Il 4 febbraio il referendum che potrebbe decidere la non ricandidabilità di Correa e di fatto annullare la Revolución Ciudadana e seppellire il correismo
Lo scorso aprile, in Ecuador aveva trionfato ancora una volta la ‘Revolución Ciudadana’, portata avanti con forza da Rafael Correa e dal suo movimento politico Alianza País. O almeno questo si pensava, considerata la vittoria alle presidenziali di Lenin Moreno, candidato di Correa, Lenin avrebbe dovuto portare avanti il ‘Socialismo del siglo XXI’. Poche settimane dopo si è capito che così non è stato.
Il neo Presidente Moreno ha subito preso le distanze da Rafael Correa e ha intrapreso una inattesa operazione politica che gli ha permesso prendere il‘controllo’ di Alianza País, partito fondato proprio da Correa, e con esso almeno una quarantina di deputati che gli consentono di avere una maggioranza all’interno del Parlamento che fa riferimento a lui direttamente.
Una pugnalata ancora più dolorosa se si considera l’arresto e relativa destituzione del vice Presidente Jorge Glas, braccio destro di Rafael Correa, che doveva contribuire a dare spazio alla ‘presenza’ di Correa dentro l’Esecutivo.
Insomma, sul ‘correismo’ si è abbattuta una caccia alle streghe che ha subito fatto pensare alla fine dei correismo e che quella in atto di fatto sia una‘controrivoluzione’ che ha come obiettivo quello di restituire il Paese ai vecchi gruppi di potere – banche comprese – che da anni giurano vendetta a Correa.
Il 4 febbraio il Paese è chiamato alle urne per un referendum che sembra rappresentare l’ultima fase di un piano che punta alla capitolazione definitiva di Correa e dei suoi sostenitori. Tra le 7 domande del referendum ce ne sono almeno due che vanno in questa direzione. All’inizio dello scorso ottobre, il Presidente Lenin Moreno aveva promesso che avrebbe lavorato per modificare la Costituzione per impedire una rielezione presidenziale illimitataattraverso un referendum. Promessa mantenuta. Il quesito referendario numero 2 se fosse approvato impedirebbe a Correa di essere rieletto Presidente, e il numero 3, che, invece, pretende smantellare un organo dello Stato chiamato ‘Consejo de participación Ciudadana’, per poi reintegrarlo con membri proposti da Moreno. La strutturazione di questo nuovo Consejo sarebbe un durissimo colpo per Correa, perché avrebbe la facoltà di destituire numerose cariche pubbliche tra cui, soprattutto, quelle che continuano a fare riferimento, almeno per ora, l‘ex Presidente Correa.
Per capire meglio la situazione politica del Paese e le possibili conseguenze del referendum, sia nel caso in cui prevalesse il ‘SI’ che in quello in cui prevalesse il ‘NO’, abbiamo intervistato Andrés Páez, a fianco di Guillermo Lasso -candidato alla presidenza contro Moreno- nel corso delle ultime elezioni, e sostenitore del‘SI‘; e Doris Solis, ‘irriducibile’ di Rafael Correa, rappresentante di altissimo livello di Alianza País, e sostenitrice del ‘NO’ all’ormai vicinissimo referendum.
Secondo Páez, Correa “ha lasciato un Paese allo sbaraglio, con fortissime divisioni interne e soprattutto ha seminato odio tra gli ecuadoriani. Correa non è stato capace di approfittare della migliore congiuntura economica di tutti i tempi ed ha favorito la corruzione, come mai in precedenza, in tutto il Paese”. Tutte le opere realizzate, secondo Páez, non sono state altro che il pretesto per compiere delle vere e proprie razzie ai danni dello Stato.
Correa, invece di approfittarsi del prezzo record del petrolio per far crescere il Paese, “ha favorito una rete di corruzione di cui lui era a conoscenza e di cui facevano parte l’ex vice Presidente Jorge Gals ma anche Ministri e tantissimi funzionari del suo Governo”. Corruzione, a dir il vero, che Páez ha sempre denunciato arrivando persino a fare il nome dello zio di Jorge Glas, molto tempo prima che la giustizia gli desse ragione e lo arrestasse.
Secondo Páez, uno dei problemi che purtroppo frenano il lavoro dei giudici e impediscono che arrivino fino in fondo è l’atteggiamento dell’attuale Procuratore Generale della Repubblica che non è all’altezza e, anzi, protegge e tutela Correa da eventuali coinvolgimenti.
“Quello di Moreno è un Governo che senz’altro ha cambiato stile, ma più nella forma che nella sostanza, e da ciò non può che venirne fuori un Governo insipido e con poca iniziativa che ha fatto poco durante i suoi 7 mesi al potere”, prosegue Páez.
Il Paese aveva ed ha bisogno di scelte coraggiose e di misure decise che rimettano in moto l’economia. Invece “ci ritroviamo con più tasse, debiti e problemi economici che al massimo fra due mesi porteranno il Paese in sala rianimazione. Tuttavia al referendum bisogna votare ‘Si’ e annientare il correismo e tutto ciò che rappresenta”.
Votare per il ‘SI‘, sempre secondo Páez, non significa schierarsi dalla parte di Moreno, o nutrirne una fiducia incondizionata, ma servirebbe piuttosto a fare in modo che il Paese possa cambiare.
Páez conclude avvertendo che non bisogna cantare vittoria troppo presto e che si stia sottovalutando Correa e la sua capacità di fare campagna elettorale. “Non bisogna dimenticare, che Correa è capace come pochi di sapere trasmettere emozioni alla gente, e questo potrebbe influire sul voto”. Il correismo, conclude Páez, “è come un camaleonte; nessuno lo vede, eppure è sempre li mimetizzato e pronto a colpire”.
Una settimana fa, circa, gli uffici dello Stato preposti al controllo contabile, ha annunciato che aprirà un ‘audit’ sul debito contratto negli ultimi cinque anni-da gennaio 2012 a maggio 2017-, dal Governo Correa -42 miliardi di dollari- per determinare la legalità delle operazioni e l’uso dei fondi. Correa ha parlato di ‘persecuzione’ e ‘colpo di Stato’. Gli esiti ci saranno solo in aprile, ma l’iniziativa è apparsa come una mossa di Moreno, che fin dalla sua elezione ha criticato la gestione dell’economia da parte dell’ex Presidente, per indebolire ulteriormente Correa e la campagna referendaria del ‘No’ operazioni di debito effettuate tra gennaio 2012 e maggio 2017 e presenterà raccomandazioni ad aprile.
Doris Soliz al momento è deputata e Presidente della Commissione Affari Esteri del Parlamento ecuadoriano. “Quando abbiamo designato Lenin Moreno come nostro candidato alle presidenziali già sapevamo che avrebbe cambiato stile e sarebbe stato più aperto al dialogo, però quando abbiamo visto che dialogava con tutti tranne che con il suo stesso partito abbiamo capito che qualcosa non andava”, ci dice Soliz. “Ciò che più è dispiaciuto, è che abbia cominciato a parlare con i protagonisti più corrotti della vita politica ecuadoriana; con le banche, con la destra e con tutti i nemici più acerrimi di Correa e della ‘Revolución ciudadana’, palesando il suo tradimento. Praticamente Moreno ha voltato le spalle alla nostra ed a quella che era la sua ideologia”.
Un cambiamento di stile, quello di Moreno, che ha già causato due vittime illustri; la stampa ed i media pubblici in generale, consegnati nelle mani della destra e l’altra il denaro dato in mano alle banche, ci sottolinea Soliz. “Come sappiamo in Ecuador è ormai vigente l’utilizzo del denaro elettronico, ma la regolamentazione e le norme per la sua implementazione erano, per legge, affidate alla Banca Centrale, “adesso, invece, grazie a Moreno, saranno le banche private, protagoniste delle più gravi crisi economiche del Paese, ad occuparsene ed a gestirne le dinamiche”.
Riguardo il referendum Soliz segnala chela maggior parte delle domande potevano essere inviate al Parlamento per la loro scontata approvazione, ma che invece fanno parte dei 7 quesiti del referendum per indurre la gente a votare‘SI‘ in blocco senza starci troppo su a pensare.
Le domande in cui vogliono trionfare il Governo ed i suoi alleati sono la seconda, che pretende impedire a Correa di essere rieletto e di partecipare attivamente alla vita politica del Paese, e la terza, che punta a sciogliere il ‘Consejo de partecipación Ciudadana’. “Si tratta di un vero e proprio golpe istituzionale sponsorizzato dall’accordo fatto tra Moreno, la destra e l’ex candidato alla Presidenza, Guillermo Lasso. Siamo di fronte ad una evidente violazione alla nostra Costituzione. Moreno vuole appropriarsi, attraverso questo referendum, di tutti i poteri dello Stato, facendo destituire dal nuovo Consejo de participación ciudadana i funzionari sgraditi”
Se tutto questo dovesse succedere, ci dice Soliz, “non è da escludere il ricorso alla giustizia internazionale e ci si dovrà preparare a una dura opposizione in Parlamento che possa permettere a Correa ed ai suoi compagni di partito di tornare a vincere al più presto possibile”.