Il tour del Presidente iracheno Masum e l’arrivo a Kirkuk dei soldati americani

 

Il presidente iracheno Fuad Masum è giunto questa notte ad Erbil per discutere con le autorità kurde, con il Premier Nichervan Barzani, della questione della provincia di Kirkuk e del suo governatore, oltre che, ovviamente, della situazione politica tra la regione autonoma del Kurdistan e Baghdad. Prove di conciliazione?A detta di un consigliere di Masum, Farhad Alaadin, «il Presidente è giunto nella regione del Kurdistan per rispondere a tre domande, tra cui le questioni interne dell’Unione patriottica del Kurdistan, la questione di Kirkuk e le questioni tra Erbil e Baghdad».

«La questione della nomina di un nuovo governatore per Kirkuk verrà discussa in quanto la posta è una quota curda e le parti non hanno ancora raggiunto un accordo su questo» aveva dichiarato Abdullah Aliyawai, un altro consigliere di Masum alla vigilia del viaggio presidenziale.

La provincia di Kirkuk è ovviamente un nodo centrale nei rapporti tra Kurdistan e Iraq. La provincia di Kirkuk aveva aderito al referendum per l’ indipendenza del Kurdistan del 25 settembre e questo aveva comportato la sostituzione del Governatore, da parte del Parlamento iracheno: Najmaldin Karim era stato sostituito da Rakan al-Jabouri, nominato dal primo ministro. A metà ottobre, sebbene con la forza e dopo il conseguente ritiro delle truppe kurde, Kirkuk era tornata nelle mani del governo iracheno.  Questo aveva dato luogo ad una ripresa delle estrazioni petrolifere, ad un ritmo di 90.000 barili al giorno, dal pozzo di Avana e di  275.000 barili giornalieri dei giacimenti di Bye Hassan e di Avana.

Certamente l’ intenzione del Dicastero del Petrolio di Baghdad, espressa tempo fa dal Sottosegretario al Ministero del Petrolio iracheno, Karim Hattab, durante un incontro a Kirkuk con il governatore ad interim della provincia, Rakan Jubouri, di incrementare la produzione dei giacimenti di Kirkuk.  «I ricavi dei giacimenti di Kirkuk torneranno nel bilancio federale», il proposito annunciato dal Ministro del Petrolio iracheno Jabbar al Luaibi. «La regione del Kurdistan controllava i due-terzi del petrolio a Kirkuk dopo l’ingresso dello Stato islamico» aveva ribadito provocatoriamente il Premier iracheno Albadi.

Ma rendere così ampia la frattura sono anche i 4 miliardi di dollari richiesti dalla Turchia al governo kurdo a mo’ di compensazione per le mancate forniture. Per non bloccare gli strategici rapporti economici con Ankara, il governo di Baghdad ha chiesto ad Erbil di rimettere in moto le esportazioni, cedendo la responsabilità all’ irachena Oil Marketing Company (Somo) in quanto – aveva dichiarato il portavoce del Ministro del Petrolio iracheno Asim Jihad –  «qualsiasi contratto stipulato non con il governo federale e con il ministero del Petrolio è illegale. Questo contratto e i suoi dettagli non ci interessano».

Tentando di ricucire le posizioni rispetto alla provincia di Kirkuk, il Presidente iracheno Masum, ha esortato, lunedì, il Consiglio provinciale di Kirkuk a «convocare ed eleggere un governatore per la provincia e risolvere anche tutte le altre questioni». Già sabato, peraltro, all’ inizio del tour nella regione autonoma, Masum aveva incontrato a Sulaimani i rappresentanti dell’ Unione patriottica del Kurdistan (PUK) e del Movimento del cambiamento (Gorran). Sarebbe, inoltre, previsto un meeting con l’ ex Presidente della regione del Kurdistan, Masoud Barzani, ancora leader del Partito democratico del Kurdistan (KDP).

A sorvegliare il mantenimento dell’ equilibrio nell’ area di Kirkuk, vi potrebbero essere i militari statunitensi giunti nella provincia nelle ultime ore della giornata di ieri. A rivelarlo, Mohamed Othman, parlamentare dell’Unione patriottica del Kuristan: «Gli Stati Uniti avevano promesso di inviare delle unità militari per mantenere l’ordine nella provincia e proteggere i cittadini. Verrà formata una sala operativa congiunta, con la partecipazione di tutte le forze di sicurezza di Kirkuk». Le truppe americane sarebbero arrivate da Erbil e si troverebbero stanziate nella base dell’aeronautica irachena K-1, a circa 17 chilometri a nord-ovest di Kirkuk.

Va detto che gli Stati Uniti si sono sempre mantenuti equidistanti tra le due parti. Il Presidente Donald Trump aveva aspramente criticato gli scontri tra le gli uomini iracheni e i Peshmerga curdi a Kirkuk, sostenendo che «non apprezziamo che le due parti si scontrino, ma Washington non sta appoggiando nessuna delle due fazioni».  E poi: «Abbiamo avuto per molti anni rapporti molto buoni con i curdi, come sapete. E siamo anche al fianco dell’Iraq. Anche se non dovremmo mai essere stati lì, non avremmo mai dovuto essere lì. Ma non stiamo prendendo parte agli scontri».

Stoccata non tanto velata alla politica interventista del predecessore Bush jr che, nel 2003, invase l’ Iraq e fece cadere Saddam Hussein. Interventismo che era già stato avversato da Trump durante la campagna elettorale. «Continuiamo a difendere il dialogo tra le autorità irachene e curde. Tutte le parti devono rimanere impegnate nella lotta contro il nemico comune, lo Stato islamico. La coalizione è determinata a sconfiggere lo Stato islamico in Iraq e in Siria ed è contro qualsiasi azione che ci distragga dalla nostra missione» ha incalzato il generale Robert White, comandante della coalizione terrestre dell’operazione Inherent Resolve che dal 2014 combatte Daesh.

«Dialogo» è la parola usata anche dal ministro degli Esteri cinese Wang Yi che ha inviato una lettera al Premier curdo Barzani, auspicando la risoluzione della crisi  «attraverso il dialogo e il rispetto dei diritti di tutte le componenti del paese e della Costituzione»

«L’Iraq non era pronto ad attuare la costituzione, ecco perché abbiamo avuto un referendum»  è stata la constatazione, qualche giorno fa, del Premier Barzani che ha poi aggiunto: «La costituzione irachena deve essere pienamente attuata per avere un Iraq stabile ed Erbil ha bisogno dell’aiuto di una terza parte nei negoziati con Baghdad e nell’interpretazione della Costituzione». L’ Articolo 1, che secondo la Corte suprema irachena sarebbe stato violato dal Kurdistan, sancisce che l’ Iraq è «è uno Stato unitario federale pienamente sovrano, la cui forma di governo è la repubblica democratica parlamentare e rappresentativa».

L’ interpretazione della Costituzione, nell’ ottica di Erbil, è fondamentale anche per un dialogo con il governo centrale sui diversi temi: oltre al petrolio permane il dissidio sulla quota del bilancio federale. A proposito di quest’ ultima, Barzani non ha esitato a ricordare che «Insistiamo sulla nostra quota del 17 percento» e che «la nostra priorità ora è quella di fornire i salari delle persone e abbiamo fatto ciò che siamo stati in grado di fare finora».

Per dirigersi verso una ricomposizione dei ‘cocci’ tra Baghdad ed Erbil, chi potrebbe costituire questa terza parte? Come può essere letto l’ arrivo dei soldati americani a pochi chilometri di Kirkuk? Il processo di conciliazione parte dal petrolio?