Il significato dell’ acquisto turco del nuovo sistema anti-missile, spiegato da Massimo De Leonardis

 

Ieri, in occasione di un incontro riguardante il settore della difesa, il Sottogretario all’ industria della difesa turco, Ismail Demir, ha affermato che «non possiamo dare una data precisa perché prima occorre portare avanti i negoziati, ma possiamo dire che la consegna inizierà entro almeno due anni». Questi i tempi del trasferimento dalla Russia alla Turchia del sistema antimissilistico S-400 per il quale il Presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, nei giorni scorsi, ha reso noto che il suo Paese ha già versato un acconto.

A tal proposito, l’ assistente presidenziale russo Vladimir Kozhin, ha rivelato che «posso solo garantire che tutte le decisioni adottate in questo contratto corrispondono rigorosamente ai nostri interessi strategici», ossia di cooperazione militare con la Turchia, definendo comprensibile la reazione contrariata da parte dell’ Occidente, a cui Ankara è legata mediante la NATO.

L’ insofferenza statunitense rispetto all’ acquisto da parte della Turchia di tecnologia russa si era già manifestata nelle parole del Portavoce del dipartimento della Difesa USA, il Capitano Jeff Davis, il quale, a fine luglio scorso, aveva ribadito che «in generale è una buona idea per gli alleati acquistare apparecchiature interoperabili». L’ interoperabilità, dunque, in particolar modo quando si è membri di un’ alleanza militare, è uno dei maggiori criteri da prendere in considerazione al momento dell’ acquisto di nuovi sistemi insieme alla questione della manutenzione. Requisito che non sembra essere stato oggetto dell’ attenzione delle autorità turche.

L’ intenzione turca, messa in evidenza dall’ allora Ministro della difesa turco Fikri Isik, poi sostituito da Nurettin Canikli, sarebbe stata quella di utilizzare il sistema S-400, una volta acquistato, per utilizzarlo nel breve periodo e successivamente realizzare, in collaborazione con Francia e  Italia, un sistema alternativo. A questo riguardo, Isik aveva reso noto una trattativa con il consorzio italo-francese Eurosam.

«Se parliamo dell’acquisto degli S-400, non credo che queso significhi un allontanamento della Turchia dalla NATO o dalle istituzioni occidentali e di un avvicinamento alla Russia. Non lo credo. Perché le autorità turche hanno chiaramente affermato che la Turchia resta un fedele alleato della NATO, e che rimarrà tale»  ha affermato l’assistente del segretario generale della NATO per la diplomazia pubblica Tachan Ildem.
Erdogan, in risposta alle critiche occidentali, ha sostenuto che «la Turchia, come membro della Nato, continuerà ad implementare il suo apparato di difesa» ed ha precisato che «nonostante la comunità internazionale non abbia accettato l’acquisto del sistema missilistico dalla Russia», proseguirà nell’ intento di garantire una difesa adeguata al Paese.

Il Triumf S-400 (codice NATO SA-21 Growler) è in servizio dal 2007 ed è stato schierato in Siria, ma anche in Crimea. Si configura come un sistema anti-missile e anti-aereo capace di intercettare qualsiasi velivolo, compresi missili in un range di 400km e un’ altitudine pari a 30.000 metri.  Ha una doppia efficacia rispetto al suo predecessore ed è l’ unico sistema in grado di sparare 4 tipologie diverse di missile teleguidato, attraverso operazioni totalmente automatiche. E’ caratterizzato da un sistema di controllo, diversi radar, fino ad otto batterie a medio e lungo raggio.

E’ questo l’ ennesima riprova del tentativo russo di indebolire il sistema di alleanze che gli Stati Uniti hanno realizzato nel corso della Guerra Fredda? Ne abbiamo parlato con Massimo De Leonardis, Docente di Storia delle Relazioni Internazionali oltreché Direttore del Dipartimento di Scienze Politiche dell’ Università Cattolica del Sacro Cuore e Presidente della Commissione Internazionale di Storia Militare.

Alcuni analisti sostengono la superiorità del sistema antimissilistico S-400 rispetto al Patriot americano. E’ corretto?

Il Patriot, seppure in diverse versioni, è un sistema in uso fin dai tempi della Prima Guerra del Golfo quando Israele veniva protetta dai missili iracheni. Quindi in questo senso, il sistema S-400 è sicuramente più avanzato.

E’ già accaduto in passato che un membro dell’ Alleanza acquistasse tecnologia da una potenza non alleata?

Per quanto riguarda la NATO, direi che è un avvenimento abbastanza senza precedenti nel senso che sarebbe stato impensabile solo dieci anni fa o totalmente impensabile durante la Guerra fredda che un membro dell’ Alleanza acquistasse sistemi d’ arma privi di interoperabilità con quelli degli altri Paesi e soprattutto che li acquistasse da un Paese che, anche se non percepito come nemico, non ha comunque buoni rapporti con la NATO. Questo fatto è un segno generale del fatto che da un lato la NATO, non da oggi, ha perso coesione e compattezza, dall’ altro che la Turchia, che all’ epoca della Guerra fredda era uno degli alleati più fedeli, al momento, soprattutto sotto questo Presidente, Erdogan, ha cambiato posizione. Poi, naturalmente, ci sono tutte le ragioni specifiche.

Ad esempio?

Innanzitutto, già nel 2015 Stati Uniti, Germania e Olanda decidono di non rinnovare i propri schieramenti di missili Patriot nella Turchia meridionale mentre, invece, le batterie italo-spagnole restano nel Paese. La Turchia si trova, dunque, nella necessità di avere una difesa antimissile. Sappiamo che c’è stato un tentativo di acquisto di sistema antimissile dalla Cina, da una compagnia statale cinese, che era stata, però, sanzionata perché accusata di vendere missili all’ Iran e quindi la Turchia ha desistito su quella strada. Ha cercato sistemi alternativi americani e francesi, ma, secondo la Turchia, le condizioni finanziarie di queste forniture non erano accettabili. E’ chiaro che l’ allora Ministro della difesa di Ankara, già nell’ aprile 2017, aveva dichiarato che “la Turchia necessita di un sistema antimissile, ma i Paesi membri della NATO non hanno presentato un’offerta finanziariamente efficace”. Naturalmente, poi, c’è anche il malumore turco nei confronti degli Stati Uniti, accusati di aver agito molto debolmente al colpo di Stato del luglio 2016; c’è la questione di Fetullah Gulen in esilio negli Stati Uniti; c’è poi la questione delle forniture che gli Stati Uniti danno ai combattenti curdi. Infine la questione del riavvicinamento tra Mosca e Ankara su cui ci sono voci, mai confermate del tutto, secondo cui Erdogan sarebbe scampato al bombardamento dell’ albergo in cui si trovava al momento del golpe perché preavvertito dai servizi segreti russi.

Il legame forte con la Russia gioca quindi un ruolo fondamentale in questa partita?

Sì a cui si aggiunge la freddezza con l’ America. Non dimentichiamo che, poco meno di due anni fa, un aereo russo è stato abbattuto dai turchi e, a differenza di quel che si sarebbe potuto aspettare, l’ incidente è stato presto composto e si è inaugurato, dopo le scuse da parte di Erdogan, un percorso di amicizia.

La questione dell’ interoperabilità potrebbe avere degli effetti nella capacità NATO? Ci potrebbe essere un indebolimento?

Sì, tra l’ altro le forniture della NATO erano soggette a delle limitazioni in quanto i turchi non potevano collegare queste batterie anti-missili dove volevano, ad esempio nell’ Egeo, in chiara funzione anti-greca. Il problema dell’ interoperabilità c’è, anche se parlarne in riferimento alle difese anti-missile è meno grave rispetto a parlarne in riferimento ad aerei, carri armati. L’ interoperabilità vuol dire, sostanzialmente, che qualunque aereo o qualunque nave della NATO, dovunque si trovi nel mondo, può essere rifornito di carburante secondo procedure standardizzate. Il problema è che, certamente, i sistemi d’ arma vanno equipaggiati, rinnovati e riparati e questo significa legare la Turchia all’ industria bellica russa. Devo dire che le reazioni da parte americane e da parte NATO non sono state così dure. Sostanzialmente si fa buon viso a cattivo gioco e si potrebbe fare diversamente.

Dal punto di vista formale, ci sono delle sanzioni che la NATO può adottare nei confronti di un Paese membro in questi casi?

No. La NATO, a differenza dell’ Unione Europea, è un’ organizzazione intergovernativa e quindi non ci sono procedure per sanzionare Paesi membri. Se noi consideriamo che, nel corso della storia della NATO, sia la Grecia sia la Turchia più di una volta sono state governate da regimi militari, dittatoriali, in contrasto con quelli che sono i principi ispiratori dell’ Alleanza, sono state soggette a blande cautele e niente di più.

Quindi l’ asse con gli Stati Uniti mediante la NATO sta subendo un progressivo sfilacciamento?

Sì come parallelamente il legame con l’ Europa. La situazione geostrategica della Guerra Fredda è completamente finita.

Anche se la Turchia rimane un attore importante all’ interno dell’ Alleanza Atlantica, fornendo uno dei più numerosi contingenti.

E’ vero che la Turchia fornisce il secondo esercito per numero, ma siamo in un’epoca in cui non si contano più solo i numeri. E’ opportuno considerare anche quali e quante sono le operazioni della NATO a cui partecipa la Turchia. Probabilmente partecipiamo più noi come Italia.

Ultimamente ci sono stati diverse polemiche tra Turchia e la Germania circa l’ accesso alle basi NATO in territorio turco. Quali altri problemi sono sorti nell’ ultimo periodo, nell’ ambito del rapporto Turchia-NATO?

Uno dei problemi è che il governo turco ha arrestato, imprigionato o licenziato una quantità tale piloti dell’ aeronautica tale che in questo momento non c’è un numero adeguato di piloti. Erdogan ha dovuto fare un appello, una chiamata obbligatoria a piloti civili e agli ex piloti militari, a tornare all’aeronautica militare. E questo all’ Alleanza preoccupa molto.