Si è incamminato per la spianata del Louvre, sotto la Piramide di Vetro, sulle note dell’ ‘Inno alla Gioia’. Questa è l’ immagine di Emmanuel Macron, il neo-eletto della Repubblica Francese, che tutto il mondo ha visto ieri sera. Il suo movimento En Marche ha conquistato il 66,1% dei voti contro il 33,9% raggiunto dal Front National di Marine Le Pen.

 

L’ astensione si è attestata al 25,44% mentre circa 3 milioni di elettori hanno votato scheda bianca (12%) e 1 milione sono stati i voti nulli.Macron è riuscito ad aggiudicarsi l’89,68% di consensi a Parigi, mentre la Le Pen ottiene la maggioranza solo in due dipartimenti: l’Aisne con il 52,91% e il Pas-de-Calais  con il 52,05%.

Oggi il nuovo Presidente e il suo successore si sono incontrati all’Arco di Trionfo, durante l’omaggio al milite ignoto, in occasione del settanduesimo anniversario della fine della seconda guerra mondiale. Il passaggio di consegne avverrà domenica, ma Macron ha già designato Berlino come meta della sua prima visita all’estero.

Ora si apre, però, la partita della scelta del Governo e delle prossime legislative. Per quanto riguarda la prima, si fanno già alcuni nomi come Sylvie Goulard al Ministero degli Esteri, al Ministero delle Finanze Jean Pisany-Ferry o Eric Lombard, capo di Generali France; per il posto di Premier, la scelta potrebbe ricadere, ad esempio, su Lione Gérard Colomb o il Ministro della Difesa uscente Jean-Yves Le Drian.

Di quanto accaduto in queste elezioni e di quanto potrà accadere di qui alle legislative di giugno lo chiediamo al Professor Jean Pierre Darnis, esperto di politica francese oltre che direttore del Programma Sicurezza e Difesa dello IAI (Istituto Affari Internazionali) e professore associato all’Università di Nizza Sophia-Antipolis.

 

Ha prevalso, nell’elettorato, la paura o la speranza?

Un po tutti e due. Non avrebbe vinto Macron se non avesse espresso un rifiuto molto netto alla politica potenziale del Front National di Marine Le Pen. Certamente lui ha raggruppato anche chi non lo aveva votato al primo turno. Ricordiamo che una parte importante di questi voti, quasi la metà, erano già presenti al primo turno ed erano già andati in modo molto più diretto e coerente su Macron, quindi rappresenta anche delle persone che hanno risposto in modo molto positivo alla sua piattaforma politica e che vedono in lui un pragmatico riformista che dichiara un’ azione critica con l’Europa che non si vedeva da tantissimo tempo.

E’ possibile affermare che Macron inauguri una nuova sinistra, che entusiasma i giovani e che riesce a non perdere di vista le proprie idee per inseguire il populismo e che come intendeva fare Giscard Estaing «mette d’ accordo due francesi su tre»?

Io penso che il suo collocamento possa dirsi di ‘centro’, magari più centro-sinistra che centro-destra, avendo fagocitato i socialisti, però è comunque centrista. E’ stato molto attento durante la campagna a bilanciare i sostegni di destra e di sinistra. Tra l’ altro vedremo poi con le legislative di giugno se lui riesce a raggiungere la maggioranza da solo o ha bisogno di accordi con altri, in particolare i socialisti o i repubblicani.

Ha vinto l’establishment o l’anti-establishment, la continuità o il cambiamento?

Ha vinto il rinnovo. Lui aveva detto ad Hollande ‘François stai sereno’ e il giorno dopo uscire in modo forte dal governo, smarcandosi dalla Presidenza Hollande di cui è stato ministro. Quindi lui è un prodotto dell’elite, dell’establishment francese, ma che ha rotto la dialettica politica destra-sinistra, attraverso un movimento che non è un partito. Cosa che abbiamo visto anche in altri Paesi, come il Movimento 5 Stelle. Certamente è una forza nuova. Il fatto che i giovani sotto i 24 anni abbiano votato in larga misura per lui, attraendo di fatto il voto giovane in modo forte, fanno di Macron un elemento di grossissimo rinnovo per la politica francese, ma la sua sociologia personale è comunque quella di una persona con ottimi studi, grossa preparazione intellettuale e quindi nato anche dalla fucina dell’establishment, ma non è possibile ridurlo ad un’ennesima proposta dell’ establishment perché per far questo lui ha completamente rinnovato il gioco politico.

Il populismo ha ricevuto una forte batosta?

Nettissima batosta. Certo c’è l’ astensionismo, ma con 20 milioni di voti lui è passato da 8,5 milioni al primo turno a 20 al secondo turno, mentre la progressione della Le Pen è stata assai più modesta, passando da 7,5 a 10. Molti dicono che la Le Pen ha doppiato il risultato del padre del 2002, ma il corpo elettorale è cresciuto e la demografia francese è in estensione. Quindi, la batosta c’è stata e a questa ha contribuito anche la sua contro-performance del dibattito fra i due turni, in occasione della quale si è dimostrata aggressiva e incompetente e molto inconsistente sul problema centrale dell’ Europa e specificamente sul fatto che la Francia dovesse uscire dall’ Euro, dando delle spiegazioni talmente confuse che si è screditata da sola.

 Questo secondo turno delle presidenziali ha registrato due record assoluti: quello dell’ astensionismo che si è attestato al 25% e quello delle schede bianche, giunto al 12%. Quali considerazioni si possono fare sulla base di questi dati?

Non dimentichiamo che nel 2012, al secondo turno con l’elezione di Hollande contro Sarkozy, l’astensionismo era quasi al 20%. Ma il livello di astensionismo fa parte di un aspetto fisiologico delle elezioni presidenziali perché il ballottaggio francese fa sì che tra dieci candidati vi arrivino solo due. E’ ovvio che molte persone che avevano il loro campione al primo turno non votino altri al secondo turno. Può essere avvenuto anche questa volta, ma è avvenuto anche in un passaggio in cui la dialettica era destra-sinistra. Quindi l’astensionismo forte ha anche una parte fisiologica, come è accaduta anche in altre elezioni presidenziali.

Macron è stato più capace o più fortunato?

E’ stato un politico che ha saputo unire la virtù e la fortuna. Ha colto le opportunità e ha fatto il suo gioco politico. Si è smarcato da Hollande in un modo psicologicamente anche molto violento, perché ha fatto come Renzi quando ha detto a Letta ‘Enrico stai sereno’.  Hollande mai lo avrebbe immaginato. Questa è una dote politica non indifferente. E’ ovvio che ha saputo cogliere le occasioni. Sei mesi fa Macron non aveva spazio politico. Questo è il bello della politica perché se non ci fosse stata una primaria della destra che avesse prodotto un candidato che è stato poi screditato dai suoi affari, Fillon, e la stampa con il Canard Enchainé che ha avuto un ruolo molto importante nello scandalo sarebbe stato diverso. Ma anche la dinamica della primaria a sinistra ha disegnato Hamon come candidato, che però era nettamente più a sinistra di quanto non lo sarebbe stato Valls, aprendo un grosso spazio al centro.

Quindi queste due dinamiche gli hanno aperto uno spazio al centro. Quando la sua campagna era un po’ rallentata ha saputo stringere alleanza con Bayrou, che ha avuto comunque un 8% all’ultima presidenziale al primo turno. Certamente grande fortuna, ma anche grande bravura politica, non ha perso un colpo e ha colto tutte le opportunità. La sua assunzione della Presidenza con i due discorsi, la messa in scena del camminare a piedi di fronte alla Piramide del Louvre è stata una cosa ineccepibile dal punto di vista dell’ interpretazione del ruolo del Presidente della Repubblica.

Le Pen ha annunciato che ieri è iniziata «una nuova era» e il numero due del Front National, Florian Philippot, ha annunciato l’ intenzione di discutere al prossimo congresso la modifica della nomenclatura del partito. Perché? Si sente la necessità di cambiare pelle, tagliare il legame con il vecchio Jean Marie? Si vuole fondare una forza di destra più moderata?

Il Front National è entrato in acque turbolente perché il partito, nel formato attuale, vuole reggere le prossime legislative, perché sa di avere alcune roccaforti che vuole conquistare. Ad oggi, al Parlamento, il partito è sotto-rappresentato con due deputati.  Ma non dimentichiamo che le proiezioni attuali gli attribuiscono tra i 10 e i 25 deputati, su un totale che è di quasi 600. Quindi rimane un fenomeno che è contenuto. Ma dopo le legislative, si aprirà il regolamento dei conti perché ci sono due o tre linee all’ interno del Front National. La disfatta del Front si è consumata anche sul fatto dell’Euro perché anche elettori di protesta, persone che erano sedotti dalla visione anti-sistema di Marine Le Pen, non le hanno dato fiducia, sia una rovina. Questo creerebbe problemi importanti quindi una parte del partito ed anche Marionne Maréchal, la nipote di Marine Le Pen, ha sempre difeso questa linea. Quindi potremmo arrivare da quel lato ad un avvicinamento tra questa linea e quella di alcuni partiti conservatori e cattolici, ma dall’ altro si arriverebbe comunque ad una forza che non esprimerebbe più la critica all’ Euro e all’ Unione Europea, perdendo la sua identità che comunque rimane molto forte nel partito. Questa disfatta del Front National aprirà una serie di questioni che potrebbero anche sfasciare il partito. Potremmo anche vedere il Front National raggiungere i Repubblicani.

Le Pen ha aggiunto che il Front National si configura come «la prima forza di opposizione». Può essere un avversario temibile per la partita delle legislative?

Non è per niente temibile come non lo è la sinistra perché Melanchon che sulla sua candidatura federativa è riuscito a raggiungere quasi il 20% non può ripetere questo successo anche alle legislative. Tra l’ altro, già stanno litigando con il partito comunista che era parte della sua coalizione in quanto sembra che i comunisti, in alcune circoscrizioni, avranno i loro candidati come i melanchonisti, dividendo quel bacino di voti. Per le legislative, i partiti che sembrano più forti sono En Marche, ma anche i Republicains di Fillon, che avevano una dinamica sul territorio molto forte. Lì ci sarà da vedere le alleanze tra primo e secondo turno, anche per evitare che i candidati del Front National vincano.  In qualche modo, però, ha già vinto, è già Presidente. Il suo partito, che non esisteva fino a sei mesi fa, ora con la Presidenza avrà un traino e quindi ha compiuto un’ operazione incredibile.

 Il grande risultato ottenuto (66,1%-33,9%) potrà facilitare Macron nelle alleanze in vista delle legislative di giugno? Quali saranno i suoi interlocutori privilegiati?

Io metterei fuori l’ estrema sinistra. Gli interlocutori saranno quelli che si possono ritrovare sulla stessa piattaforma riformista ed  europeista e certamente larga parte dell’ ex partito socialista vi si ritrova e bisogna vedere in che modo sopravvivrà il partito socialista, con quale numero di eletti. Ma anche gran parte dei Republicains è assolutamente compatibile con la piattaforma programmatica di Macron, non c’è niente di problematico e quindi c’è un bacino di consenso e di accordi estremamente forte che crea un gioco politico complesso perché i vecchi partiti vorranno comunque sopravvivere e En Marche vorrà affermarsi come un movimento forte e con candidati nuovi, conquistando il maggior numero di deputati. Ci sarà una logica di competizione, ma anche di collaborazione. Il tutto, secondo me, si risolverà in modo molto lineare. Ci sarà la nomina di un Governo elettorale, tutto En Marche, che servirà anche a bandiera per le legislative. Dopodiché si vedrà quanto En Marche ha quasi la maggioranza, che in Francia corrisponde a 289 deputati. Bisognerà vedere dopo il primo turno quali saranno i rapporti di forza, stringere le alleanze in quella settimana decisiva e a quel punto forse si configureranno i contorni di un esecutivo completamente nuovo che dovrebbe cercare di avere una maggioranza parlamentare perché risponde al Parlamento e questo ci rimanda alla seconda metà di giugno per vedere le diverse possibilità. E’ un processo politico di cui già ci sono i binari. Ci sono delle incognite, ma i binari ci sono.

Quale sarà il suo programma e quali saranno gli uomini?

Io sentivo prima Jean Paul Delevoye, ex Ministro gaullista, ma che adesso è il responsabile della designazione dei candidati per En Marche, e mi diceva che la metà dei candidati, se non di più, deriverà dalla società civile. Questo sarà un elemento di novità. Bisognerà anche vedere quello che io chiamerei il ‘Governo elettorale’ che dovrà essere nominato a breve, prima delle elezioni, perché la Francia non può rimanere senza Governo e bisognerà tenere presente che Macron è sempre stato difensore della parità, delle donne in politica e delle competenze in seno alla società civile. Macron potrà comunque avere un profilo tecnico, guardando a quello che in Italia verrebbe definito un ‘Governo tecnico’, che diviene poi un fatto politico molto importante.

Macron ha fatto il suo ingresso nella spianata del Louvre, sotto la Piramide di Vetro, camminando da solo, sulle note dell’ ‘Inno alla Gioia’, l’inno dell’ Europa. Ha dichiarato di voler «difendere l’Europa». Riuscirà ad imprimere una svolta decisiva all’ Europa?

Lo ha già fatto perché questa vittoria ha già impresso all’ Europa un corso diverso. E’ uscita la Gran Bretagna, ma i populisti sono stati sconfitti sia in Olanda che in Francia. Il fatto che abbiamo un Presidente che accede al potere sulle note de ‘L’ Inno alla Gioia’ di Beethoven nel suo primo discorso manda dei messaggi forti, assolutamente inequivocabili all’ Europa intera. Quindi la sua vittoria politica ha già segnato una svolta, poi bisognerà entrare nelle misure riformiste, sul lavoro, sulle cooperazioni rafforzate, sulla tassazione europea. La Francia è ritornata ad essere un esempio e cambia tantissimo soprattutto mentre esce fuori dall’ Unione la Gran Bretagna. La dinamica continentale accelera grazie,forse, anche all’ uscita dei Britannici che avevano sempre segnalato una distanza rispetto all’ integrazione europea particolare e Macron ne diviene l’incarnazione.

Se arrivassero al Governo italiano le forze populiste, verrebbe disattivata l’efficacia della Presidenza Macron a livello europeo?

No perché l’Italia ha un potere relativo su quella dinamica. L’Italia avendo dei governi democratici, ma sempre un po’ deboli, non rappresenta lo stesso tipo di condizionamento sul destino europeo che rappresentano la Francia e la Germania. E’ ovvio che se in Italia arrivassero delle forze politiche che vogliono uscire dall’ Unione o dall’ Euro o che fanno dei referendum in tal senso e che creano una crisi economica pesante, dato che l’Italia è sempre sotto l’osservazione della lente dei mercati per il suo debito accumulato e per la sua non solidità politica, si può creare una crisi italiana. Ma non è un grosso problema.

A livello internazionale,  il risultato di ieri appare in netta contro-tendenza rispetto a quanto accaduto in America o in Inghilterra. Macron sarà in grado di influenzare l’agenda internazionale su materie come l’ambiente, l’immigrazione, la sicurezza, tematiche sempre più cruciali?

Sull’ immigrazione e sulla sicurezza sicuramente avrà potere di influenza. Su questioni mondiali come l’ambiente è difficile far tornare Trump indietro sui suoi passi. Ma su altri argomenti potrebbe essere diverso. Ad esempio, Macron è stato il primo a dire che se ci fossero state le prove, il bombardamento americano della base siriana da cui sarebbe partito l’ attacco chimico sarebbe stato legittimo. Il Governo francese, inoltre, è stato uno dei pochi a mostrare le prove dell’ uso di armi chimiche da parte del regime di Assad. Lì c’è continuità tra Hollande e Macron e affinità con gli Stati Uniti, anche con Trump. Non dimentichiamo che la decisione di non intervenire presa nel 2013 da Obama fu criticata in Francia. Quindi con tutta la simpatia per la persona e per le sue politiche sociali, ma sulle cose fondamentali come la politica estera e di difesa, i Francesi sono rimasti un po’ scottati, mentre, paradossalmente, queste mosse di Trump sono state apprezzate e ristabiliscono una dialettica nella quale la Francia si riconosce. Ci sono dei paradossi nei quali, tra l’ altro, Macron si inserisce piuttosto bene.