Quito – Un Paese di 13 milioni di elettori spaccato a metà -così come era già apparso evidente dopo il primo turno di voto del 18 febbraio scorso- che, dopo un testa a testa fino all’ultimo voto, formalmente almeno, ferma la svolta a destra dell’America Latina. Questo è quanto emerge del ballottaggio presidenziale in Ecuador, tra il candidato di sinistra Lenin Moreno e quello di destra Gullermo Lasso, risultati vincitori al primo turno del 19 febbraio, quando i candidati erano otto.

Quando erano stati scrutinati il 96,14% dei voti, Moreno aveva raggiunto il 51,12% dei voti a fronte del 48,88% di Lasso, secondo il Consiglio nazionale elettorale (Cne).

Lenin Moreno, dunque, è il nuovo Presidente dell’Ecuador. Il ballottaggio ha confermato la fiducia al modello socialista del Presidente uscente Rafael Correa che, dopo 10 anni al potere, si appresta, dunque, a lasciare il posto a colui che dal 2007 al 2013 è stato il suo vice.
Costretto su una sedia a rotelle, Moreno ha portato avanti molte politiche in favore dei disabili. La sua vittoria segna la continuità con la scelta di sinistra di Correa, che guida il Paese dal 2007. Al primo turno del 19 febbraio aveva ottenuto il 39,36%, rimanendo per pochi voti sotto la soglia del 40% che gli avrebbe garantito l’elezione immediata.
Lasso, 61 anni, Fondatore del Movimento Creando Oportunidades (Creo), ha raccolto consensi unendo le opposizioni della destradietro la sua promessa di mettere fine allo sperpero pubblico e di creare un milione di posti di lavoro. A febbraio era arrivato secondo con il 28.9%, nel ballottaggio ha potuto contare sui voti della candidata conservatrice del partito Socialcristiano, la deputata Cynthia Viteri, che si era piazzata terza.

Moreno nei sondaggi della vigilia era dato per favorito. Lasso contava sul vento che sta cambiando a favore dei conservatori in tutta l’America Latina, e sapeva di esserne l’espressione. Direttore della maggior banca del Paese, il Banco de Guayaquil, il  Lasso è stato Ministro delle Finanze, governatore provinciale e ambasciatore negli Stati Uniti sotto il Governo del Presidente Yamil Mahud. Con una campagna improntata sul cambiamento come parola d’ordine, l’ex banchiere aveva promesso di ribaltare le politiche di Correa.

La corsa delle presidenziali ecuadoriane aveva una valenza interna e una latinoamericana. Lascelta tra Moreno e Lasso, infatti, è stata interpretata come un barometro del clima politico del Sudamerica, dove molti dei governi socialisti in carica nell’ultimo decennio sono in declino o hanno già  ceduto il passo. Argentina, Brasile e Perù sono passati nelle mani della destra negli ultimi mesi, tutti in sofferenza per la recessione economica e con i leader della sinistra travolti da scandali di corruzione. In Venezuela il Presidente socialista Nicolas Maduro proprio in questi giorni ha stretto al sua presa sul potere.
Cruciale, e con risvolti per il subcontinente, anche la valenza interna del voto di ieri. Un voto decisivo per capire se il Paese intende proseguire sulla via delSocialismo del XXIesimo secolo’ o virare a destra. Al centro del dibattito politico-elettorale c’è stata la situazione economica dell’Ecuador. L’Ecuador ha registrato una crescita media del 4,4% l’anno durante i primi otto anni di presidenza Correa, poi il crollo del prezzo del petrolio ha fatto sprofondare nella crisi il Paese. La crescita è stata debole negli ultimi due anni. Correa si è conquistato il favore dei ceti sociali più poveri con generose sovvenzioni sociali che hanno ridotto il tasso di povertà dal 36,7% al 23,3% della popolazione di questo paese di 16 milioni di abitanti. Ma gli ultimi anni avevano visto molte contestazioni, e lo spirito socialista affievolirsi. «Questo è un momento decisivo perché abbiamo avuto una reazione conservatrice negli ultimi anni» nella regione, aveva  commentato  Correa. «Le elezioni ecuadoriane sono molto importanti per vedere se questa tendenza continua o riprenderà la sua forza la tendenza progressista». Il successo, se pure sul filo del rasoio di Moreno è stata la dimostrazione che la politica di Correa malgrado tutto per il momento tiene. Certamente, però, quello di Moreno sarà un percorso tutto in salita, soprattutto perchè non  potrà contare, come invece è stato per Correa, su di una situazione economica favorevole. La vittoria di Lenín Moreno è stata salutata da Correa come  «una grande notizia per la Patria Grande: la rivoluzione ha trionfato ancora una volta in Ecuador».

Per Moreno  non è stato affatto facile avere la meglio sul suo avversario, ed ha avuto più di una difficoltà prima di riuscire a spuntarla. Intanto, perché non ha potuto evitare il ballottaggio con l’ex banchiere, e poi perché, a dispetto dei più di 11 punti differenza della prima tornata, alla fine è riuscito ad ottenere il trionfo con un esiguo 2% di vantaggio; un margine che, peraltro, ha dato adito ad accuse di frode elettorale. Sospetti alimentati anche da un exit poll diramato a pochi minuti dalla chiusura dei seggi che dava Lasso come vincitore con il 53% dei voti e Moreno fermo al 47%  -una clamorosa sconfitta che suggeriva un distacco pari al 6%. La società autrice del sondaggio la società che ha sempre lavorato per Guillermo Lasso.

La candidatura di Lasso è stata indebolita da uno scandalo finanziario che è venuto alla luce poche settimane fa nel corso della campagna elettorale.
L’esito del voto è arrivato dopo ore di protesta e qualche manifestazione violenta dei sostenitori di Lasso in diverse città dopo la chiusura dei seggi elettorali. Violenze prontamente condannate sia da Correa che dallo stesso Lasso, il quale ha invitato a ‘agire pacificamente’, ma «fermi nelle proteste che sono legittime in una democrazia». Gli incidenti più gravi davanti alle sedi del Consiglio Nazionale Elettorale (CNE).
Guillermo Lasso, ha riferito di frodi, presunte irregolarità nel conteggio dei voti delle quali ha informato il Segretario generale dell’Organizzazione degli Stati Americani (OSA), Luis Almagro. «Non possiamo permettere di violare la volontà popolare», ha detto Lasso in un discorso ai sostenitori, sottolineando la sospetta velocità con la quale la CNE ha reso noti i primi risultati, cosa della quale ha informato
il capo della missione degli osservatori dell’OSA, Leonel Fernández.
Lasso ha accusato Correa di aver superato il limite invalicabile: ha «abusato della volontà popolare» per instaurare «un Governo illegittimo in Ecuador», consigliandolo di «non giocare con il fuoco», «non tentati i cittadini ecuadoriani. Qui ci sono persone non hanno paura», ha detto.

Secondo alcuni osservatori, l’opposizione, sconfitta, pare stia seguendo un copione già scritto volto ad alimentare sospetti e caos. Caos che potrebbe, se Lasso continuerà a non accettare l’esito elettorale, creare disordini nel Paese. Andres Paez, Candidato alla vice presidenza insieme a Lasso ed acerrimo nemico di Correa, sostiene che ci siano almeno 1.800.000 i voti in gioco e non intende smettere le manifestazioni davanti al CNE di Quito, sorvegliato da Polizia e forze dell’Esercito.
Correa si è già detto favorevole ad una verifica dei voti e  aperto a qualunque ulteriore richiesta dell’opposizione.

Moreno, a differenza di Rafael Correa che contava sul sostegno della maggioranza assoluta degli ecuadoriani, si troverà a fare i conti con un Paese diviso in due; tra coloro che hanno optato per la continuità e coloro che avrebbero voluto il cambiamento.
Il Parlamento è già nelle mani del partito di Governo, la Costituzione prevede la ‘muerte cruzada’, vale a dire che il Parlamento può esserelicenziatodal Presidente e viceversa, nel caso in cui il Paese diventasse ingovernabile. E questo in qualunque momento. Se questo dovesse accadere si dovranno tenere nuove elezioni, alle quali potrebbe partecipare nuovamente Rafael Correa.