«Nel Mediterraneo, gioca un ruolo di leadership che è funzionale agli interessi nazionali, ma anche europei»
«L’Italia si aspetta una soluzione condivisa nel rispetto del diritto internazionale e nell’interesse sia dell’ ENI, sia dei Paesi della regione, sia delle due comunità cipriote». A dirlo, il Ministro degli Esteri Angelino Alfano in occasione dell’ incontro con l’ omologo turco Mevlut Cavusoglu in Kuwait a margine della ministeriale della Coalizione anti-Isis. Nella stessa occasione, l’Alto rappresentante Ue per la politica estera, Federica Mogherini, ha incontrato il capo della diplomazia turca. «L’Unione europea sta continuando a seguire gli sviluppi della situazione molto da vicino» ha dichiarato il portavoce della Commissione, Margaritis Schinas. Ieri, la portavoce della Commissione europea, Mina Andreeva, non aveva nascosto l’ insofferenza nei confronti di Ankara, esprimendo la necessità che la Turchia rispetti « la sovranità degli Stati membri sulle acque territoriali e sullo spazio aereo» e si impegni «inequivocabilmente a mantenere buone relazioni di vicinato ed evitare qualunque fonte di frizione, minaccia o azione verso uno Stato membro che possa danneggiare le buone relazioni e impedire una definizione pacifica delle dispute».
Di fronte al gruppo parlamentare del suo Akp, il Presidente turco Erdogan ha lanciato un altolà: «Non bisogna pensare che le ricerche di gas al largo di Cipro e le iniziative opportunistiche sulle rocce nel Mar Egeo sfuggano alla nostra attenzione. avvertiamo quelli che hanno superato i limiti a Cipro e nel Mar Egeo di non fare calcoli sbagliati».
Non sembra ancora risolta l’ impasse che da ormai diversi giorni vede una Piattaforma galleggiante Saipem 12000 bloccata da navi da guerra turche, impedendole di raggiungere la sua destinazione, ovvero il Blocco 3 della ZEE(Zona economica esclusiva) di Cipro. Al centro delle contestazioni vi sarebbe il diritto della Repubblica Turco Cipriota del Nord ad ottenere ricavi economici dallo sfruttamento di quelle risorse.
A quanto pare, però, Erdogan, nella sua visita a Roma dello scorso 4 febbraio, aveva già sollevato la questione richiamando l’ attenzione sulla concessione di sfruttamento di giacimenti gassosi, rilasciata all’ ENI da Nicosia, nel Blocco 3: «i lavori (di esplorazione) del gas naturale in quella regione rappresentano una minaccia per Cipro nord e per noi» avrebbe detto il politico turco. Inoltre la Turchia figura tra i Paesi non firmatari della Convenzione Onu sul diritto del mare (Unclos).
Dal canto suo, il Ministro degli esteri di Nicosia, Ioannis Kasoulides, ha sostenuto che Cipro è in contatto con la società e con il governo italiano. La Grecia, attraverso il Ministero degli Esteri, ha sostenuto che «la Turchia continua a sfidare la legalità internazionale violando in modo flagrante i diritti sovrani della Repubblica di Cipro nel Mediterraneo orientale. Chiediamo alla Turchia di non intraprendere ulteriori azioni e di rispettare gli obblighi previsti dal diritto internazionale» ed ha lodato la postura di Cipro «che riafferma il suo ruolo di pilastro della stabilità nel Mediterraneo orientale». Inoltre, le autorità greche hanno denunciato che la scorsa notte una pattuglia della guardia costiera turca avrebbe speronato un proprio mezzo.
Non può non contare anche il fatto che l’isola di Cipro risulta divisa in due: nella parte sud, la Repubblica di Cipro, di lingua greca, riconosciuta dalla Comunità Internazionale e che rivendica la propria sovranità su tutta l’ Isola; nella parte nord, la Repubblica Turca di Cipro del Nord, auto-proclamatasi indipendente nel 1983 ed è riconosciuta dalla sola Turchia. La Repubblica Turca di Cipro si estende sul territorio conquistato dall’ esercito turco dopo l’invasione turca di Cipro del 1974, decisa in risposta al colpo di Stato militare che depose l’allora Presidente dell’ isola, l’arcivescovo greco-ortodosso Makarios.
L’ ENI, il cui 30% è del Ministero dell’Economia e Finanze e di Cassa Depositi e Prestiti che è titolare, anche, del 12 % Saipem, della quale la compagnia petrolifera nazionale detiene il 30% e che è proprietaria della nave per perforazione battente bandiera delle Bahamas bloccata dalle navi turche, è presente a Cipro dal 2013 ed ha ottenuto ben sei licenze situate nelle acque economiche esclusive della Repubblica nei Blocchi 2, 3, 6, 8, 9 e 11, di cui cinque in qualità di operatore.
La settimana scorsa, ENI aveva annunciato«di avere effettuato una scoperta a gas nel Blocco 6,nell’Offshore di Cipro,attraverso il pozzo Calypso 1. Il pozzo, perforato in 2.074 metri di profondità d’acqua e a una profondità totale di 3.827 metri, ha incontrato una estesa colonna mineralizzata a gas metano in rocce di età Miocenica e Cretacica. Le sequenza Cretacica ha ottime proprietà di reservoir. Sul pozzo è stata eseguita una intensa e dettagliata campagna di campionamento sui fluidi e sulle rocce. Calypso 1 è una promettente scoperta a gas e conferma l’estensione del tema di ricerca di Zohr nelle acque economiche esclusive di Cipro. Per una valutazione accurata delle dimensioni della scoperta sono richiesti nuovi studi e un programma di delineazione. Eni è l’Operatore del Blocco 6 con una quota del 50% e Total è partner con il restante 50%».
In occasione delle recenti scoperte, il Ministro dell’Energia di Nicosia, Giorgos Lakkotrypis, aveva affermato, a seguito di una riunione con il Capo dello Stato in materia energetica, che «i risultati sono molto incoraggianti: una riserva (di gas) è stata localizzata, ma la morfologia del particolare obiettivo è complessa e quindi serve più tempo». Ma «Eni non fa annunci pubblici se non ci sono scoperte» aveva precisato il Ministro, ribadendo l’ “ottima qualità” della riserva scoperta, perché costituita da “lean gas”, ossia una particolare tipologia di gas naturale povero di idrocarburi liquidi, forse «più pulito di quello di Zohr».
«In Egitto abbiamo trovato il paese giusto, altrimenti Zohr non sarebbe stato possibile, in soli 27 mesi dopo la scoperta.E’ veramente un momento magico, non solo tecnologico: è qualcosa che non è mai accaduto prima. Non bisogna avere paura di sbagliare. Quando si lavora insieme si fanno errori, ma bisogna andare avanti insieme come in una famiglia. In Egitto, il progetto di Zohr è all’80 – 82 per cento a tecnologia e forza lavoro egiziana. Bisogna avere fiducia nei propri partner», ha sostenuto l’ Amministratore delegato di ENI Claudio Descalzi che ha sottolineato come sia possibile raggiungere l’ obiettivo di 1,8 miliardi di piedi cubi entro fine anno. Anche Zohr, giacimento, entrato in funzione a fine 2017, situato nelle acque territoriali egiziane che custodirebbe circa 850 miliardi di metri cubi di gas naturale, è stata una scoperta di ENI che ha firmato, insieme alla francese Total e alla russa Novatek (aggiudicandosi rispettivamente il 40%, il 40%e il 20%), due contratti con il governo del Libano per l’esplorazione e la produzione di gas sottomarino nei blocchi 4 e 9. Quest’ ultimo è nella zona di mare contesa, la cui sovranità è rivendicata da Israele, a cui fanno capo i grandi giacimenti offshore come “Leviathan” , scoperto e gestito dalla compagnia americana Noble a 130 km nord-ovest dalla città di Haifa, e quello di “Tamar”.
«Non ci aspettavamo che accadesse perché siamo assolutamente molto dentro l’Economic zone di Cipro» ha detto l’amministratore delegato di ENI, Claudio Descalzi, in risposta ai giornalisti al Cairo. Intervistato dal quotidiano greco Kathimerini, però, il Ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu aveva criticato l’ENI per l’inizio delle attività esplorative nel blocco 6 della Zee cipriota: «Non c’è bisogno di dire che non permetteremo mai le esplorazioni non autorizzate di idrocarburi e altre attività nella nostra piattaforma continentale».
Molti si sono domandati se dietro la reazione di Ankara si nasconda il tentativo di impedire qualsiasi intromissione nella propria politica energetica, cercando di preservare il ruolo di ‘hub’ data la strategicità del suo territorio, crocevia di importanti gasdotti (Tanap, Tap) e riducendo la propria dipendenza energetica da altri attori come la Russia, nell’ ottica di una maggiore diversificazione. Proprio per questo, la Turchia si è chiamata fuori dal memorandum d’intesa del novembre 2017 tra Grecia, Italia, Israele e Cipro per la costruzione del gasdotto EastMed finanziato anche da fondi Ue. «L’Italia e l’Europa hanno interesse a garantirsi un altra fonte di approvvigionamento di gas, a parte quello proveniente dalla Russia o quella in corso di esaurimento dal Mare del Nord. Israele è un partner energetico serio e affidabile». aveva constatato, lo scorso anno, il Ministro israeliano dell’Energia, Yuval Steinitz al termine dei colloqui con Carlo Calenda, responsabile dello Sviluppo economico, precisando che «realizzare il gasdotto tra Israele e Italia, attraverso Cipro e la Grecia è uno dei nostri obiettivi, considerati i giacimenti di gas naturale del nostro paese e il fabbisogno che servirà all’Europa e all’Italia in particolare nei prossimi anni. Come ho spiegato ieri al ministro Calenda, il progetto è ambizioso e contiamo di portarlo a termine in 4-5 anni coinvolgendo anche i privati».
Quest’ ultimo progetto, insieme alla scoperta di Zohr e a largo di Cipro, potrebbe facilitare la diversificazione energetica europea e controbilanciare l’ importanza del gasdotto Nordstream, che dalla Russia giunge in Europa passando per l’ Ucraina, e di un possibile Nordstream 2, alla cui realizzazione, che porrebbe la Germania in una posizione di maggior forza, si sono opposti gli Stati Uniti, ma anche diversi Paesi membri dell’ UE, tra cui l’ Italia.
A quanto detto si aggiunga che la Strategia nazionale energetica (Sen) al 2030, presentata qualche mese fa dal governo di Roma, indica l’uscita anticipata del nostro Paese dal carbone nella generazione elettrica tra 8 anni, nel 2025. A renderlo possibile, il progressivo ricorso ad una “energia di transizione”, ossia il gas, facendo leva sui “corridoi di liquidità”, come il Tap in Puglia o l’Eastmed, aumentando l’ indipendenza da Mosca che, al momento, garantisce il 38% dei consumi complessivi nazionali.
A partire dalla vicenda della nave SAIPEM, facciamo il quadro dell’ importante lavoro che ENI fa non solo per l’ Italia, con Nicolò Sartori, responsabile del programma “Energia, clima e risorse” e responsabile di ricerca presso il programma “Sicurezza, difesa, spazio” dello IAI, ricostruisce
Come spiega la reazione della Turchia contro la nave SAIPEM 12000 di Eni?
Si è detto che quella di Erdogan possa essere una presa di posizione nei confronti della nave di Saipem co-gestita per conto di ENI – in seguito a colloqui poco soddisfacenti con Mattarella e Gentiloni la scorsa settimana. Secondo me, in realtà, la questione è molto più articolata e collegata, più che altro, alla scoperta che è stata fatta qualche giorno prima nel pozzo Calypso 1. Una scoperta che potrebbe avere delle spiegazioni abbastanza rilevanti nell’ ottica delle risorse localizzate nel giacimento e che arriva sette anni dopo la scoperta di ‘Afrodite’, in un momento in cui la Turchia è abbastanza isolata dal punto di vista internazionale – si pensi agli Stati Uniti e all’ Unione Europea – e dal punto di vista regionale – si all’ altro player politico ed energetico, l’ Egitto, ai ferri corti con Ankara; c’è poi la questione dello status di Cipro e dei negoziati che sono falliti. Quindi, questa scoperta ha risvegliato un campanello d’ allarme turco nei confronti della regione e di Cipro, in particolare sullo sviluppo delle risorse energetiche nei fondali dell’isola.
Anche perché il Blocco 6, scoperto recentemente da ENI in collaborazione con Total, attraverso il pozzo Calypso 1, rispetto ad ‘Afrodite’, ha delle dimensioni enormemente più grandi: si parla di circa 200 miliardi di metri cubi di gas.
Esatto. Quindi probabilmente ha risvegliato qualche appetito e qualche ambizione turca. Anche perché una delle ambizioni turche di diventare un ‘hub’ era legata anche al fatto che queste risorse fossero abbastanza limitate. Qualora le risorse fossero più ampie di quelle previste, sarebbe più facile giustificare la costruzione di un terminal LNG a Cipro o di un gasdotto che eviti il passaggio in territorio turco. Una situazione che quindi potrebbe, in un certo senso, escludere dai giochi energetici la Turchia la quale, invece, rimane forte su quelli politico-militari che ha prontamente utilizzato qualche giorno fa.
Peraltro, la Turchia è territorio di transito del cosiddetto ‘Corridoio Sud’, con il gasdotto ‘Tanap’ che si connette al ‘Tap’ per trasportare il gas dal Caspio ad Italia e Grecia.
Sì, esattamente. La Turchia, dalla prima metà degli anni 2000 è stata al centro della principale iniziativa di politica energetica europea in ambito esterno, il ‘Corridoio Sud’, ideato per ridurre l’eccessiva dipendenza dal gas russo. Attraverso questi gasdotti – Nabucco, poi diventato ‘Tanap’ e ‘Tap’ – che attraversano il Paese, è teoricamente possibile accedere a risorse collocate ad Est di Ankara, come, ad esempio, Azerbaigian, come effettivamente accadrà a partire dal 2020, ma anche Kazakistan, Turkmenistan, Iran, l’ Iraq del Nord e il Mediterraneo orientale. Lo snodo fondamentale di questa infrastruttura dovrebbe essere la Turchia, che potrà giocare un ruolo chiave nella politica di diversificazione energetica dell’ Unione Europea. Lo gioca già attraverso il ‘Tanap’, però, per una serie di dinamiche politiche, ma anche geologiche, ovvero la disponibilità effettiva di gas, appare diminuito. Non è più l’ ‘ancora di salvezza’ che si pensava fosse a inizio anni 2000.
E’ anche vero che la Turchia, come molti hanno sottolineato, ha un grande bisogno di diversificare le fonti energetiche: a fronte di un aumento della domanda, rimane forte la dipendenza da alcuni Paesi esportatori, in particolare la Russia. In una recente intervista, il ministro dell’Energia e delle Risorse Naturali turco, Berat Albayrak, aveva sottolineato l’ intenzione del Paese a procedere nelle sue operazioni di esplorazione e perforazione nel Mediterraneo e nel Mar Nero. Dunque anche l’ elemento ‘diversificazione’ ha contribuito a scatenare la dura reazione di Ankara?
Sicuramente, ad oggi dipende per oltre il 50% da gas russo, però la questione di Cipro in questo non è centrale. Va infatti detto che la diversificazione, sulla base della strategia energetica nazionale annunciata lo scorso anno da Albayrak, è più focalizzata sulla massimizzazione delle risorse interne, quindi, soprattutto, lignite, tentando di limitare i consumi di gas e quindi, in un certo senso, limitare anche la dipendenza dalla Russia. Ci sarebbe poi un piano di ampliamento della quota di rinnovabili che, al momento, non è espresso in modo particolarmente ambizioso e chiaro. Quindi, sostanzialmente, questo gas potrebbe essere utile anche alla Turchia per ridurre la dipendenza da Mosca: non a caso, all’ interno della stessa strategia, c’è comunque una componente di sviluppo di risorse turche nel Mediterraneo e nel Mar Nero.
Secondo l’ Amministratore delegato di ENI Claudio Descalzi, «probabilmente la tensione è salita per altri motivi e quindi la nave è stata bloccata».
L’ ENI fa il suo lavoro: cerca idrocarburi in giro per il mondo ed è tra i più bravi a farlo a livello internazionale. Si pensava che ci fosse gas in quell’ area anche come possibile estensione di Zohr. Eni sapeva che c’ erano dei problemi di sicurezza e non è la prima volta che le navi turche entrano nell’ area: anche nel 2011 era successo. D’ altronde, c’è sempre la convinzione che si può superare questo tipo di dinamiche. Quindi si è trovata in una posizione non piacevole, con una Turchia che è molto più isolata e più pronta rispetto al passato a fare mosse di questo tipo.
Ma quale strategia ha adottato ENI nell’ area mediterranea per quanto concerne il gas?
In sostanza, nel bacino del Mediterraneo orientale – che comprende Libano, Egitto, Israele e Cipro – ENI è un player fondamentale soprattutto dopo la scoperta di Zohr. Anche a Cipro, dove ha investito tra i blocchi più importanti, ha fatto questa recente scoperta nel pozzo Calypso 1. Potenzialmente, potrebbe diventare, se non lo è già, la compagnia energetica di riferimento dell’ area. Sta investendo in Libano, anche se lì la questione potrebbe essere critica dal punto di vista politico: infatti l’ area non è chiaramente definita tra Israele e Libano. Comunque, non dimentichiamoci che l’ ENI è già presente in Egitto dal 1954 ed è abbastanza chiaro che in quell’ area abbia un’ eredita abbastanza importante, e grazie alla tecnologia e alla capacità dei suoi ingegneri, è riuscita a scoprire Zohr, cambiando faccia alla regione. Il Mediterraneo rimane centrale anche perché ci sono Algeria e Libia che, sebbene, per motivi diversi, problematici, restano due pilastri della strategia mediterranea dell’ azienda. Rimane forte nell’ area mediterranea, ma non solo: è anche molto attiva anche nella zona africana, se si considera l’ Africa sub-sahariana. Sicuramente, però, nel Mediterraneo, gioca un ruolo di leadership che è funzionale agli interessi nazionali, ma anche europei: infatti, in particolar modo nel Mediterraneo orientale, c’è Cipro che è un Paese membro dell’ Unione Europea e che rappresenta uno dei target della politica di diversificazione a livello europeo.
Poi c’è l’ ‘Eastmed’ pipeline, un progetto cofinanziato dall’ UE e già autorizzato nel tratto di interconnessione tra Grecia e Italia, che nel 2025 dovrebbe importare fino a 20 miliardi di metri cubi all’anno di gas proveniente dal Mediterraneo dell’est e che ha trovato anche il sostegno di Israele e di Cipro, ma da cui la Turchia è rimasta fuori.
Assolutamente sì. E’ un progetto che ha trovato l’ interesse europeo e che ha ricevuto finanziamenti europei in quanto PCI (Progetto di Interesse Comune). In questo senso, gli interessi di ENI e dell’ Unione Europea nell’area risultano fortemente allineati e, quindi, il fatto che una nave di ENI venga bloccata a largo delle coste cipriote è un problema tanto italiano quanto europeo, anche perché Cipro è un Paese membro dell’ UE, come confermato dall’intervento del Presidente Tusk.
Dal punto di vista tecnico, come suggeriscono i recenti successi a livello di scoperte, ENI ha raggiunto livelli d’ eccellenza nelle operazioni di esplorazione e perforazione?
Credo che ENI sia a livello globale sia tra gli attori più tecnologicamente avanzati nelle attività di prospezione ed esplorazione di giacimenti, anche in quelli particolarmente complessi. In più, c’è SAIPEM che, allo stesso modo, è un’ eccellenza internazionale. Quindi, sicuramente, queste scoperte sono frutto di una competenza che l’ azienda ha sviluppato e continua a sviluppare.
In un certo senso, le scoperte di ENI a Zohr e a largo di Cipro possono contribuire a controbilanciare il ruolo preponderante del già presente Nord Stream e di un possibile Nord Stream 2, aumentando il tasso di diversificazione energetica europea rispetto alla Russia?
Sicuramente, le operazioni e i successi di ENI – ma anche di una compagnia italiana come Edison – nel Mediterraneo garantiscono un bilanciamento della forza russa sui mercati europei. Grazie a Zohr, grazie a queste nuove risorse, si potrebbe creare un nuovo hub mediterraneo del gas che possa fare da contraltare alla crescente dipendenza da Mosca. Di questo, ne beneficerebbe tutta l’ UE.
In che modo la scoperta di Zohr ha rivoluzionato la geopolitica del gas?
L’ ha cambiata perché, anzitutto, ha messo in luce un mega-giacimento nella regione e quindi la possibilità che ci sia altro collegato, come testimonia la scoperta di Cipro di qualche giorno fa. Al momento, parte di quel gas sarà sicuramente destinata ai consumi egiziani che sono in crescita e che faticano ad esser frenati da politiche di efficienza del governo egiziano. C’è però anche una parte rilevante che potrà esser esportata. In tal senso, l’ Egitto dispone di due terminal di liquefazione, ad oggi inattivi, e in grado di esportare senza nuovi costi infrastrutturali. Inoltre, la scoperta di Zohr ha causato l’ aumento dell’ interesse nell’ area, spingendo sempre più le aziende ad investire nel Mediterraneo orientale: la speranza è di poter trovare e sviluppare un quantitativo di risorse sufficiente per giustificare altri tipi di investimenti: si è parlato dell’ EastMed, si potrebbe parlare, qualora i numeri lo consentano, di un rigassificatore a Cipro e quindi creare un nuovo polo di produzione ed export di gas in Europa.
La crisi che vede al centro la nave ENI potrebbe avvantaggiare qualche altro attore?
In realtà, non vedo alcun vantaggio per nessuno. Non credo che la Turchia possa trarne qualcosa di effettivamente positivo, anche perché ci sono dei trattati internazionali che regolano lo sfruttamento delle risorse. L’ unico obiettivo che la Turchia potrebbe perseguire potrebbe essere quello di rallentare lo sviluppo delle risorse di una parte che considera competitor. Anche se non so quanto gli sarà possibile visto che ENI ha un regolare contratto e Cipro Nord non è riconosciuta a livello internazionale, e l’UE si è schierata al suo fianco. Finché si parlava di una piccola torta, i contrasti erano lievi. Ad ogni modo, ora che si è scoperto che la torta è più grande, i conflitti saranno sempre maggiori.