio cardine della politica estera della Repubblica Islamica dal 1979 in poi, e cioè ‘no a Est, no a Ovest’?

 La realtà è che dopo la Rivoluzione, l’Iran ha guardato alla politica orientale. Durante la guerra fredda le sue relazioni con l’Unione Sovietica e i paesi del blocco orientale erano molto migliori delle sue relazioni con gli Stati Uniti e l’Europa occidentale, e negli ultimi decenni, quando la Cina è diventata una potenza economica e militare, le relazioni bilaterali Cina-Iran sono fiorite. La realtà è che le tradizionali visioni del 20 ° secolo sulle intenzioni imperialiste dei paesi occidentali vincolano ancora l’Iran, la Russia e la Cina. Inoltre, al momento, le relazioni dell’Iran con la maggior parte dei paesi musulmani sunniti sono povere, escludendo così quella parte del mondo come potenziali partner con l’Iran.

A detta di alcuni analisti, la mossa di Pechino di sottoscrivere un accordo strategico con Teheran equivale ad un’aperta dichiarazione di sfida nei confronti degli Stati Uniti e della loro influenza regionale. Che ne pensi?

Durante i primi decenni dell’apertura della Cina dopo il 1979, molti analisti, studiosi e altri esperti affermarono che la Cina non aveva intenzione di espandere la sua impronta militare o strategica oltre la Cina e che i suoi interessi in luoghi lontani come l’Africa, il Medio Oriente e il Sud America era principalmente legato al commercio. Ora sappiamo che non è così. In effetti, la Cina cerca di avere un’influenza permanente, sia militare, commerciale o culturale, in tutto il mondo, poiché ora lo considera appropriato per un paese potente. Naturalmente, la Cina sostiene che non c’è nulla di malefico nell’avere una presenza globale, ma un numero crescente di governi occidentali è preoccupato per le intenzioni a lungo termine della Cina. L’accordo con l’Iran è coerente con le aspettative che la Cina cerchi una presenza a lungo termine in tutto il mondo, dove può esercitare influenza usando strumenti militari, economici o di altro tipo per modellare un ordine mondiale migliore per gli interessi cinesi e non statunitensi o europei.

L’accordo tra Cina e Iran è un altro fallimento della strategia di ‘massima pressione’ messa in campo dall’amministrazione Trump?

 L’Iran soffre ancora tremendamente della strategia di massima pressione dell’amministrazione Trump. Per la maggior parte, anche i principali Paesi europei stanno collaborando alla strategia della massima pressione. L’investimento cinese aiuterà l’Iran, ma in un’economia grande come l’Iran, sarà solo di scarsa assistenza. Le società, le istituzioni finanziarie e gli individui iraniani rimangono in gran parte esclusi dall’economia e dai sistemi finanziari internazionali, e l’accordo cinese non cambia questo.

È una coincidenza che si sia tornati a parlare di una partnership strategica tra Cina e Iran proprio mentre la Repubblica Islamica subiva una serie di attacchi – attribuiti ad Israele o agli USA – come quelli ad una clinica dove si sono contate 19 vittime, alla struttura missilistica di Khoijr vicino a Parchin, alla struttura nucleare di Natanz, alla centrale energetica di Ahvaz e ad un impianto petrolchimico a Mahshahr?

I negoziati tra Iran e Cina hanno preceduto eventi recenti e, naturalmente, l’Iran sarà riluttante ad ammettere che dietro questi eventi ci sono paesi stranieri, sebbene abbia suggerito la possibilità di un sabotaggio. Ammettere che si trattasse di un sabotaggio straniero è anche un’ammissione che la capacità di sicurezza dell’Iran è insufficiente e causerà anche pressioni pubbliche (e delle forze armate) affinché la leadership religiosa approvi azioni di ritorsione. È possibile che i recenti eventi abbiano accelerato i tempi dell’annuncio pubblico dell’accordo bilaterale, e vi è anche la possibilità (per quanto piccola) che gli Stati Uniti e Israele abbiano preso provvedimenti per scoraggiare la Cina dalla conclusione dell’accordo con l’Iran, che se ciò è il caso fu una strategia senza successo poiché i due Paesi procedettero.

Una partnership più stretta con Teheran non costringerebbe Pechino a rimanere più coinvolta nei meccanismi contorti del Medioriente? Come cambierebbe la presenza cinese nella regione?

La riluttanza del passato della Cina a essere coinvolta nella politica mediorientale come la disputa israelo-palestinese o la disputa sunnita-sciita tra i paesi arabi sunniti e l’Iran sciita, non si applica più nel 2020. Coerentemente con il suo potere militare ed economico, la Cina ora sembra disposta essere un partito chiave negli eventi in Medio Oriente, specialmente perché ha varie e profonde relazioni economiche con così tanti paesi su entrambi i lati delle tradizionali controversie mediorientali. Il fatto che la Cina fosse firmataria del JCPOA nel 2015 dimostra che aveva già deciso di avere un ruolo di alto profilo nella regione.

Come cambierebbe il Medioriente dopo un accordo del genere? La rivalità sottostante tra Cina e USA potrebbe aumentare il caos e le tensioni regionali già presenti?

 Finché la Cina non tenterà di ripetere questo accordo con altri paesi che sono amichevoli con gli Stati Uniti, l’amministrazione Trump (e il suo successore nel caso Biden vincesse le elezioni) non dovrà spendere risorse per convincere altri paesi a non stipulare tali accordi . Invece, gli Stati Uniti possono concentrarsi sui soliti obiettivi legati alla Cina che ha con altri paesi, come vietare a Huawei di fornire apparecchiature di rete 5G o scoraggiare i paesi dalla partecipazione a Belt and Road. Pertanto, per ora, il fatto che i paesi con cui gli Stati Uniti intrattengono una cattiva relazione (Iran) e un peggioramento della relazione (la Cina) hanno stipulato un accordo bilaterale dovrebbero riguardare gli Stati Uniti, ma non dovrebbero essere causa di troppi allarmi come non cambiare la realtà delle relazioni degli Stati Uniti con questi due paesi, anche se ciò potrebbe fornire una spinta economica all’Iran o dare alla Cina alcune piccole vittorie diplomatiche.

I risultati ottenuti dagli Stati Uniti in Iraq e Afghanistan sono a rischio?

 L’Iran ha sostenuto partiti sia in Iraq che in Afghanistan che si sono opposti agli interessi degli Stati Uniti. La Cina ha beneficiato del commercio o degli investimenti in Afghanistan ed è accusata di sfruttare la sicurezza fornita dalla coalizione guidata dagli Stati Uniti. L’Iraq è stato una fonte di petrolio per la Cina negli ultimi anni. Dal punto di vista degli Stati Uniti, né l’Iran né la Cina sono stati forze per cose positive in Iraq e in Afghanistan. Resta da vedere se la Cina si immischerà effettivamente nella politica di Iraq e Afghanistan in futuro. Tuttavia, lo scenario probabile è che la Cina riconoscerà l’Iraq come all’interno della sfera di influenza dell’Iran, ma considererà l’Afghanistan aperto all’influenza cinese, specialmente data l’instabilità del governo a seguito delle contestate elezioni presidenziali afghane e del ritiro delle truppe statunitensi se i recenti Stati Uniti- L’accordo di pace dei talebani procede. Ancora una volta, se la Cina tentasse di assumere un ruolo di più alto profilo in Afghanistan, ciò sarebbe coerente con il suo desiderio di essere un potere significativo nella regione. Permetterà inoltre alla Cina di esercitare pressioni sull’India, che come salvaguardia dei propri interessi in Afghanistan.

Israele è uno dei principali rivali regionali dell’Iran e uno storico alleato degli Stati Uniti. Qualora la Cina sottoscrivesse effettivamente una partnership con la Repubblica Islamica, quali conseguenze ci sarebbero nelle relazioni tra Pechino e Gerusalemme?

Le relazioni Cina-Israele negli ultimi anni si basano su un modello di tecnologia di grande successo che il know how da parte di Israele collabora con il denaro e il vasto mercato della Cina. La Cina ha inoltre tratto vantaggio dall’essere un offerente a basso costo per progetti infrastrutturali in Israele. A volte gli Stati Uniti hanno chiarito a Israele che la stretta relazione Cina-Israele potrebbe mettere a repentaglio la cooperazione di sicurezza USA-Israele. È interessante notare che, attraverso il recente miglioramento delle relazioni Cina-Israele, la Cina ha mantenuto le sue relazioni con l’Iran e ora lo ha persino ampliato. Ciò che ci dice è che, sebbene la Cina apprezzi i rapporti commerciali con Israele, la Cina apprezza anche il potenziale di cooperazione militare e di altro tipo con l’Iran, soprattutto se aiuta gli obiettivi della Cina in merito alla sua politica americana. Pertanto, la stretta relazione Cina-Iran e le pressioni statunitensi su Israele, potrebbero comportare un raffreddamento delle relazioni Cina-Israele a breve termine.

Poi ci sono i Paesi sunniti, tra cui Arabia Saudita, Emirati Arabi, Egitto, anch’essi oppositori di Teheran nella regione, oltre che i principali fornitori di energia per la Cina. Cosa cambierebbe nelle relazioni tra Pechino e questi Paesi?

 Nel breve termine la Cina cercherà di essere amica di tutti nel mondo musulmano almeno per quanto riguarda le maggiori potenze tra i paesi arabi sunniti e l’Iran sciita, se non altro per motivi che la Cina voglia continuare ad avere la maggior parte di questi paesi sostegno quando i paesi occidentali criticano le politiche della Cina nello Xinjiang. Certamente le relazioni energetiche (cioè petrolio e gas) sono cruciali anche per la Cina, e non è nell’interesse della Cina mettere a repentaglio queste relazioni. Tuttavia, quando si parla di avventurismo iraniano nel Golfo Persico, come precipitare conflitti con le navi civili o navali di altri paesi o la guerra per procura in Yemen, è improbabile che la Cina fermi l’Iran. È improbabile che l’Iran non ascolti tali istruzioni dalla Cina, ma la Cina può sempre difendersi dicendo che non sapeva, approvare o partecipare a tali azioni da parte dell’Iran.

Ad un accordo strategico tra Cina e Iran, come potrebbero reagire gli USA? Ci sarebbe una reazione della stessa intensità nei confronti dei due Paesi e in cosa potrebbe consistere (per esempio, nuove sanzioni)?

Le sanzioni contro i funzionari cinesi su varie questioni (Xinjiang, Tibet, Hong Kong) sono attualmente uno strumento politico popolare per gli Stati Uniti e quindi se esiste una base giuridica per farlo, le sanzioni contro i funzionari cinesi che intrattengono rapporti commerciali o militari con l’Iran sono una possibilità. Dall’esempio di Huawei sappiamo che gli Stati Uniti sono disposti a presentare accuse penali contro le società cinesi che violano le sanzioni statunitensi contro l’Iran, quindi estendere questo approccio ai funzionari del governo cinese sarebbe un logico passo successivo.

Quanto il Coronavirus e le sue conseguenze soprattutto economiche potrebbero accelerare i tempi per saldare questo asse?

 Sebbene la Cina stia reclamando con orgoglio il suo successo nella lotta contro COVID-19, criticando con entusiasmo l’attuale situazione negli Stati Uniti, la Cina è ancora riluttante ad aprire i suoi confini ai viaggi internazionali. Ciò rende difficile per gli iraniani visitare la Cina e per i cinesi visitare l’Iran. A breve termine, fino a quando la situazione non migliorerà in tutto il mondo o non vi sarà un vaccino, l’attuazione dell’accordo bilaterale potrebbe essere ritardata a causa del virus.

La prima proposta di partnership strategica tra i due Paesi risale al 2016, alla visita del Presidente Xi Jinping a Teheran. Perché le trattative sono state così lunghe?

 Il ritardo è dovuto a una serie di fattori. Un aspetto significativo è che la Cina ha dovuto comprendere meglio l’attuazione o la possibile risoluzione del PACG, in modo da poter valutare i possibili risultati dell’accordo in vari scenari sanzionatori. È possibile che al momento la Cina ritenga che vi sia una certa stabilità, dato che il numero di possibilità è ora limitato, vale a dire che gli Stati Uniti continuano la loro politica attuale (se Trump viene rieletto) o ritornano al JCPOA (se viene eletto Biden ). La Cina aveva anche altre priorità politiche, incluso il suo “vicino all’estero” con Giappone, Corea del Nord, Hong Kong, Taiwan e Mar Cinese Meridionale che occupavano molto tempo per le leadership civili e politiche, e anche gli Stati Uniti impiegavano molto tempo.

La Cina importa il 75% delle risorse energetiche dall’estero. Il petrolio iraniano è un boccone ghiotto per Pechino, ma è anche la principale entrata della Repubblica Islamica. Eppure nel marzo 2020, il valore delle importazioni di petrolio ha raggiunto il minimo di 20 anni, aumentando ulteriormente il deficit commerciale dell’Iran con il suo principale partner. Sottoscrivendo l’accordo, la Cina otterrebbe uno sconto del 32% sugli acquisti di greggio e un’interruzione di pagamento di due anni. Quanto conta il petrolio, quindi, nella partnership tra Cina e Iran?

Il petrolio è ancora importante per la Cina, date le sue limitate risorse interne e la necessità di importare energia. Recenti rapporti dei media indicano che la Cina sta riempiendo le sue riserve strategiche di petrolio a causa dei prezzi bassi e, se le speranze cinesi di una ripresa economica si verificano nella seconda metà del 2020, la Cina riprenderà le maggiori importazioni di petrolio dall’Iran e da altre fonti. Sappiamo anche dall’esperienza passata che i prezzi del petrolio possono rimbalzare soprattutto quando la crescita economica globale migliora. Pertanto, non dovremmo sottovalutare l’importanza del petrolio nelle relazioni bilaterali e quanto siano importanti le parti petrolifere dell’accordo per la Cina

«Non c’è nessun segreto», «la nazione sarà informata appena un accordo sarà concluso», aggiungendo che di un’intesa con Pechino si era parlato già a febbraio 2016 quando il presidente Xi Jinping aveva incontrato Khamenei a Teheran. Infervorati, i deputati hanno dato filo da torcere a Zarif che ha abbandonato il parlamento, accusato da tempo di avere svenduto la sovranità nucleare nel 2015 in cambio di niente. Perché i dettagli dell’accordo non sono ancora noti? Sarebbe impopolare presso l’opinione pubblica iraniana un accordo strategico con Pechino? Perché?

La leadership religiosa e politica iraniana ha avuto un periodo difficile con le sanzioni globali una delle cause dei disordini sociali nel 2019. Gli iraniani sono un popolo nazionalista e sosterranno il loro governo se il paese viene attaccato da paesi stranieri, ma non vogliono il loro gli interessi del paese sarebbero stati venduti anche in un altro paese, poiché questa era una delle accuse usate contro l’ultimo Shah, Mohammad Reza Pahlavi, che era considerato troppo disposto a vendere gli interessi dell’Iran a paesi occidentali come gli Stati Uniti e il Regno Unito, così come Israele. Pertanto, il governo iraniano è cauto nel presentare l’accordo al pubblico.

Come è visto dai Pasdaran e dalla Brigata Quds un accordo di questo tipo?

 I Pasdaran, o Corpo della Guardia rivoluzionaria islamica (IRGC), e l’élite Quds Force, saranno contenti di questo accordo. L’IRGC possiede molte attività che potrebbero trarre profitto dal commercio con la Cina, sia come distributori di prodotti cinesi sia come esportatori di risorse naturali come petrolio, gas e prodotti petrolchimici. Nella misura in cui attrezzature o tecnologie militari verranno trasferite in Iran, anche l’IRGC ne trarrà beneficio.

Il dissenso interno alla Repubblica Islamica non è la prima volta che emerge. Lo scorso agosto il ministro degli esteri Zarif era stato a Pechino e aveva già provato a nascondere i termini dell’accordo che ha l’approvazione di Khamenei, ma, anche in questi giorni, non sono mancate le voci critiche, soprattutto tra i conservatori e ultraconservatori che ora detengono la maggioranza nel Majlis. Un esempio è l’ex Presidente Mahmoud Ahmadinejad, che la scorsa settimana sollevava l’ipotesi che l’accordo sia «contrario all’interesse nazionale» nei settori petrolchimico e militare. “Qualsiasi accordo di questo tipo che contrasta la volontà popolare e gli interessi nazionali manca di validità e non sarà riconosciuto dalla nazione iraniana”, ha avvertito il leader conservatore in predicato di ottenere la possibilità di ricandidarsi alle presidenziali del 2021. Cosa temono i più conservatori e nazionalisti? E c’è un fondo di verità o solo propaganda a fini elettorali?

 C’è una vera paura che l’accordo sia contro gli interessi dell’Iran economicamente o addirittura in generale da una prospettiva politica o strategica, specialmente se le attività iraniane sono vendute a prezzi troppo bassi alle società cinesi. L’assenza di informazioni specifiche rende facile per i critici utilizzare l’accordo come punto di discussione nazionalistico, anche per le prossime elezioni. Non è un vantaggio per la leadership religiosa e del governo permettere a questa situazione di continuare, quindi molto probabilmente rilasceranno presto dettagli o useranno altri mezzi per mettere a tacere i critici come l’arresto o ‘cooptandoli’ nell’accettare l’accordo.

L’accordo ha il sostegno della Guida Suprema, Ali Khamenei, che, in occasione del bilaterale con il Presidente cinese Xi Jinping, disse: “L’accordo su una relazione strategica di 25 anni è prudente e saggio”. Tuttavia, l’approvazione dell’intesa richiede, secondo l’articolo 77 della Costituzione, il via libera del Majlis, il Parlamento, oggi a maggioranza conservatrice. Cosa succederà in Parlamento? L’accordo verrà approvato o si rischierà uno scontro istituzionale tra l’Assemblea (a maggioranza conservatrice, vicina a Ali Khamenei) e la Guida Suprema, oltre che con il governo?

 Il confronto tra la leadership religiosa e il parlamento è raro. Molto probabilmente in questo momento la leadership religiosa e il governo stanno lavorando con i membri del parlamento per spiegare l’accordo e ottenere il loro sostegno. Una preoccupazione maggiore per i leader religiosi e i funzionari governativi, insieme all’IRGC, dovrebbe essere l’opposizione popolare che porta a disordini sociali

Il governo cinese darà il suo via libera?

 Il governo cinese è ansioso che questo accordo proceda, sia per il valore economico, il valore delle pubbliche relazioni, il valore militare o semplicemente la rabbia che causerà al governo degli Stati Uniti e costringerà il governo degli Stati Uniti a escogitare una contro-strategia.

Mohammad Reza Sabaghian, membro del consiglio di presidenza del Parlamento, ha chiesto una maggiore supervisione dei negoziati Iran-Cina, definendo il piano la “ricetta” di Zarif. Sabaghian ha inoltre avvertito che i parlamentari non permetteranno una ripetizione dell ‘’amara esperienza’ del JCPOA e, diversamente dall’accordo nucleare, si rifiuteranno di ‘ingoiare’ l’accordo di partenariato con la Cina. Quali conseguenze potrebbe avere una mancata approvazione dell’accordo o una sua importante modifica per il  governo Rouhani? E per il Ministro degli Esteri Zarif?

Generalmente il Parlamento è composto da membri conservatori, quindi sarebbe insolito agire in modo incoerente con i desideri della leadership religiosa e del governo, sebbene il nazionalismo sia un fattore che potrebbe influenzare le azioni del parlamento. I leader religiosi hanno comunque la massima autorità sugli affari esteri e sulle politiche del governo in generale, quindi, se il leader supremo Ali Khamenei vuole che l’accordo proceda, userà la sua autorità per assicurarsi che ciò accada.

È possibile un aumento delle tensioni militari tra Cina e USA nel Golfo Persico?

 Se la Cina e gli Stati Uniti abbiano o meno tensioni militari nel Golfo Persico è una decisione per la Cina. Questo perché le tensioni tra Stati Uniti e Iran continueranno; le attività sia dell’Iran che degli Stati Uniti nel Golfo Persico sono ben note a tutti i paesi della regione e alla Cina. Quindi, se la Cina vuole avere una propria presenza di alto profilo, allora aumenta il rischio che ci sarà uno scontro con gli Stati Uniti. Un risultato più probabile a breve termine è che la Cina fornisca maggiore assistenza militare all’Iran, anche se viola le sanzioni imposte unilaterali dalle Nazioni Unite o dagli Stati Uniti.

La Cina, membro del consiglio di sicurezza dell’ONU e quindi con diritto di veto, sarebbe un alleato decisivo per Teheran per evitare nuove risoluzioni contrarie?

Certamente l’Iran farà affidamento sul sostegno della Cina alle Nazioni Unite, incluso il Consiglio di sicurezza, così come la Cina farà affidamento sull’Iran alle Nazioni Unite e ad altre organizzazioni multilaterali quando i paesi occidentali criticano i diritti umani della Cina o altre politiche. Certo, c’è anche il fattore Russia. L’Iran può contare sia sulla Russia che sulla Cina al Consiglio di sicurezza? La risposta per ora è probabilmente sì, anche se ciò dipende anche dall’esito delle elezioni presidenziali statunitensi, date le aspettative che un’amministrazione Biden tornerà al JCPOA.

L’Iran, nel mirino degli USA, guarda ad Est, sebbene abbia sempre invocato l’aiuto dell’Europa la quale ha fatto dei tentativi, tra cui il sistema INSTEX, ma con scarsi risultati. Questa partnership è un altro fallimento per i Paesi europei? C’è ancora margine per i Paesi europei?

 Il programma Instrument in Support of Trade Exchanges (INSTEX) è, per ora, un fallimento, sebbene i tempi per la sua attuazione siano precipitati nella pandemia di COVID-19. Dal punto di vista degli Stati Uniti, in particolare per quanto riguarda le democrazie europee come Regno Unito, Francia e Italia, sembra che questi paesi abbiano da tempo speranze irrealistiche che l’Iran sotto la guida religiosa possa diventare un normale membro della comunità internazionale e ridurre le sue interferenze in altri paesi della regione e minacce contro Israele. I paesi europei hanno certamente molte speranze sul JCPOA e saranno molto felici se Biden vincesse le elezioni e restituisse gli Stati Uniti al JCPOA. Se Trump viene rieletto e / o gli Stati Uniti non ritornano al JCPOA anche se viene eletto Biden, la politica europea sull’Iran dovrà essere adattata, poiché la pressione degli Stati Uniti sarà significativa per rimanere con gli Stati Uniti nell’applicare la massima pressione sull’Iran e isolare la Cina (e la Russia) come contraria alla volontà della comunità internazionale. Quindi, per ora, i paesi europei dovranno attendere le elezioni presidenziali degli Stati Uniti prima di decidere una politica a lungo termine e l’amicizia che speravano di sviluppare con l’Iran sarà invece sviluppata dalla Cina.

Recentemente l’Iran ha deciso di abbandonare l’India dal progetto per costruire una linea ferroviaria dal porto di Chabahar a Zahedan, lungo il confine con l’Afghanistan. Una scelta causata anche dalla possibile partnership con la Cina? L’asse Pechino-Teheran rischia di aumentare le relazioni tra Cina e India e guastare quelle tra Iran e India?

 L’India non può essere felice della capacità della Cina di migliorare le relazioni con l’Iran, in particolare tra le tensioni al confine tra Cina e India, e il sostegno a lungo termine della Cina al Pakistan. L’India aveva sperato di esercitare un’influenza a lungo termine in Afghanistan, che ora potrebbe essere a rischio. Sebbene India e Iran abbiano avuto relazioni positive negli ultimi decenni, se costretti a scegliere tra India e Cina, è chiaro che l’Iran sceglierà la Cina. La buona notizia per gli Stati Uniti è che questi sviluppi potrebbero spingere l’India a migliorare ulteriormente i suoi rapporti commerciali e di sicurezza con l’Australia, gli Stati Uniti e il Giappone e a consolidare ulteriormente questo gruppo di Paesi ‘quad’.

Nella bozza di accordo, molto rilievo viene dato agli investimenti cinesi in infrastrutture nell’ambito del progetto delle Nuove Vie della Seta. Quali sono i progetti infrastrutturali più rilevanti che la Cina si impegna a finanziare? E quanto è importante per Pechino coinvolgere Teheran nel progetto OBOR?

 Il modello per la Cina a livello globale è di investire in infrastrutture dei paesi partner Belt e Road come ponti, ferrovie, strade e porti, tra le altre infrastrutture. Il governo iraniano stima che siano necessari oltre 40 miliardi di dollari in investimenti in infrastrutture in tutto il paese. Le aziende cinesi sono disposte a intraprendere tali progetti in ambienti operativi difficili, anche se inevitabilmente sorgeranno preoccupazioni sulla qualità del lavoro e sui termini finanziari, una situazione che si è verificata in relazione a molti progetti di infrastrutture stradali e stradali. Questa potrebbe essere una delle aree su cui i membri di Majils sono desiderosi di mettere in discussione il governo.

Dall’accordo la Cina, secondo le indiscrezioni di questi giorni, otterrebbe la possibilità di inviare 5000 uomini oltre al controllo di alcune isole nel quadrante meridionale del Golfo Persico. Il Portavoce del Ministero degli Esteri iraniano, Abbas Mousavi, ha respinto le accuse di una presenza militare cinese e il controllo delle isole come ‘illusione’ e ‘disinformazione’. È veramente fuori discussione che l’Iran  possa concedere alla Cina queste opzioni?

 Anche se, per salvare la faccia, il governo iraniano non lo chiamerà una base cinese, è probabile che si verifichino rotazioni dell’esercito e della marina cinesi o un aumento degli scali. Tuttavia, data la situazione COVID-19, tale dispiegamento potrebbe essere ritardato, il che darà al governo iraniano il tempo di testare o preparare l’opinione pubblica, o addirittura di negoziare ulteriormente con il governo cinese. Indipendentemente dalle dimensioni o da come viene chiamato, un aumento della presenza militare cinese è certamente una possibilità.

Se anche non fosse fondata l’opzione del controllo delle isole, nel documento provvisorio si parla di infrastrutture nell’ambito del progetto delle Vie della Seta, come i porti. La costruzione, per esempio, di un porto a Jask, appena fuori dallo Stretto di Hormuz, quale vantaggio strategico concederebbe alla Cina che già ha una base a Gibuti? Pechino potrebbe riproporre nel Golfo Persico una strategia simile a quella messa in campo nell’Oceano Pacifico, senza dimenticare anche che è il maggiore esportatore di merci in container?

 Il controllo dei porti, o persino il controllo di porzioni significative di operazioni portuali, dal Golfo Persico al Pakistan allo Sri Lanka, fornisce alla Cina un’enorme influenza sia sul trasporto commerciale che sulle attività navali in caso di conflitto con l’India o gli Stati Uniti . Gestire la sua marina lontano dai porti di origine è ancora relativamente nuovo per la Cina, ma ha acquisito una significativa esperienza negli ultimi decenni. Con un massiccio programma di costruzione navale per la sua marina, la probabilità di una maggiore presenza navale globale lontano dalla Cina è alta. Se la Cina fosse presente a Jask e le ostilità iniziassero nel sud o nell’est asiatico, la marina cinese potrebbe ritardare o bloccare lo spiegamento delle risorse statunitensi dal Golfo Persico alla zona di conflitto. Pertanto, gli Stati Uniti saranno sicuramente preoccupati per un maggiore accesso cinese a Jask.

Se fossero vere queste opzioni circa gli uomini e le isole, in che modo gli Stati Uniti potrebbero reagire per non perdere terreno?

 A breve termine, gli Stati Uniti amplierebbero la loro presenza nelle posizioni esistenti nel Golfo Persico, come il Bahrein. È possibile ma è improbabile che gli Stati Uniti rallentino il suo ritiro dall’Iraq e dall’Afghanistan, poiché la partenza da questi due paesi è generalmente un consenso negli Stati Uniti. Sfortunatamente per gli Stati Uniti, qualsiasi espansione nel Golfo Persico potrebbe comportare il costo di ritardare l’espansione della sua presenza nel Pacifico, il che rende urgente per gli Stati Uniti avere piani a medio e lungo termine per reagire a una presenza militare cinese permanente e più ampia in Iran.

Nel documento si parla anche di esercitazioni militari congiunte, come quelle dello scorso inverno, e di condivisione di intelligence. Cosa sappiamo dei rapporti tra Pasdaran, Brigata Quds, l’esercito iraniano, e il PLA?

Si ritiene generalmente che i sistemi missilistici iraniani siano basati sulla tecnologia cinese e che vi siano molte prove pubbliche sulla cooperazione in materia di ricerca e sviluppo e sulle vendite dalla Cina all’Iran negli ultimi trent’anni. L’IRGC piuttosto che l’esercito iraniano controlla la maggior parte delle risorse missilistiche iraniane. I missili a corto raggio rappresentano una minaccia per gli aerei e le navi statunitensi nel Golfo Persico, mentre i missili a lungo raggio rappresentano una minaccia per Israele. L’assistenza cinese che migliora le capacità missilistiche dell’Iran è quindi una seria minaccia per gli interessi degli Stati Uniti. Per quanto riguarda le forze di terra, le opportunità per l’esercito cinese di partecipare a esercitazioni lontane dalla Cina e su terreni sconosciuti non fanno che migliorare la capacità di combattimento di Pechino, ed è una preoccupazione se la Cina e gli Stati Uniti dovessero combattere contro le isole del Mar Cinese Meridionale, sopra Taiwan, in il Mar Cinese Orientale o nel Pacifico occidentale.

È possibile che l’Iran utilizzi la partnership con la Cina per portarsi avanti nello sviluppo dell’arma nucleare e del proprio arsenale missilistico?

 Nonostante le tensioni nelle relazioni USA-Cina, non è noto se la Cina voglia o meno assistere un programma di ricerca sulle armi nucleari iraniane in questo momento. Tuttavia, in base alla recente esperienza, se la Cina si impegna in tale comportamento, è probabile che gli Stati Uniti e Israele lo scoprano e agiscano. Pertanto, si tratterebbe di un comportamento ad alto rischio per la Cina, ma con poca ricompensa per averlo fatto dato che può già ottenere benefici dalle relazioni con l’Iran senza fornire assistenza alle armi nucleari ad alto rischio.

Verrà istituita una commissione bilaterale per indirizzare la cooperazione industriale nel settore della sicurezza. In quali progetti della difesa e della tecnologia la partnership Iran-Cina potrebbe rivelarsi più fertile?

L’area tradizionale della tecnologia missilistica, insieme alla costruzione navale navale e ad altre tecnologie di guerra marittima, sono aree di potenziale cooperazione nella difesa. Nello spazio tecnologico, le tecnologie di sorveglianza come il riconoscimento facciale o altri strumenti per monitorare i movimenti delle persone o raccogliere dati personali, sono tutte aree di competenza cinese che sono state migliorate negli ultimi mesi dell’epidemia di COVID-19 in Cina e che saranno conosciute come e software che l’Iran vorrà importare. Data la limitata capacità di aziende europee come Ericsson e Nokia di vendere apparecchiature in Iran, anche la Cina sarà un partner per il 5G.

La possibilità di un accordo Iran-Cina potrebbe indurre Washington a cambiare strategia, a ridurre la pressione su Teheran? O, quanto meno, potrebbe dare all’Iran la possibilità di trattare meglio con gli USA?

L’amministrazione Trump non cambierà il percorso della sua politica iraniana, sebbene, come con la tentata politica della Corea del Nord, non dovremmo mai escludere la possibilità che in una seconda amministrazione Trump, il presidente Trump e il leader supremo Ali Khamenei si incontrino e raggiungano un accordo su alcuni dei problemi. Se Biden vince le elezioni, è probabile che restituirà gli Stati Uniti al JCPOA, il che potrebbe aprire la possibilità di un ulteriore riavvicinamento tra Stati Uniti e Iran. Inoltre, non dovremmo mai escludere la possibilità di un cambio di regime in Iran, soprattutto se l’opinione pubblica porta a nuove proteste di strada, come accaduto nel 2019.

Più di un osservatore ha evidenziato che l’accordo tra Cina e Iran rafforzerebbe, agli occhi di Washington, il ruolo della Turchia quale argine. È così?

La Turchia ha dimostrato di avere una relazione difficile da gestire per il Presidente Trump, come lo è stato per il Presidente Obama. Alcune delle questioni preoccupanti includono la fine delle precedenti relazioni positive della Turchia con Israele, le relazioni militari della Turchia con la Russia, le tensioni della Turchia con la Grecia e l’intervento militare della Turchia in Siria che è spesso incompatibile con gli obiettivi politici statunitensi. La Turchia ha anche cercato di sviluppare relazioni positive con la Cina anche se a volte la Turchia ha criticato le politiche cinesi nello Xinjiang. La realtà è che al momento le relazioni USA-Turchia non sono in una buona posizione, la situazione si pone indipendentemente dalle relazioni Iran-Cina. Questa relazione è qualcosa che il governo degli Stati Uniti deve migliorare, ma deve anche esserci un partner disponibile dalla parte turca e, al momento, i due paesi si stanno allontanando. L’Iran e la Cina sono sicuramente contenti di questo sviluppo e il loro nuovo accordo indica che i due paesi cercheranno ulteriormente di colmare il vuoto in Medio Oriente se la Turchia è più debole a causa della sua preoccupazione con la Siria e della mancanza di forti relazioni statunitensi.