“Il linguaggio è uno dei segnali che attestano come sempre più probabile l’uscita di scena di Angela Merkel”
Eletta Presidente al Congresso del 7 Dicembre scorso ad Amburgo, con 517 voti su 1001, sconfiggendo i concorrenti Friedrich Merz e il giovane Jens Spahn, Annegret Kramp-Karrenbauer, 56enne, fervente cattolica, ex-primo ministro del più piccolo dei Land della Germania, il Saarland, guida da ormai più di cento giorni la CDU. Stimata dalla Cancelliera Angela Merkel e da questa nominata precedentemente segretaria generale, è stata spesso presentata ed identificata come l’ ‘erede della Merkel’. Una definizione quanto mai semplicistica, tendente alla superficialità.
Una volta chiuse le urne in Assia, Merkel era stata costretta ad ammettere «come Cancelliera ho la responsabilità di tutto, per quello che riesce e per quello che non riesce» e ad annunciare: «non sono nata cancelliera e non l’ho mai dimenticato. È giunto il momento di aprire un nuovo capitolo: non mi ricandiderò come presidente della CDU, questo quarto mandato è l’ultimo come cancelliera, non mi ricandiderò al Bundestag nel 2021 e non voglio altri incarichi politici». Il cambio alla Presidenza della CDU era stato dunque voluto dalla stessa Cancelliera. consapevole del progressivo indebolimento subito dal partito nelle ultime tornate elettorali in occasione delle quali Verdi e soprattutto l’ultradestra dell’Afd avevano riscosso molto successo. Indebolimento da molti attribuito al centrismo sempre più marcato dei cristianodemocratici a guida Merkel, in particolare alla questione dell’immigrazione (nel 2015 Merkel decise di accogliere circa un milione di rifugiati siriani). A questo riguardo, non avendo mai nascosto di avere una visione molto più rigida rispetto a chi l’ha preceduta e forse proprio per questo premiata al Congresso, la neo-Presidente sembra aver già impresso una svolta alla CDU: un mese fa, in un’intervista con la trasmissione Tagesthemen del primo canale pubblico Ard, AKK ha affermato che in una «situazione d’emergenza» come quella del 2015 la chiusura delle frontiere «come ultima ratio sarebbe assolutamente pensabile». In quegli stessi giorni la CDU stava conducendo un intenso dibattito interno, con oltre 100 partecipanti tra politici, esperti e personale sul campo, sulla politica migratoria della Cancelliera e in un documento realizzato durante la discussione veniva chiarito che può rendersi necessario «un intelligente controllo dei confini» che non esclude «anche i respingimenti» e un meccanismo di monitoraggio per riconoscere per tempo «i movimenti migratori e le questioni al centro del pubblico interesse».
Se le dichiarazione di AKK è subito apparsa come musica per le orecchie del partito bavarese gemello, la CSU tanto che il capogruppo in Baviera dei cristiano-sociali, Alexander Dobrindt, ha definito «coraggiosa» la presa di posizione della neo Presidente dei cristiano-democratici, capace di «andare oltre la discussione degli ultimi anni», più fredda è sembrata Angela Merkel che, dopo un incontro con il premier lussemburghese Xavier Bettel a Berlino, si è limitata a ribadire che «Abbiamo già raggiunto molto nella gestione del flussi migratori. Per me e’ sempre necessario in approccio europeo», dicendosi sempre convinta che «nel 2015 abbiamo realizzato qualcosa di straordinario in una situazione molto difficile dal punto di vista umanitario». Ciò detto, anche sul fronte dei diritti civili AKK sembra voler evidenziare una discontinuità come dimostra l’episodio del carnevale, quando la leader ha fatto battute sul ‘terzo sesso’. Atteggiamenti per i quali è stata subito criticata dai socialdemocratici, alleati della Grosse Koalition che regge il governo: «Inappropriata, imbarazzante, irrispettosa con una minoranza».
Da questo punto di vista, i malumori all’interno della socialdemocrazia sono aumentati e molti socialdemocratici escludono di votarla nel caso che Angela Merkel decidesse di rassegnare le sue dimissioni prima della fine al suo mandato. «Se Frau Merkel dovesse cercare di consegnare la cancelleria a Kramp-Karrenbauer ci sarebbero subito elezioni anticipate. Nessuno nella SPD può appoggiare una cosa così», ha annunciato Johannes Kahrs, che guida la corrente più intransigente del partito socialdemocratico. Parole simili sono state pronunciate da Kevin Kuehnert, il leader dell’organizzazione dei giovani socialdemocratici, che ha sottolineato che «se Merkel decidesse di dimettersi, verrebbe meno il fondamento dell’accordo di governo. Un passaggio di potere cosi’ smaccato non potremmo mai assecondarlo». Del resto, «abbiamo sottoscritto un contratto di coalizione con Merkel come cancelliera. Certo non intendiamo fare chissà cosa per aiutare la CDU nella loro crisi di leadership», ha spiegato il capo dell’SPD nel Nord Reno Vestfalia, Sebastian Hartmann. La tensione è venuta aumentando dalla cosiddetta ‘Unione dei valori’, la corrente più conservatrice all’interno della CDU che ha auspicato un avvicendamento alla guida della cancelleria: «Un cambio che ci auguriamo in molti», ha detto i leader della corrente, Alexander Mitsch in quanto AKK è la persona ideale «per mettere in atto una svolta politica, soprattutto sul tema migranti». Per fa questo, i conservatori della CDU immaginano anche un rimpasto soprattutto nei dicasteri economici e qualcuno ipotizza la sostituzione di Olaf Scholz, Vicecancelliere e Ministro socialdemocratico delle Finanze, con Friedrich Merz, il miliardario che ha sfidato AKK al congresso di partito.
D’altro canto, però, secondo un sondaggio Trendbarometer di Rtl/ntv, i due terzi, cioè il 67%, degli interpellati si e’ espresso a favore della permanenza di Angela Merkel alla cancelleria, contro il 29% che vorrebbe se ne andasse prima della scadenza nel 2021. Rispetto ad un anno fa, la percentuale a favore dell’ipotesi per cui Merkel resti al suo posto è aumentata di 12 punti e qualora la cancelliera dovesse lasciare prima del 2021, a detta della rilevazione, il 56% degli interpellati vorrebbe che venissero convocate le elezioni anticipate. A rigor di norma, tale ipotesi non sarebbe necessariamente automatico nel caso di una fine prematura della GroKo: ci potrebbe essere, sebbene remoto, un governo di minoranza, oppure una coalizione ‘Giamaica’ formata da CDU/CSU, Verdi e l’Fpd guidato da Christian Lindner, che aveva posto come condizione che non ci fosse più la guida di Angela Merkel. Ipotesi molto meno attraente per i Verdi.
Certamente si è fatta più marcata la divaricazione tra CDU e SPD la quale, in piena svolta a sinistra, ha annunciato un pacchetto di proposte in contraddizione con gli alleati: l’abolizione di Hartz IV, l’assegno di sostegno a disoccupati che costituì la colonna portante della riforma Agenda 2010 dell’allora cancelliere Gerhard Schroeder, e la sua sostituzione con un nuovo reddito minimo di 12 euro all’ora senza condizioni per due anni; una pensione minima per i redditi più bassi proposta dal ministro del Lavoro Hubertus Heil; tassazioni maggiori per i redditi più alti. Nonostante le aspre critiche di Karrenbauer, il capogruppo al Bundestag, Ralph Brinkhaus, ha assicurato che «non ci sarà una grande lite» e che «il clima di lavoro nella GroKo è molto buono».
Eppure anche sulla risposta data da Karrenbauer al manifesto europeista del Presidente francese Emmanuel Macron, si sono rinfervorati i toni tra alleati di governo. Nella proposta apparsa in un articolo sulla Welt, la Presidente della CDU si è detta favorevole alla riforma di Schengen e dei trattati europei, ma frena sull’idea del presidente Macron a favore di una maggiore integrazione europea attraverso l’asse franco-tedesco, soprattutto di carattere finanziario: «il centralismo europeo, lo statalismo, la mutualizzazione del debito, il portare la sicurezza sociale e il reddito minimo a livello europeo sono il modo sbagliato». AKK si è detta invece concorde con l’idea che «la nostra industria, tecnologia e innovazione hanno bisogno di forza strategica, e i nostri cittadini europei di un senso di sicurezza e di una forza di politica estera e difesa che ci permettano di mettere in campo i nostri interessi», arrivando ad ipotizzare la messa in cantiere di una prima portaerei europea.
Tuttavia, se la CDU e CSU plaudono alle proposte della AKK («buona base per la discussione con Macron», ha detto il capogruppo cristiano-democratico Ralph Brinkhaus, mentre il cristiano-sociale bavarese Alexander Dobrindt apprezza il rifiuto di una «comune politica sociale nella Ue») che, come tiene a chiarire il portavoce del governo federale Steffen Seibert e confermato anche dal segretario generale dei cristiano-democratici, Paul Ziemiak, trovano anche il sostegno di Angela Merkel in quanto «in piena consonanza con i pensieri della Cancelliera», numerose sono state le critiche di SPD, Verdi e liberali che vedono in un mancato pieno appoggio a Macron il rischio di ‘un’occasione sprecata’ e che valutano ‘inadeguato’ – come ha sentenziato la ministra socialdemocratica alla Giustizia Katarina Barley – il fatto che a presentare un progetto europeo fosse la leader della CDU e non la Cancelliera. Nella fattispecie, il ministro degli Esteri Heiko Maas, il quale ritiene che Berlino rischia di «sprecare delle ottime occasioni per eccessiva cautela» e che un salario minimo europeo era presente nel contratto di coalizione sottoscritto da SPD e CDU/CSU «e noi socialdemocratici ci atteniamo a questo». D’altra parte Il capogruppo dei Verdi al Bundestag, Anton Hofreiter, ha accusato la nuova leader della CDU di voler «bloccare lo sviluppo dell’Europa» e di mancare di coraggio per affrontare temi come i cambiamenti climatici, il tema degli standard digitali e la giustizia sociale.
Nessuno strappo con Parigi è invece la tesi di Kramp-Karrenbauer che ribadisce di esser d’accordo con l’inquilino dell’Eliseo «per esempio sui temi della difesa dei confini esterni dell’UE, della sicurezza, della difesa e del mercato unico per le banche», ma ricorda che «Non e’ una novità che la CDU abbia idee diverse dei francesi per quello che riguarda standard sociali comuni. Dire adesso che abbiamo bisogno di un sistema sociale unitario europeo ci fa perdere di vista quali siano gli obiettivi». Una precisazione che però non elimina il tema di fondo e cioè quello del cambiamento in atto nella CDU con la nuova Presidenza. Come dimenticare, infine, la delicata situazione economica della Germania per la quale il governo si attende un aumento del prodotto interno lordo reale di appena lo 0,8%, molto lontano dall’1,6% atteso precedentemente. Inoltre la produzione industriale di gennaio è in calo dello 0,8% rispetto a dicembre e del 3,3% su base annua. Positiva,, nonostante la guerra dei dazi e le incertezze legate alla Brexit e non solo, continua ad essere la bilancia commerciale nel primo mese del 2019 con un attivo di 18,5 miliardi di euro, con un calo rispetto ai 19,9 miliardi di dicembre che non ha impedito di siglare un accordo con i rappresentanti sindacali di ben 3,3 milioni di dipendenti pubblici che prevede un aumento dell’8% degli stipendi entro i prossimi 33 mesi.
Elementi questi da non sottovalutare se si considera diversi appuntamenti elettorali importanti attendono la Germania e l’Europa: dalle elezioni europee di maggio, al voto in tre Lander dell’Est in cui l’Afd potrebbe avere un altro successo, ossia Sassonia, Brandeburgo e Turingia. Quali conseguenze avrà dunque la svolta della CDU sulla tenuta del governo di Angela Merkel e della Grosse Koalition? E quali a livello europeo, ad esempio nel rapporto con Parigi? Ha risposto a queste domande il Gian Enrico Rusconi, politologo ed esperto di storia tedesca, professore emerito di Scienze politiche presso l’Università di Torino.
Da ormai più di cento giorni, Annegret Kramp-Karrenbauer è alla guida della CDU. Quale bilancio è possibile fare di questi primi mesi durante i quali il partito è parso intraprendere una svolta verso destra, quasi per contendere voti all’AfD?