Si sono appena concluse le elezioni inglesi. L’esito ha registrato un risultato non molto brillante per il partito conservatore che, comunque, si è aggiudicato il primo posto, sebbene non abbia conseguito l’obiettivo di aumentare la propria presenza in parlamento. Ma questi sono giornate importanti per l’Europa anche perché domenica 11 giugno si terrà in Francia il primo turno delle elezioni legislative. Queste si configurano come decisive per comprendere quali saranno i numeri e la maggioranza che garantiranno al nuovo inquilino dell’ Eliseo l’azione di governo.
Secondo le ultime rilevazioni il movimento En Marche, alleato con il partito centrista MoDem (indicati con la linea gialla), potrebbe sfiorare se non addirittura superare il 30% dei voti al primo turno e raggiungere, al secondo turno del 18 giugno, un numero di seggi che oscilla tra i 397 e 427 su un totale di 577, consentendo al Presidente di costituire una maggioranza forte che gli permetta di attuare quel programma di riforme annunciato in campagna elettorale. Al secondo turno accederebbero solamente quei candidati che hanno superato il 12,5%, sempre che non ci sia stato qualcuno in grado di superare la soglia del 50%. Remota sarebbe la possibilità per il partito socialista di riuscire a conservare più di 25-30 seggi dei 292 conquistati nel 2012.
Emmanuel Macron, dopo esser uscito vincitore dalle presidenziali, ha subito formato un nuovo governo: ha scelto Édouard Philippe come Primo ministro e ha affidato i vari ministeri a personalità di entrambi gli schieramenti, non tradendo la sua linea anti-sistema che gli aveva garantito il successo.
Per capire l’importanza di queste elezioni ci siamo rivolti al Professor Jean Pierre Darnis, esperto di politica francese oltre che direttore del Programma Sicurezza e Difesa dello IAI (Istituto Affari Internazionali) e professore associato all’Università di Nizza Sophia-Antipolis.
Alla domanda se sia condivisibile l’ipotesi di una vittoria di larga misura, Darnis risponde che “c’è un consenso intorno a Macron che è cresciuto nelle ultime settimane, anche in considerazione della sua storia e quindi è molto probabile che lui raggiunga la maggioranza assoluta dei deputati, garantendosi stabilità”.
“La scelta” , prosegue l’esperto, “di aver inserito nella squadra di governo, soprattutto nei posti ministeriali economici, figure di destra, giovani e competenti è stata certamente vincente. Quindi se già alle presidenziali aveva fatto esplodere il partito socialista che si era spaccato e molti socialisti avevano votato per lui, ma adesso inaugurando delle politiche, come quelle sul mercato del lavoro, che sono sempre state richieste dalla destra, Macron è in grado di attrarre a sé la stragrande maggioranza dei votanti e del consenso che una volta era dei Republicains, cioè della destra di governo”.
Su quale sia la percentuale di voti che potrebbe essere conquistata dal Front National, Darnis non ha dubbi nel ritenere che “sarà completamente residuale così come sarà il risultato di Melanchon. Sebbene in poche settimane sia cambiata tantissimo la situazione politica, entrambi riusciranno, in qualche feudo, a far eleggere qualcuno, al massimo dieci ciascuno, ma è molto probabile che i risultati siano miseri per entrambi”.
Per quanto riguarda l’ astensione, alcuni sondaggi sostengono che solo il 49% dei voti si dichiara ‘assolutamente certo’ di andare a votare, vedendo lontano il 57,22% di partecipazione del 2012. L’ esperto dello IAI, invece, sostiene che “i Francesi sono stanchi di questa campagna elettorale , delle primarie, delle spaccature, degli scandali. E’ stato un anno molto duro, molto sofferto. Macron ha vinto, si sta comportando molto bene, in modo molto intelligente, ha fatto una squadra che piace alla gente e l’ opinione pubblica vuole dargli la possibilità di provarci. E questo lo pensa anche gente che la pensa in modo un po’ diverso da Macron”.
Secondo i dati del Ministero degli Interni francese elaborati da Le Monde, il partito del Presidente sarebbe, insieme al Partito Radicale, in testa alla classifica stilata in base al rispetto della parità di genere da parte delle varie forze politiche nella realizzazione delle liste dei candidati.
Considerando la medesima elaborazione, l’ età media dei candidati di tutti i partiti è di 48,5 anni. Ad aver contribuito certamente la giovane età riscontrabile tra i candidati di En Marche.
Su 525 candidati del Partito di Macron, il 52% ossia 281 non ha mai esercitato alcun mandato politico e 1/3 del totale non avrebbe mai avuto contatti con il mondo della politica.
A questo proposito, Darnis tiene a sottolineare che “Macron ha preso anche dei candidati sconosciuti, ma la gente, secondo me, non va neanche a vedere chi è candidato, ma voterà Macron perché si sta comportando bene come Presidente, ha fatto fin da subito delle mosse apprezzate e la gente vuole premiarlo dandogli una maggioranza politica per vedere se veramente riuscirà a fare le riforme che ha promesso”.
“Non c’è più dibattito ideologico: la sinistra non esiste, la destra non esiste. L’ estrema sinistra e l’ estrema destra non riescono a dire qualcosa di significativo. La società francese vuole andare avanti”. La vittoria schiacciante alle legislative costituirebbe un semaforo verde alla visione europeista di Macron e forse un altro colpo decisivo al fronte populista.
Se l’ esito delle votazioni delle circoscrizioni all’estero fosse una prova generale del primo turno di domenica, Emmanuel Macron potrebbe ritenersi più che soddisfatto. Infatti secondo i risultati diffusi ieri dal Ministero degli Esteri francese, ‘En Marche’ si sarebbe aggiudicato 10 su 11 circoscrizioni estere. Alcuni candidati avrebbero addirittura superato il 50% delle preferenze, ma è necessario un secondo turno perché la partecipazione è rimasta al di sotto della quota prevista dalla legge del 25%. Se le premesse sono queste, la sfida, forse,è già vinta dal Presidente.